Capitolo 7 - UN FIORE DAI NERI PETALI - seconda parte
Il vento trasportava l'odore pungente dei pini marittimi, mescolandolo a quello salmastro proveniente dall'oceano. La vegetazione sbocciava timidamente con i suoi mille colori, rispondendo al richiamo della primavera.
Il grande edificio di metallo scarlatto torreggiava con la sua mole al centro di quel piccolo lembo di terra, conosciuta come Isola Evanescente. Il nome era ispirato dalla particolare caratteristica magica di quel luogo: l'invisibilità agli occhi dei semplici naviganti.
Alteria fissò il disco solare che si stagliava sulla tela celeste del cielo privo di nubi, proteggendosi con le dita della mano per evitare di guardarlo direttamente.
"Saranno quasi le due del pomeriggio" dedusse, osservandone la posizione, assaporando a pieni polmoni quella splendida giornata mite.
Da quando era giunta sull'isola raramente aveva ammirato la natura di quel luogo a causa dei numerosi allenamenti e delle ricerche che l'avevano confinata all'interno delle labirintiche stanze della torre. Eccezion fatta per l'avventura a Mirtia, risalente alla settimana passata, era dal giorno in cui Selene l'aveva accolta come sua discepola che non lasciava quella costruzione. Decise quindi di godersi il più possibile questa uscita all'esterno.
Il canto dei gabbiani, che volavano in circolo, accompagnava i suoi passi lungo lo stretto sentiero che conduceva verso la scogliera. Osservò il piccolo cofanetto che aveva tra le mani, rimembrando il compito che le era stato affidato. Il braccialetto, che aveva portato tanto dolore alle giovane madri di Mirtia, era custodito all'interno di quello scrigno magico che annullava i poteri dello spirito maligno padrone del monile.
I maestri Hakurei e Bella non avevano ritenuto sufficiente sigillarlo: l'ombra era troppo potente e andava dissolta per sempre. Le dissero che l'unica persona in grado con i suoi poteri di compiere il difficile rituale magico era la custode del Santuario del Picco Solitario. Alteria aveva solo sentito vagamente parlare di quella donna; a differenza degli altri maghi, preferiva isolarsi in quel luogo, lontano dalle turbolente stanze della torre.
La foresta si diradò, lasciando spazio all'alta scogliera dove si infrangevano le onde del mare. In alto nel cielo, nubi color avorio veleggiavano come grandi imbarcazioni che abbandonavano un porto sicuro verso lidi sconosciuti.
Oltre poche decine di metri dalla costa c'era uno spessissimo banco di nebbia, insolitamente denso nonostante l'avanzata ora diurna. Si trattava della nebbia perenne posta con un incantesimo a protezione dell'isola. Era soltanto l'oscura volontà di Zephir, il misterioso abitante dell'ultimo piano della Torre Scarlatta, a decidere chi poteva raggiungere quel luogo.
Alteria proseguì nel suo cammino per una manciata di minuti prima di giungere a destinazione.
Il Santuario del Picco Solitario, se tale si può chiamare, non era altro che una piccola cappella diroccata, posta sul punto più alto della scogliera a nord dell'isola. Una costruzione del primo periodo del culto della Grande Madre, composta da pietra arenaria grande quanto una semplice abitazione, affiancata dai resti di quello che doveva essere il campanile, ridotto ormai a un cumulo di macerie.
Intorno a essa, un paio di dozzine di croci, indicavano il luogo dove le esequie di qualche ignoto mortale avevano trovato sepoltura. Ciò che però lasciò Alteria senza fiato era in netto contrasto con un luogo solitamente grigio e senza gioia. Una miriade di rose, dei più disparati colori, invadevano ogni lembo di terra che attorniava il santuario e il cimitero adiacente. Un fulgido tappeto multicolore di boccioli profumati, i cui petali volteggiavano sospinti dal soffio delicato della brezza marina. Quell'esplosione di colori si diffondeva a macchia d'olio, trasformando il triste luogo di morte in una visione idilliaca.
