Al chiarore di un nuovo giorno

Intrappolato in un groviglio di rimorsi e domande senza risposte, Davide era rimasto inerme a fissare i propri sogni tramortire, sotto la zavorra della vigliaccheria. Il cuore si schiantò, provocando un rumore che poté udire unicamente lui. Si sentiva indebolito da quel sentimento che non aveva mai osato pronunciare e che si era fermato sulle sue labbra, lasciando sulle stesse il sapore della codardia.

Francesca aveva reclinato il capo sul poggiatesta dell'automobile di Marcello, faticava a tenere le palpebre schiuse mentre il ragazzo non accennava a lasciarla andare. Era stato un tragitto disseminato da un chiacchiericcio incessante a cui Francesca aveva finto interesse poiché troppo educata per zittirlo, benché avesse sbadigliato più di una volta. L'automobile si era fermata nel giardino di casa Lombardi e Marcello aveva approfittato della distrazione di Francesca per racchiudere il volto della ragazza tra i palmi e spingerla verso sé.

Davide fu lì a osservare, mentre annaspava nelle proprie recondite paure e pulsava per il desiderio di un bacio che non si sarebbe mai posato sulle sue labbra. Ciondolò e fu incapace di scostarsi dallo stipite della porta, fonte di sostegno per le gambe tremule.

Francesca strabuzzò gli occhi ed ebbe coscienza del comportamento di Marcello, che portò i loro volti a un soffio l'uno dall'altro; le mani finirono sui deltoidi del ragazzo e lo sospinsero via con ardore. I polsi scricchiolarono e, con una pressione vigorosa, il giovane fu lontano da lei. Non una parola riuscì a soffiare dalla bocca, rinsecchita dal freddo pungente e dagli ansiti di costernazione, prima che lo sportello dell'automobile fosse spalancato da Davide, che aveva attinto la forza di reagire dal gesto stizzito di Francesca.

«Scendi, ora!» Davide le intimò di uscire; poi, girò intorno al veicolo e, con la medesima veemenza, aprì lo sportello dal lato del guidatore. «Che cosa volevi fare?»

Marcello si ritrovò scaraventato fuori dall'abitacolo, il cappotto stretto tra le falangi di Davide che lo attirò vicino al suo viso. «Non provarci mai più!»

«Tu sei pazzo, si può sapere cosa ti prende? È tua sorella, non mi sognerei mai di approfittare di lei. Tengo davvero a Francesca.» Marcello chiosò caustico le proprie ragioni e si divincolò dalla stretta di Davide.

«È mia sorella, quindi è anche tua cugina!» La dichiarazione del più giovane aveva stordito sia Davide che Francesca: il ragazzo divenne consapevole di un nuovo ostacolo all'agognata felicità, benché l'avesse già intuito da tempo, e la ragazza capì di aver frainteso la gentilezza del suo amico.

«Non c'è nessun legame di sangue tra noi.» Marcello osservò l'aspetto severo che modellava il volto del cugino e lo sfidò oltremodo, ottenendo in cambio quello che Davide non avrebbe mai dovuto pronunciare.

«Neppure tra noi!» furono parole soffiate da Davide con astio e che divennero un colpo inferto alla certezza del loro legame. Non erano stati loro a scegliere quell'unione, ma ne divennero vittime sacrificali.

Davide posò i palmi tra i capelli scompigliati, avrebbe voluto strapparli uno per uno, fino a rimanerne privo. «Andiamo dentro.» Francesca protese la mano verso il fratellastro e le dita del ragazzo scivolarono tra le sue, intrecciate e combacianti in una perfezione che non sfuggì al cugino. «Marcello, ne riparleremo un'altra volta, ora vai.» Nessuna parola di obiezione all'ordine impartito dalla ragazza fu pronunciata dai presenti, Marcello risalì in auto, stizzito e oltraggiato, e Davide si lasciò trascinare in casa senza abbandonare la mano di Francesca.

Il caldo della casa li avvolse con un tepore che rigenerò le membra e fu preludio del fuoco che divampò. «Ti sembra l'ora di rientrare? Ero spaventato a morte, ho temuto il peggio. Quanto sforzo richiedeva avvisare?»

La posatezza di Davide era annegata nella bottiglia di whisky che si era scolato durante la logorante attesa e che giaceva, vuota, sul tavolino davanti al divano. Francesca osservò, preoccupata, la bottiglia e il bicchiere infranto, i cui resti erano sparsi sul pavimento del soggiorno, e lo redarguì aspramente: «Hai deciso di andare in coma etilico? E smettila di controllarmi, non sono più una bambina!»

«Me ne sono accorto benissimo, credimi!» Davide sentenziò e la ragazza trasalì nell'udire l'affermazione urlata tra rabbia e sfinimento.

