Capitolo 15 - SCONTRO DI LUCE E OMBRA - quarta parte

L'aura combattiva di Keshnal stava aumentando a dismisura. Potenti energie oscure si stavano raccogliendo attorno al suo corpo come fiumi di pece, avvolgendosi a spirale attorno alla sua enorme muscolatura. Il demone si preparava a sferrare un tremendo attacco magico. 

Emmaniel si dimenava freneticamente, cercando di liberarsi dagli incorporei servitori d'ombra che avevano succhiato parecchia della sua divina energia. Lo scontro sembrava esser giunto a un punto di non ritorno: la bilancia pendeva nettamente a favore del signore degli inferi.

«Tra poco, avrò mantenuto fede al nostro patto mio evocatore» disse rivolgendosi ad Alexandros, il quale istintivamente portò la mano alla cintola accarezzando l'oggetto con cui aveva compiuto il rito di evocazione. Il suo pensiero era rivolto al pugnale, con il quale aveva tolto la vita di una giovane innocente.

«Raccomandati alla tua falsa Dea!» tuonò il demone infernale con le sue enormi fauci da cui fuoriuscivano orrendi miasmi «La tua morte sarà la prima pietra per il ritorno del male su questo pianeta.»

Emmaniel per la prima volta dopo secoli era terrorizzato. Sentiva un fortissimo morso allo stomaco, come se dei corvi con i loro neri becchi stessero banchettando con le sue budella. Il sudore imperlava la sua fronte, le gambe tremavano impedendogli qualsiasi reazione. Era dunque questa la sua fine? Un essere dalle divine qualità come lui poteva davvero morire? Nessun mortale era mai riuscito a nuocergli, a scalfire il suo angelico corpo. Keshnal però non rientrava in quella categoria, lui era un concentrato di malvagità ancestrale, uno degli esseri che dominava la Terra prima ancora del tempo dell'uomo.

«Aaaaarrrghh!!!!»

Un disumano urlo di dolore squarciò la notte all'improvviso, come il bagliore del lampo di un roboante temporale estivo.

«Dannato, che hai fatto?»

Alexandros impugnava con entrambe le mani il pugnale usato nell'evocazione, conficcandolo nella schiena marmorea del mastodontico demone.

«Fermati e compirò la tua vendetta!» urlava Kesnhal in preda alla disperazione. «Da solo non puoi farcela! Non puoi farcela!»

Lo stregone per tutta risposta ruotò il polso, permettendo alla lama in orizzontale di penetrare ancora più in profondità nelle carni dell'essere bestiale. La pelle corazzata cominciò a sgretolarsi come granelli di sabbia, le fibre muscolari, gli organi e le ossa che avevano la consistenza del più duro dei metalli, perdevano forma solida, evaporando in melense lingue di fumo nero. Keshnal fece appena in tempo ad emettere un ultimo urlo raggelante, prima di tornare nuovamente confinato nell'oblio per chissà ancora quanti secoli.

"Mi dispiace, ma non potevo continuare così."

Tra i fiotti cinerei che venivano emanati dai brandelli di corpo del signore degli inferi si sollevò uno spirito dall'aspetto di una giovane ragazza. Il fantasma ondeggiò davanti allo stregone come se volesse tributargli l'ultimo saluto.

"Vanessa, non potrò mai espiare ciò che ti ho fatto...mai."

La ragazza allungò le sue incorporee braccia sfiorando il triste volto dell'uomo davanti a sé. Un leggero sorriso di commiato sembrò comparire sul suo volto etereo, mentre il suo corpo spirituale perdeva consistenza.

"...Ma non è così che avrò la mia vendetta. Solo con le mie mani potrò avere giustizia."

Vanessa scomparve del tutto, e una lacrima rigò il volto di Alexandros.

«Una scelta saggia.»

Emmaniel dopo la scomparsa del suo nemico aveva riacquisito la sua proverbiale flemma.

«Hai rimediato al tuo errore, rimandando all'inferno il mostro che avevi evocato. Visto il tuo pentimento, potrò donarti una morte rapida e ind...»

