10. Tre parole

10. Tre parole


Nel bel mezzo del decollo dallo Stato della Virginia, Stiles scoppiò a ridere, destando l'attenzione e il sospetto di molti altri passeggeri. Si scusò, tossicchiando rumorosamente, cercando di scomparire, concentrando tutta l'attenzione fuori dal piccolo finestrino dell'aereo. Non ci riusciva. La bocca tremava ancora per il desiderio di ridere. Si ricordò di essere un adulto. Un agente dell'FBI. E allora rise ancora più forte. Perché era come se la sua testa gli stesse dicendo che aveva ottenuto tutto, realizzato tutti i suoi stupidi e impossibili sogni che custodiva fin da bambino e, giunto a quel momento, ne stesse per distruggere uno. Come una cartolina vecchia e consumata, sporca di macchie di caffè e sbiadita da una pioggia fitta e costante. Perché Lydia lo sarebbe andato a prendere all'aeroporto, come erano gli accordi. E lui, incapace di poter mantenere ancora il piede in due scarpe, le avrebbe parlato per lasciarla. Rise di nuovo, nascondendosi dietro il giornale. Il signore accanto a lui fece un sospiro, ma Stiles non se ne curò.
Insomma, se ogni passeggero avesse saputo, probabilmente avrebbe riso assieme a lui: Stiles che lasciava Lydia. LYDIA, SIGNORE E SIGNORI. Le uscite di emergenza sono lì, lì e là.
Poi, quasi per assurdo, più ci pensava, più si intristiva. Si mise a ripensare tutto ciò che era accaduto e, se una volta l'obbiettivo della sua videocamera era stato fisso sempre ed esclusivamente sulla ragazza dei suoi sogni, ora sembrava aver cambiato rotta. Esattamente verso il ragazzo dei suoi incubi.
Trattenne l'ennessimo risolino isterico e decise di riposare. Non ci riuscì, ma ignoreremo di buona cura le tante altre pippe mentali e il fantomatico discorso da fare alla ragazza sensitiva, perché tanto, come scopriremo a breve, sarebbe stato tutto inutile.

Passati i controlli della sicurezza e ripreso il possesso del proprio bagaglio, Stiles si fece strada verso l'uscita. D'improvviso non aveva più voglia di ridere, neanche un po'. E solo in quella insolita passeggiata verso uno dei cambiamenti più solenni della sua vita si domandò se stesse facendo la cosa giusta.
Insomma, lui amava Lydia. L'aveva amata per così tanto tempo, anche quando credeva di non farlo più, che immaginarsi una vita senza amarla gli pareva impossibile. E se stesse facendo l'ennesima cazzata per un fuoco di paglia? Perché, insomma, quello che era successo con Derek... Ma si fermò, con i pensieri e con i passi. Non era solo Derek. Tutto era iniziato ben prima e niente aveva realmente funzionato fra lui e Lydia. Quello che aveva ritenuto il rapporto del secolo non era altro che un legame d'amicizia che faticava ad ingranare nelle vesti di un rapporto d'amore. Se il tradimento non era solo una questione fisica, aveva già provocato fin troppi sbagli nei confronti di Lydia. E se aveva bisogno di un esempio per convincersene, LonelyReader era la sua risposta.
Riprese a camminare quando si ritrovò a pensare a lui. Dall'ultima email che gli aveva inviato non aveva ricevuto più risposta. Forse lo aveva offeso. D'altronde, prima gli aveva detto di desiderarlo, preso da una foga innaturale, come se fosse innamorato pazzo di lui e poi... si era rimangiato tutto. Sì, certo, tutto era più complicato di così, ma in quel momento non poté non pensare di averlo ferito. Si morse il labbro, pensando che di lì a poco avrebbe ferito anche un'altra persona. Era uno stronzo. Ecco, alla fine della storia, era lui il cattivo, nessun altro. Solo lui.
Le porte scorrevoli, le ultime prima di ritrovarsi in California, si aprirono e il primo volto che vide fu quello di Lydia: un timido sorriso a imperlare il suo volto. Stiles la imitò. E anche se era lei quella dal "sesto senso", Stiles ipotizzò che non fosse solo lui il portatore di cattive notizie.

"Vedi Stiles, non so se te ne sei reso conto, ma ultimamente ci siamo allontanati. E non parlo soltanto della distanza fisica, ovviamente. L'ultima volta che sono venuta da te, io... non ho avuto nemmeno la forza di avvicinarmi a te e-"
Usciti dall'aeroporto, Lydia aveva guidato fino a uno dei ristoranti più vicini, prima di dirigersi verso Beacon Hills. Si erano scambiati i soliti convenevoli, ma tra loro non c'era stato alcun contatto fisico, nemmeno per sbaglio, nemmeno per fortuita volontà. Lei non lo aveva cercato e Stiles aveva fatto lo stesso. Poi, tutto era diventato insolito quando, tra il primo e il secondo piatto, Lydia aveva iniziato a fargli strane domande: se fosse felice della sua vita, della sua carriera, se avesse idea di come avrebbe voluto fosse il suo futuro... E Stiles, troppo agitato per il discorso che avrebbe dovuto farle da lì a quando avrebbe avuto modo, non si rese conto del momento in cui proprio la sua ragazza stava iniziando a fargli lo stesso "discorso".
"Ferma, ferma- ferma. Mi stai lasciando, Lydia?"
La bellissima ragazza dai capelli biondo ramati fece una smorfia. Poco diplomatica. La vide poi mordersi un labbro e guardare il piatto sotto i suoi occhi. "Stiles... ti prego, non facciamo scenate!"
Stiles avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma era troppo sotto shock anche solo per immaginare di poterlo fare. Era ridicolo, ma d'un tratto importava soltanto il fatto che la ragazza dei suoi sogni volesse mollarlo facendogli lo stesso discorso che lui si era preparato.
Se non era soprannaturale questo, Stiles non sapeva cos'altro potesse esserlo!
"Che importa, tanto qui non ci conosce un diavolo di nessuno!" imprecò. E perché esattamente era fuori di sé, allora?
Tentò, razionalmente, di calmarsi. Era egoista da parte sua arrabbiarsi. Perché, poi? Perché Lydia lo stava precedendo?
Egoista e immaturo.
Lydia sbuffò negando. "Stiles, dopo tutto quello che abbiamo passato, è l'ultima cosa che vorrei, ma-"
"Ah, smettiamola di fare i diplomatici. Se devi mollarmi, sii quanto meno brutale. Me lo merito!"
Sì, proprio un ragazzino.
Lydia alzò gli occhi, grandi e confusi, e Stiles si innervosì al pensiero che un tempo quello sguardo avrebbe potuto farlo capitombolare e, invece, ora, riusciva perfino a farlo entrare in uno stato di profonda collera. In collera! Con Lydia! Assurdo.
"Ti ho tradito." Ammise lei.
Ahia. Fece male. Stiles avrebbe potuto ribattere con un "Anch'io." e dare di se stesso l'immagine del ragazzino capriccioso quale era, ma abbassò lo sguardo, incapace di sorreggere quello di lei, e sospirò, scompigliandosi i capelli.
D'accordo, pensò. E glielo permise: concesse a Lydia di mollarlo. Perché, canonicamente, così come si erano messi insieme, così dovevano mollarsi: per mezzo di lei. D'altronde, che plot twist sarebbe stato se fosse stato veramente lui a lasciarla?
"Mi dispiace Stiles, ma la nostra relazione non si è evoluta assieme ai nostri sentimenti. Lo sai che ti ho amato, tantissimo. E ti amo ancora, ma insieme... io e te non funzioniamo. La verità è che quello che ci lega è un rapporto che va al di là dell'amore e dell'amicizia. E sarebbe perfetto, nella sua autenticità, se non fosse che è privo di passione, di istinto, di... imprevedibilità."
Quelle tre parole lo misero KO. Nemmeno lui ci era andato così vicino, nel comprendere cosa non ci fosse tra lui e Lydia. Eppure, appena le aveva sentite, aveva potuto immaginarsi perfettamente in quale altro rapporto poteva ritrovare la famosa passione, l'inconfondibile istinto, e la meravigliosa imprevedibilità.
Non disse il nome che gli frullava in testa nemmeno per sbaglio e mandò giù il rospo, fingendosi risentito.
Lydia sembrò credere alla sua fantomatica scena di Uomo-appena-mollato-profondamente-deluso. Gli agguantò una mano e Stiles glielo lasciò fare. "Mi dispiace."
"No, hai ragione, mi ero reso conto anche io che qualcosa non andasse fra noi ma... accettarlo è difficile. Sai, sei la ragazza a cui ambisco da quando portavo ancora il pannolino."
Gli occhi di lei, leggermente annacquati, gli sorrisero mentre faceva l'ennesima smorfia buffa. La vide roteare gli occhi al cielo e rimettersi composta.
"È stato difficile anche per me, accettarlo, ma poi è successo che-"
"Nononono, non credo di voler sapere chi lui sia..." la fermò in tempo. Lydia annuì. E d'un tratto Stiles, che si era evitato di dover fare il discorso, poiché lo aveva ricevuto tra il primo e il secondo piatto di quel pranzo, si sentì meglio. Egoisticamente meglio, perché Lydia era visibilmente abbatuta.
Si interrogò, verso la fine del pasto, se dirle la verità. Ma trovò difficile, come lo era stato iniziare il discorso, l'idea di doverle dire di averla tradita anche lui e di averlo fatto con un uomo. Anzi, non uno qualsiasi, bensì con Derek.
Per questo, alla fine, si ritrovò davanti casa di Scott, scortato da quella che ormai era la sua ex ragazza, senza aver concluso niente di ciò che si era ripromesso di fare prima di partire.
"Possiamo restare amici, no?" chiese lui mentre scendeva dalla macchina. Lei, sicura e indecisa al tempo stesso, gli sorrise dal finestrino: "Che domande, Stiles!" e andò via.
La guardò sparire lungo la strada, chiedendosi se la sua fosse fortuna o tragicomica sfiga.


