4. La pentola d'oro
«Mi vuoi?» ripeté allora, il tono si era fatto languido.
«Sì» buttò fuori in un soffio. «Davvero, sì.»
«E cos’è che vuoi?»
Avrebbe potuto dire la verità, una volta per tutte. Avrebbe anche potuto arrabattare qualche scemenza all’ultimo minuto. Avrebbe persino potuto evitare di rispondere, o rispondere alla domanda con un’altra domanda.
Sapeva che tra le tre restava solo un’opzione percorribile, quella più spaventosa, quella più scomoda, quella liberatoria ed esaltante.
Era finito il tempo di nascondere la testa sotto la sabbia.
«Voglio… voglio tutto. Tutto quello che sei disposto a darmi, quanto più puoi darmene. E lo voglio subito, lo voglio così tanto, per tutta la notte e i giorni che verranno. Io voglio baciarti, e... e toccarti... e voglio essere baciato e toccato e voglio ascoltarti per ore e voglio essere ascoltato e guardarti ed essere guardato. E voglio dormire con te tutte le notti della mia vita, e voglio svegliarmi con te tutti i giorni della mia vita, e voglio dirti che ti voglio ogni volta che lo penso quindi ogni cazzo di momento della mia vita.»
Quando decise da solo che era abbastanza ammutolì. Gennaro sorrideva, un sorrisino furbo e soddisfatto. «Vedi che ce la fai, quando ti ci metti?» gli chiese, poi si strusciò su di lui e posò le labbra sulla pelle scoperta del suo collo.
Lorenzo spalancò gli occhi e dovette inghiottire un poco d’aria. Gennaro aveva insinuato le dita sotto la maglia del pigiama, gli passava le mani calde sulla schiena e se avesse continuato a strofinarsi così–
Si lasciò scappare una bestemmia articolata, per non far danni. Lo sentì ridere, poi smise di torturarlo e poté guardarlo negli occhi, a portata di labbra.
«Anch’io ti voglio.»
Quello era il giorno in cui Lorenzo Coletti sarebbe morto. Il ragazzo non aspettò una risposta, che tanto non avrebbe avuto la forza di articolare. Si allungò in avanti e lo baciò, Lorenzo non si lasciò pregare.
Con un gemito quasi rabbioso si arrese e schiuse le labbra, ricevendo una risposta entusiasta che, al tocco della lingua dell’altro, mandò una scarica tra le gambe che lo spinse ancora più vicino.
Genny accennò ad allontanare il volto ancora una volta, e lo lasciò andare. Erano ancora appiccicati, col fiato corto, e Lorenzo ebbe appena la presenza di spirito per notare che anche quegli occhi scuri erano velati dalla stessa fame che sentiva urlare nel petto.
«Puoi toccarmi, sai.»
Cazzo. Si obbligò a non restare lì a boccheggiare come un idiota. «Dove?»
Il ragazzo sorrise, sornione, e lo baciò ancora. «È questo il bello» ansimò, nella sua bocca. «Puoi farlo dove vuoi.»
Dove voleva? Beh, era una fortuna, perché lui voleva ovunque.
Lo strinse forte, lo stava baciando, e tutto quello che riusciva a toccare era bello, e caldo, e giusto, e le reazioni di Gennaro erano musica.
La sua cazzo di pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno, fatta apposta per lui.
«Genny» lo chiamò, nell’istante in cui si era scollato dalle sue labbra giusto il tempo di un respiro.
«Sono qui» aveva risposto, e tanto bastava. Sono qui.
*
«Porca puttana» ansimò, troppi e troppo pochi minuti dopo, esausto sul letto e svuotato di ogni emozione che non fosse euforia assoluta, la lampadina che brillava come il sole sul soffitto. «Cazzo.»
«Dio» commentò l’altro, e vide che stava cercando di trattenersi dal ridere. «Abbiamo fatto un casino, mamma avrà sentito tutto.»
Gennaro si asciugò le lacrime e Lorenzo recuperò un briciolo di lucidità. «Scusa, cazzo… ho fatto l’animale. Non so che mi è preso, io…»
«Scherzi?» chiese, arraffò le coperte e le gettò su entrambi per coprirli, dopo che nella foga erano finte ammucchiate ai piedi del letto. «È stato bellissimo. Tu sei bellissimo.»
Fu costretto ad affilare lo sguardo per non venire accecato. Agitò la mano con uno sbuffo, e la lampadina accesa oltre ogni sua capacità naturale gli diede un po’ di pace. «Dici sul serio?»