«Sta zitto!»

Lo stregone stava immobile avvolto nel suo mantello fiammeggiante. Dentro di lui un tremendo scontro stava avvenendo, tra ciò che rimaneva della sua coscienza e il Quaresh che si era ingigantito dalla rabbia che provava.

«Ti ho detto di tacere!»

I suoi occhi bruciavano come tizzoni ardenti.

Estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo cristallo color ciano che strinse tra pollice e indice. Dal mnemonicum vennero proiettati come un ologramma gli ultimi ricordi del padre di Alexandros.

Emmaniel rivide il sé stesso di qualche anno prima mentre compiva la carneficina con cui aveva annientato il casato dello stregone.

«Ora capisco» disse «ma permettimi di spiegare.»

"Non c'è un cazzo da spiegare, proprio un cazzo da spiegare" pensò lo stregone, mentre si mordeva le labbra dal nervoso.  

«Devi sapere che ci sono verità che nessun mortale ha il diritto di conoscere, leggende che devono rimanere sepolte nell'oblio dei secoli passati.»

«E Zenobia è una di queste?» domandò Alexandros a denti stretti.

«Esatto. Quella città è stata cancellata dalla storia per volontà divina e tale deve rimanere. Tutto fa parte di un disegno celeste che a voi creature inferiori non è dato conoscere» concluse il cherubino tornando ad accomodarsi sul suo trono.

«Mia sorella Cleo, era poco più che una bambina.»

«Capisco il tuo dissenso, ma era inevitabile.»

«Inevitabile?» domandò il mago, con lo sguardo folle di chi rifiuta di accettare la realtà.

«Inevitabile. Si è trattato del sacrificio di poche persone per scongiurare un tumulto ben più grande.»

«Aveva ragione Keshnal!» Alexandros tremava dalla rabbia «sei soltanto un falso dio!»

L'uomo balzò in avanti, muovendosi con la rapidità del vento grazie all'aiuto di un incantesimo. Dal suo braccio si creò quasi istantaneamente una lama di ghiaccio diretta verso la gola della divinità.

«Troppo avventato!»

Erano bastate due dita a Emmaniel per fermare l'attacco dell'arcimago della Torre Scarlatta. Una volta libero dai Servitori Oscuri di Keshnal, aveva riacquistato gran parte delle sue energie.

Con il dito indice dell'altra mano sprigionò un raggio di luce che spedì lo stregone lungo tutta la stanza fino a sbattere contro la parete opposta.

Un globo di calda energia sibilò, attraversando lesto tutta la stanza. Alexandros si era rialzato all'istante esplodendo uno dei suoi potenti incantesimi. La sfera deflagrò a contatto con il suo avversario riempiendo l'aria di fumo e fuliggine. Però quando  il vapore grigio si diradò, Emmaniel ricomparve alla vista. Protetto da una sottile barriera di luce, risultava illeso.

«Anche se dentro di te dimorano forze sovrannaturali, sei pur sempre soltanto un semplice essere umano.»

Alexandros ansimava sconsolato. Era tutto qui quello che sapeva fare? Dieci anni di sacrifici, dieci anni in cui aveva quasi rinnegato la sua umanità e non riusciva neanche a scalfire l'essere che aveva sterminato la sua famiglia.

Qualcosa dentro di lui sembrò ruggire, per attirare la sua attenzione.

"No, non finirò così" pensò, ricacciando il Quaresh nel profondo della sua anima.

«Mortale, preparati, è giunta la tua ora.»

Emmaniel sollevò il braccio destro e una moltitudine di sottili bagliori parvero crearsi dalla sua mano diffondendosi nella stanza.  

I fili crebbero in numero e dimensioni trasformandosi in un reticolo di raggi luminosi. Alexandros riuscì in pochi istanti ad elaborare una contromossa: una dozzina di illusioni create a sua immagine e somiglianza, si materializzarono alla rinfusa nella stanza, ingannando così l'attacco del nemico.