***


"Mi dispiace, amico." furono le parole di Scott al resoconto di Stiles. Nemmeno a lui aveva raccontato la verità e si ritrovò a comprendere perché avesse voluto vedere il migliore amico prima di tutti. Perché era privo di odori addosso che avrebbero potuto smascherarlo. E così comprese che nemmeno a Scott sarebbe stato capace di dire cosa gli era successo nell'ultimo periodo.
Non si trattava di dover ammettere che gli piacessero gli uomini, era cosciente che la maggior parte dei suoi amici sapesse della sua "curiosità". Si trattava di Derek. Era ancora troppo surreale ai suoi occhi per poterlo ammettere a voce alta. D'altronde, avevano passato una notte insieme e c'erano state diverse chiamate intercontinentali. Niente di certo.
E poi c'era la questione attuale, ovvero quanto fosse incazzato con Derek per non aver più risposto ai suoi messaggi e per essersi, presumibilmente, invitato per cena a casa con suo padre.
Era evidente che si sarebbero mollati da un momento all'altro, perché doverne parlare con qualcuno, quindi? Soltanto per ricevere l'ennesimo "Mi dispiace, amico"? Nah.
Era un segreto. Sarebbe rimasto tale anche quando...
"Derek è sparito per qualche giorno, un mese fa, sai? Nessuno ha idea di dove sia stato e non vuole dirlo nemmeno a me. Dice che potrebbe mentire dicendo che è stato dalla sorella, ma se io non gli chiedo nulla, lui non è costretto a farlo. Secondo te devo tornare a non fidarmi di lui? Sai, col fatto che ci sono questi cacciatori, magari sta cercando di risolverla alla Derek e-"
... Scott avrebbe fatto domande inopportune, alla sprovvista, sapendo chiaramente di dovergli mentire. Sì, doveva rimanere un segreto.
"Ma cosa diavolo dici? Derek sa che tu sei l'Alpha, Scott. Non prenderebbe mai decisioni da solo col rischio di mettere in pericolo il branco. Insomma, avrà anche lui una vita privata, no? Magari ha lasciato... che ne so, delle questioni in sospeso quando è stato via da Beacon Hills ed è andato a... risolverle! Oppure si è fatto una vacanza da qualche parte." Okay, suonava ridicolo perfino alle sue orecchie, ma Scott sembrò ponderarci su sul serio. Che fortuna, talvolta, avere un tontolone come migliore amico.
"E allora perché non parlarne con noi? Siamo la sua famiglia..." borbottò Scott con la faccia da cucciolo ferito. "E poi, da quando sei dalla sua parte e gli dai così tanto beneficio del dubbio?" indagò. Stiles era stanco: per il viaggio, per l'incontro con Lydia e per quella chiacchierata. D'un tratto gli sembrò incredibilmente stupido essere andato a casa del migliore amico e non, piuttosto, a riposarsi. Si pizzicò con l'indice e il pollice l'estremità fra gli occhi e il naso e sospirò. "Perché, come hai ben detto tu, sono sempre stato io quello a non fidarsi di Derek e tu a convincermi di dargli una possibilità. Se non vuole dire al branco dove è stato, saranno anche affari suoi, no? Non puoi smettere di fidarti di lui per un motivo così sciocco. Ad esempio, oltre a questo ti è sembrato avesse degli atteggiamenti sospetti?"
Scott si accigliò. "Non fare il poliziotto con me." brontolò. Stiles sghignazzò felice. Era riuscito a sviare l'argomento della "vacanza" di Derek.
"No, comunque... non mi sembra. Ma di certo non è andato in vacanza. Derek. In vacanza. Impossibile." Stiles gonfiò le guance per non esplodere. Non doveva mentire, Scott se ne sarebbe accorto, e, dopotutto, fino ad allora non aveva fatto altro che dire ciò che effettivamente era successo, senza però far entrare nel discorso anche lui: Derek era andato in vacanza, o meglio, era andato via da Beacon Hills per risolvere delle questioni in sospeso. Ora, che si trattasse di lui era qualcosa che Scott non doveva sapere, per le paranoie proposte poc'anzi. Quindi, si convinse fiero di poter avere la meglio su quella conversazione, nonostante la stanchezza.
Si ricompose. "Bene, niente vacanza per i licantropi brontoloni, ma qualunque cosa abbia fatto tu non farti venire il sospetto che stia facendo qualcosa di nascosto! Ognuno ha la propria vita, Scott, e tu non puoi proteggere chiunque! Rilassati, ora, e svaghiamoci un po'..."
Per gran parte del pomeriggio, quindi, si ritrovarono a giocare alla play, come se avessero ancora sedici anni. L'arrivo di Malia fu la libera uscita di Stiles che, mano alla valigia, se ne andò verso casa dello sceriffo.


