Capitolo 1 - UNA NOTTE SENZA LUNA - seconda parte

L'anziano uomo con il volto imperlato dal sudore si svegliò di colpo nel suo letto a baldacchino. Respirava con difficoltà e affanno, il cuore gli batteva all'impazzata nel petto causandogli un leggero dolore toracico.

«È stato solo un incubo.» disse tra sé e sé per calmarsi e far calare le pulsazioni. Il volto magro era scavato dalle rughe e caratterizzato dalla presenza di numerosi nei. I pochi capelli che gli rimanevano erano grigi e radi, tenuti corti ai lati della testa dove le calvizie esitavano ad arrivare. Padre Callon era l'arcivescovo signore della città di Florentia, chierico di nobile famiglia, era un severo e devoto servo del culto della Grande Madre. Un uomo schivo, che detestava il contatto con altre persone, che aveva scelto di prendere i voti per intraprendere una comoda e protetta carriera all'interno del clero. Le sue capacità oratorie e il nobile lignaggio del suo casato avevano favorito la sua ascesa, fino a farlo diventare uno tra i più importanti prelati della città. Guardò fuori dalla finestra, soltanto la debole luce delle stelle rischiarava quella buia notte senza luna.

Un improvviso rumore lo fece sobbalzare ancora.

«Sono solo i rintocchi delle campane» pensò, ma il lento accento dei colpi di batacchio contro il ventre d'ottone, si trasformò ben presto in un ritmico suono d'allarme.

Un soldato spalancò la porta della camera dell'arcivescovo:

«Vostra eminenza, qualcuno si è introdotto nella cattedrale!»

Gettò al militare una sprezzante occhiata a causa della sua totale mancanza di rispetto.

«Chi osa profanare questo sacro luogo?» domandò con tono altezzoso.

«Ancora non siamo riusciti a capirlo, i nostri uomini sono impegnati a respingere le forze nemiche nel perimetro del chiostro, nell'aula e nel presbiterio.»

Preoccupato, padre Callon aggrottò le sopracciglia, mentre una gocciolina di sudore percorreva la sua guancia sinistra.

«Dove sono i Cavalieri Celesti?»

«Stanno scendendo anche loro nei piani inferiori per partecipare allo scontro.»

Il vecchio prelato tirò un sospiro di sollievo; sapere che quegli uomini scelti erano presenti sul campo di battaglia garantiva in lui una sensazione di estrema fiducia.

«Vostra eminenza.» proseguì il soldato «Per la vostra incolumità preferiamo trasferirla nella torre principale vicino agli alloggi del divino Emmaniel.»

«Sì, lasciatemi il tempo di mettermi qualcosa di consono.»

L'anziano vescovo si recò dietro un paravento per togliersi la camicia da notte e indossare l'abito talare. Con la coda dell'occhio vedeva la guardia, preda del nervosismo, continuare a guardare fuori dalla porta, come se ci fosse un imminente pericolo. Avrebbe voluto dire al vescovo di darsi una mossa, ma la sua posizione sociale gli impediva di impartire ad un uomo di tale rango un ordine così diretto. Mentre si sistemava la stola lungo le spalle, padre Callon con un cenno di sufficienza fece capire al soldato di essere pronto e lo seguì, guadagnando l'uscita della sua camera da letto. I due si diressero nel corridoio adiacente ai dormitori dell'alto clero, dove una mezza dozzina di guardie di sorveglianza erano pronte a coprirgli la fuga.

«Che inutile spiegamento di forze», realizzò nella sua mente il prelato, «questo è uno dei luoghi più sicuri del continente, non esiste forza al mondo in grado di violarlo.»

Tuttavia la realtà era ben diversa dalla fede che nutriva nei confronti della forza di difesa della cattedrale.

Dal fondo del corridoio si percepì un urlo di puro terrore.

Un soldato in preda al panico corse in direzione dell'arcivescovo fino a scivolare cadendo ai suoi piedi. L'uomo si avvinghiò alle vesti del sacerdote per tentare di sollevarsi, il suo volto era completamente pallido e la sua bocca schiumava come se fosse stato contagiato dalla rabbia.

«Il dia..il dia...» riuscì a farfugliare prima di crollare ai piedi del vecchio. Inorridito, il vescovo osservava le macchie di sangue miste a fango che le mani sudice di quel poveraccio avevano lasciato sulle sue candide vesti. Indietreggiò di qualche passo per evitare qualsiasi possibile altro contatto con quel soldato che strisciava agonizzante al suolo.

