Capitolo 6 - SENZA VIA D'USCITA - seconda parte

«Alteria, porta anche questa zuppa al tavolo tre.»

«Sì, mamma.»

Nel vassoio, già stracolmo, trovò posto un'altra ciotola, in equilibrio precario assieme a tutte le altre. Ballavano come imbarcazioni in balia del mare mosso tra le mani della ragazza, incapace di fare un qualsivoglia movimento non necessario a mantenerne l'equilibrio. Antonina aggiunse un'altra stoviglia, provocando una reazione a catena che portò alla caduta della scodella sul lato opposto. Il tempo sembrò fermarsi quando Alteria usò la magia per impedire al contenuto di rovesciarsi sul pavimento. Levitando come se la gravità non esistesse, lo rimise sul bancone d'uscita della cucina, sotto gli occhi meravigliati dei componenti della famiglia.

«Mi dispiace, ma non posso portare tutto in una volta.»

«Certo che se potessi usare in pubblico questi tuoi poteri» esclamò la genitrice, immaginando, da pratica donna d'affari, come tale aiuto avrebbe impattato sulla produttività della locanda. 

Alteria era piacevolmente sorpresa di come i suoi parenti avevano accettato ciò che era diventata. I loro volti sprizzavano gioia da tutti i pori e non solo per il ritorno a casa. Anche se spiazzati da quella novità erano oltremodo soddisfatti, fieri di come la figlia era maturata. Avevano sempre condotto una vita semplice, ma non erano mai stati troppo bigotti o chiusi nelle loro convinzioni, cavalcando le occasioni di cambiamento senza mai farsi disarcionare. E ora, pur davanti a qualcosa di così sconvolgente, l'avevano riaccolta come se tutto fosse normale, con mente aperta e fede incrollabile in un unico sentimento: l'amore che nutrivano per lei.

La ragazza lo percepiva come una fragranza dal sapore vellutato mentre serviva gli avventori, ricalcando gli anni spensierati della precedente esistenza. Si lasciava accarezzare da quella consapevolezza, capace di lenire anche il dolore per la lontananza da Alexandros e dalle amicizie alla torre.

«Ecco, a lei» sorrise a un tizio tarchiato, porgendogli l'ultima scodella presente sul vassoio. Non aveva idea di quanti giorni si sarebbe fermata, né voglia di far progetti: pensava solo a gustarsi il presente.

Mentre la notte accresceva il suo abbraccio tenebroso, la locanda si svuotava di un gran numero di avventori, sazi per il cibo consumato e felici per la serata trascorsa in compagnia di fiumi birra fresca. Alteria li salutò uno alla volta; molti di loro l'avevano riconosciuta e riempita di domande riguardanti la sua assenza. Raccontò a tutti di essersi fidanzata con un mercante girovago, tutto sommato una scusa abbastanza plausibile per saziarne la curiosità.

Era rimasto solo un tavolo, composto da una mezza dozzina di uomini che stava svuotando il fondo dei loro boccali. La ragazza si rimboccò le maniche e decise di portare fuori il sacco della spazzatura.

La via sul retro era stretta e poco illuminata, la sua mente non poté non viaggiare a quel giorno di oltre quattro anni fa: la notte in cui i tre soldati l'avevano rapita. L'atmosfera era simile, c'era la stessa coltre innaturale di silenzio e un leggero tremore s'impadronì del suo corpo. Alteria si voltò a destra e sinistra come se dovesse individuare due piccoli occhi che la scrutavano dal fondo del vicolo, ma oltre a lei, sembrava non esserci nessuno. Si appoggiò alla parete producendo un leggero sbuffo.

"Se succedesse oggi, li affronterei in modo differente" sorrise tra sé. Forte dei suoi poteri da maga il buio non faceva più così paura.

Certo che, senza quel maledetto capitano delle guardie e i suoi sgherri, non avrebbe mai conosciuto Alexandros. Quell'episodio negativo l'aveva portata verso un destino ricco di colpi di scena.

Rientrò nel locale dove la madre, scopa in mano, stava rassettando il pavimento, mentre il padre, con tanto olio di gomito, raschiava il fondo di una padella. Uno degli ultimi clienti rimasti le fece segno di avvicinarsi.

«Cameriera, per favore, può portarci un altro giro?» disse, descrivendo con l'indice un piccolo cerchio nell'aria.

Alteria si chinò per scusarsi: «Mi dispiace, ma l'ora è tarda. Dobbiamo chiudere.»

L'uomo che le stava esattamente di fronte sollevò la tesa del proprio copricapo per rivolgerle un'occhiata truce. Frugò sotto il tavolo e raccolse un oggetto che teneva celato in grembo, appoggiandolo delicatamente sul tavolo.