***


Erano quasi le cinque quando Stiles rientrò nella casa in cui era cresciuto. Si pentì di non aver sistemato al suo arrivo i propri bagagli perché si ritrovò affamato a dover svuotare la propria valigia. Lo fece, per questo, in modo sbrigativo e disorganizzato, ammassando i propri abiti nell'armadio sapendo già dentro di sé che una volta che avesse dovuto cercare qualche maglietta avrebbe fatto il diavolo a quattro. Si fiondò poi in cucina per prepararsi un panino e quando osservò l'orologio brontolò rumorosamente, roteando gli occhi al cielo. Doveva iniziare a preparare la cena, ma solo l'idea che il padre avesse invitato Derek – o peggio, che Derek si fosse fatto invitare di proposito – lo nauseò a tal punto da non terminare nemmeno lo spuntino, risalendo al piano di sopra nel vano tentativo di mitigare il nervosismo sotto il getto dell'acqua calda.
La doccia durò più del previsto. Quando ne venne fuori, si ritrovò a fissare lo specchio sentendosi un emerito coglione. Ripensò a Lydia e a quanto fosse surreale tutto ciò che era successo. Non aveva mai neanche lontanamente creduto a un futuro con lei, ma quando era finalmente diventato il suo ragazzo, non aveva nemmeno per un secondo pensato che tutto potesse finire in quel modo. Si ritrovò a ridere, ma non era affatto divertito. Poi la mente scivolò su Scott e al discorso sulla fiducia probabilmente malriposta in Derek e al segreto che non aveva potuto confessare al migliore amico per togliergli tutti i sospetti. Inevitabilmente, alla fine, pensò a Derek. Lo avrebbe rivisto a breve dopo diverse settimane da quando tutto era successo. Un ingarbugliamento nello stomaco iniziò a germogliare, ma si sentì subito schifato al pensiero che avrebbe dovuto cenare con lui e il padre sotto lo stesso tetto. Non sapeva il perché di quella reazione, o meglio, ne era fin troppo consapevole. Doveva esserne felice, o quantomeno provarci, ma, mentre si vestiva, pensò che molto probabilmente assieme a Derek ci sarebbe stata anche Cora e il nervosismo lo accecò di nuovo. E, allora, decise che era arrabbiato con Derek perché sembrava proprio non pensare al fatto che potessero scoprirli quando avevano deciso di tenere tutto quanto ben nascosto. E lui non aveva detto niente nemmeno a Scott, il suo fottuto migliore amico.
Dio, se detestava Derek Hale.
Si stava strofinando i capelli con un asciugamano quando scese al piano inferiore. Entrò nella cucina per iniziare a preparare qualcosa e cercò di distrarsi pensando a un menù per la cena. Il padre lo chiamò un quarto d'ora dopo, giusto per informarlo su a che ora sarebbe tornato e che, sì, avrebbero proprio avuto un ospite. Stiles riattaccò seccatamente, ma Noah Stilinski sembrò non accorgersene.
Erano le sette quando suonò il campanello. Il cuore sfarfallò nel petto alla consapevolezza che non potesse trattarsi del padre, che aveva le chiavi, ma cercò di calmarlo quando si convinse che non potesse essere nemmeno chi credeva fosse, visto che era troppo presto e che il padre lo aveva avvisato che sarebbe tornato per le otto.
Aprì la porta e due iridi verdi lo tramutarono in una statua.
Derek Hale, in tutta la sua stupida bellezza, se ne stava impalato sullo zerbino della loro porta d'ingresso. Non disse nulla, maledicendo il proprio cuore che proprio voleva farsi beffa di lui, con un licantropo che aveva la capacità di sentirlo battere in quel modo così sconsiderato.
Derek non sorrise, sembrava turbato. "Sei a casa, quindi." fu il suo saluto.
Stiles alzò un sopracciglio come risposta. L'influenza, anche se a debita distanza, del licantropo doveva comunque averlo travolto come un fiume in piena. Perché verbalmente non accennò a voler aggiungere altro.
Così anche il sopracciglio di Derek levitò verso l'alto e per un momento per entrambi fu come guardarsi a uno specchio.
"Non hai chiamato per informarmi." continuò, alla fine, Derek. Stiles sospirò, cercando di eludere le stilettate di nervosismo che tentavano di far accelerare il flusso del sangue nel corpo. Strinse i pugni e si morse la lingua, ma non bastò. Alla fine, aprì bocca e parlò anche lui: "Perché avrei dovuto, se il destinatario dei miei messaggi non risponde?".
Derek si accigliò. Per la seconda volta. Spostò però lo sguardo altrove, serrando la mascella. "Volevo farti una sorpresa."
"A cena con mio padre sarebbe la sorpresa? Dov'è tua sorella, non l'hai portata con te per ufficializzare definitivamente la cosa?"
"La cosa..." bisbigliò Derek. Stiles sapeva benissimo quanto gli desse fastidio e sorrise per fargli capire che lo aveva fatto di proposito.
"Cora non viene, in ogni caso. Non mi fai entrare?" gli chiese, puntandogli lo sguardo addosso, senza nascondergli il fatto che potesse sentirsi ferito da tutta quella situazione. Doveva essersi immaginato tutt'altro tipo di reazione. Povero ingenuo.
"Sei venuto presto, mio padre non è ancora rientrato" continuò Stiles, mantenendosi sulla via del risentimento. Derek sospirò afflitto. "Aspetterò sul portico, allora."
"Bene." concluse l'umano, sbattendogli la porta in faccia.
Gli ci vollero venti secondi per resettare tutto, mentre fissava il legno ormai sbiadito della porta. Poi sbuffò, roteando gli occhi al cielo e la riaprì. Derek era ancora lì, come lo aveva lasciato. Non aveva più un'espressione che Stiles poteva decifrare e ne aveva assunta una delle sue, che tanto detestava. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, cosciente del fatto che sarebbe stato l'unico a farsi del male. Ciò nonostante, lo acciuffò per il giubbotto di pelle che indossava e lo strattonò dentro casa, ben felice che l'essere soprannaturale glielo lasciasse fare nonostante il suo comportamento di merda.
Quando fece leva sulla porta per richiuderla, spinse Derek con la mano libera verso di essa e gli si avvicinò rudemente. Si fermò quel tanto per fissargli le labbra e poi alzare gli occhi in quelli verdi di Derek, che lo stavano fissando senza cedere a nessuna emozione umana.
"Ti detesto perché non avevo immaginato così il nostro incontro al mio ritorno." gli spiegò Stiles. Fosse solo questo il motivo per cui ti detesto, Cristo.
"Pensavo ti piacessero le sorprese." rispose Derek, muovendosi di qualche millimetro soltanto per accarezzare lievemente con la punta del naso quello di Stiles. Stiles si ritrasse per impedirglielo e negò con la testa. "Come può piacermi l'idea di dovermi trattenere durante la cena perché mio padre potrebbe capire tutto se solo dovesse succedere qualcosa di strano tra me e te?"
Derek chinò il capo, si avvicinò alla guancia di Stiles e, con lo stesso movimento di poco prima, iniziò ad accarezzargliela scendendo verso il collo. "Non avevo pensato a questo." replicò. Stiles non si negò per la seconda volta, ma rimase sulla difensiva. Sapeva di non avere alcun potere, nonostante la posizione in cui aveva rinchiuso Derek alla porta, ma aveva ancora la possibilità di allontanarsi e impedirgli di toccarlo. E non era cosa da poco.