«Tu che dici?» chiese, e occhieggiò con un ghigno verso la quantità di fazzoletti che avevano dovuto utilizzare per dare una ripulita. «E quando fai lo stronzo sei... no, no, non ci devo pensare o poi ricominciamo da capo, ti avviso.»
«Avrei dovuto chiederti prima se ti piaceva in quel modo, ma non capivo più un cazzo e…» lo guardò, la mente iniziava a snebbiarsi dopo la scarica di adrenalina. Gennaro sembrava in pace, mezzo sdraiato su di lui, e si accorse che non avrebbe sostituito quell’esatto momento con nessun altro. «Sono felice.»
«Mi piaci così. Che non ti vergogni, che dici quello che pensi. Puoi sempre dirmi quello che pensi, capito? Non ti giudicherò. Io posso prendermi cura di te.»
Lorenzo prese una mano del ragazzo nella sua e la baciò. «E io mi prenderò cura di te. Per sempre.»
«Esatto.»
D’un tratto gli era venuto da ridere. «Non ho neanche fatto un’accidentale! Lo sapevi che capita quasi a tutti, la prima volta?»
Gennaro sorrise, furbetto, di un sorriso che lo prese a pugni alla bocca dello stomaco. «Sì che l’hai fatta.»
«Cosa?! Non è vero!»
«Sì, invece! Hai fatto un’accidentale come un bambino!»
Lorenzo aggrottò la fronte, oltraggiato. «Come ti permetti? La luce si è accesa dopo che avevamo finito.»
«Guarda che lo so, ce li ho gli occhi, stupido» commentò, le labbra curvate all’insù. «Solo che sto benissimo! Sono sano come un pesce.»
«Quella è l’attività ginnica… le endorfine… l’orgasmo da manuale…»
«Non è “l’attività ginnica”» rise. «Cioè, sì, è quello, ma... insomma, mi hai guarito.»
Lorenzo si accigliò. «Non posso averti guarito con un’accidentale.»
Gennaro alzò un sopracciglio con aria di sfida. «E perché mai?»
«Perché le accidentali non curano, fanno esplodere le cose.»
«Solo perché le emozioni incontenibili sono negative, di solito, ma capita anche con le positive. Come adesso.»
«Gli incantesimi di guarigione sono troppo avanzati, c’è gente che non riesce a farli neanche apposta. Non posso averne fatto uno per sbaglio.»
«Però è quello che hai fatto. Potrei correre una cazzo di maratona in questo momento, prima ero uno straccio.»
«Tu che corri una maratona non è magia» rispose, si avvicinò ancora e mormorò, sulle sue labbra: «È un miracolo.»
Gennaro gli diede un buffetto sulla nuca. «Ce la fai a prendermi sul serio? Per favore.»
Lorenzo lo guardò, allora, aveva ancora il fiato corto e la tachicardia. Possibile che fosse successo davvero? Che avesse amato tanto forte da sfuggirgli di mano, scappare fuori, e curare qualcuno senza volerlo?
«È folle» sussurrò.
«Io lo trovo carino» gli disse, per poi spalmarsi bene su di lui e mettersi comodo. «Credo che sia meglio dormire, adesso.»
«Sì. Vado in bagno a darmi una ripulita e arrivo.»
Gennaro gli rivolse una smorfia imbronciata, si sporse in avanti e gli stampò un bacio sulla bocca, poi rotolò via da lui. «Non farmi aspettare troppo, però.»
«Fossi matto» soffiò, a fior di labbra. Sentiva il petto gonfio di orgoglio e di gioia e sarebbe rimasto per sempre su quel letto.
C’era riuscito, era riuscito a mostrarsi affettuoso, vulnerabile, a confessargli quello che provava. La porta a tenuta stagna si era spalancata col botto e non aveva nessuna intenzione di richiuderla, mai nella vita.
Si alzò, afferrò il cellulare e andò in bagno. Si lavò le mani, sciacquò il viso e controllò il telefono.
Edoardo gli aveva mandato tre messaggi, così sbloccò lo schermo e aprì la chat.
L’ho fatto! L’ho baciata!
Cioè, lei mi ha baciato. Ma poi l’ho baciata io.
Mi chiami?
Non si sprecò a rispondere. Uscì da WhatsApp, aprì la rubrica e chiamò.
L’amico rispose al secondo squillo. «Ehi!»
«Pronto?»
«Colo, oddio, non puoi capire cos’è successo!»
«L’ho letto, cos’è successo. Lei ti ha baciato, tu l’hai baciata. Ora, posso permettermelo… prego.»