Le pupille del fratellastro penetrarono oltre il cappotto, mentre le sue sopracciglia guizzarono verso l'alto. Il vestito di Francesca aderì alla pelle a causa del repentino aumento della temperatura corporea e divenne più corto di quello che era davvero, almeno fu quello che lei credette. Incredula, non rinunciò a chiedere spiegazioni che sarebbero dovute restar celate: «Che cosa significa?»

«Non costringermi a dire quello che mi dannerebbe in eterno, questa mattina potrei commettere un errore irreparabile.»

Neppure la richiesta accorata pronunciata da Davide fermò Francesca, animata dalla speranza e dal coraggio. «Di quale errore stai parlando?» soffiò con malizia; poi, si avvicinò lenta e il palmo della mano accarezzò il viso stanco del giovane. Davide avvertì la pelle plasmarsi alla volontà della ragazza innanzi a sé, percepì il suo stesso desiderio nel tremolio delle ciglia e nel calore divampato sulle gote.

Fu l'ebbrezza, fu la preoccupazione, fu la gelosia, fu tutto o forse solo il puro desiderio a scuoterlo, fino a soccombere. «Di questo!»

La catturò tra i palmi sudati, la spinse verso sé e affondò la bocca avida sulle labbra tremanti della ragazza, assaporandone la morbida consistenza con fervore. La sollevò senza mai allontanarsi da quel bacio: sarebbe morto piuttosto che separarsi da ciò che stava offrendo nutrimento al suo spirito. Francesca circondò i fianchi del fratellastro con le gambe scoperte dal vestito che si era completamente sollevato, le braccia circondarono le spalle di Davide e si beò di quella fusione tanto bramata, diventando argilla tra le sue mani esperte, e si lasciò trasportare nella sua stanza.

Davide richiuse la porta della propria camera con il piede, tenendo Francesca ancora stretta tra le braccia; infine, la adagiò sul letto e si riempì le iridi con la celestiale visione: le ciocche ramate, ormai sfuggite all'elaborata acconciatura, risplendevano sul piumone grigio, le iridi verdi riflettevano un luccichio di desiderio misto a stupore e il corpo sinuoso, a malapena coperto dallo scintillante abito dorato, lo attirava come un magnete. Si sdraiò su di lei e tornò a baciarla con pura bramosia, inebriato dal suo sapore. Lo avrebbe fatto in eterno, noncurante che, di lì a poco, gli altri abitanti della casa si sarebbero destati dal sonno. Francesca tremò sotto le carezze intime e il corpo reagì all'esplosione di un desiderio mai provato. Davide percepì la reazione che aveva investito la sua amata e, colto da un barlume di raziocinio, si staccò, ansante, da lei. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per possederne anche l'anima, tuttavia realizzò di volerla per amore e non animato dalla rabbia. Si crucciò ipotizzando di averla spaventata, conscio dell'inesperienza della sorellastra, e si maledisse per l'impulso frenetico di coglierne la purezza.

Francesca avvampò, percependo l'eccesso di rispetto come un rifiuto e l'amarezza si mescolò alla vergogna. Le pupille liquide s'incastrarono tra loro, quelle di Francesca luccicavano di rimpianti mentre quelle del giovane si accesero di rimorsi. Francesca balzò giù dal letto per, poi, avviarsi, a capo chino, verso la porta. Davide la fermò, prima che scomparisse oltre il battente, avvolgendola tra le braccia muscolose, forgiate dell'intenso lavoro manuale svolto nelle vigne.

La trattenne per un tempo indefinito e, appoggiando il mento nell'incavo del collo, inspirò rumorosamente il suo profumo, ansimò e le parole scivolarono, impetuose, dalla bocca: «Resta con me, non farò nulla che tu non voglia. Desidero, solo, tenerti tra le mie braccia.»

Francesca si sciolse alla richiesta, il cuore si esibì in una capriola, pronto a gettarsi ai piedi di Davide come manifestazione di un sentimento che aveva celato per troppo tempo, consumandosi. Non poteva sapere che Davide era in ginocchio al suo cospetto da molto prima, nonostante il giovane sarebbe stato costretto, un giorno non lontano, a rinunciare a lei al fine di preservarne la rispettabilità.

«A breve si sveglieranno tutti, non possiamo farci trovare così.» Un barlume di lucidità baluginò nella mente di Francesca e manifestò ciò che Davide preferì dimenticare.

«Pochi minuti, voglio solo stendermi al tuo fianco e sperare che possa durare per sempre,» il ragazzo fu certo di essersi esposto troppo, ma non se ne curò «... domani parleremo di tutto. Sono tante le cose che voglio dirti e dovremmo stare molto attenti, ma non voglio perderti.»

«Luce spenta o accesa?» Francesca non poté celare la felicità per la richiesta che più volte aveva urlato il suo stesso cuore. Come una stella, il loro amore brillò di luce propria fino a quando Francesca la spense in un moto di stizza, incapace di comprendere quello che non le fu detto.

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