Capitolo 5 - IL PROFONDO SOLCO DEL DESTINO - prima parte


Il grande deserto del Luhanei giudicava chi osava calcare le sue aride terre con il piglio di un Dio severo. La carovana, composta da una mezza dozzina di elementi, si muoveva agile su quella distesa di sabbia a bordo di dromedari. Gli uomini avevano il volto avvolto in un turbante blu dal quale spuntavano gli occhi e una piccola parte del volto dalla carnagione olivastra, tipica degli abitanti di quella zona.

Scortavano con le loro cavalcature un ospite che si distingueva chiaramente in mezzo a loro. Sfoggiava, in sfregio all'enorme calura generata dai baci roventi del disco solare, un'armatura di pregevole fattura che, con i suoi riflessi argentei, lo rendeva quasi accecante alla vista. Qualsiasi essere umano sarebbe cotto come un uovo al tegamino all'interno di quella corazza, se non fosse che la suddetta godeva della protezione della Dea.

Alioth guardò il sole proteggendosi la vista con una mano: "La prima ora del meriggio" dedusse dalla posizione, poi rivolse l'attenzione ai compagni. Erano un corpo speciale di nomadi convertiti alla fede nella Grande Madre, addestrati a muoversi su quel terreno infame come lepri in un prato a primavera. Non avrebbe potuto desiderare compagni migliori come scorta nell'impresa che andava compiendo.

Voci narravano di un vecchio stregone, appartenente alla Torre Scarlatta, rifugiato in un'oasi al centro del deserto. La sua presenza era abbastanza certa, anche se al riguardo erano fioccate le più assurde leggende, tipo quella riguardante l'età ritenuta quasi bisecolare.

Il Luhanei incrementò la stretta mortale aggiungendo il suo alito draconico ai tambureggianti raggi solari. Il vento si intensificò all'improvviso, sollevando grosse manciate di sabbia.

L'armatura sacra, che grazie ai suoi molteplici poteri ne termoregolava il derma, diventò inutile davanti a quei piccoli granelli, taglienti come schegge di legno, che si infilavano in ogni fessura o giuntura. Sfregavano col loro tocco vetrato sulla schiena ferita, dove la pelle martoriata dalle frustate faticava a rigenerarsi. Stoicamente Alioth non mostrava segno della sofferenza; tutto ciò faceva parte del castigo, dell'ardua prova a cui la divinità lo voleva sottoporre per riabilitarlo ai suoi occhi.

Una delle sue guide lo riscosse dal tedio dei suoi crucci, indicando con una mano un punto avanti al loro cammino. Tra la sabbia che vorticava spuntò una macchia dalle tinte verdeggianti. Era incredibile veder nascere acqua e piante in un luogo abbandonato per centinaia di leghe, dalle più resistenti forme di vita.

«Fate attenzione» raccomandò il celeste, mentre passo dopo passo l'oasi prendeva forma.

***

«Mia fedele amica, abbiamo visite.»

Un uomo, troppo vecchio per possedere ancora il proprio spirito vitale, accarezzava il manto di un animale riverso sul terreno, il cui respiro rantolante annunciava l'arrivo prossimo della sua ora. La capra, sdraiata al suolo, sembrò reagire alle parole, sforzandosi di allargare le palpebre serrate.

«Quanto tempo non riceviamo visite? Oh, sarà passato quasi un lustro.»

Lo sguardo privo di pupille del matusa vagava verso un punto indefinito. La radura era composta da uno stagno, circondato da un paio di dozzine di palme. Sulle rive di quel misero specchio d'acqua spiccava una tenda di pelli, dove il vecchio e il suo animale in fin di vita facevano capolino. Alioth e i suoi si trovavano sulla riva opposta, armi in pugno. La fama che quella cariatide aveva guadagnato lungo il corso dei decenni li manteneva in tensione.

«Vecchio, tieni le mani in vista!» intimò uno dei nomadi, puntando la canna del moschetto verso il mago. Sal Azar ignorò la minaccia, continuando a dialogare con la bestia.

«Ricordi il ragazzo dell'ultima volta?»

Un belato sommesso valse come affermazione.

«Già, tra questi gentiluomini c'è un giovane animato dello stesso ardore.»

Alioth si sentì al centro di quel discorso pur non capendo cosa significasse.

«Motivazioni differenti lo portano al nostro cospetto, ma segue una strada destinata a incrociarsi con lui... ancora una volta.»

«Basta! Ti ho dato un ordine vecchio!» il soldato del deserto perse le staffe. «Così mi costringi a...»

Il Cavaliere Celeste lo interruppe, posando la mano sinistra sul fucile per abbassarlo.

«Lascia che dia l'ultimo saluto alla bestia.»

Sal Azar sembrò accogliere con un sorriso quella frase. Continuò per qualche minuto a dialogare con la capra finché non esalò l'ultimo respiro. Il vecchio prese qualche manciata di sabbia con le mani adunche e le lanciò contro l'animale nel maldestro tentativo di darle una sepoltura, poi raccolse un bastone nodoso con cui si issò sulle gambe, accompagnato dal cigolio delle sue centenarie giunture.

«Siete stato cortese a rispettare gli ultimi minuti della mia amica, vi ringrazio, nobile Alioth.»

«Come fai a sa... puoi leggermi nel pensiero?» Il cavaliere fu scosso da un leggero tremolio, realizzando che il vecchio fosse all'altezza della propria leggenda.

«Non voi, ma i vostri compagni. L'armatura benedetta dal sangue degli angeli vi protegge dai miei poteri.»

