La telefonata

Il dodicesimo rintocco della campana che segnava la mezzanotte venne coperto dal fragore di un tuono; imperversava un violento temporale e la luce di un lampo illuminò per un istante la camera buia, facendo sì che i rami di un albero scosso dal vento disegnassero sulla parete delle ombre sinistre. Però Fabian non prestava attenzione a tutto ciò; era disteso a letto, gli occhi sbarrati rivolti al soffitto, e tremava.

Il display del cellulare rischiarava la stanza insieme ai lampi, un lieve tremore segnalava l'arrivo di una telefonata che lui cercava con tutto se stesso di ignorare.

Non sta succedendo davvero, è impossibile!

Spostò lo sguardo verso il comodino e afferrò il cellulare, quindi lesse il nome sul display: Caterine.

Il suo pollice esitò prima di posarsi sull'icona verde, poi avvicinò il telefono all'orecchio e attese in silenzio. Riuscì a sentire il rumore della pioggia, dall'altra parte, talvolta sovrastata da un fruscio simile a delle interferenze.

«Non è stato carino da parte tua riattaccare.»

Fabian fece per aprire bocca, ma gli tremavano le labbra e non riuscì a proferire parola.

«Perché mi ignori?»

«Non sei reale, lasciami in pace!» esclamò alla fine, con la voce colma di disperazione.

Nel silenzio che seguì, una raffica di vento strattonò la finestra facendolo sobbalzare.

«Che stai dicendo? Certo che sono r...»

Un bip lo informò che era caduta la linea. Poggiò la schiena alla testata del letto, chiuse gli occhi e provò a riprendere fiato, ma il telefono squillò di nuovo. Rispose.

«Lasciami in pace» sibilò a denti stretti.

Interruppe la chiamata e spense il cellulare, poi lo ripose nel cassetto del comodino e si distese, o almeno ci provò. Appena chiuse gli occhi sentì squillare ancora una volta il cellulare. Non si chiese come fosse possibile, era pur sempre una piccolezza se paragonata alla situazione inconcepibile in cui si trovava in quel momento.

Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, poi tirò fuori il cellulare e rispose di nuovo, ripromettendosi che sarebbe stata l'ultima volta.

«Per favore, smettila di chiamarmi» disse a bassa voce, mentre le lacrime gli rigavano il viso.

«Eri tu a volermi risentire...»

Non è reale, non è reale. Strizzò gli occhi, il petto scosso dai singhiozzi.

«Dici sempre che la tua vita è così vuota senza di me, allora perché mi tratti così male?»

Quante volte aveva desiderato parlare di nuovo con lei? Eppure, ora che per qualche scherzo del destino stava succedendo, gli faceva così male sentire il suono della sua voce...

***

Fabian aprì gli occhi e si guardò intorno disorientato: la stanza era buia e fuori pioveva a dirotto. Accese il cellulare e controllò le ultime chiamate in rubrica. Non c'era nessuna telefonata da parte di Caterine.

Era solo un sogno, nient'altro che un brutto sogno.

Controllò l'ora: erano da poco passate le due ed era la notte del suo ventiquattresimo compleanno. Ripose il telefono sul comodino e si lasciò cadere sul materasso.

«Tanti auguri a me.» Si lasciò andare in una breve risata, che ben presto si trasformò in un pianto silenzioso. «Mi manchi così tanto, sorella mia...»

Caterine era morta due mesi prima, investita da un pirata della strada ubriaco mentre attraversava sulle strisce pedonali. A nulla erano serviti i soccorsi e, mentre la folla si ammassava attorno al corpo esanime - chi a urlare e chi a scattare delle foto - lui era rimasto immobile, incapace di elaborare ciò che era appena successo davanti ai suoi occhi.

Si asciugò le lacrime e si alzò, aveva la gola secca, così scese in cucina a bere un bicchiere d'acqua. Quando tornò al piano di sopra, un tuono scosse le finestre e la luce si spense mentre lui era a metà del corridoio, così dovette proseguire con le mani appoggiate alla parete. Quando raggiunse la soglia della sua camera, notò che una luce fioca illuminava il muro accanto al letto, una luce emanata dal display del cellulare.

Fece un passo esitante verso il comodino, poi scosse la testa e il timore scemò; in fondo si era trattato di un sogno, niente di più. Tirò un sospiro di sollievo quando scoprì che si trattava solo di una chiamata anonima.

Chi cavolo è che chiama a quest'ora?

Rispose. «Pronto?»

«Buon compleanno, fratellino...»

Il cellulare gli cadde di mano e il cuore cominciò a martellargli nel petto. Questa volta non si trattava di un sogno, e la voce appena udita non proveniva solo dal telefono.

Lei era alle sue spalle.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top