Come muore un re

Regno di Aalborg, anno 4520

Keira tese il suo arco, fece un profondo respiro e scoccò la freccia. Mancò per poco il tronco dell'albero che aveva designato come bersaglio. S'innervosì. «Accidenti, c'ero quasi!» Tomas era accanto a lei, la osservava con attenzione, braccia conserte. Deluso dal risultato della giovane, sciolse la posa che aveva assunto e le si avvicinò. «Alza di più il gomito e distanzia maggiormente i piedi, il peso dev'essere distribuito in egual misura su entrambi i piedi per consentirti maggiore stabilità.» Le suggerì correggendole la postura. «Le spalle devono essere in linea con il bersaglio.»

«Va bene va bene, ho capito.» Rispose bruscamente. Incoccò una nuova freccia, questa volta cercò di prestare maggiore attenzione alle indicazioni di Tomas. Tese nuovamente la corda dell'arco e si focalizzò sul bersaglio posizionato a debita distanza da loro, infine la rilasciò: la freccia centrò in pieno il tronco dell'albero.

«Evviva ce l'ho fatta!» Esultò.

«Hai visto? Non è così difficile.» Sorrise Tomas. Prese una freccia dalla sua faretra e si mise in posizione di tiro: una sequenza di movimenti eleganti e perfetti, privi di qualsiasi incertezza. Tese la corda e scoccò la freccia che colpì quella lanciata da Keira spezzandola in due.

«Ma come ci riesci?» Keira socchiuse la bocca, incredula.

Tomas rise. «Ci vuole molta costanza nell'allenamento, ma non ti nascondo che a volte serve anche un pizzico di fortuna. Se ti allenassi di più sono certo che avresti un futuro come arciera.»

Keira gesticolò con la mano in segno di dissenso. «Non fa per me, preferisco di gran lunga il corpo a corpo.»

«Hai del talento invece, è un vero peccato.» Disse guardando distrattamente il suo arco. «Direi che per oggi può bastare, che ne dici di un tuffo in mare?»

Raccolsero l'attrezzatura e si diressero verso la spiaggia. Raggiunsero un'insenatura nel bel mezzo degli scogli. I sassolini che caratterizzavano il fondale marino rendevano l'acqua del mare quasi cristallina. Entrambi si sbarazzarono del loro equipaggiamento e si tuffarono in mare. Keira si sentiva spensierata, il suo amato Tomas, era lì, accanto lei. Con lui al suo fianco non avrebbe temuto il più feroce dei nemici, nemmeno la morte.

Tomas emergeva dall'acqua dalla cintola in su, fisico scolpito da intense giornate passate ad esercitarsi con la spada e con la sua più grande passione: l'arco. «Rodnis mi ha scelto.» Le disse all'improvviso.

Keira scrutò incerta Tomas.

«Il principe Rodnis ha riconosciuto il mio talento e desidera che entri a far parte della guardia reale, un onore che riserva solo a pochi prescelti.» Con sguardo fiero si colpì il petto con il pugno della mano. «Scalerò la gerarchia fino a diventarne il capo.» La sua espressione cambiò in modo repentino, forse si aspettava una reazione differente da parte di Keira che invece si limitò a fissarlo con la medesima faccia di un pesce lesso. «Che ti prende? Non sei contenta per me?»

Keira si ridestò dal suo incantamento. «Certo che lo sono, congratulazioni.» Gli rispose mostrando il più falso dei sorrisi.

"Perché non riesco a gioire insieme a lui? Rodnis lo ha notato ma in cuor mio non lo speravo."

Cercò invano di nascondere un sentimento disgustoso che cresceva in modo prepotente dentro di lei: l'invidia.

"Faccio davvero pena."

Tomas parve notare il suo stato d'animo. «So che Reinard ha gli occhi puntati su di te. Quando non sarò più il suo vice, sono certo che tu sarai la persona più adatta per sostituirmi. Tu sei davvero forte Keira, più forte di tantissimi uomini.»

«Lo dici solo per consolarmi.» Tagliò corto Keira.

Tomas le prese la mano e la attirò a se. Le accarezzo poi i capelli ramati. «Come potrei mentirti? Ciò che provo è un sentimento sincero e per te desidero il meglio. Capisco ciò che provi, detesti il fatto di essere donna, ma nella strada che abbiamo scelto entrambi di seguire, esistono solo vie che tu sei in grado di percorrere.»

Keira ascoltò in silenzio le parole di Tomas. Aveva ragione. Nascose il volto nel suo petto e Tomas la abbracciò.

«Sono davvero felice per te, ma sappi che ambire al posto più alto della gerarchia militare sarà la sottoscritta. Piegherò Reinard con la forza della mia sola alabarda.» La determinazione che impresse nelle parole non passò inosservata a Tomas che sorrise.

«Ben detto. Così mi piaci.»

***

Un urlo straziante destò Keira dal suo sogno.

"Questa voce..."

La pioggia scrosciante le bagnava il viso senza darle tregua. Keira fece appello a tutta la forza che le era rimasta e si rimise in piedi. Ogni muscolo del corpo le doleva per l'eccessivo sforzo compiuto nel tentativo di contrastare più soldati benicassiani possibili. Tentativo che però fino a quel momento era stato vano. "Perché non riesco a diventare più forte". Maledisse ancora una volta se stessa per essere prigioniera di un corpo femminile. Davanti ai suoi occhi, il principe Julien era inginocchiato a terra ai piedi dell'uomo più grande che Keira avesse mai visto prima, più possente anche di Sirio. Teneva il braccio del giovane principe torto in modo innaturale mentre gli veniva puntata addosso la lama di una spada.