«Mi dispiace, ma non servirà a nulla!» L'angelo moltiplicò a dismisura i suoi raggi, tanto che l'incantesimo saturò la stanza in ogni centimetro.

Ci fu un tremendo grido di dolore, tutte le immagini incorporee svanirono, mentre il corpo dello stregone venne trapassato da quella moltitudine sfavillante. Il magico mantello scarlatto, che per anni l'aveva protetto meglio della più solida delle armature, era stato ridotto a brandelli poco più grandi dei petali di un fiore.

Per tutta la stanza erano visibili i segni della terribile magia scatenata dal divino Emmaniel. I grandi blocchi di pietra, con cui era stata costruita la cattedrale, erano solcati da profondi tagli, i bellissimi dipinti e gli arazzi appesi alle pareti completamente rovinati. La stanza celeste mostrava le ferite di quella cruenta battaglia; l'inviolabile luogo sacro ora pareva il corpo di un mutilato di guerra.

Alexandros giaceva a terra debole e indifeso. Il suo corpo ancora tremava per il dolore lancinante. Le ferite non si contavano: un normale essere umano non sarebbe sopravvissuto a tale scempio.

Il cherubino avanzò verso di lui a piccoli passi con la sicumera di chi aveva in pugno la situazione. Materializzò in un trionfo di luce la sua lama diamantata con cui era intenzionato a recidere il filo della vita dello stregone. La puntò verso il petto prima di sollevarla con entrambe le mani; i muscoli erano contratti, pronti a sferrare il mortale affondo.

«Riposa in pace» disse, ma qualcosa lo paralizzò un istante prima che la punta della spada incontrasse la morbida carne dell'uomo. Un'esplosione di fiamme improvvisa lo fece arretrare di qualche passo. 

Alexandros era nuovamente in piedi davanti a lui, completamente avvolto dal suo fuoco magico.

«Come puoi reggerti ancora sulle gambe dopo il mio attacco?» 

Davanti a tale dimostrazione di tenacia, perfino l'essere divino pareva sorpreso.

L'incendio crebbe d'intensità spargendosi in tutta la stanza, il calore divenne insopportabile tanto da far avvolgere Emmaniel nelle proprie ali per non rimanere ustionato. In tutto questo, lo stregone era completamente assorto nell'espansione del suo potere: i muscoli, tirati allo spasimo, tremavano in modo quasi convulso. Il sangue zampillava verso l'esterno da ogni pertugio, ma lui sembrava non curarsene. Era oltre il limite delle capacità umane, oltre il limite del potere da cui poteva attingere.

«Che diavolo stai facendo?» urlò l'angelo pallido in volto. Era già la seconda volta, quel giorno, che provava quella sensazione, rimasta sopita per secoli in fondo al suo essere. Si guardò le mani, tremavano per il terrore.

«Ora vedrai dove può arrivare la volontà di un uomo!»

Improvvisamente le fiamme reagirono, ritornando in direzione del loro padrone come se fossero attirate in una potentissima singolarità. Danzarono davanti alle braccia tese dell'uomo assumendo la forma di un volatile dalle ali cremisi. In un tripudio di bagliori scarlatti, una fenice di fuoco prese vita grazie alla volontà dello stregone. Con un grido ancestrale, la creatura elementare si lanciò contro il nemico, accompagnata da una scia vorticante di fuoco infernale. L'incantesimo più potente, che un arcimago del rango di Alexandros potesse invocare, si infranse su Emmaniel con un boato tanto forte da crepare la dura pietra del soffitto. In un'apoteosi di lapilli e scintille l'uccello di fuoco esplodeva, abbandonando la realtà che l'aveva ospitato in quei pochi istanti per compiere la volontà del suo invocatore. 

"È fatta! Padre, madre, sorella, giustizia è stata fatta."

Alexandros, completamente prosciugato delle proprie energie, rivolse lo sguardo a terra e pianse i suoi cari. 

*grazie a @Sheilaroug17 per l'immagine 

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