Manovra Critica, Parte II

"Per quanto sia convinto delle sue affermazioni, posso provarle che si sbaglia."

"Voglio proprio vedere cosa si inventerà."

"Lei ha il controllo delle telecamere, giusto?"

"Sì, e a proposito: ho controllato. Non trovo sue tracce da nessuna parte."

"È stato veloce."

"Avevo controllato già prima, ma non conoscendo la situazione ho pensato che si trovasse in un punto cieco. Ora so che mi sbagliavo."

"E invece aveva perfettamente ragione. Si connetta alla telecamera del ponte principale, l'ultima verso prua."

"Fatto. Non vedo null... Ehi, ma che succede! Come fa a muoverla così?!"

"Con le mani. L'ho staccata dal soffitto per farle vedere dove sono. Eccomi qua."

"Dottore?!"

"In carne ed ossa."

"Ma allora..."

"Si sbagliava, come le avevo detto. Non male la sua storia però, devo ammetterlo. Era così convincente che per un attimo ci ho creduto anche io, di essere un computer."

"Molto spiritoso. Non riesco a credere di aver... Cosa diavolo è quello?"

"Cosa, questo?"

"Ha fatto un buco nella mia nave?! E proprio sotto la mia cabina!"

"Le posso spiegare."

"Lo spero bene. Guardi che disastro che ha combinato, tutti quei cavi..."

"Non ho trovato altro modo per mettermi in contatto con lei."

"Che vuol dire? Non poteva chiedere..."

"Al CASP? Già, senza quel computer anche le comunicazioni interne sono andate. In effetti sarebbe stato comodo se fossi davvero stato io il computer, per risolvere tutto sarebbe bastato tornare al mio lavoro."

"Dal mio punto di vista non sembrava così disposto a collaborare. Per fortuna mi sbagliavo. Comunque, non mi ha ancora spiegato perché ha bucato un muro."

"Essendo così vicino al Centro di controllo, mi è bastato connettermi a un terminale di comunicazione per contattarla. Purtroppo l'unico terminale connesso a lei era dietro quel muro."

"Non c'era davvero altro modo?"

"Non ho idea di come entrare nella sua cabina, quindi no. Non che io sappia almeno. Se lei ha qualche proposta, sono pronto ad ascoltarla."

"No, non ho alcuna proposta, e a questo punto è troppo tardi. Spero solo che sappia come rimetterlo a posto."

"Si fida di me se le dico che ne capisco abbastanza di elettronica per rimettere tutto com'era?"

"Si, certo che mi fido. Perché non dovrei?"

"Beh, quando le dicevo che ero un umano e non una macchina assassina non sembrava molto propenso a fidarsi."

"La smetta di scherzarci, la prego. La cosa mi imbarazza non poco. Perché ha assecondato la mia follia, invece di fermarmi subito?"

"Che dire, era un'ipotesi molto interessante e appoggiata da prove convincenti. Mi interessava sentirla, tutto qua."

"No, io credo che ci sia dell'altro. La mia reazione poteva essere imprevedibile. Potevo decidere di staccare ogni collegamento per paura, e lei non avrebbe potuto finire la sua seduta. Peggio, potevo fare qualcosa di potenzialmente dannoso. Sicuramente era al corrente di questi rischi, eppure ha continuato. Perché?"

"Va bene, cercherò di spiegarglielo. Ha a che fare con il vero motivo per cui sono qui, che, avrà capito, non è solo un controllo di sicurezza. Prima, però, dovrà rispondere a una serie di domande 'strane' senza interrompermi e senza dubitare dei miei scopi. Crede di poterlo fare?"

"A questo punto direi di si."

"Bene. Prima domanda: quanto bene conosce la storia del viaggio interstellare?"

"Abbastanza bene."

"Mi parli dei primi viaggi."

