Una nuova realtà
Il vento soffiò sulle finestre della camera facendo vibrare lievemente i vetri: un movimento quasi impercettibile che però bastò a svegliarla. Guardò la sveglia e capì che non c’era tempo per i celebri “5 minuti” di sonno extra. Si alzò dal letto e si guardò attorno: stava per cominciare la giornata più importante della sua vita, o una di quelle che avrebbe ricordato a lungo.
Mentre si pettinava allo specchio, pensò ad un’infinità di cose senza però avere la possibilità di capire come sarebbero andate realmente.
Dopo essersi vestita in modo semplice, maglietta bianca e jeans chiari, si fece la coda ai capelli e proprio in quel momento una voce femminile giunse dal piano inferiore.
<< Amore, la colazione è pronta! >>.
Corse da basso e si sedette al tavolo dopo aver dato il bacio mattutino alla madre.
<< Allora come si sente la mia bambina? Pronta ad affrontare una nuova realtà? >> chiese la mamma mentre le porgeva la colazione.
<< Non ho scelta >>. Risposta breve ma concisa.
La madre fece finta di nulla sebbene sapesse il punto di vista della figlia.
La famiglia si era trasferita durante le vacanze estive. Il padre aveva ricevuto un’offerta di lavoro che non poteva rifiutare ma aveva pagato la sua scelta a caro prezzo poiché sua figlia non fu mai d’accordo sul fatto di lasciare il suo paese natio e soprattutto i suoi amici con i quali aveva un legame pressoché indissolubile.
Sebbene da una parte avesse capito i motivi del padre nell’accettare il nuovo lavoro, dall’altra non poteva fare a meno di pensare alle amicizie che ora avrebbe dovuto vivere a distanza tramite cellulare o conversazioni video al computer. “ Farai nuove amicizie, vedrai che ti troverai bene qui, è un bel posto”. Questa era la risposta pronta che i genitori avevano ogni volta che si affrontava il discorso.
Finita la colazione corse in bagno a lavarsi i denti mentre la madre salutò il marito che a differenza di sua figlia era in ritardo per andare a lavoro.
Un ultimo cenno di trucco per nascondere i segni di una notte agitata e pure lei fu pronta ad uscire.
Salutò la madre e con passo deciso si diresse verso la scuola.
La sua nuova casa era ai piedi del versante nord della vallata e offriva un panorama davvero invidiabile. La valle era una valle stretta, percorsa dal fiume Serchio. Il piccolo borgo che di nome faceva Mozzano non era poi tanto diverso dal paese da cui erano andati via, Sant’Agata. Tutti e due erano paesi piccoli dove tutti sapevano tutto come in un ogni piccolo borgo di questo mondo. La differenza stava nel paesaggio. Sant’Agata è posta al centro del Mugello, un altopiano rigoglioso e pieno di bellezze naturali. Borgo a Mozzano invece si estendeva lungo il fiume ma non era possibile scorgere l’orizzonte in quanto era nascosto da alte montagne, maestose e selvagge al di là di esso.
Dal punto di vista del luogo non era stato poi così male cambiare un bel posto per un altro altrettanto interessante.
Raggiunse una delle vie principali del paese, quella che affiancava la sponda nord del fiume. Una caratteristica che notò il giorno stesso in cui arrivò lì fu la presenza quasi costante del vento proveniente dall’alta vallata. In estate di certo non si soffriva il caldo come nel Mugello, ma in inverno avrebbe dovuto fare i conti con esso e col freddo pungente.
I primi coetanei cominciarono ad apparire lungo la strada e alcuni di loro diedero occhiate furtive alla nuova ragazza. Come si è detto in precedenza, si trattava di un piccolo borgo e di certo ogni faccia nuova si distingueva subito. Ma lei non ci fece caso più di tanto e continuò a camminare.
C’erano soltanto due licei in tutto il paese. Il suo era posto nella parte Ovest quasi all’ingresso del borgo. Circondato da un giardino immenso, il liceo aveva un’architettura davvero particolare, dove legno e vetro erano i materiali principali. Un particolare che notò con piacere fu la presenza di balconi ad ogni lato della struttura, uno per ogni classe.
Quando entrò nel lungo corridoio, ci fu la classica scena che si può vedere anche in certi film. Da un lato i ragazzi osservarono la nuova arrivata con molta attenzione. Ci furono scambi di battutine superficiali che solo ragazzi in preda all’effetto degli ormoni potevano fare. Dall’altro lato invece le ragazze la squadrarono con occhi curiosi. Erano felici di avere una nuova compagna oppure si sarebbe sviluppata una rivalità poiché non era del posto?
Entrò in classe e subito cercò un posto vicino alla finestra. Voleva avere la sensazione di essere fuori. Aprì la cartella e mentre organizzava il banco, ascoltava i discorsi dei suoi nuovi compagni di classe. Ma i discorsi non erano poi così tanto differenti da quelli che aveva con le sue vecchie compagne. Le ragazze parlavano di come avevano passato le vacanze mentre i maschietti stavano già organizzando il prossimo weekend per andare a Lucca, la città più vicina dove ogni anno in quel periodo si svolgeva la più importante fiera del fumetto e videogioco d’Italia.
Prese il cellulare e fece per spegnerlo quando un’ombra le si parò davanti.
<< In classe il cellulare dev’essere spento! >> disse una ragazza con fare smorfioso. Portava una camicia bianca e dei jeans anch’essi bianchi ed attillati: era chiaro che voleva farsi notare dai ragazzi.