«Prego? Per cosa?!»
«Perché sono stato io a dirle di farlo, genio. E mi ha ascoltato perché sono saggio e almeno qualcuno a questo mondo riesce a vederlo!»
«Hai detto a Chiara di baciarmi?!»
«Solo di darsi una mossa» replicò, soddisfatto.
«Ma che cazzo ti salta in mente? E se dicessi a Genny di darsi una mossa, allora? Mi ammazzeresti! Si può sapere perché diavolo l’hai fatto?»
«Che c’entra? È diverso. Si vedeva che Marchesi ci stava, io le ho dato solo una spinta. Ripeto... non c’è di che.»
«Non ti ringrazio per questa cazzata. Ti salvi solo perché avevi ragione» borbottò.
«Io ho sempre ragione. Imprimilo bene in quella tua testolina bacata.»
Edoardo sbuffò. «Comunque tranquillo, non ci andrò pesante con le sviolinate… le ho detto di non esagerare, quando siamo insieme.»
«E perché mai?»
«Beh, ho pensato che ti avrebbe potuto dare fastidio…»
«Che me ne frega a me di te che ti sbaciucchi con Marchesi?»
«Che ne so, stai sempre lì a rosicare quando ci sono coppiette!»
«Rosicare? Io!?»
«Già, non usare quel tono, lo sai che non mi invento niente!»
«Con la tua amichetta puoi farci quello che vuoi, stai tranquillo. Non mi interessa proprio, potete anche fare un bambino per quel che mi riguarda, ti faccio pure il padrino. Ho già tutto quello che mi serve.»
Silenzio per qualche secondo. «Perché ti sento gongolare? C’è qualcosa che dovrei sapere?»
Lorenzo si osservava ancora allo specchio del bagno, e a quelle parole si fece un sorrisino complice da solo. «Può darsi.»
«No! Non dirmi che gliel’hai detto!»
«Può darsi…»
«E lui che ti ha risposto?»
Lorenzo si schiarì la voce e poi abbassò il tono per non farsi sentire. «Potrebbe avermi baciato. E detto di essere il mio ragazzo. E potrebbe anche… potremmo anche averlo fatto. L’abbiamo fatto, cazzo!»
«Fatto cosa?»
Alzò gli occhi al cielo, ma ancora sorrideva. Non riusciva a smettere. «Sei deficiente? Secondo te cosa abbiamo fatto? Giocato a bridge?»
«L’avete fatto fatto? Non dire cazzate!»
«Macché... non l’abbiamo proprio fatto fatto. Non del tutto.»
«Qualcuno è venuto?»
«Tutti e due, parecchio anche.»
«Allora sì che l’avete fatto! Cazzo...»
«Guarda che non funziona mica così.»
«Che avete fatto di preciso? Voglio saperlo!»
«A te che importa?»
«Dai, son curioso! Che ti costa?»
«Se proprio ti interessa, gli ho fatto una sega. E lui…» abbassò la voce ancora di più. «E lui l’ha preso in bocca.»
«Oddio! E com’è?»
«È tipo la cosa più bella del mondo, ma meglio.»
«Non voglio credere che hai fatto sesso prima di me!»
«Abbassa la voce, idiota! E comunque non era sesso. Nessuno ha infilato niente da nessuna parte… la bocca non conta.»
«Si chiama “sesso orale”, quindi è sesso.»
«Come ti pare. Anche se ho fatto una figura di merda… ma poi penso di aver recuperato, almeno.»
«Del tipo?»
«Del tipo che mi piaceva troppo, e non volevo che finisse subito, allora per distrarmi ho pensato a cose come i fenicotteri o la lista isole del mondo che ci è apparsa nei reel la settimana scorsa, te la ricordi? E lui mi vede assorto e mi fa: “a che pensi?” e io: “lo sapevi che lo Sri Lanka è un’isola?”, tutto questo mentre me lo teneva in mano.»
Lo sentì ridere di gusto dall’altro capo del telefono. «Non vorrei demoralizzarti, ma dubito che sia riuscito a recuperare da una cosa del genere.»
«Fidati, anche dopo che è successo l’ho visto piuttosto… coinvolto.»
«Hai capito, Colo!»
«Senti, devo andare adesso. Si starà chiedendo che fine ho fatto. Gli posso dire di Chiara?»
«Sì, certo, fai pure. Oddio, ora non riuscirò più a guardarlo in faccia sapendo che ti ha fatto!»