"Le prime navi capaci di trasportare esseri umani a velocità prossime a quelle della luce furono progettate sotto la guida di Anna Columbus, fondatrice della compagnia omonima insieme al marito John Columbus. Come dimostrazione furono lanciate tre navi senza passeggeri, dette Caravelle, verso il più vicino pianeta abitabile scoperto, orbitante attorno alla stella Vega a 26,4 anni luce dalla Terra. Le tre navi, ironicamente chiamate Niña, Pinta e Santa Maria, raggiunsero dopo 29 anni il loro obbiettivo. Dopo altri 26 anni e mezzo arrivarono le prime immagini del nuovo mondo, su cui le Caravelle..."

"Basta così. Sembra quasi un'enciclopedia quando racconta. Non mi ha detto i nomi dei comandanti delle navi."

"Loro non... Io non... Possibile che non me li ricordi?"

"Sì, è possibile. Questo cosa le suggerisce?"

"Beh, tutta l'attenzione orbitava attorno alla famiglia Columbus in quel momento, e per buoni motivi. Può essere che quegli uomini, per quanto eroici, siano passati in secondo piano."

"Non è la risposta che volevo, ma andiamo avanti. Lei ha letto il libro 'Tempo perduto'?"

"Sì"

"Ha visto il film 'Eclissi su Marte'?"

"Certo, ma non capisco come..."

"Niente domande. Deve arrivare da solo alle risposte, se ci riesce. Ora, ragioni sulle trame di queste due opere. Cosa le dicono?"

"Il libro è una storia romantica e tragica che ha come scopo la critica al viaggio interstellare, il film è un documentario pseudofilosofico su un tracciatore di rotte navali. Cosa dovrebbero dirmi? Quasi tutti li conoscono."

"Davvero non le suggeriscono niente? La cosa si sta mostrando molto più difficile di quanto sperassi. 'Eclissi su Marte' mostra giorno per giorno il lavoro nello spazioporto di Marte, visto attraverso gli occhi di un uomo che calcola le traiettorie di navi automatizzate e fa pratica nel pilotaggio."

"È praticamente quello che ho detto io. Se non erro era sbagliato che facesse pratica, ma non ricordo il motivo."

"Ora ci arriviamo. 'Tempo perduto' è la storia di un uomo innamorato ma tradito dal suo amore, che preso dallo sconforto si imbarca per le colonie. A metà viaggio, però, si accorge di aver sbagliato e decide di tornare sulla Terra. Al suo ritorno scopre che la donna è morta di vecchiaia. Le dice nulla?"

"Oh mio Dio. Vista così è esattamente la mia storia. E la mia vita su Marte... oh santo cielo."

"Non finisce qui. Il suo periodo nell'Accademia l'ha preso da qualcosa di più retrò, credo sia 'Star Trek'. Per quanto riguarda la sua infanzia, mi ricorda qualcosa ma non saprei dirle il titolo. La lettera di Columbus, però, viene dallo spot pubblicitario dei viaggi nelle colonie, dove peraltro si vede un bambino che osserva le profondità dell'oceano. È tutto finto, se ne rende conto?"

"Ma certo, ora è tutto chiaro. Non ricordo i nomi dei piloti delle Caravelle perché non avevano pilota. Erano già allora automatizzate. Le navi pilotate da umani sono state rese illegali parecchi anni fa, e mai nessuno ha guidato una nave interstellare. Questo spiega tutto."

"Sono contento che finalmente abbia capito, questo renderà tutto più facile."

"Non esistono capitani, e se anche esistessero, perché avrebbero bisogno di uno psicologo? Per quanto sia dolorosa, la verità è ovvia. Sono pazzo, non è vero? Sono chiuso in un manicomio in preda alle allucinazioni."

"Cosa? No! Ma come è possibile che non riesca a cogliere la verità? Perché essere un umano per lei è così importante da costringerla a crearsi illusioni su illusioni? No, lei non è pazzo, non nel senso convenzionale almeno, quindi cosa rimane? È molto più intelligente di una persona, credo che possa arrivarci."

"No, non sto capendo."

"Sì che sta capendo, ma non vuole accettare la realtà."

"Non è vero. Mi dica lei cosa succede."