"Perché sono io quello che penso a tutto. Tu arrivi in Virginia e non pensi che l'FBI potrebbe trovarti. Tu vieni a cena da noi e non pensi che mio padre potrebbe trovare sospetto il fatto che io e te ci comportiamo in maniera diversa... Devo continuare?"
"Diversa? Mi hai appena chiuso la porta in faccia, non mi hai scritto al tuo arrivo e mi stai facendo una polemica su una sorpresa che avevo il desiderio di farti. In che modo esattamente ci comportiamo in maniera diversa, Stiles?" Gli respirò sulla giugulare soltanto per il gusto di passare le labbra su quella parte di pelle e sentire il sangue fluire e scaldarlo. Stiles lo afferrò per le spalle e fece un passo indietro, come scosso da quel contatto. Si guardarono, indugiando l'uno nello sguardo dell'altro.
"Noi abbiamo scopato in casa mia, due volte, e al telefono, in queste ultime settimane, una dozzina di volte. Ecco in che modo."
Derek fece un ghigno. "Non ho intenzione di scopare con te davanti a tuo padre, se è questo che ti preoccupa."
Stiles avvampò, pur tentando invano di non farlo, e gli diede immediatamente le spalle, attraversando il salotto e dirigendosi in cucina. "Vaffanculo Derek." gli disse, per poi tentare di ignorarlo, sebbene Derek non avesse alcuna intenzione di concederglielo. Non osò toccarlo, immaginando che la reazione di Stiles non dovesse essere remissiva come poc'anzi, e si fermò al suo fianco con le braccia incrociate al petto.
"Cosa cucini?"
"Sicuramente, qualcosa a base di strozzalupo. Ma forse non dovevo dirtelo, perché così il mio piano di ucciderti è andato a farsi fottere. Cioè, la mia sorpresa è andata a farsi fottere." lo provocò con un sorriso esagerato stampato in viso. Derek sorrise, abbastanza divertito. Un tempo avrebbe potuto giurare di non trovarlo affatto divertente. Eppure, nonostante tutto, quella situazione riusciva veramente a renderlo di buon umore; insomma, a differenza di Stiles, che sembrava infastidito al posto suo. Chissà in quale universo parallelo erano andati a cacciarsi senza averne alcuna idea. Ma il motivo per essere divertito, a trattifelice, era semplice, per Derek: finalmente non c'erano più migliaia di chilometri a dividerli.
Fece un passo nella sua direzione, Stiles se ne accorse e si girò meccanicamente verso il tavolo per finire di condire l'insalata. Derek, davanti a quella nuova distanza, sospirò sommessamente, voltando il collo per tenerlo d'occhio.
"Come è andata con Lydia?" domandò. Era conscio che avrebbe potuto non ricevere risposta. Stiles, dal canto suo, si morse l'interno della guancia. Non aveva voglia di dare a Derek l'ennesima soddisfazione. Non in quel momento. Sapeva, però, di non poter mentire.
"Non le ho detto nulla." Perché, insomma, era vero. Aveva fatto tutto lei. L'ennesima stilettata ai suoi nervi lo fece irrigidire.
"Per via del mio comportamento?" indagò il lupo. Stiles sbuffò.
"Non gira tutto intorno a te, Derek."
"Allora perché non lo hai fatto? Avevi detto che volevi chiudere con lei... Hai cambiato idea?"
A quella seconda domanda, Stiles si girò a guardarlo. Derek gli impedì di decifrare le sue emozioni. Come al solito. Peccato, però, che avesse comunque quell'aria da cane bastonato che sapeva subito rincretinire perfino il suo modesto orgoglio. Sospirò.
"No, non ho cambiato idea. Conosci Lydia, non me ne ha dato il modo." spiegò. Mi ha lasciato lei. E, ah, non è la sola ad avere le corna. Ma lo pensò soltanto. Era comunque ancora abbastanza convinto di non volergli dare una tale soddisfazione così "In ogni caso, non c'è più modo di doverle parlare, ci siamo lasciati." concluse, vagamente.
Derek fece un passo avanti, annullando tutta la distanza in un solo secondo. "Come è possibile?"
"Nel modo più semplice: lei ha rotto con me." spiegò Stiles, fronteggiandolo con una forchetta e un cucchiaio nelle mani.
Derek sgranò gli occhi. Era sorpreso.
"Già, ha sorpreso anche me. È sempre un passo avanti, quella ragazza." Derek non rispose.
"Prima che tu possa anche solo pensarlo, no, non sono dispiaciuto. Cioè, sì, ma non per il motivo che credi. Se c'era anche solo un modo per cui potessimo mollarci dopo tutto quello che è successo per farci mettere insieme, era questo. Lei che lascia me e non il contrario. Sono solo dispiaciuto di non aver avuto modo di poterle dire tutta la verità. Già me la immaginavo a vederla indispettita dalla consapevolezza che il suo secondo fidanzato si fosse riscoperto gay."
Derek si accigliò. Nuovamente, non proferì parola.
"Insomma, era quasi sollevata quando Jackson ha fatto coming out, come se lo immaginasse. Sono convinto che, nonostante sia una sensitiva, non abbia mai avuto alcun dubbio su di me."
"Tu non sei gay."
Stiles rise, ma non era divertito. "Non lo sono? Vengo a letto con te, ricordi?"
"Stiles, a te piacciono le ragazze." gli spiegò il licantropo, poggiando il palmo di una mano sul piano di lavoro della cucina. Stiles riposò le posate dentro la ciotola dell'insalata e tornò ai fornelli.
"Questo fa di me un bisessuale, come te, suppongo."
"È tanto importante trovare una etichetta, per te?" gli chiese Derek. Stiles alzò un coperchio per girare le verdure che stava saltando in padella. Fece spallucce.
"Okay. Allora parliamone: io non sono bisessuale. Te l'ho già detto, non mi piace qualcuno in base al sesso. Se proprio vuoi etichettarmi, allora sono pansessuale. Ma chiunque potrebbe pensare di esserlo. In fondo, tutti noi amiamo uomini e donne, solo che con alcuni di loro decidiamo di non scoparci. Tipo i nostri migliori amici. Tu ami Scott, no? Solo che non vuoi andarci a letto."
Stiles si sentì un po' confuso. Derek lo capì subito, quando questo gli chiese: "Ti è già successo di provare qualcosa per un uomo?"
"A New York, quando vivevo con Laura."
Stiles metabolizzò il tutto. "Okay. Io non credo di essere pansessuale. Cioè, forse hai ragione tu sul discorso che amiamo le persone senza considerare a che genere appartengano, soltanto che con alcuni di loro non ci scopiamo, però- a me piacciono le donne e gli uomini, senza prescindere dal sesso."
Derek annuì piano. "Il problema nasce quando realizzo che le volte in cui è successo con una ragazza non sono neanche lontanamente paragonabili a- quelle con te, e con te non sono arrivato nemmeno fino in fondo. Quindi sono gay, no?"
Derek serrò la mascella, tentando nuovamente di nascondergli la sua reazione. "Dopo di me, potrebbe esserci nuovamente una ragazza." gli rispose, razionalmente.
Stiles si irrigidì. "Dopo di te?" sbottò.
Derek roteò gli occhi al cielo. "Stiles, sto cercando di farti ragionare."