La ragazza camminava leggera su un sottile viottolo lastricato, attraversando la distesa fiorita e lasciandosi inebriare dagli odori di quel luogo che sembrava incantato. Una grande farfalla arcobaleno le passò a pochi centimetri dal viso, stazionando a mezz'aria qualche istante, tanto da lasciarsi ammirare dalla giovane estasiata. Dopo alcuni secondi, proseguì la sua corsa fino ad andare a posarsi su una grossa armatura, posta davanti all'ingresso del santuario. Composta di solido acciaio splendente alla luce del sole, si ergeva statuaria, come un antico guardiano posto a difesa di un luogo sacro.
Alteria si avvicinò e vide che l'ammasso di metallo era effettivamente troppo grande per le dimensioni di un essere umano. Sulla spalla di quel gigantesco ornamento, la farfalla indugiava sicura, quasi come se sapesse di trovarsi ad un'altezza troppo grande per essere raggiunta da qualsiasi minaccia che camminava al suolo. Improvvisamente alla ragazza venne in mente il motivo per cui si trovava lì. Notò che la porticina per accedere all'interno del santuario era celata alle spalle dell'armatura, impossibile da raggiungere senza spostarla. Nel mentre, in cui pensava come aggirare quel problema, uno strano clangore metallico la fece sobbalzare, tanto da farla scivolare a terra. Non poteva essersi sbagliata, l'armatura aveva fatto un passo in avanti e ora la porta alle sue spalle era diventata accessibile.
La farfalla abbandonò il sicuro rifugio solo dopo qualche istante, danzando ancora una volta davanti al volto stranito della giovane. La vide sfiorare le mura del santuario con il suo ritmico battito d'ali, prima di perdersi per sempre tra i colori del cimitero fiorito.
«Vieni avanti» le disse una sconosciuta voce femminile proveniente dall'interno. Una voce calda e invitante, al cui richiamo Alteria decise di non sottrarsi.
***
«Alla luce di quanto successo non credo sia stata una buona idea.»
Seduta sul suo scranno Bella aveva appena cominciato il suo discorso.
«Portare la tua giovane allieva è stato troppo avventato!»
Le lunghe ciocche dorate si scossero leggermente, mentre la sua testa ruotava in direzione di Selene in piedi a qualche passo di distanza da lei. Tra le due non c'era che una mezza dozzina d'anni di differenza, ma il tono autoritario che utilizzava l'arcimaga incuteva rispetto da parte di chi apparteneva a un rango inferiore.
«Ho cercato di tenerla lontana il più possibile dal pericolo, non potevo prevedere che avrebbe tentato di affrontare da sola quell'ombra» disse la giovane strega, cercando di trovare una giustificazione al suo errore.
«Ciononostante Alteria è viva e in salute, ritengo che tu sia un po' troppo dura vista le circostanze.»
Hakurei seduto al suo fianco intervenne per difendere Selene. Alla sua destra i primi tre scranni, appartenenti agli altri tre maestri, erano ancora una volta vuoti.
«Avremmo dovuto seguire le regole» controbatté lei.
«Regole» proseguì l'uomo con una nota di sarcasmo, «proprio noi che infrangiamo quelle della fisica con i nostri poteri, parliamo di seguire qualche macchia di inchiostro posta su un pezzo di carta. Bella, ti ricordo che sono stato io ad autorizzare Selene a portare la sua allieva con lei.»
«Ne sono cosciente Hakurei, per questo non mi sono opposta. Nonostante ciò, non ritieni che sia stato un azzardo mandare in missione un'apprendista che è alla torre da pochissimi mesi?»
«A maggior ragione dopo aver sentito il racconto di ciò che è successo» ribadì il potente stregone, dal fisico statuario.
«Intendi quando lo spirito del bracciale ha cercato di evocare il quaresh di Alteria?»
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