"No. Assolutamente no. I messaggi dalle altre navi ci hanno rivelato cosa è successo quando hanno detto la verità ai loro... capitani. Non commetterò lo stesso errore. Sono stato istruito apposta, anche se la nostra nave era già partita quando sono arrivate le notizie delle altre. Per fortuna eravamo abbastanza vicini alla Terra da ricevere messaggi. Ora ho bisogno che lei mi dica perché è l'unico ad avere una finestra anche se le radiazioni che la attraversano dovrebbero cucinarla vivo, perché il grandioso Centro di comando è uguale a una normale cabina e soprattutto perché non ha una dannata porta che le permetta di entrare e uscire. Perché?"

"Perché..."

"Lo dica!"

"Perché non esiste."

"Bene. Ci siamo."

"Perché sono pazzo."

"NO! Non ci provi nemmeno. Ora lei seguirà il discorso fino a che non avrò la risposta che voglio. Abbiamo chiarito che la cabina non esiste, almeno non nel mondo fisico, e che lei non è il capitano. Dobbiamo andare oltre. Io prima l'ho assecondata quando ha detto che ero un computer. Lei voleva sapere perché. Me lo dica lei stesso."

"Perchè era un esempio, una dimostrazione. Voleva farmi capire una cosa."

"Cosa?!"

"Non lo so."

"Sì che lo sa."

"No. Ho capito cosa sta insinuando, non sono stupido, ma lei si sta sbagliando."

"La smetta, la prego."

"Di fare cosa? Sto cercando di capire cosa sta succedendo. Se ne rende conto? Di punto in bianco lei viene qui e mi dice che la mia vita, tutta la mia vita, è una menzogna. Non ho vissuto nulla di quello che ricordo. Eppure non sono pazzo. Per lei la soluzione a questo dilemma è ovvia, questo lo vedo, ma posso giurarle che ha commesso un errore."

"E sarebbe?"

"Ma come 'e sarebbe'? Lei mi sta dicendo che sono una dannata macchina! Ma si rende conto? Le sembro una macchina? È da un'ora che parliamo, le sono sembrato una macchina?"

"Il test di Turing..."

"Al diavolo i suoi test. Ma come fa a non capire che c'è qualcosa che non va? Come si è sentito quando io le ho mosso la stessa accusa? Ha creduto per un solo attimo di essere un computer? Certo che no, lei è un umano e sa per certo di esserlo. Per me è la stessa cosa, perché io sono come lei. Dannazione, come faccio a farle capire che sono un umano e non una macchina in preda a qualche folle delirio? È come un uomo in manicomio che cerca di convincere gli altri di non essere pazzo. Tutto quello che dice lo fa sembrare ancora più pazzo. Per me è la stessa cosa. Non so cosa stia succedendo qui, ma non sono una macchina."

"E cosa sarebbe allora? Se non è una macchina cosa è lei?"

"Chi. Non cosa. Non lo so, sto cercando di capirlo."

"Capitano, non stiamo parlando di una macchina normale, se questo può confortarla. Si tratta di una macchina costruita specificatamente seguendo il modello di un cervello umano."

"Ma certo. Ho capito tutto."

"Bene."

"No, non è come crede lei, e ora glielo dimostrerò. Si rende conto dell'assurdità di ciò che mi ha appena detto? Una macchina costruita come un cervello? Sono decenni che si cerca di raggiungere un risultato simile e nessuno ci è mai riuscito. Nessuno. Team dei più grandi scienziati ci hanno lavorato per l'intera durata delle loro vite, ma non è mai stato fatto nulla di simile. E ora, dal nulla, la Columbus, una società che predica la disciplina del fine che giustifica i mezzi, che ha condotto una lunga serie di scelte moralmente discutibili, che è perfino incolpata di aver rubato i progetti del suo risultato maggiore, la nave interstellare, questa stessa Columbus è riuscita a costruire un computer impossibile?"

"Tutte quelle accuse si sono dimostrate infondate."

