Capitolo 6 - SENZA VIA D'USCITA - terza parte
L'ultimo respiro si congela all'interno dei miei polmoni. Le labbra si muovono consapevoli, ma senza emettere alcun suono. L'oggetto di metallo, che l'uomo ha appena messo sul tavolo, indica il mio ventre con la sua canna d'argento. La voce del tizio che ha richiamato l'attenzione recita parole senza alcun senso.
«Suvvia, signorina, un altro giro soltanto! Io e i miei compari non abbiamo ancora voglia di dormire.»
Una pantomima atta a non far insospettire i miei genitori.
L'uomo che occupa la seduta alla mia destra estrae un foglio di carta. Schizzi d'inchiostro hanno tracciato su di esso un volto non troppo dissimile al mio. Ma è la didascalia che sta sotto a farmi sussultare:
RICERCATA PER STREGONERIA.
La fronte s'imperla di sudore mentre l'apnea in cui ero finita si tronca all'improvviso facendomi annaspare.
«Non fare movimenti azzardati» sibila il mio interlocutore, infilando una mano dentro la giacca all'altezza del petto, facendomi intendere che la pistola poggiata sul tavolo non è l'unica arma che possiedono.
«Ora, ascoltami attentamente. Metti entrambe le mani sul tavolo in modo che possiamo vederle.»
Il suono delle setole di saggina, che ritmicamente spazzano il pavimento alle mie spalle, mi spinge a obbedire senza remore alle loro richieste.
«La prego, anche una mezza pinta va più che bene.»
Continua quella patetica recita che non fa altro che innervosirmi.
«Tra qualche minuto ci accompagnerai fuori, fingendo di cedere alle nostre avances da ubriachi. Comportati bene e nessun'altro verrà coinvolto. Sai cosa intendo?»
Fin troppo bene.
Lo stomaco si torce e un conato risale l'esofago. La stanza comincia a vorticare, i volti di quegli uomini si sovrappongono. Sciamano come insetti fastidiosi intorno alla mia testa. Mi appoggio al tavolo, più per sorreggermi che per venire incontro alle loro richieste. Le mie gambe sembrano aver assunto la consistenza del burro.
Nella mia testa c'è un mare in tempesta e la mia psiche è una zattera che anela alle sabbie del passato. Mi riporta al giorno in cui quei soldati mi hanno rapita, uomini con lo stesso fetore di viltà, ma scopi differenti.
Mi sento nuovamente come a quel tempo, in balia di volontà ostili, preda di bestie senza scrupoli.
Alexandros compare come una fune a cui aggrapparmi. Lui e il ricordo dei nostri incontri clandestini, in cui mi addestrava nelle arti marziali. Vedo me stessa quattro anni orsono, con la fronte sudata e i muscoli contratti, pronti a replicare ogni mossa. Lui è al mio fianco a sostenermi, correggermi e consigliarmi: "Se la tua vita è in gioco dovrai fare tutto per sopravvivere. Dovrai dare tutta te stessa, senza alcuna regola da rispettare."
Tum, tum, tum...
Il cuore accelera il proprio battito, rimbomba nella mia cassa toracica come una campana percossa da un batacchio d'ottone.
Era tutto cominciato per gioco, come una scusa per incontrarlo. Eppure io mi sono sempre impegnata al massimo e Alexandros era un insegnante esigente.
Tum, tum, tum...
Anni di addestramento culminati con i mesi passati con Selene alla Torre Scarlatta stanno per raggiungere il loro fine ultimo. Mi sento la corda tesa di un arco, la punta della freccia pronta a essere scoccata. Un leggero tremolio s'impadronisce del mio corpo, il fiume caldo della magia scorre torbido nelle mie vene. Il tempo rallenta e sento le voci dei miei assalitori biascicare cacofoniche: «A l l o r a t i è t u t t o c h i a r o?»
Si muovono come se fossero a mollo in un fiume, è tutta la realtà a essere annegata in acque placide.
«O r a o b b e d i s c i e r e c h i a m o c i v e r s o l u s c i t à.»
