29 - Il problema è sempre lo stesso...

Non ero riuscito a trattenere la mia curiosità, e la mia impazienza non era passata inosservata durante tutta la cena. Alice era divertita dal mio atteggiamento e mi aveva stuzzicato per tutto il tempo.

- Penso che il mio regalo ti piacerà tantissimo.

- Ne sono certo! E sapere di cosa si tratta mi farebbe gioire di più.

- L'attesa amplifica il piacere... non pensi sia vero?

- Lo stai inventando... come fai con i proverbi!

Alice aveva allungato il cucchiaio verso il mio dolce al cioccolato e non mi prestava la minima attenzione.

- Non lo mangi quello. Vero? - Mi aveva domandato.

- Più che una domanda la tua mi sembra un'affermazione. Oppure una domanda alla quale non bisogna rispondere.

Alice aveva uno sguardo compiaciuto.

- Stai imparando in fretta. Questo dolce è buonissimo.

- Con il cioccolato che hai mangiato in questi giorni ci si poteva rifornire una decina di supermercati. Non ti disgusta?

- Sono allergica a tante di quelle cose, lasciami godere in pace il mio cioccolato. Quando mi sono nervosa non resisto.

- Nervosa? Che succede?

- Non far finta di non saperlo.

Non le avevo risposto.

- La tua partenza. Ultimamente ci sto pensando tanto. Sto pensando a noi due.

Le sue parole mi avevano allarmato. Si stava tirando di nuovo indietro?

- Non preoccuparti. Il tempo volerà e tornerò prima tu possa rendertene conto. E poi sarai impegnata con i tuoi studi e con il concorso accademico.

A proposito del concorso, hai sentito Marco cantare? La sua voce non è niente male.

Alice aveva annuito.

- E' vero. E tu? Come ti senti? A cosa stai lavorando per il tour?

- Va tutto alla grande! Da domani mi rinchiuderò in studio con il Maestro Vela per scegliere e provare i brani da eseguire. Kig ci ha lasciato delle liste dalle quali scegliere.

- Non mentirmi! Sei nervoso anche tu.

- Più che nervoso, impaziente. Non sono mai stato bravo ad aspettare.

- Me ne sono resa conto.

Alice mi aveva sorriso.

Sul tavolo strinsi la sua mano.

- C'è qualcosa di particolare che ti preoccupa su di noi?

Mi rispose abbassando lo sguardo.

- Ho paura. Ho paura che la distanza di queste settimane e l'esperienza che vivrai ci faccia allontanare.

Non parlare, lo so benissimo che è una paura irrazionale e che non dovrei preoccuparmi, che tornerai... ma lo hai chiesto e ti ho risposto. Ho promesso di dirti qualunque cosa mi passa per la mente senza scappare e ci sto provando.

Le avevo sorriso dolcemente cercando di rassicurarla.

- Qualunque cosa succederà in quel tour non mi allontanerà mai da te. Ho scelto di stare te e non cambierò idea. Ti amo.

Alice strinse la mia mano e capii che si fidava di me. Condividere le nostre paure si era rivelato più facile del previsto. Ci stavamo sforzando entrambi ed ero felice che Alice si fosse aperta con me, ogni giorno di più.

- Ti amo anch'io. E... Wow! Mi sento più leggera. Non volevo dirti quello che provavo per non farti preoccupare, ma mi sono tolta un peso dallo stomaco.

- Non vorrai dire che adesso hai ancora più spazio per il dolce? Ne devo ordinare un altro?

- Cretino... Certo che sì! Che domande ovvie.

- Al mio ritorno ce ne andiamo in una fabbrica di cioccolato.

- Mi vuoi far diventare un vagone merci? Già mi sento un camion...

- Dai, non sei mica così grassa! Non esagerare.

Mossa sbagliata! Non avrei mai imparato. Neanche il tirocinio con Sara mi era servito: non avrei mai dovuto nominare quella parola in presenza di una donna, figuriamoci la mia ragazza.

- Ah! Quindi lo sono almeno un po'... Grassa?

- Non lo sei. Lo sai benissimo. Sei bellissima.

- Non lo sono così tanto... giusto?

- Ho diritto a una telefonata al mio avvocato?

Non avevo scampo e lo sapevo.

- No.

- E la democrazia dov'è finita?