«Non renderla una cosa imbarazzante, per favore!»
«Ci provo, ma non ti prometto niente!»
Il suo sorriso allo specchio si allargò, sentiva che anche lui avrebbe potuto correre una maratona, e magari anche vincerla. «Che bello, ci pensi? Magari quest’estate ce ne andiamo tutti e quattro al mare! Così la tua ragazza taglia con le cattive compagnie e magari diventa pure simpatica…»
«Non so neanche se stiamo insieme, figurati pianificare di andarci in vacanza… ci siamo solo baciati per ora. È ancora presto.»
«Sarà presto per te. Non hai capito forse, io me lo sposo, cazzo. E ci adottiamo pure un cane» sospirò. «Anzi, no! Due cani. Uno lo compriamo di razza e uno lo adottiamo dal canile, così–»
«Vacci piano, tigre. Posso farti una domanda?»
«Sì, ma è l’ultima, me ne devo andare.»
Seguì un breve silenzio imbarazzato. «Ma Genny ingoia?»
Perché proprio a lui doveva capitare un migliore amico coglione? «Ma scusa, che te ne frega? Te lo vuoi scopare tu?»
«Che c’è? È un’informazione importante! È da lì che si capisce se una ci sa fare. Beh, una, uno, hai capito.»
«Sì, ingoia, contento?»
Lo sentì sghignazzare senza riuscire a controllarsi. «Non dovevi dirlo, ora tutte le volte che lo vedrò penserò che ha ingoiato il tuo sperma.»
«Sei disgustoso. Vedi di non farlo sentire in imbarazzo, capito? Buona notte.»
«Buona notte, ci sentiamo nel gruppo. Non accennare alla cosa di Chiara, anche lei è là dentro e sarebbe imb–» iniziò, ma Lorenzo chiuse la chiamata.
«Ci hai messo tanto.»
«Scusa» mormorò, infilandosi nel letto e lasciando che si stringesse a lui. Mentre stava in bagno Gennaro doveva aver spento la luce, perché la stanza era immersa nel buio. «Edo mi ha chiamato per darmi qualche novità.»
«Quindi non stavi provando allo specchio un discorso per mollarmi.»
Si era esposto sino a quel momento, perché non continuare a farlo? «Mai. Mai, mai, mai, mai. Sul serio, eh. Mai.»
«Ho capito, ho capito, basta, il messaggio è arrivato.» Genny gli sorrideva di un sorriso entusiasta, e il fatto che lo facesse perché lui gli aveva detto che non l’avrebbe voluto lasciare mai più era già abbastanza fantastico e assurdo così. «Che ti ha detto Edo?»
«Che si è baciato con Marchesi.»
«Ah! Lo sapevo!»
«Già, quello che gli ho detto anch’io. Poi gli ho raccontato le nostre novità ed è rimasto un po’ più sorpreso…»
«Come gliel’hai detto?»
Lorenzo si strinse nelle spalle, ma accennò un sorrisino. «Gli ho detto che adesso ho tutto quello che mi serve, e l’ha capito. Ha detto che mi sentiva gongolare. Che personaggio...»
«Dolce! E lui?»
«Niente, classico Edo. Mi ha fatto delle domande, gli ho dato delle risposte…» decise di glissare sugli argomenti piccanti. «Non era un segreto, vero?»
«Perché dovrebbe essere un segreto? Con Edo, poi…»
«Magari ti vergogni.»
«Di cosa? Di essermi preso il ragazzo più figo della scuola? In effetti non so come mi riprenderò da un colpo del genere alla mia reputazione.»
«Ma smettila!» borbottò, scuotendo la testa per non arrossire.
«Piuttosto, vedi di rispettarlo un po’, okay? Niente smancerie quando siamo solo noi tre. Non è educato.»
Che oltraggio era mai quello? «Ma noi siamo sempre soli in tre!» protestò, indignato. «Non è giusto!»
«Sì ma se uscissi con Edo e Chiara e limonassero tutto il tempo ti darebbe fastidio, no?»
«Che c’entra questo? È diverso!»
«Ah sì? E perché?»
«A me non frega niente di Marchesi, Edo invece è nostro amico. Non gli dà fastidio.»
«Sono sicuro che riuscirai a tenere le mani a posto per un po’…»
Lorenzo gli cinse il fianco con il braccio e lo tirò più a sé, per mettere le cose bene in chiaro. Gli diede un bacio sulla guancia, poi uno sull’orecchio, e strofinò il volto al suo. A quell'impeto di tenerezza improvvisa Genny si sciolse tra le sue braccia e rilassò i muscoli, adattandoli alla forma del suo corpo. «Non terrò le mani a posto. L’ho fatto tutta la vita, non voglio farlo più.»
