Capitolo 3 - PRESENTE E PASSATO - finale
Furono dei violenti colpi di tosse a riportarlo alla realtà.
La sabbia era penetrata nelle narici e nella gola arsa dal clima torrido, rendendogli difficile il respiro. Ciononostante era vivo, il fato aveva deciso che non era ancora giunta la sua ora. Cercò di rimettersi in sesto come poteva, si pulì gli occhi cercando un lembo delle sue vesti rimasto immacolato dalla rena.
Ciò che vide lo lasciò a bocca spalancata.
A poche decine di metri dalla sua posizione c'era un'oasi.
In realtà, era solo un piccolo ammasso di palme e di scarsa vegetazione attorno a uno specchio d'acqua ma, dopo migliaia di chilometri quadrati di sola sabbia, appariva come un autentico miracolo.
"Dev'essere un miraggio..." fu la prima cosa che pensò Alexandros, ma poco dopo scacciò dalla mente quella sua prima impressione. L'addestramento alla Torre Scarlatta gli permetteva di discernere con precisione l'illusione dalla realtà: quello che stava osservando era reale.
Con rinnovato vigore, si rialzò e la raggiunse balzando tra le dune con ampi passi. Si lanciò a terra come un predatore famelico e congiunse le mani per bere un po' d'acqua dal piccolo laghetto. Il fluido gli invase la gola, fresco e dissetante, poi lo usò per pulirsi il volto dai residui sabbiosi ancora presenti.
"Cazzo, credo di non aver mai bevuto acqua così buona."
Provò la fastidiosa sensazione di essere osservato.
Girò la testa e vide una capretta fissarlo, mentre ruminava dei vegetali. L'animale era vistosamente magro, con il profilo delle ossa che sporgeva sotto il manto dal pelo corto, ma sembrava godere di buona salute.
L'animale scosse la testa, emettendo un breve belato che il ragazzo interpretò come un saluto.
Poi, sentì una mano posarsi sulle sue spalle.
***
La tenda aveva il diametro di una mezza dozzina di passi, composta da stoffe di scarsa fattura, impreziosite però, da ricami e intarsi che andavano a comporre un magnifico affresco del firmamento.
Ad Alexandros sembrò di trovarsi alla notte precedente, quando, prima di coricarsi, aveva ammirato il meraviglioso spettacolo del cielo stellato del deserto. Tale era la ricchezza di dettagli di quell'opera, che pareva impossibile si trovasse in quello che, visto da fuori, sembrava il modesto alloggio di un nomade.
«Benvenuto nella mia umile dimora» disse una voce rauca, leggermente nasale. Era un uomo anziano, molto anziano, così tanto da sembrare quasi un cadavere, su cui comparivano i primi segni della decomposizione. Sedeva davanti ad Alexandros con le gambe incrociate, la pelle era annerita dall'azione implacabile del sole, raggrinzita e solcata da ampie rughe, butterata dalla dermatoporosi. Il fisico era magrissimo quasi scheletrico, la testa calva, ma con una lunga barba bianca che toccava fino a terra.
Lo fissava con gli occhi spalancati, le cornee color latte erano prive di pupilla.
«Non puoi vedermi vero vecchio?»
La sua cecità era palese.
«Non ne ho bisogno stregone.»
Alexandros sentì una strana sensazione, come se delle mani frugassero nella sua mente.
«Sì lo so, sono piuttosto vecchio, ho centosessantotto anni se non ne ho scordato qualcuno. Sai, alla mia età non è semplice mantenere il conto dei giorni.»
Come poteva un essere umano vivere tanto a lungo, si domandò il ragazzo, concludendo che probabilmente era il Quaresh stesso a tenerlo in vita.
«Sei perspicace ragazzo» esclamò l'anziano mago, leggendo il suo pensiero «è Lui a non lasciarmi morire in pace, al nostro compagno di viaggio piace tormentarci anche oltre il corso di una normale vita.»
In quel momento, Alexandros ebbe la sensazione che il suo demone interiore, si stesse facendo beffe di lui.
«E vedo che il tuo ospite è particolarmente ossessivo nei tuoi confronti.» Nel dire queste parole, il vecchio gettò una strana polvere colorata nel piccolo focolare davanti a lui, profumando l'ambiente di un odore simile all'incenso.
«Comunque, sono colui che ambivi a trovare, sono Sal Azar!»
L'uomo che stava cercando era davanti a sé, i suoi sforzi non erano stati vani. L'aver attraversato il deserto del Luhanei con il suo clima estremo, l'aver sfidato la fame e la tempesta di sabbia, l'avevano condotto all'obbiettivo della sua missione.
«Vedo che sei affamato; tieni, prendi questo.»
Gli porse una fetta di formaggio di capra che il ragazzo divorò avidamente, quasi commosso da cotanta generosità.
«Il deserto è inclemente con i viaggiatori, persino con quelli dotati di grandi poteri» disse Sal Azar, accarezzandosi la lunga barba.
«Me ne sono reso conto» esclamò il giovane, senza smettere di masticare.
«Ma il destino ha voluto lo stesso condurti fino alla mia casa.»
«Evidentemente non era ancora la mia ora» rispose con un pizzico di spavalderia Alexandros, nonostante avesse temuto il peggio.
«No ragazzo, hai ancora molto da vivere.»