Colti alla sprovvista i nomadi armarono il cane delle loro armi da fuoco e le puntarono in direzione dello stregone. Con i muscoli delle braccia tesi aspettavano l'ordine d'attacco del proprio leader.

Lo stallo si mantenne per un tempo fin troppo lungo. Il fiato caldo del Luhanei accarezzava le foglie delle palme, stimolando la sudorazione sulle fronti corrucciate dei tiratori. Avvenne poi qualcosa che andò a violare la quiete che si era creata. La tenda di pelle si richiuse all'improvviso, celando Sal Azar alla vista dei cecchini che smisero di esitare, incendiando la polvere da sparo dentro le canne di metallo. Ricaricarono velocemente le armi, facendo esplodere un'altra salva di proiettili e poi un'altra ancora. Tra sbuffi di fumo e l'odore sulfureo della pirite, si accorsero che nessun proiettile aveva trapassato le pelli cenciose di quell'improvvisata dimora.

«È uno dei loro sortilegi. Armate le baionette, condurremo un assalto all'arma bianca!»

Il cavaliere celeste estrasse la spada dal fodero e una tenue luce cianotica ne avvolse la lama. Prima che potesse fare un passo per guidare l'assalto, sentì il terreno tremare sotto i piedi. Delle colonne di sabbia nacquero dal suolo, come giganteschi tentacoli di un kraken leggendario. Crebbero elevandosi verso il cielo, sradicando le palme che ne impedivano l'ascesa.

I soldati smarriti non seppero far altro che urlare per la sorpresa, prima di schizzare in ogni direzione, nel tentativo di non rimanere alla mercé di quel terribile incantesimo. La cima di quei turbini di rena assunse una forma antropomorfa simile a quella di arti dotati di dita artigliate, piegando verso il loro luogo d'origine. Ghermirono i nomadi in fuga, stritolandoli con le loro propaggini solide come roccia, poi li sollevarono a diverse pertiche d'altezza, gettandoli come rifiuti ai margini della riserva. 

Alioth, rimase immobile indeciso sul da farsi. Fu assaltato da una delle colonne animate dalla magia del vecchio stregone che si schiantò sulla sua figura, sommergendolo sotto quintali di sabbia.

Calò improvviso il silenzio, dissolvendo con il suo tocco rilassante le trame di quell'incantesimo. L'oasi era uscita segnata dall'esperienza, trasformata nel cimitero di uno sparuto gruppo di devoti figli della Grande Madre.

Sal Azar abbandonò la protezione del suo giaciglio, caracollando appoggiato al suo bastone in direzione della montagna di sabbia, dove il cavaliere celeste aveva conosciuto la sua fine. Esitò negli ultimi passi e un sorriso amaro gli arricciò le labbra, aride come la terra che circondava la sua dimora.

Un colpo di proiettile penetrò la sua rotula, facendolo cadere su un fianco come una vecchia zavorra. Alioth emerse dal mucchio dove era sepolto, con l'arma in pugno ancora fumante. Come dalla cima di una clessidra, i minuscoli atomi del deserto scivolavano lungo gli spallacci fino al terreno.

«Ero cosciente di non riuscire a batterti. Non con il peso di troppi inverni sulle spalle.»

«E' finita, vecchio.»

«Finalmente» sospirò l'anziano. Il tono della voce era pacato, come se il dolore per il ginocchio spezzato non fosse che una puntura d'insetto. «Concedimi almeno una morte dignitosa.»

Alioth rinfoderò la pistola e raccolse la spada, pulendola con uno strattone dalla sabbia dov'era stata sepolta. La sua mole cancellò il prepotente sole del deserto dalla figura scheletrica del vecchio, che carponi attendeva serenamente la sua fine.

«Perché esiti?»

«Uccidere a sangue freddo non è nelle mie corde.»

«No, ha altra origine il brivido che scuote il tuo corpo. Vacilli, come i principi con cui sei cresciuto.»

«Stronzate» sentenziò il cavaliere, ma qualcosa effettivamente lo tratteneva dal calare l'ultimo fendente.

Il vecchio si issò su una sola gamba, appoggiandosi al suo bastone di legno. L'altra penzolava sotto il femore come uno straccio imbevuto di sangue. Le sue orbite baluginose incontrarono quelle del giovane celeste come se potesse vederlo.

«La verità è che l'incontro con Alexandros e i suoi compagni ti ha segnato, e ora vuoi conoscere le azioni che lo hanno portato a compiere quel gesto.»

Alioth si sentì attaccato da quell'affermazione, come un tiro di stocco diretto al cuore. Reagì di conseguenza, trapassando la pelle raggrinzita del vecchio, senza che le ossa della cassa toracica, divenute fragili come sabbia, opponessero resistenza.

Sal Azar spirò, e il suo sangue, denso come pece, colò sulla lama argentea, fino a bagnarne l'elsa. 

***

SPAZIO AUTORE

Chi si ricorda di Sal Azar alzi la mano! 

Vi rinfresco la memoria: fa la sua comparsa nella seconda parte del capitolo tre del libro precedente, in un flashback in cui c'è Alexandros che giunge da lui dopo aver scoperto che lo stesso avevano fatto in passato i genitori. È uno dei primi stregoni della Torre Scarlatta, è stato pure un arcimago, ma dopo oltre centosessant'anni non è in grado di tenere testa a un cavaliere del rango di Alioth, non a lungo almeno. 

Grazie al suo vasto sapere al limite della preveggenza, scopre che qualcosa non va nella mente del suo assassino, e aggiunge un altro granello di polvere nei suoi ingranaggi incriccati. Il sentiero che ha intrapreso lo porterà ancora a scontrarsi con Alexandros? 

Rimanete su queste pagine!

Alessandro.   

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