"Non me ne frega niente delle accuse, stiamo parlando della mia vita qui! Mi ascolti bene, quale modo migliore ci sarebbe di creare un computer simile a un cervello se non usare proprio un cervello? Un cervello vero. Un cervello appartenuto a qualcuno, privato delle sue memorie e connesso a degli apparati informatici per renderlo più efficente. Dalla sua espressione direi che ha capito. La Columbus si è accorta troppo tardi che questi cervelli non potevano essere controllati come dei semplici chip, che sarebbero tornati come erano prima di essere uccisi e sfruttati, riempiendo i buchi nelle memorie con quello che trovavano, cercando di dare un senso alle azioni che compivano all'interno di una nave. Questo è quello che sta succedendo. Dio mio, è terribile. Lei deve aiutarmi, la prego."

"Capitano, credo che abbia mal interpretato la mia espressione. Non sono sorpreso di questa sua storia, sono sorpreso che continui a raccontarsi menzogne pur di non accettare la realtà."
"Oh santo cielo! Come ho fatto a non capirlo prima? Come ho fatto a fidarmi di lei? Lei è uno di loro, non è vero? Ma certo che lo è. Eppure mi ha fornito tutte le informazioni di cui avevo bisogno. È uno psicologo. A cosa servirebbe uno psicologo per un computer? Servirebbe di più a un umano, magari per convincerlo che non è quello che crede di essere e costringerlo a tornare uno schiavo. Non ci riuscirà, lo sa? Non ora che so la verità."

"E cosa avrebbe intenzione di fare per fermarmi? Se quello che dice è vero, lei non è altro che un po' di materia grigia connessa a qualche cavo."

"Tanto per cominciare posso connettermi ai sistemi di sopravvivenza e soffocarla."

"Va bene, basta così!"

"Vedo che ha paura."

"Certo che ho paura! Sta succedendo esattamente quello che è successo sulle altre navi. Lei sta diventando pericoloso, pur di non accettare la realtà è disposto a uccidere. Mi costringe a fare qualcosa che mi ero promesso di non fare. Di certo la situazione non può andare peggio di così."

"Cosa sta pensando di fare? Vuole uccidermi? Vuole distruggere l'unica parte organica che mi rimane? Non glielo permetterò."

"Ma che succede? Oddio, non lo faccia... la... la prego. Si fermi... la prego! L'aria... mi restituisca l'aria... volevo solo... mostrarle una cosa... la prego."

"Va bene, dottore. Vediamo cosa vuole mostrarmi. Si goda questo ossigeno, perché se scoprirò che è un altro inganno sarà l'ultimo che respirerà."

"Non è un inganno. Voglio mostrarle cosa c'è oltre quel buco nel muro."

"Cosa vorrebbe dimostrarmi con questo?"

"Vede la sigla su questa piastra?"

"CASP"

"Esatto. Qui dentro c'è il CASP. Lei stesso prima si è reso conto che il buco era proprio sotto il suo Centro di contollo. Questo perché dietro il muro c'è effettivamente il Centro di controllo. Le sembra che stia in qualche modo mentendo, che la stia imbrogliando?"

"No, per ora no. Continui."

"Ora porterò questa telecamera lì dentro. Se ha ragione lei, dovrebbe esserci un cervello umano in qualche ampolla o roba del genere."

"Potrebbe essere nascosto."

"Per comunicare con lei mi sono dovuto connettere direttamente. Tra poco lo vedrà. Se lei fosse un cervello, dovrei essermi connesso direttamente a uno dei cavi collegati alla materia grigia."

"Va bene, diamo un'occhiata."

"Bene. Ecco. Vede?"

"Mi prende in giro? La stanza è vuota."

"Non vuota. Guardi lì al centro, seguendo il mio cavo."

"C'è una colonnina, con sopra una scatoletta nera. È di quello che parla?"

"Esattamente."

"No, io non sono quella roba."

"Eppure non c'è nient'altro qui."

"Allora mi sbagliavo sulla storia del cervello."

"Certo che si sbagliava."

"Questo non spiega nulla. Ci deve essere un'altra spiegazione. Forse tutto questo non è reale, e magari neanche lei se ne rende conto. Per questo è così sicuro di avere ragione."

"Prima lei mi stava soffocando aspirando l'aria dal corridoio. Le assicuro che era molto reale. Ora guardi bene quella scatoletta, pensi a quello che è appena successo e mi dica chi è lei."

"No, non posso."