Il vecchio si alzò in piedi con estrema fatica, sostenendosi su un nodoso bastone di quercia. La schiena era incurvata dalle numerose primavere, tuttavia il suo aspetto emanava saggezza e rispetto.
«Che cosa cerchi in questo luogo?» domandò, con i suoi occhi ciechi persi nel vuoto.
«Cerco risposte.»
Dopo la propria affermazione, Alexandros sentì il vecchio che, con i suoi poteri, gli scandagliava la mente nel profondo. Non fece nulla per opporsi.
«I tuoi genitori... mi ricordo di loro... sono venuti da me qualche tempo fa.» Sal Azar parlava alla moviola, prendendosi lunghe pause tra una frase e l'altra.
«Che cosa cercavano?» chiese spazientito il giovane.
"Piantala di tenermi sulle spine vecchio..."
«Quando avrai vissuto oltre un secolo imparerai anche tu l'arte della pazienza...»
"...e finiscila di leggermi nel pensiero!"
Il vecchio sorrise tornando a sedersi, prima di esaudire finalmente la sua richiesta.
«Zenobia! I tuoi genitori cercavano risposte sulla città di Zenobia.»
"Zenobia..."
Non aveva mai sentito una città dal nome simile, neanche nelle più strampalate leggende che aveva udito o letto tra le mura della Torre.
«Che razza di luogo è?» domandò, divorato dalla curiosità.
«Zenobia è una città persa nel mito, molti ritengono che non sia mai esistita, ma ti posso assicurare che nel corso della mia lunga vita ho raccolto parecchie prove al riguardo che ne confermerebbero l'esistenza. Anche i tuoi genitori credevano fortemente che non si trattasse solo di una leggenda!»
«Raccontami di più» lo incalzò Alexandros, sentendo la rabbia montare dentro di sé.
«Non è necessario, troverai alla biblioteca della Torre Scarlatta tutta la documentazione che ho raccolto al riguardo.»
«Dannazione vecchio!» sbottò il giovane «Morti! Sono morti!...E dopo che ho attraversato quello schifo di deserto tu sai solo darmi un cazzo di nome!» cadde in ginocchio, picchiando i pugni contro il suolo. Il viso rigato da lacrime piene di rabbia.
Sal Azar non si scompose, rimase immobile a fissare il suo ospite, nonostante fosse impossibile per lui vederlo. Attese alcuni secondi prima di prendere parola, soppesando bene quello che stava per dire.
«Mi dispiace ragazzo per i tuoi genitori, ma la strada verso Zenobia è lastricata di insidie. Ci sono in gioco forze che tramano per tenerne la leggenda sepolta tra le sabbie del tempo, forze difficili da sfidare perfino per uno stregone.»
Il vecchio si alzò in piedi, apparentemente senza sforzo, nonostante le gambe pelleossa che scricchiolavano a ogni minimo movimento. «Ho avvisato i tuoi genitori dei pericoli a cui andavano incontro, ma era troppo in loro l'amore della verità per fermarli, troppa la determinazione per rinunciare a risolvere il più grande enigma della storia del nostro mondo.»
Il vecchio avanzò fino a posizionarsi proprio di fronte ad Alexandros; i suoi occhi, nonostante fossero ciechi, incrociarono il suo sguardo.
«La stessa determinazione che percepisco pervadere le tue membra. Sento in te un grandissimo potere in continuo aumento, ma di pari passo anche il demone che ti accompagna accresce la sua forza. La strada di noi marchiati dal Quaresh è un sentiero che si restringe a ogni metro che percorriamo. Non lasciare che il desiderio di vendetta condizioni ogni tuo pensiero, perché, quando ti troverai a camminare su una fune sottile, ti risulterà impossibile mantenere l'equilibrio.»
***
Il sordo boato di un tuono riportò Alteria alla realtà.
"È stato solo un sogno? Eppure era così reale, così vicino che mi sembrava di essere al suo fianco..."
L'odore stantio di un antico tomo le solleticò le narici, doveva essersi addormentata leggendo il capitolo riguardante la città perduta. Lungo quelle pagine però, nessun indizio riguardante l'ubicazione di Zenobia. Seppur ora avesse conoscenza di ciò che era quella città, non aveva trovato quello che le serviva veramente. Non era però delusa, nei suoi sogni era comparso Alexandros e si sentiva fortemente sicura di una cosa: era solo una questione di tempo, lo avrebbe ritrovato.
***
SPAZIO DELL'AUTORE
Alexandros, l'uomo che Alteria cerca a costo della stessa vita.
Lo stregone che l'ha abbandonata sembra essere uno importante all'interno della Torre Scarlatta, anche se nessuno sa che fine abbia fatto.
Dopo il siparietto con Dass vediamo Alteria che cerca indizi sulla sua scomparsa nella biblioteca della torre. Trova un libro su Zenobia, la città perduta che Alexandros sta cercando e poi, provata dal tanto leggere sembra appisolarsi su quelle antiche pagine...
...E così entra in scena anche l'altro protagonista. Già finalmente un piccolo spazio per lui, in questo flashback "generato" da una specie di sogno di Alteria (vi piace l'artificio che ho usato?)
Comunque vediamo il nostro protagonista maschile al tempo in cui ricerca indizi sull'assassino dei suoi genitori e viene a conoscenza di un antica città perduta: Zenobia.
Ora conosce il movente, ma chi avrà mai sterminato la sua famiglia solo perché alla ricerca di una sbiadita leggenda?
Stay tuned
Alessandro
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