«Okay, allora niente mani a posto… ma niente limoni, intesi?»
«Posso accettarlo» sbuffò, controvoglia. Alla fine, almeno questo poteva concederglielo.
Lo sentì sospirare, aggrapparsi a lui con più forza. «Ho paura.»
L’immagine del compagno in terra privo di sensi lampeggiò nella sua mente e gli strizzò il cuore in una morsa dolorosa. «Non devi. Ti proteggerò io. Non ti faranno più del male, te lo prometto. Te lo giuro, Genny, non gli permetterò di toccarti.»
«Non per quello» mormorò. «Per questo. Tu e io.»
«Paura? Perché?»
Quello che provava lui era il contrario della paura. Era tirare un sospiro di sollievo perché si trovava finalmente al sicuro. Il primo passo sulla strada giusta, una lunga strada che aveva davanti che per una cazzo di volta andava nella direzione che voleva. Una strada che non aveva nessuna intenzione di lasciare.
«Vedi, ogni volta che sono stato con qualcuno sapevo già come sarebbe andata a finire, così… così mi stancavo subito, era noioso, pensavo non ne valesse la pena perché conoscevo il finale. Come con Rebecca, per esempio, ci saremmo dovuti lasciare qualche mese dopo ma ho troncato in anticipo perché tanto che senso avrebbe avuto? A quel punto meglio prima che poi... anche se ancora mi trovavo bene con lei. Così con te non l’ho fatto. Mi sono rifiutato di guardare, e… non sapere come andrà mi terrorizza. Ci tengo sul serio, e quando non guardo il futuro va sempre tutto male. Sono abituato a sapere tutto, e quando non so niente sbaglio, e non voglio proprio sbagliare, non stavolta, stavolta non me lo perdono perché ci sei tu di mezzo e non voglio... non posso... non rischierò te.»
Anche lui aveva avuto paura di rovinare tutto. Del resto, le persone che amava finivano sempre per farsi male.
Gennaro però non era una persona che amava qualunque. Era la Sibilla Cumana, cazzo. C’era gente che viaggiava da ogni angolo del mondo per incontrarlo, lui se la cavava sempre. Niente sarebbe riuscito a mettersi in mezzo.
«Andrà tutto bene. Sai come lo so? Perché io non rinuncio a te. Non ci rinuncio. Qualunque cosa succeda. Capito?»
Gennaro sembrò credergli, un’espressione di fiducia che per una volta sentì di meritare. Del resto, aveva detto nient’altro che la verità.
Il ragazzo gli infilò ancora una mano sotto la maglia, per sentirlo vicino. «Dormiamo? Sono un po’ stanco. Non sto male, ma è stata una lunga giornata, mi si chiudono gli occhi dal sonno.»
«Posso restare a dormire qua con te?»
«Non puoi, devi» rispose, poi chiuse gli occhi e si accucciò contro il suo petto, più stretto possibile.
Lorenzo sentì il cuore gonfiarsi, farsi leggero e traboccante di affetto e di sangue. La lampadina sfarfallò, minacciando di riaccendersi, lui ringhiò qualche imprecazione perché facesse la brava, poi si dedicò al ragazzo che era con lui e lo baciò tra i capelli. «Buona notte.»
«‘Notte» gli rispose, già mezzo addormentato, al sicuro tra le sue braccia.
Note autrice
Eccoci qua! Siamo riusciti a quagliare, infine! Lorenzo ci ha messo un po’ a schiudersi, ma ora sembra un fiume in piena. Sa cosa vuole, sa quanto lo vuole, sa che continuerà a volerlo. Se solo le cose potessero essere così facili... sappiamo tutti come andrà a finire, purtroppo. Queste ultime rassicurazioni, a festa finita, faranno più male di tutto il resto.
Ma animo, nulla è perduto! Nel prossimo capitolo ci ricorderemo che questo è un urban fantasy, spunterà un vecchio incontro di questa storia e conosceremo lo spirito della Sibilla Cumana originale, che ha un bel caratterino deciso e ci darà qualche rassicurazione, può darsi...
Poi entreremo in territorio inesplorato, eheheheh.
Comunque Edoardo mi fa troppo ridere in questa storia. Con Chiara prima e Cassandra poi faceva tutto il fighetto, col suo migliore amico è un tonto e un pettegolo, lo adoro.
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