All'improvviso, le lampade che illuminavano il corridoio cominciarono a frantumarsi una dopo l'altra gettandolo nella quasi totale oscurità. Un paio di soldati si affrettarono ad accendere delle torce per impedire alle tenebre di prendere il sopravvento.

«Chi è là!» urlò una delle guardie, attirata dal rumore di pesanti passi che provenivano dal fondo dell'androne. Padre Callon sollevò lo sguardo per scorgere con i suoi occhi ciò che stava accadendo. Qualcosa di orribile, mostruoso, un essere che non apparteneva a questo mondo avanzava nella loro direzione. Circondato da una potente aura carica di malvagità, l'essere demoniaco alto quasi quanto il corridoio, marciava sorretto dalle sue potenti gambe taurine. Il corpo, costituito da massicce fibre muscolari rosse, era maestoso e imponente, numerose protuberanze ossee gli sporgevano da ogni giuntura. Sulla testa due grosse corna caprine di colore nero sostituivano i capelli, aveva gli occhi infuocati e dalla ampia bocca usciva senza sosta una grossa quantità di fumo corvino. Si trattava di un demone dell'abisso, un'emanazione della più pura malvagità ancestrale. Il suo nome era Keshnal, soprannominato il Distruttore, un essere che aveva ragione di esistere soltanto nelle leggende che raccontavano del mondo, prima dell'avvento dell'essere umano. Pietrificati davanti a tale apparizione, i soldati ci misero qualche istante per reagire; imbracciarono i fucili e spararono all'impazzata tutto il piombo che avevano contro quel mostro. Rimasero a bocca aperta nel vedere i loro proiettili rimbalzare sulla dura scorza del demone.

Preda dello sconforto, metà di loro fuggì a gambe levate, mentre gli altri decisero di reagire e di attaccare con le sciabole. Si lanciarono in un assalto all'arma bianca, ma giunti in prossimità di Keshnal il loro corpo cominciò a bruciare, fino a ridursi in cenere. Era bastata la sola aura combattiva del demone per disintegrare i deboli corpi degli umani che avevano soltanto osato tentare di scalfirlo.

Con calma serafica il demone si avvicinò all'arcivescovo rimasto ritto al centro del camminatoio completamente paralizzato dalla paura. Il suo corpo si mosse per compiere un gesto dettato più dalla disperazione che dal coraggio.

«Va-va-vade retro diavolo, nel nome della Grande Madre!»

Nel pronunciare la sua ammonizione l'anziano sventolava davanti all'opprimente emanazione del male il suo simbolo sacro, usato come scudo nella speranza di fermarne l'avanzata.

Keshnal sembrò muovere le labbra per abbozzare un sorriso ironico.

«La pochezza dell'essere umano sta nel credere di potersi difendere dalla minaccia del male con tali ammennicoli.» La sua voce era talmente potente da far tremare le pareti.

Padre Callon indietreggiava e la sua mano tremante cercava di frapporre tra sé e il demone il simbolo della Grande Madre, come se tale gesto potesse permettergli di erigere una barriera che l'avrebbe protetto dal male.

«Dunque dovrebbe essere la tua fede in un falso dio ad allontanarmi da questo luogo?»

Keshnal allungò le lunghe dita artigliate sottraendo dalla mano del vecchio la piccola statuina che rappresentava la Dea del suo culto.

«Perfino un infimo essere come un topo, se messo alle strette, tenterebbe una disperata resistenza, invece voi uomini vi rifugiate nelle preghiere, nella speranza che qualche divinità giunga in vostro soccorso.» Come conclusione al proprio discorso stritolò la statuetta tra le mani.

L'arcivescovo sentì svanire le ultime forze e cadde a terra in procinto di svenire.

«Aiuto, aiutami...divino..Emma...divino Emman...» farfugliò delirante con la bocca che schiumava.

«Alzati!» tuonò Keshnal.

Il sacerdote sentì il proprio corpo sfuggire alla sua volontà e muoversi come una marionetta in direzione del nuovo padrone.

«Credi davvero che il signore di questa cattedrale giungerà in tuo aiuto?»

Padre Callon aveva completamente perso il controllo del suo fisico e se ne stava paralizzato a pochi centimetri di distanza dalle fumanti fauci del demone infernale.

«Non mi uccidere...ti prego...» riuscì a dire a denti stretti.

«Non lo farò, almeno non ancora.» Keshnal passò il dito indice della sua mano destra sotto il vecchio mento rugoso dell'uomo in completa balia del suo potere.

«Vedi vecchio, il tuo corpo mi sarà utile, molto utile.»

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