La nuova arrivata le fece vedere che era già spento, dimostrando che l’intervento dell’antipatica era più fuori luogo che altro.
<< Brava. Io sono la capoclasse e mi chiamo Chiara. Prima di fare qualsiasi cosa dovrai chiedermi il permesso >>.
“ Che essere incivile “ pensò. Se credeva di metterle i piedi in testa solo perché era nuova, si sbagliava e di grosso anche.
Senza fare una piega, aprì il diario e facendosi notare dalla capoclasse scrisse le seguenti parole: Chiara – Capoclasse – Ucciderla non prima di averle chiesto il permesso. Chiara sbarrò gli occhi dallo spavento e stava per rispondere all’offesa quando la professoressa fece capolino dalla porta d’ingresso.
La giornata scolastica si concluse velocemente poiché la prima settimana le classi avevano l’orario ridotto. La nuova arrivata si fece notare fin da subito facendo capire di essere una ragazza determinata esente da distrazioni. C’è chi già la soprannominava la “nuova secchiona”, forse dma causa degli occhiali che portava o alla concentrazione che aveva durante le lezioni.
Sulla via del ritorno il vento pareva essersi calmato. Mentre percorreva la sponda del fiume, notò che dall’altra parte c’era un gruppetto di ragazze capeggiate dalla capoclasse con cui aveva avuto il suo primo incontro riavvicinato la stessa mattina. Ogni tanto lo sguardo delle ragazze era diretto verso di lei ma rimase indifferente.
<< Non farci caso, sono solo delle smorfiose >> disse una voce femminile alle sue spalle.
Quando si voltò riconobbe il viso della ragazza, una sua compagna di classe che a differenza degli altri, era rimasta in disparte tutto il giorno, come lei del resto.
Dopo aver fatto cenno di aver capito, rivolse il suo sguardo davanti a sé proseguendo il cammino.
<< Quel portachiavi che hai sullo zaino è una fata irlandese? E’ un’irish delle foreste del nord, vero? >>.
A questo punto la ragazza si fermò, sorpresa della domanda.
<< Si ma tu come lo sai? >>. La compagna rispose di essere un’appassionata di fate e folletti non solo del genere nord europeo ma conosceva anche le varie leggende italiane. Poi chiese:
<< Come ti chiami? >>.
La nuova arrivata guardò negli occhi la sua compagna. La colpì i capelli rossi lunghi avvolti in una treccia. Il fermaglio era un folletto bianco gallese. Il suo corpo in carne veniva messo in risalto dall’abito rosso ebano mentre le sue scarpe erano un chiaro richiamo alla moda scozzese.
<< Mi chiamo Eleonora, tu? >>.
<< Io sono Tania, piacere di conoscerti >>.
Eleonora cominciò a pettinarsi davanti allo specchio mentre il profumo dello shampoo alla lavanda inebriava le sue narici. La giornata era passata in un baleno e pensò ai vari momenti, i più salienti come l’arrivo nella sua nuova classe, il primo incontro/scontro con la capoclasse e la sua prima amicizia. Rimase sorpresa di conoscere una persona che come lei aveva la passione per le fate ed il mondo del piccolo popolo: Tania, una ragazza bella e piena di vita. Una persona che l’aveva fatto sentire a suo agio fin da subito. Forse aver cambiato luogo non è poi stata una cattiva idea.
Una voce la portò alla realtà.
<< Ele stai andando a letto? >> chiese il padre aprendo la porta. Lei fece cenno di si col capo mentre continuava a pettinarsi i capelli.
<< Quando ti sbarazzerai di queste cianfrusaglie? Sono del tutto inutili! >> disse lui riferendosi a ciò che la figlia amava di più.
<< Sono la mia passione! Piantala di insistere perché non le butterò mai! Buonanotte! >>.
Il padre diede la buonanotte come se non avesse sentito la risposta di lei.
Il rapporto tra genitori e figli è da sempre un argomento delicato per ogni famiglia e nel suo caso Eleonora si trovava molto meglio con la madre che cercava sempre di assecondarla nelle sue passioni. Il padre non aveva mai visto di buon occhio ciò che Eleonora apprezzava più di ogni altra cosa. La ragazza non capì mai il motivo di questo suo strano rifiuto, in fondo si trattava solo di statue di fate, disegni di folletti e ogni tipo di oggetto che aveva a che fare con il mondo della fantasia. La sua passione si era manifestata fin dai primi anni della sua vita con una particolare attenzione per i cartoni animati che avevano come protagoniste le fate. Crescendo aveva sviluppato interesse per libri e infine per le statue che si vendono in alcuni negozi particolari. La sua lampada era una fata dal cappello a forma di tulipano, il suo letto era invece incorniciato da un rivestimento in legno con motivi geometrici che richiamavano le foglie e le sagome di fate e folletti. Persino la forma della finestra di camera sua aveva un disegno particolare che pareva parte di una dimora elfica. Dopo essersi messo il suo pigiama da elfo, aprì le finestre per dare un ultimo sguardo al paese sottostante prima di chiudere le imposte. Guardò il fiume illuminato dalla luna piena e i suoi occhi si persero al di là del borgo dove cominciava la foresta. Piccole luci lampeggianti svolazzavano in una strana danza. “ Magari potessero essere ciò che desidero” pensò la ragazza sospirando.
Ma erano solo lucciole.
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