Le lancette tornano a scorrere alla giusta velocità, mentre l'unica sillaba possibile prende forma sulle mie labbra.
«No!»
***
In un tripudio di scintille il tavolo s'incendiò.
Lingue di fuoco, come serpenti addestrati, tentarono di lambire vesti e carni dei tizi seduti attorno a esso. L'interlocutore di Alteria si alzò, cercando di allontanarsi, seguito dal tizio sull'altro fianco.
La ragazza agì con la stessa intensità di una molla precaricata: afferrò il primo per il capo, conficcando l'unghia del pollice in profondità nel bulbo oculare per poi stordirlo con una gomitata circolare. Il secondo reagì cingendole la vita, cercando di trascinarla lontano dal compagno. Alteria sentì stringersi con violenza in vita, ma il suo corpo si ribellò alla stretta e, guidata dall'istinto, iniziò a dimenarsi come se fosse stata morsa da una tarantola. Il soldato vacillò, e il suo equilibrio divenne precario: indietreggiò di un paio di passi, nella speranza di mantenersi in piedi. Era il segnale che la ragazza stava aspettando: allargò le gambe e si piegò su se stessa, afferrando la caviglia della gamba meno arretrata dell'aggressore. Con tutta la forza di cui disponeva la sollevò, costringendolo a mollare la presa per non cadere rovinosamente a terra.
Un boato fece seguire la scia di un proiettile che sibilò pericoloso a pochi centimetri dalla maga. Armi alla mano, gli altri quattro erano pronti fermarla con ogni mezzo a disposizione.
Alteria si appiattì al terreno, offrendo meno corpo possibile alle pistole, poi agitò una mano, animando il tavolo fiammeggiante che rotolò in direzione dei suoi nemici. Per evitarlo si lanciarono a terra, lasciando tempo alla ragazza di rifugiarsi dietro a una parete. Pronunciò un rapido incantesimo, e le assi di legno del pavimento cominciarono a spezzarsi. Tentacoli e liane fuoriuscirono da esso, imprigionando i soldati nella morsa di madre natura.
«Alteria!»
Il richiamo di una voce femminile interruppe la trance da combattimento in cui era precipitata.
I genitori, entrambi paralizzati e con il volto imperlato di sudore, avevano la fredda canna di un fucile puntata sulle tempie.
«Non fare un altro passo, strega!» minacciarono gli aguzzini che li tenevano in ostaggio.
Si sentì un cigolio provenire dal fondo del corridoio: la vecchia porta che dava sul retro oscillava in balia degli spifferi notturni.
Alteria si morse il labbro fino a far uscire una gocciolina di sangue sul mento. Realizzò il quadro degli eventi con cui i soldati dell'armata celeste l'avevano fatta cadere in trappola.
Mentre quelli catturati a terra cercavano di divincolarsi dai rampicanti i due che tenevano in scacco la famiglia sfioravano i grilletti tremando nervosamente. Erano spaventati dai poteri della maga e un minimo movimento poteva fargli commettere una sciocchezza.
Il tempo sembrò dilatarsi ancora una volta. Nella locanda si udiva solo il crepitio del tavolo ridotto in brace dalle fiamme magiche e le imprecazioni dei soldati imprigionati.
Alteria espirò, chiuse gli occhi e poi alzò le braccia al cielo.
***
SPAZIO AUTORE
Ho sperimentato mentre scrivevo questa scena incentrata sul combattimento di Alteria. Nella prima parte, soprattutto, ho voluto descrivere con un POV gli istanti prima dello scontro, quei secondi in cui anni gli di addestramento giungono al culmine. È qualcosa a me caro perché fa parte del mio bagaglio di esperienze rapportato (con le dovute proporzioni) allo sparring che faccio con i miei compagni di palestra. Non so se ho reso bene l'idea, ma sono pronto a ricevere consigli per migliorare.
La seconda parte invece è più "action" ed è il giusto tributo alle capacità di Alteria che non sarà un'arcimaga della torre, ma il suo lo sa fare e pure bene. Purtroppo, non è sufficiente a vincere lo scontro (anche se non per causa sua).
Continuate a seguirmi!
Alessandro.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top