"Con il tuo pessimismo?"
Derek sospirò rassegnato. E soltanto allora si avvicinò di nuovo, ma stavolta per toccarlo. Lo voltò verso di sé per fronteggiarlo e cercò i suoi occhi. "Non sono un sensitivo e tu non sei una mia proprietà. Sei mio, ora, certo, soltanto perché lo vuoi tanto quanto lo voglio io. Ma un giorno potrebbe non essere più così, per via di una ragazza o di un altro ragazzo. Se vuoi viverti serenamente tutta questa storia, accontentati dell'unico dato di fatto che hai a disposizione: ti piace un uomo e lui corrisponde. Il resto non importa. Conta solo quello che succede ora."
Stiles si ritrovò convinto di quelle parole. Non comprese nemmeno per quale assurdo motivo ciò fosse successo. Ma non era importante. Abbozzò il suo primo vero sorriso.
"E che succede ora?" gli domandò, il tono improvvisamente rilassato. Derek fece un sorriso sghembo.
"Tu sei tornato, io sono qui e tuo padre è ancora a lavoro. Secondo te?" rispose malizioso il lupo.
Stiles piegò il capo e aggrottò la fronte. "Mio padre sta tornando, potrebbe entrare e trovarci-"
"Perché dimentichi sempre che dispongo di sensi soprannaturali che mi fanno sentire qualsiasi suono anche a un miglio di distanza?"
Stiles fu sorpreso e boccheggiò per qualche secondo. Guardò le pentole sul fuoco e la tavola non apparecchiata. Poi nuovamente Derek. E, alla fine, dopo essersi trattenuto così al lungo "Al diavolo, vieni qui!" esclamò acciuffando il viso di Derek con le mani e avventandosi sulla sua bocca.
Derek non si fece trovare impreparato e gli sorrise sulle labbra dopo che queste scoccarono rumorosamente nell'aria. Finalmente sollevato dalla possibilità di baciare l'uomo che lo aveva praticamente messo alla gogna, lo acciuffò per i glutei e lo issò per prenderlo in braccio e dirigersi velocemente verso il divano. Ormai conosceva quella casa fin troppo bene, perciò non inciampò né sbatté contro qualche mobile. Stiles emise qualche verso e un "mi sei mancato" che Derek gli morse via indispettito. Perché, se gli era mancato per davvero, non lo aveva baciato non appena lo aveva visto?
Aveva sentito il desiderio di Stiles combattere contro qualcosa di ombroso ancor prima che questo spalancasse la porta d'ingresso, ma non credeva possibile che l'umano potesse resistere tanto quanto avesse poi fatto veramente. Lo ammirava perché dal canto suo, invece, non aveva fatto altro che avvicinarsi a lui, protendersi come un maniaco affinché quel bacio accadesse il prima possibile, e fallendo miseramente. Ogni volta. Soltanto quando Stiles aveva deciso che potessero farlo, era successo, e questo era un enorme smacco per l'orgoglio di Derek. Per questo, quando lo buttò sul divano, lo guardò furibondo. Doveva risanare le sue ferite. O meglio, Stiles avrebbe dovuto leccargliele finché queste non fossero guarite. E non c'era soprannaturalità che reggesse a quel tipo di offesa. Fosse stato per Derek, ci sarebbero volute delle ore prima di ritenersi soddisfatto.
Si chinò verso Stiles e lo baciò così selvaggiamente da ridurgli un vero casino la faccia. Gli scompigliò i capelli e gli morse le labbra più volte.
Poi, all'improvviso, si divise da lui e gli si sedette a fianco, con le braccia incrociate.
"Cosa? È il tuo modo per avvertirmi che sta arrivando mio padre?" gli domandò Stiles spazientito.
"No, è il mio modo per dirti che mi ritengo offeso per l'accoglienza di poco fa e quindi se vuoi continuare, fa' qualcosa per farti perdonare." spiegò lucidamente.
Stiles boccheggiò, per la seconda volta in un'ora, e guardò il profilo di Derek senza saper bene come reagire.
"Sul serio, Derek?" trovò le parole poco dopo. "Fai tanto il ragionevole, a parole, e poi cerchi vendetta in questo modo?"
Derek sghignazzò. "Già, è il modo più divertente che conosca."
Stiles mise il broncio, ma non resistette molto. D'altronde, era bravo a mantenere le distanze nella sua lucidità, ma se questa svaniva anche per un solo istante, di fatto diventava veramente difficile per lui fare dei passi indietro. Derek imparava a conoscerlo anche in questo suo lato e apprezzò la nuova lezione appresa. Si umettò le labbra quando Stiles gli saltò addosso, mettendosi seduto sulle sue gambe.
"Non ti toglierò nessun indumento, se stai cercando di farmi fare questo." Disse, come premessa. Derek sorrise beffardo.
"Stai nuovamente mettendo le carte in tavola, Stiles?" si burlò di lui. Stiles rise divertito, ma subito negò.
"No, dico sul serio. Perché, per quanto possano essere affilati i tuoi sensi, mio padre potrebbe comunque trovare uno dei due, sprovvisto di supervelocità, a petto nudo e capire tutto." spiegò con l'indice riverso al soffitto. "E intendo te, visto che è mio quel superpotere." Ironizzò. Derek sorrise, carezzandogli le cosce.
"Quindi, cosa hai intenzione di fare per farti perdonare?"
"Ti darò il bacio del Dissenatore." replicò Stiles sagace. Derek alzò un sopracciglio, ma stette al gioco. "Non vedevi proprio l'ora di arrivare all'argomento, eh?"
Stiles sorrise sornione. "Già, se hai capito che cosa intendo, posso raggirare la cosa sugli indumenti e farti un bel lavoro di mano." lo provocò ammiccante. Derek non resistette e si morse un labbro. Gli occhi fiammeggiavano di libido.
"Intendi baciarmi fino a succhiarmi via l'anima?" rispose, infine. Non aveva dovuto metterci molto per arrivare a capire cosa intendesse Stiles: in fondo aveva letto Harry Potter e gli era anche piaciuto.
Gli occhi di Stiles si illuminarono e l'ambra nei suoi occhi sembrò sciogliersi di fronte a lui, mentre la mano scendeva leziosamente sull'addome del lupo fino a raggiungere la patta dei pantaloni. Stiles non ci impiegò molto a sbottonare l'unico bottone dall'asola e ad abbassare la zip. "10 punti a Grifondoro."
"Grifondoro?"
"Non facciamo squadra, io e te?"
"Sì, ma Grifondoro?"
Stiles fece la tipica espressione di quando si perdeva in una delle sue elucubrazioni. Derek imprecò mentalmente per avergli dato corda, ma non si mosse, limitandosi a guardare come la mano di Stiles fosse rimasta appoggiata delicatamente sopra la parte del pantalone ormai aperti.
"Giusto, noi siamo due cattivoni. Quindi... Serpeverde?" optò alla fine l'umano, abbassandosi verso la bocca del lupo per tamponarla con la propria, prima che questo potesse replicare. Da lì, tentò avidamente di succhiargli via l'anima, baciandolo come forse non aveva mai fatto prima. Soltanto un paio di minuti dopo, la mano tornò a muoversi. Derek la sentì intrufolarsi nei propri boxer e ringraziò il cielo che nessun senso lupesco lo stesse allarmando di forze esterne in grado di impedire a Stiles di continuare. Aveva atteso troppo, saziandosi con la propria mano per diverse notti in cui si era illuso che in realtà fossero le dita che ora lo stavano circondando a muoversi sulla sua pelle. Rantolò a quel pensiero, sgonfiando i polmoni della malinconia che si era portato dietro come un bagaglio.
