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Aveva i capelli rossi come le foglie autunnali che si posano al suolo cadendo dall'albero, le labbra pallide e carnose, schiuse e gli occhi chiusi in un profondo sonno. Aveva studiato per tutta la notte ed era stanca, continua a ripetere Lucrezia di sua figlia, ininterrottamente; perché la realtà è troppo dura da affrontare. Resta bloccata di fronte al letto della figlia ad ammirarla come fosse un'opera d'arte, distesa immobile con la confezione vuota di pasticche sul pavimento.  'dorme, è solo molto stanca' dirà ai paramedici restando immobile a fare da scudo tra loro e la figlia. L'abbraccia e la portava a se respirando il profumo dei suoi capelli, spinge i polpastrelli nella pelle della figlia cercando volontariamente di farle male per poterla risvegliare e le tasta il polso troppo esile a cui non aveva dato mai troppo peso prima d'ora, cercando di poter sentire il battito di quel cuore che prima di essere morto si era spezzato molto prima. 'Che senso ha vivere senza poter vedere almeno un giorno felice tra tutti quelli che ho vissuto?' era la frase riportata a fine diario. Lucrezia l'aveva ritrovato nel cassetto della scrivania qualche tempo prima mentre sistemava la camera di Luce. Lo ricorda come se fosse successo qualche istante prima della vista di sua figlia riversa su quel letto. Aveva aperto il cassetto d'istinto, come se ci fosse qualcuno a guidarla dritta e spedita lì, poi l'aveva aperto e ci aveva trovato un diario azzurro. Aveva sfogliato le pagine distrattamente, non le sembrava carino ficcare il naso in ciò che non le riguardava, eppure ancora una volta aveva sentito una vocina nella sua testa dirle si andare oltre. E poi le sue dita si erano fermate d'istinto su quella pagina. La frase campeggiava scritta in blu rispetto al resto del taccuino scritto con la bic nera. L'aveva scrutata come una frase aliena, una marea di pensieri le si erano accavallati in un singolo istante nella mente. Com'è possibile che non me ne sia accorta? Che madre pessima. E poi era scoppiata a piangere, e più ripensava a sua figlia sempre sorridente e più piangeva. Non riusciva proprio a capire come fosse successo tutto ciò. Come poteva sua figlia apparire così felice e in realtà provare una così grande tristezza dentro di se?

Erano le parole che sussurrava anche all'arrivo dei paramedici. L'avevano ritrovata in stato di shock abbracciata a sua figlia a ripetere una, due, tre volte la stessa frase.

'Che senso ha vivere senza poter vedere almeno un giorno felice tra tutti quelli che ho vissuto?'

I medici l'avevano staccata dolcemente dal corpo inerme della figlia, osservavano la scena come spettatori di un film tragico giunto a conclusione. Per uno dei due paramedici giunti sul posto era il primo giorno di lavoro.

Quella mattina si era alzato presto di buon umore, aveva fatto colazione, si era lavato e vestito e aspettava entusiasta di iniziare il suo turno. Ora osservava quella patetica scena con gli occhi pieni di lacrime. Osservava il suo collega più anziano allontanare la madre della ragazza dal corpo della figlia e gli pareva di essere uno spettatore estraneo ai fatti. Come se il suo corpo non fosse lì ma in un altro posto, o almeno ci sperava. Si era avvicinato al corpo della giovane. Come per prassi le controlla il battito cardiaco. Lo fa come gesto naturale, senza prestarci troppa attenzione. Pensava a quella vita volata via, senza un'opportunità, a sua madre e ai suoi amici. Pensa a tutti i sacrifici e all'amore dei suoi genitori per lui e a tutti i suoi momenti bui ringraziando mentalmente di non aver mai pensato di compiere atti estremi. Poi all'improvviso un guizzo. Gli occhi gli si accendono di speranza. Prende la ragazza tra le sue braccia nello sgomento generale e corre di sotto, sotto lo sguardo terrorizzato dei presenti.

'E' viva, metti in moto l'autoambulanza e chiama l'ospedale per allertarli del nostro arrivo.  Presto!'

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