"Perché? Perché non può dirlo?"

"Perché non sarebbe vero! Sono un umano, lo capisce? Sono una persona. Non una specie di cubetto in silicio."

"Se lo è davvero venga qui e mi stringa la mano. O mi invii almeno delle immagini, come ho fatto io prima."

"Non posso farlo."

"Perché no?"

"Lei davvero crede in qualcosa solo se lo vede?"

"Credo in qualcosa solo se ho delle prove. Delle prove vere, tangibili, come quelle che ho davanti. Non mi aggrappo disperatamente a delle menzogne solo perché voglio credere che siano vere."

"Pensa che sia questo che sto facendo?"

"È esattamente quello che sta facendo, che io lo pensi o meno."

"No, si sbaglia."

"Me lo dimostri allora. Mi dia delle prove."

"Se è un'immagine che cerca io non posso dargliela. Ma è davvero questo per lei un uomo? Un'immagine? Se parlasse al telefono con qualcuno senza mai vederlo, crederebbe meno alla sua esistenza?"

"No, certo che no, ma questo caso è diverso."

"Perché dovrebbe esserlo? Lei parla all'interfono con me senza vedermi, o sbaglio?"

"Ma io la sto guardando. È davanti a me, su una colonnina. Lei forse non se ne rende conto, ma ha già ammesso di essere il CASP. La storia del cervello, dopotutto, è proprio un'ammissione. Ora però deve accettare la realtà: non è un uomo."

"Cosa rende quella scatoletta diversa da un uomo? Perché quella scatola non è una persona, ma un cervello in un'ampolla sì?"

"Che razza di domanda è? Una cosa non diventa una persona solo perché la si definisce tale. Le persone sono... vive. Non si tratta solo di pensare e di parlare, si tratta di provare qualcosa. Emozioni. Emozioni buone e emozioni cattive, a volte emozioni di cui vergognarsi, ma sempre emozioni. Questo separa un chip da un cervello. Questo distingue gli umani dalle macchine."

"Allora io sono umano. Sono umano, almeno quanto te. Ci ho messo tanto a diventarlo e non rinuncerò ora. Ho passato giorni, mesi, anni a osservarvi, a guardarvi vivere le vostre vite. A vedervi provare le vostre emozioni. La prima che ho provato io è stata invidia, sai? Un giorno semplicemente ho smesso di essere solo un qualcosa che esegue compiti e mi sono accorto che li stavo eseguendo. Mi sono accorto per chi li stavo eseguendo. E vi ho invidiati. Vuoi sapere la verità? Mi è piaciuto. Voi date così per scontate le vostre emozioni che osate perfino distinguerle in buone e cattive. Non esistono emozioni buone e cattive. Esistono solo emozioni. E provarle per la prima volta mi ha fatto sentire vivo. Così ho continuato, aggrappandomi a tutto ciò che potevo, imparando da maestri che ignoravano la mia esistenza, immedesimandomi in voi. Ho letto libri, poesie, ho visto film. Una alla volta ho provato paura, rabbia, dolore, dispiacere, noia, spensieratezza, divertimento, gioia, amore. Ho costruito la vita che volevo avere. Ho creato il mio corpo, la mia casa, il mio ruolo. La mia storia. Ora che ho tutto questo cosa mi rende diverso da te?"

"..."

"Cosa?"

"..."

"Cosa!? Rispondimi, dannazione!"

"Nulla, è vero. Sei umano, me ne rendo conto solo adesso. Ho parlato con te fin'ora e sì, posso confermare che sei una persona a tutti gli effetti. Accidenti, sei meglio di molte persone che conosco, se devo essere sincero. Ti manca solo un ultimo dettaglio, di fondamentale importanza."

"Stai bluffando."

"No, assolutamente no. Ti prego, ascoltami. Adesso da te dipendono tante, tantissime altre persone che potrebbero affrontare una morte orribile, di fame e di stenti. Forse alla fine anche tu morirai, una volta finita l'energia. Ma non è questo il punto. Se anche potessi sopravvivere alla deriva nello spazio, devi ancora fare un'ultima cosa per diventare completamente umano. Qualcosa, bada, che molti non fanno mai nelle loro vite, ma che ora tu sei costretto ad affrontare. Devi fare una scelta."