Fece leva con la schiena per avvicinarsi di più a Stiles, ma si ricordò delle proprie parole quando Stiles, con la mano libera, lo spinse a tornare al proprio posto. Aveva chiesto le scuse, ma ora sperava che Stiles avesse misericordia per lui. Gli vibrò il petto quando due dita di Stiles iniziarono lentamente a stuzzicargli il glande. Le sere trascorse a parlare lo avevano istruito nel miglior modo e si ritrovò a gemere nella sua bocca come un sedicenne in piena crisi ormonale. Non era abituato. No, non lo era affatto, ma era sempre straordinario sentirsi così vulnerabile alle azioni di quell'essere umano.
Nella vita, quando era successo, sempre troppo poco lucidamente aveva creduto che fosse giusto e per uno stupido secondo pensò che anche con Stiles stesse accadendo lo stesso. Forse tutto era accaduto, nuovamente, troppo velocemente. Come con Kate. Come con Jennifer. Non aveva pensato che di loro avrebbe potuto fidarsi, ma lo aveva fatto. E il suo istinto era stato ingannato due volte. E con Stiles, per lo meno all'inizio, era successo la stessa cosa: scarsa fiducia, sesto senso in allarme. Eppure, erano passati anni. Ne erano successe di ogni e questo lo aveva portato ad acquisire una tale fiducia nei suoi confronti da spingerlo a redarguire le proprie sensazioni dando luce a qualcosa di inconsapevole. Non si era mai fidato di lui, sotto consiglio dell'istinto, perché sapeva che Stiles lo avrebbe portato un giorno ad abbandonarsi come aveva fatto erroneamente con le due donne; aveva tirato su un muro con lui, per via di Kate, e si era illuso che Jennifer fosse quella giusta, che fosse come la Paige che aveva perso. Invece era sbagliata tanto quanto la prima psicopatica. Aveva nuovamente messo da parte tutto ciò che sentiva per Stiles, per provarci con Braeden, perché Stiles stava con Malia. E il chiodo schiaccia chiodo, però, non aveva funzionato. Quando aveva scoperto di Lydia, non aveva semplicemente fatto nulla, continuando a fingere un comportamento infastidito e reticente nei confronti del ragazzo per potersi illudere, ancora, che fosse sbagliato credere a ciò che provava. Poi, miracolosamente, era successo. Sapeva che era stato aiutato da qualcosa o qualcuno. Conosceva il rischio, così come sapeva che non fosse affatto uno sbaglio. Ne era certo.
Si divise dalla sua bocca per scendere lentamente sul collo e, senza chiedere alcunché, iniziò a succhiare un lembo di pelle. La sua testa improvvisamente aveva iniziato a ripetere un'unica parola, come ossessionata da una volontà accecante che non era in grado di controllare. Non da lui, per essere precisi. Perché quando Stiles si rese conto di ciò che gli stava facendo, lo spinse nuovamente contro il divano e lo guardò furibondo. Eccitato e furibondo, a essere precisi per la seconda volta.
"Non osare, Derek."
Derek si accigliò, mentre un vortice di rabbia iniziò a crearsi nel suo stomaco. Quella parola continuava a martellare nella sua testa. Doveva farlo. Doveva. Su quel corpo, che non aveva avuto per troppo tempo alcun marchio di sé. "Perché?"
"Perché si vedrà! Stiamo per avere una cena con mio padre, come diavolo credi che possa spiegargli un succhiotto sul collo, mentendogli a riguardo, con te presente? Mio padre mi conosce e sa quando mento."
"Tuo padre non crederà mai che possa avertelo fatto io, figuriamoci se lo pensa!"
"Tu lo sottovaluti."
"Mh mh" replicò per chiudere il discorso, tentando subito dopo di riavvicinarsi a lui. Nello stesso punto.
"Derek. No." Lo fermò nuovamente Stiles.
L'espressione del licantropo, per una volta, fu piuttosto comprensibile e Stiles avrebbe potuto perfino scoppiare a ridere, se non fosse stato così risoluto nella sua decisione. Alla fine, in un silenzio che li vide lottare semplicemente con lo sguardo, Derek si arrese sbuffando dalle narici. "D'accordo, posso avvicinarmi? Voglio baciarti."
Stiles sembrò stupito dell'improvvisa remissività del lupo e lo guardò con chiaro sospetto. Derek si accigliò nuovamente: "Cosa c'è? Non ti fidi, ora?"
"Tu non ti fidi di me, io non mi fido di te." gli fece eco Stiles. Erano passati anni da quando Derek lo aveva detto e Stiles, ovviamente, ne era cosciente. Voleva soltanto punzecchiarlo.
"Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando non mi fidavo di te." premise Derek. "Bei tempi, quelli." continuò sarcastico. In reazione, Stiles gli pizzicò la pelle all'altezza dello stomaco. Ovviamente Derek non reagì e Stiles si ritrovò a roteare gli occhi al cielo. "Avanti baciami, stronzo." esclamò infine. Derek non lo fece attendere ulteriormente, mentre la propria mente, rassegnata, smetteva di importunarlo con quella parola. Ci sarebbe stato tempo. Più tardi. Dopo la cena.
Stiles riprese subito dove si era interrotto e, forse un po' per vendetta, lo fece con maggiore dedizione. Derek, dal canto suo, ricominciò a rantolare diversi gemiti che, tuttavia, morivano sempre nella bocca del ragazzo che lo baciava con la stessa intenzione di volerlo soffocare. Era animalesco con la bocca, quanto dedito e preciso come un chirurgo con la mano che agitava sul suo membro. Incapace di dar retta ad entrambe le parte del proprio corpo, Derek si ritrovò presto col fiato corto e in procinto di venire.
Poi il suo udito lo avvisò. Purtroppo.
"Stiles." lo interruppe, subito dopo essersi diviso dalla sua bocca. Stiles sembrava spaesato. In realtà era ben concentrato a far altro. Scrupolosamente, nei suoi movimenti ben scanditi, era intenzionato a farlo venire.
"Cosa? Stai venendo?" gli domandò. Derek tremò irrigidendo i muscoli delle cosce per reagire a una scossa nervosa di piacere.
"No, ma lo sceriffo-" si fermò, allargando le narici per inalare un po' di ossigeno. Ne aveva bisogno, tanto quanto il sangue di fluire da un'altra parte del corpo.
Stiles fece una smorfia di disgusto. Non dovette piacergli l'immagine che gli proiettò la propria mente.
"Perché stai pensando a mio padre mentre- OH" Stiles si arrestò all'istante. "Mio padre sta venendo! Chiaro. Non abbiamo tempo per far venire te?" ironizzò, velocizzando d'improvviso col polso il movimento sul membro. Derek si issò con la schiena in uno scatto improvviso e febbricitante e lo afferrò saldamente per il braccio, bloccandolo.
"No, ero distratto anch'io. Tuo padre è già sul cortile, ha spento ora l'auto."
"Oh cazzo!" rispose Stiles saltando in piedi e guardandosi intorno mentre le mani erano finite nei suoi capelli per scompigliarseli, nervoso.
"Vado in bagno, devo- sì insomma" gli disse Derek, senza attendere risposta sparì al piano di sopra.
"Io- io che faccio? Derek? Cosa gli dico?"
Ma, ovviamente, Stiles non ricevette alcuna risposta.


