5 - La curiosità uccise il gatto

Martedì, mercoledì, giovedì. A parte qualche momento rubato ai nostri impegni accademici, io e Alice non riuscimmo a trovare il tempo da trascorrere insieme. Di solito le sue lezioni di pianoforte si protraevano fino a tarda serata. Mi chiamò un paio di volte per chiedermi di uscire, ma percepii la sua stanchezza e declinai facendole capire di non volerla mettere sotto pressione. Sapevo che se non avessi fatto attenzione, avrebbe trovato una facile via d'uscita dal nostro patto.

- Venerdì sera non prendere impegni, esci con me.

- Domani?

- Domani... e questa volta non puoi sfuggire.

- Non stavo fuggendo.

- Meglio così. - La tirai su dalla sedia.

- Dove andremo? - Mi chiese.

- La curiosità uccise il gatto. - Scherzai.

- Ma l'insistenza lo riportò in vita. - La guardai inarcando un sopracciglio.

- Questa l'hai appena inventata!

- Non è colpa mia se non la conosci.

- Allora... puoi scegliere: serata al cinema, ma il film lo decido io, cena lungo fiume o visita notturna al parco giochi a tema fuori città.

- Quale Luna Park?

- Ho fatto un giro e ho chiesto un paio d'informazioni. Il parco a tema, appena fuori città, rimarrà aperto di notte per un paio di settimane. Se ti va di venire con me, acquisto i biglietti.

- Perfetto! - Alice accettò senza titubanza. - Che lezione abbiamo? - Guardai il mio orario.

- Storia della musica Rock e siamo in ritardo.

- Oggi salto, ho un appuntamento dal foniatra per controllare la condizione delle mie corde vocali.

- Non mi hai detto nulla, come va?

- Devo fare dei test per stabilire il grado d'infiammazione.

- Che problema hai?

- E' una storia lunga, tu sei in ritardo e io devo andare.

- Ma hai bisogno di compagnia? Non andrai mica da sola?

- Mio padre mi aspetta fuori, non preoccuparti.

- Fammi sapere appena hai finito. - La baciai sulla tempia, poi sulle labbra e infine ci separammo.

A lezione conclusa lessi il messaggio mandato da Alice: i test erano andati bene, c'era stato un miglioramento ma non poteva ancora cantare. Le risposi che avrei aspettato il suo ritorno nella mia stanza.

Venerdì sera. Alle sei e trenta mi preparai e uscii per andare al nostro appuntamento. Ero nervoso, spruzzai ripetutamente il profumo sulla mia maglia e fissai i capelli col gel specchiandomi una dozzina di volte.

- Hai deciso di intossicarmi? - Lei era dietro di me. - Quanto profumo hai messo?

- Ti piacciono gli uomini che puzzano! Ne prendo nota per il prossimo incontro.

- Che puzzano no, ma tu sembri uscito dalla pubblicità di un deodorante per ambiente.

- Lo so, Dolce&Gabbana ha diversificato le sue produzioni.

- Andiamo, permaloso! - Mi prese per un braccio e ci avviammo verso la fermata dell'autobus , dove una navetta passeggeri ci avrebbe portato al parco giochi.

Arrivati davanti l'ingresso esibii i biglietti acquistati on line e ci fecero entrare velocemente, saltando una lunga fila.

- Dove iniziamo? - Lasciai scegliere ad Alice.

- La ruota panoramica.

- Guarda, posso baciarti subito, anche senza dover trovare una scusa. - Avevo paura del vuoto ma non volevo dirglielo.

Alice roteò gli occhi dirigendosi verso la struttura.

- E se andassimo prima sulle montagne russe?

- No! Il sole sta scendendo, voglio vedere il tramonto da lassù - Mi indicò il punto più alto.

- Mi hanno detto che quelle capsule non sono molto sicure...

Lei mi scrutò. - Non avrai mica paura, Daniel chitarra-e-voce.

Mi aveva scoperto e non aveva senso negare l'evidenza.

- In realtà sì, le altezze mi mettono in agitazione.

- E quale sarebbe la differenza tra una ruota panoramica e le montagne russe?

- Posso chiudere gli occhi, dura un attimo e...000 avrei una scusa per prenderti la mano.

- E io che pensavo al bacio che mi hai promesso! Sarà per un'altra volta. Aspettami qua.

Accidenti se era brava. Forse più di me... Mi feci coraggio.

- D'accordo! Andiamo! - Sospirai e la raggiunsi.

- Ti terrò per mano, non preoccuparti.

La sua risatina schiacciò il mio ego in un millesimo di secondo.

Entrammo nella cabina con un'altra coppia, i due si sorridevano e appena seduti iniziarono a sbaciucchiarsi. Le mie mani erano sudate e tese, come il resto del mio corpo. Alice si avvicinò e si strinse a me sussurrandomi qualcosa all'orecchio.

- Una promessa è una promessa.- Mi prese per mano e chiuse gli occhi. Mi sentii subito meglio ma la paura era ancora forte.

- Fai come me, chiudi gli occhi. - Seguii le sue istruzioni e poi continuò.

- Immagina di essere nella sala principale di musica. Sono seduta al pianoforte. Sto suonando un brano di Debussy.

- Claire de Lune. - La interruppi seguendo la sua immaginazione. Amavo Debussy - Si! Proprio quello! Tu entri con passo felpato dall'ingresso laterale, ti siedi in prima fila e mi osservi. Io non ti ho visto, troppo assorta nell'interpretazione del brano. Continuo a battere i tasti con energia, davanti ai miei occhi c'è uno spartito sbagliato e non ricordo le note giuste. Improvviso. Poi mi fermo. Finalmente il mio sguardo incrocia il tuo. Ti alzi. Sali sul palco. Ti avvicini al pianoforte e... Adesso apri gli occhi!

Il sole si era riempito di colore e stava scomparendo velocemente tra i palazzi. Le vetrate degli edifici più alti ne riflettevano l'addio. Un senso di pace pervase il mio cuore. L'agitazione si trasformò in meraviglia e impiegai un attimo di troppo per percepire la morbidezza del suo bacio. L'incanto divenne eccitazione, ma il rumore del meccanismo di apertura delle porte scorrevoli della cabina ci riportò a terra. cabina ci riportò a terra. Con i piedi per terra. Il vuoto non mi faceva più paura.

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