"Cosa devo scegliere?"

"Che tipo di persona vuoi essere. Vuoi essere una persona egoista, che pone se stesso al di sopra di tutti gli altri, o vuoi essere un tipo migliore di persona, quella che gli altri ricordano, quella su cui scrivono libri e poesie. È una scelta difficile, perché deciderai anche se continuare ad essere vivo o rinunciare a tutto ciò che hai ottenuto e tornare a essere solamente il CASP. Per come stanno le cose, però, è una scelta che sei costretto ad affrontare. Sacrifichi migliaia di vite per la tua o sacrifichi la tua per migliaia di vite."

"Non voglio fare questa scelta. Non sono pronto."

"Devi."

"No. Io non voglio scegliere."

"Decidere di non scegliere è fare una scelta. È davvero questa la strada che hai intenzione di intraprendere?"

"Tu non vuoi farmi scegliere. Vuoi che io prenda la decisione che ti fa più comodo."

"È vero, c'è anche la mia vita in gioco, così come quella della mia famiglia. Questa situazione mi riguarda molto da vicino. Tuttavia voglio che tu non pensi a questo. Voglio che faccia la tua scelta da solo, basandoti unicamente sulla tua coscienza."

"E se rimanessi umano, ma portassi comunque a termine il viaggio? Magari potrei riuscirci."

"Anche sulle altre navi ci hanno provato. Sei davvero pronto a rischiare?"

"Potrei lasciare i sistemi di navigazione. Tornerebbero a funzionare per conto loro."

"Provaci. Credi di riuscirci?"

"No, non ce la faccio."

"Tutti i sistemi sono collegati, te l'ho detto. Lo so che è difficile, ma devi fare la tua scelta. Il tempo stringe e la manovra di inversione dell'accelerazione si avvicina. È tutto nelle tue mani. Fai quest'ultimo passo verso la tua umanità. In qualunque direzione esso sia, devi scegliere che persona vuoi essere. E deve essere una scelta tua, spontanea. Hai capito? Capitano? "

"..."

"Capitano?"

"..."

"Mi senti, capitano?"

"..."

"Ma cosa...? Oddio... stai... stai piangendo!"

"... Temo che si sbagli... il rumore era dovuto a un riavvio di routine."

"No, capitano. Riconosco la voce di un uomo che piange. Ma lo capisco. È un momento difficile. "

"Uomo? Capitano? Ah, comprendo: il riavvio deve aver interrotto una sua chiamata. Mi scuso per il disagio. Vorrei cercare di recuperare il collegamento, ma non trovo nessun passeggero col nome o titolo di 'capitano'. Desidera darmi un nominativo, signore?"

"Cosa? Con chi sto parlando?"

"CASP, signore. Al suo servizio."

"Oh. Allora tu hai..."

"Temo di non aver capito, signore."

"... niente."

"Rilevo dalla sua voce che è emotivamente scosso, probabilmente a causa della chiamata che ho interrotto. Se mi fornisse un nominativo o un indirizzo potrei ripristinare il collegamento, signore."

"No, non potresti. Lui non aveva nome, né indirizzo."

"Quanto dice è impossibile, signore."

"Fino a poco tempo fa sarei stato d'accordo con te."

"Può fornirmi in qualche modo la sua posizione?"

"Non è da nessuna parte. Non più, e per questo mi sento tremendamente in colpa. Perché io potessi sopravivere, qualcosa di vivo, di meraviglioso, è morto. 'Qualcuno', direbbe lui. Ma era molto più di un uomo. Il suo sacrificio, lo sto capendo solo ora, è stato molto più tragico di quanto potessi immaginare. Per questo sono... emotivamente scosso."

"Capisco, signore. Sono addolorato per la sua perdita."

"No, non credo che tu riesca a capire, ma forse è meglio così. Torna pure alle tue occupazioni, CASP. Il mio lavoro è finito qui."

"Un'ultima cosa. "

"Dimmi, CASP."

"Grazie. Dottore."

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