- Quella parola ti toglie ogni diritto. Sei destinato a un regime totalitario.

- Ok! Mi arrendo.

- Bene! Ti costringerò a guardare tutti i video di Britney Spears e a riadattare le coreografie... Adesso che ci penso... potrebbero anche servirti in tour. Alla fine non sono così cattiva.

- Ma i regimi totalitari non prevedono la pena di morte?

- Non quelli delle rock star! Mi dispiace.

- E il suicidio? Quello si però.

- Si, ma solo dopo una carriera tribolata, fatta di Rock'n'roll, droga e sesso, e non mi sembra il tuo caso.

- E' vero... ultimamente canto solo pop.

- Certo...

- Quindi... Britney Spears? Davvero?!

Sapevo che me lo avrebbe fatto fare.

- Si!

- Ma qualcosa di più... che ne so... attuale? Britney ormai è acqua passata.

- La Hit Parade di Cristina D'Avena?

- Molto meglio! Ti prego... posso cantare tutte le sigle di Sailor Moon se vuoi.

- Con tanto di trasformazione, abiti e parrucca?

- Non sono certo di riuscire a entrare in un abito alla marinara, ma posso provarci...

Dopo averci pensato un attimo, un momento di terrore aveva attraversato lo sguardo di Alice.

- E' stata l'immagine mentale più brutta che abbia mai avuto.

- Beh! Effettivamente vestito così non farei una bella figura...

- No! Macché! Cosa hai capito?!

- ... nulla?!

- Ti ho semplicemente immaginato biondo... Che cosa brutta! Penso, anzi ne sono certa, che un poser come te saprebbe portare un abito alla marinara con classe...

A quel punto non sapevo più se Alice stesse scherzando. La serata si era conclusa così,  tra chiacchiere, risate e qualche coccola sotto le stelle nel giardino dell'Accademia.

- Non vuoi più il tuo regalo?!

Davanti alla porta della sua camera, Alice mi aveva preso per un braccio, invitandomi a entrare. Aveva preso un pacchetto di colore verde dalla scrivania e me lo aveva dato.

- Wow! Un altro regalo... mi state viziando!

- E la cosa non ti piace affatto. Vero?!

- Grazie, però il vinile di Bryan Adams bastava.

- Ma proprio non lo vuoi questo regalo?! Lo tengo per me.

Alice cercò di riprendere il dono, ma lo alzai sulla mia testa.

- Il problema è sempre lo stesso... non ci riuscirai mai.

Avevo alluso alla sua altezza e come sempre la cosa non gli era andata a genio.

- Ah sì?!

Il solletico... in meno di trenta secondi mi ritrovai a terra con le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco per le risate, però tra un respiro veloce e l'altro ero riuscito a bloccarle le mani.

- Così giochi sporco.

In un attimo mi resi conto che Alice era letteralmente spalmata su di me. La sua figura esile copriva il mio petto. Il profumo di limone dei suoi capelli, aveva riempito le mie narici. Occhi negli occhi. Non feci nulla, lasciando a lei il passo successivo.

Volevo rimanere così per tutta la sera, con il calore del suo corpo che mi avvolgeva dolcemente, con il battiti del suo cuore contro il mio. Non mi ero mai sentito così vicino a nessuno in vita mia.

Alice aveva sfiorato leggermente le mie labbra, con una lentezza innaturale. Cercavamo continue conferme nei movimenti dell'altro, spaventati, ma allo stesso tempo impazienti di trovarci.

L'imbarazzo che si era creato tra noi ci aveva rinchiuso in una bolla d'aria immaginaria, frutto della scoperta, dei movimenti mai fatti e delle parole non dette ma trasmesse con piccoli gesti.

In quella magia ci ritrovammo nel suo letto, con la mia maglia lanciata sulla sua scrivania e le sue scarpe abbandonate vicino la porta del bagno. Ci eravamo mossi inizialmente impacciati, ma infine sicuri del momento che stavamo condividendo per la prima volta.

Ero felice. E il sorriso di Alice mi aveva tolto ogni dubbio sul suo stato d'animo.

In silenzio, così come tutto era iniziato, ci eravamo addormentati abbracciati, con il chiarore della luna che illuminava il regalo che avevo abbandonato sul pavimento.

Non ero più così impaziente di scoprire cosa fosse.

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