La reazione di Alteria venne anticipata dalle parole sussurrate dall'interlocutore.

«Non provare a urlare, altrimenti anche i tuoi genitori ne verranno coinvolti.»

***

La Torre Scarlatta trafiggeva il cielo, solleticando con le sue ultime propaggini le nubi che si rincorrevano come una mandria di bufali impazziti. Ai piedi dell'edificio, immersa nello stagno torbido della sua ombra, una ragazza mordicchiava le pellicine delle dita, ferendosi fino a sanguinare. L'erba del terreno che l'ospitava sembrava reagire al suo nervosismo, danzando sclerotica in balia dalla brezza marina. I suoi lineamenti delicati erano turbati dal continuo movimento delle labbra, impegnate nell'inutile lavoro di scarnificazione. Mentre si succhiava una goccia di sangue, i suoi sensi colsero il tonfo delle suole di un paio di stivali sul terreno. Si girò di scatto, frustando l'aria con la sua lunga coda di cavallo.

«Ce ne hai messo di tempo!»

Apostrofò così l'uomo che a lungo l'aveva fatta penare.

«Scusa, ma avevo da sbrigare alcune faccende.»

Le tracce lasciate sul terreno mal celavano l'origine del suo cammino.

«Al Santuario del Picco Solitario?» Selene pronunciò la questione strizzando gli occhi come se dei piccoli insetti vi volassero troppo vicino.

«Sì, ero proprio lì» sospirò Maximilian. Il linguaggio del suo corpo diceva inequivocabilmente: per favore, non ricominciamo!

«Cercavo Alexandros.»

«Certo... l'avevo capito» rispose la ragazza con una punta di stizza.

«È giorni che non lo vedo e neanche Esmeralda sa dov'è.»

«Ci avrà preceduto?»

«Non credo, gli è stato imposto di non abbandonare la Torre, dopo quello che ha combinato.»

«Lo sai che sono preoccupata.»

Max si avvicinò alla ragazza cingendola tra le braccia e baciandola sul collo.

«Lo so, ma mi ci è voluto un po' per ottenere il permesso. Siamo in una situazione d'emergenza e gli altri Arcimaghi non vogliono che uno di loro parta in missione.»

Selene si lasciò coccolare un po', assaporando il profumo dell'amore che trasudava delicato dalle labbra del compagno.

«Senza di te non mi sento sicura.»

Maximilian la strinse ancora più forte, mentre un refolo di vento scompigliò i loro capelli.

Persi all'orizzonte i loro pensieri rimbalzavano tra le onde del burrascoso presente, sognando l'ambita isola felice di un rigoglioso futuro.

Per loro e tutte le persone che adoravano.

«E che ti vorrei tutto per me» Selene si sciolse dalla presa «ma ora che sei un pezzo grosso sono costretto a dividerti con tutte le responsabilità che ti vengono date.»

«Pezzo grosso? Piantala di prendermi in giro.»

La ragazza si allontanò verso la base della Torre Scarlatta; il metallo luccicò più del dovuto in un determinato punto, indicando i contorni di una porta d'ingresso.

«Sei sempre chiuso in lunghe riunioni, con Esmeralda... e Bella...»

«Ehi, la smetti?» rispose, arrossendo in volto.

La afferrò per un polso mentre tentava di sfuggirgli, trascinandola a sé per cingerla nuovamente tra le braccia. Il riflesso delle loro anime innamorate si dipinse nelle iridi nocciola, piccoli sospiri si incontravano nello spazio antistante alle labbra, sfiorandosi l'un l'altro prima di disperdersi tra i flutti del vento che spazzava l'isola.

«Finché Alteria non torna qui, non riuscirò a concentrarmi soltanto su noi due» sospirò infine Selene.

Le labbra si incontrarono carezzandosi in un bacio casto e breve.

«Sono sicuro che sta bene, ma non perdiamo altro tempo, partiamo per Mirtia» la incitò il suo innamorato.

Mano nella mano risalirono le scale verso l'ultimo piano della torre. 

***

SPAZIO AUTORE

Ecco, siamo forse giunti alla fine dell'idillio? 

Come in quella sera di circa quattro anni fa il percorso di Alteria ha nuovamente preso una brusca piega in un'altra tranquilla serata alla Locanda della Foglia stretta?

So cosa state pensando (a parte che l'autore è uno stronzo): ma Selene e Maximilian al posto di fare i piccioncini perché non si danno una cazzo di mossa? 

Rimanete sintonizzati! 

Alesandro

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