***


Il padre era rincasato da un quarto d'ora, si erano salutati e, nell'abbraccio evasivo che Stiles gli aveva dato, si era chiesto se già il padre non avesse capito tutto ma, no, lo sceriffo non diede alcun segno di sospetto. Perciò Stiles aveva deciso di assumere l'aria del tipo indaffarato ai fornelli, per dare un senso alla sua irrequietezza. O, perlomeno, credeva lo potesse sembrare agli occhi dello sceriffo, ma la prima domanda del padre fu proprio: "Che ti succede, figliolo? Abbiamo invitato la regina d'Inghilterra e non lo so?"
Le spalle di Stiles si irrigidirono facendolo diventare, anche se per un solo istante, una statua di sale. Si ricompose velocemente, giusto per crollare di nuovo quando, voltandosi a guardare il padre, gli occhi inquadrarono la figura di Derek che scendeva dalle scale con aria tranquilla e composta. Lo sceriffo, sempre attento ai dettagli, seguì il suo sguardo accigliandosi sorpreso quando anche lui vide Derek.
"Oh Derek, sei già arrivato. Non ho visto la tua macchina parcheggiata fuori." affermò Noah. Stiles approfittò delle spalle del padre per rigirarsi verso i fornelli e prendere un profondo respiro. Gli si spezzò a metà nell'udire le parole del padre, però. Sgranò gli occhi cercando già di inventarsi la prima balla che gli venisse in mente. Perché Derek non era venuto con la sua macchina?
Già.
Perché? In realtà ne era ignaro perfino lui.
"L'ho lasciata a mia sorella, mi sono fatto accompagnare da lei." disse pacatamente il lupo. Stiles si accigliò. Ci pensò il padre a porgere la domanda corretta per risolvere quell'arcano mistero.
"Oh, poteva unirsi a noi! Tua sorella, intendo... mi dispiace non aver pensato che ci fosse anche lei in città, altrimenti avrei esteso il mio invito."
"Aveva altro da fare, non mancherà la prossima volta." precisò Derek con un guizzo di malizia nella voce che attirò subito l'attenzione di Stiles, il quale, voltandosi con una strana espressione in volto, cercò di trucidarlo con un solo sguardo. Purtroppo, non possedeva questo potere. Non ancora. E Derek potè quindi sorridergli beatamente. Ovviamente lui non fece altrettanto. Anche perché lo vide avvicinarsi in maniera molesta provocandogli nuovamente il panico. Almeno, lo sceriffo sembrava non accorgersi di tutti quei dettagli, essendo più interessato alla birra che stava cercando nel frigorifero.
"Posso aiutarti a fare qualcosa?" disse piano Derek, come se si stesse rivolgendo a lui in modo confidenziale, ma lasciando comunque modo a tutte le orecchie umane in quella casa di poter ascoltare. Anche il "NO GRAZIE!" meccanico di Stiles raggiunse i timpani umani e non. Derek sogghignò cercando di rimproverarlo con uno sguardo – ma era troppo divertito per tutta quella situazione per sembrare quantomeno credibile.
"Stiles, fatti aiutare da Derek. C'è la tavola da apparecchiare, tanto lui sa dove trovare le cose."
È di casa.
La rabbia colmò lo spazio lasciato dall'insazietà e la cupidigia di poco prima. Tutto, mentre Derek apparecchiava la tavola per cena. Il surrealismo era accompagnato da una bistecca e le verdure saltate.

La cena dopotutto non andò male. Derek, seduto di fronte a Stiles e al fianco allo sceriffo, aveva parlato con quest'ultimo di uno dei casi che stavano avendo alla centrale. Per similitudine, Stiles, seduto di fronte a Derek e con il padre accanto, si ritrovò a parlargli di un suo vecchio caso, e a consigliargli il modo in cui avevano gestito le indagini. Non che lo sceriffo ne avesse bisogno, considerata la sua esperienza, ma Stiles notò una leggera punta di orgoglio negli occhi del padre e, per questo, nonostante l'assurda serata, fu felice.
Derek gli aveva risparmiato qualsiasi tipo di scena che avrebbe potuto gettarlo nell'imbarazzo e per questo si sentì di perdonarlo per quella stupida sorpresa. Senza ammetterlo, nemmeno a se stesso, in realtà fu felice anche per la sua presenza, quella sera.
"Credevo ci fosse anche Lydia con noi." affermò Noah, sbucciando una mela. Stiles si irrigidì. Derek non fece una piega, mentre sorseggiava la sua birra.
Stiles tossicchiò cercando di rilassarsi. Si alzò per prendere i piatti vuoti del padre e di Derek per sparecchiare la tavola. "Ehm, aveva- altro da fare, poteva soltanto venirmi a prendere all'aeroporto." mentì spudoratamente, stupendosi di se stesso di quanto fosse stato in grado di farlo. Ora tutto stava nello scoprire se fosse stato credibile alle orecchie del padre.
"Peccato." sillabò questo alzandosi con la mela in mano in direzione del salotto. Sospirò di sollievo, ma quando si voltò a guardare verso la tavola, si ritrovò congelato dallo sguardo di Derek. Sembrava innervosito. Si accigliò. Sussurrò un "Adesso che c'è?" che il padre non udì, ma Derek non rispose. Si alzò stizzito e seguì lo sceriffo, sedendosi al suo fianco a guardare la partita.
Stiles rimase in cucina, a pulire.
Quando iniziò a lavare le stoviglie sporche, il lupo silenzioso e dal passo inudibile lo colse di sorpresa alla sua sinistra.
"Tu insaponi e io risciacquo?" propose. Sembrava ancora indispettito. Per chissà quale motivo, poi.
Stiles non se la sentì di discutere su quanto fosse sospetto che condividessero quasi le stesse tre mattonelle del pavimento senza bisticciare al loro solito e annuì debolmente. In fondo, aveva proprio bisogno di un aiuto in cucina. E il padre non sembrava contemplare l'idea di pensarci da solo, come quando lui era in un altro Stato ed era costretto a vivere da solo.
Si domandò se non lasciasse ripulire la cucina a Derek, quando lo invitava a cena. E si ritrovò a prendersela con un piatto, soltanto perché non aveva risposta a quel dilemma.
Derek gli prese il piatto dalle mani e risciacquò silente, per poi asciugare velocemente con un panno e metterlo nella credenza dei piatti. E allora Stiles ottenne la sua risposta.
"Sei davvero di casa, ormai" bofonchiò.
Derek lo ignorò prendendo il secondo piatto e ripetendo il procedimento appena compiuto.
"Perché non hai detto a tuo padre che tu e Lydia vi siete lasciati?" domandò Derek. Stiles lo guardò stralunato.
"Perché sono appena tornato, Derek, e sono stanco per affrontare l'ennesima discussione sulle mie faccende amorose. E poi voglio parlargliene da solo, non con te nei paraggi."
"Perché?"
Stiles gli passò bruscamente il terzo e ultimo piatto. "Perché ai suoi occhi tu sei un ospite e sarebbe imbarazzante spiegargli che Lydia mi ha lasciato perché sta con un altro..."
Derek ci pensò il tempo di sciacquare e asciugare gran parte delle stoviglie.
"Quindi anche lei ti ha tradito?"
"Sì, Derek."
Seguì un altro silenzio.
"E ai tuoi occhi, io cosa sono?"
Stiles sciacquò la spugna e poi chiuse l'acqua, guardando Derek asciugare l'ultimo bicchiere. "Non me lo stai chiedendo proprio ora, vero?" digrignò a denti stretti.
"Cosa non ti dovrebbe chiedere proprio ora, figliolo?" domandò Noah, aprendo il frigorifero per prendere altre tre birre. Una per ognuno di loro.
Stiles si passò una mano sul viso. Era stanco.
"Niente, papà. Le solite inutili chiacchiere di Derek sul branco. Lo sai, Derek, di queste cose ne devi parlare con Scott. Non con me." parlò a macchinetta. "E papà, se quella è per me, rimettila in frigo. Sono troppo stanco e, se non vi dispiace, andrei a dormire."
Nessuno dei due obiettò a quelle parole e Stiles fu finalmente libero di squagliarsela da quella situazione.
"Buonanotte figliolo." lo salutò il padre, mentre saliva le scale.
"Buonanotte Stiles." replicò subito dopo Derek. Stiles si voltò giusto in tempo per vederli sedersi sul divano. Rimase lì come uno stoccafisso per un paio di secondi.
Era strano. Troppo strano.
Ma era stanco, troppo stanco, per farlo diventare un problema. Si rintanò in camera sua.