«Principe!» Urlò Keira.

«Stai indietro!» Le urlò soffocando un grido di dolore. «Non badare a me. Mentre lo tengo occupato, recati a palazzo. Devi fermare quella donna o mio padre perderà la vita!» Lo sguardo sofferente di Julien incrociò quello attonito di Keira. «Proteggi il re, vicecomandante Gainsburg!»

Quelle parole infusero la carica necessaria a Keira per non lasciarsi sopraffare dalla paura. Si rialzò e senza voltarsi indietro corse diretta al palazzo reale. "Dopo che avrò salvato il re, tornerò da voi, principe Julien. Non renderò vani i vostri sforzi."

***

L'eco dei passi di Keira risuonarono frenetici tra gli spazi chiusi del palazzo reale di Aalborg. Corse a perdifiato per androni e corridoi contrastando chiunque le si parasse davanti. Era affaticata e stanca, ma non si sarebbe piegata di fronte al nemico. Avrebbe resistito fino a quando la sua missione si fosse compiuta. Raggiunse l'anticamera della sala del trono. A terra e sulle pareti notò evidenti segni di un feroce scontro. Al centro della sala, vide a terra Sirio, il Primo Consigliere del re. Keira gli si avvicinò.

«Sirio!» Fu sollevata nel vedere che respirava ancora e che riportava solo lievi ferite.

L'omone aprì gli occhi, lentamente. «Bambina mia, grazie al cielo sei arrivata. Presto, corri alla sala del trono.»

«Che ne sarà di voi?»

«Io me la caverò, non devi temere.»

Fu quasi impercettibile alle orecchie di Keira, ma distinse chiaramente il cozzare delle lame provenire dalla sala accanto. Levò il capo in direzione degli scontri, forse era ancora in tempo. Afferrò la sua alabarda e si rialzò. «Non devi morire Sirio, salverò il re dopodiché tornerò da te.»

Sirio annuì richiudendo gli occhi. Keira fece un profondo respiro e riprese a correre. Quando si affacciò alla sala delle udienze del re erano già presenti numerose guardie alleate che furiosamente si scontravano con l'esercito nemico. Nel trambusto individuò la donna descritta da Julien che pericolosamente si stava avvicinando al re. Keira si buttò nella mischia, ma per quanto la sua alabarda trafiggeva le membra nemiche, essi trovavano sempre la forza di rialzarsi. Colpì nuovamente il soldato paratosi davanti a lei in un punto vitale ma era come trovarsi dinnanzi ad una statua di terracotta dalle fattezze incredibilmente umane. Il soldato dal canto suo rimase impassibile, pareva non provasse alcun dolore. "Questi non sono uomini, non sono altro che fantocci manovrati a piacimento, ma chi è che riesce a disporre di un potere simile da riuscire a controllarli?" Colpì nuovamente il soldato con un fendente e questa volta riuscì ad atterrarlo. Cercò poi di raggiungere il re, ma altri soldati nemici le si pararono davanti senza lasciarle via di scampo, vide così il destino del re di Aalborg compiersi davanti ai suoi occhi: re Hubert indietreggiò passo dopo passo mentre una donna in nero e dai lunghi capelli dorati gli si avvicinava impugnando un pugnale con la sinistra mentre con la destra reggeva una sfera di colore verde. Hubert Tisdale inciampò sugli scalini che portavano allo scranno, cadde a terra, ma non si arrese, puntò la lama contro la donna che con un gesto deciso lo disarmò. Si consumarono così gli ultimi istanti di vita di re Hubert Tisdale di Aalborg sotto gli occhi impotenti di Keira. La lama del pugnale trafisse il torace del re senza lasciargli scampo. Un sorriso beffardo comparve sul volto della donna, mentre il suo sguardo era raggelante.

«No...»

Costernata, la giovane alabardiera si lasciò spingere a terra, un soldato le fu sopra e le puntò la spada contro, pronto a sferrarle il colpo fatale. "Per i falliti non spetta altro che la morte" sorrise ironica attendendo la fine, ma all'improvviso, accadde l'inverosimile: il soldato le cadde addosso esanime, così come tutti gli altri.

"Che cosa sta succedendo? Non si muovono più, come se i fili che li stavano controllando fossero stati recisi".

Vide l'assassina del re sorreggersi il capo con le mani, il suo sguardo da prima trionfante si tramuto in una maschera di dolore. Fuggì, lasciando la sala del trono. Keira non capì. In quel momento si sentiva a pezzi, sfinita dalle mille battaglie affrontate. Con che coraggio avrebbe guardato negli occhi tutti coloro che credevano il lei? Il re era morto senza che potesse fare nulla. Perché il cielo non aveva permesso che la sua vita venisse portata via insieme a quella di tutti gli altri? Il regno di Aalborg aveva appena subito la più grande delle umiliazioni, sconfitto da un regno alleato a parole ma nemico nei fatti. Perché Benicassia aveva sferrato quel crudele attacco? Perché risvegliare mire espansionistiche considerate superate dai tempi d'oro dell'impero di Valesia? Per Keira, quella donna aveva certamente la risposta.

«Maledetta, e te ne vai così!» Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. «Torna indietro e affrontami se ne hai il coraggio, giuro che la mia vendetta sarà tremenda! Ti farò rimpiangere di aver messo piede ad Aalborg, dannata strega!» Il peso dei corpi senza vita dei soldati benicassiani non le permisero di muoversi. Strinse i pugni accecata dalla rabbia. «La mia vendetta... Sarà tremenda...» Sentì le lacrime rigarle le guance. Si abbandonò infine alla stanchezza e perse i sensi.

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