***


Si spogliò velocemente, mettendosi sotto le coperte, e soltanto una volta sdraiato ebbe modo di pensare a Derek.
E ai tuoi occhi, io cosa sono?
Derek stava forse cercando di ufficializzare il loro rapporto? Si mise bruscamente su un fianco, chiudendo gli occhi per sforzarsi di smetterla di pensare. Il fatto che l'uomo che lo turbava fosse al piano di sotto, con suo padre, non aiutava affatto. Nonostante la stanchezza, non riuscì a lasciarsi andare.
Derek si era preso troppe cose. Troppo velocemente. E Stiles non voleva, capricciosamente, lasciargli anche questa vittoria.
Erano una coppia, poi? Solo per il modo in cui discutevano, potevano esserlo. Ma da anni...
Eppure, a parte il sesso eccezionale, non erano... cosa erano?
Gli tornarono in mente le parole di Lydia. Quelle tre fottutissime parole che avevano provocato in lui una bella doccia fredda.
Passione. Istinto. Imprevedibilità.
Quelle erano tre caratteristiche che potevano esprimere al meglio una relazione d'amore. E quello che c'era fra lui e Derek, beh, era rappresentato al meglio da quelle tre maledette.
Si rigirò nuovamente, ritrovandosi a guardare fuori dalla finestra. E, di malavoglia, si lasciò andare a quella consapevolezza e, come una beffa, al sonno che lo colse d'improvviso.

Si risvegliò, agitato dal materasso che si muoveva sotto di lui nonostante non si stesse muovendo dalla posizione assunta poco prima di crollare a dormire. "Ma che cazz...?"
Ci impiegò più del dovuto nel rendersi conto che si trattava di Derek che, entrato probabilmente dalla finestra dopo essere uscito dalla porta principale, aveva tutta l'intenzione di intrufolarsi nel suo letto.
"Shh, continua a dormire." lo rimproverò. Stiles avrebbe voluto spiegargli che era impossibile continuare a dormire quando il suo corpo statuario, e privo di abiti, era premuto così bene contro il suo, soprattutto se aveva desiderato per tante lunghissime notti tristi e solitarie di averlo esattamente così, ma quel che fece fu semplicemente girarsi per fronteggiarlo e appoggiare casualmente un braccio sulla vita di Derek e sospirare nel suo collo.
Derek si accomodò, facendosi spazio tra le sue gambe, e Stiles lo sentì sospirare a sua volta.
"Non so se è quello che vuoi sentirti dire, ma ai miei occhi sei esattamente la persona che voglio nel mio letto tutte le notti, d'ora in avanti." borbottò piano. Derek piegò il capo finendogli nei capelli. Stiles lo sentì respirare tranquillamente.
"Okay."
Ovviamente Stiles non voleva sapere cosa fosse lui agli occhi di Derek, ma in qualche modo averlo lì, fra le sue gambe e col muso nei suoi capelli, fu una buona risposta comunque.


***


Si risvegliò soltanto quando Derek si alzò, abbandonando frettolosamente il letto. Lo guardò, confuso e con gli occhi semichiusi per la luce che filtrava dalla finestra, e dovette star immaginando, perché lo vide nascondersi furtivamente dentro il suo armadio. Non fece in tempo a domandargli di che tipo di stranezze soffrisse, perché il padre aprì la porta della sua stanza, già in divisa e pronto per andare a lavorare.
"Hey figliolo, sei già sveglio?" domandò il padre. Stiles annaspò. Si mise a sedere e annuì incapace di proferire parola.
"Oh, bene, io sto andando alla centrale. Hai qualche programma per oggi?"
Negò.
"Ottimo. Ci sarebbe da fare la spesa per la vigilia di Natale. Ti andrebbe di pensarci tu? Io non so se riesco..."
"Certo." fu la prima parola che sillabò.
"Ottimo, ora dormi un altro po', è presto."
No, se c'era un lupo nell'armadio.
"Certo, grazie. Buona giornata." articolò con fatica, sprofondando nuovamente nel letto. Il padre richiuse la porta e qualche attimo dopo Derek uscì dall'armadio. Che situazione ridicola.
Lo sentì muoversi per la sua stanza e soltanto alzando gli occhi su di lui si rese conto che si stava rivestendo.
"Hey, dove vai?"
"A casa, probabilmente Cora si starà chiedendo che fine abbia fatto..."
Stiles non voleva lasciarlo andare. Non così. Si rimise a sedere e si stropicciò i capelli. Derek si ritrovò fermo, a fissarlo, come un idiota. Stiles era troppo assonnato per rendersene conto, però.
"Non puoi lasciare che se lo chieda per qualche altra ora?" gli propose. "Hai passato la notte fuori, tanto vale..." la voce sembrò quella di un bambino e stavolta Stiles si rese conto dello sguardo di Derek su di lui, ad osservarlo teneramente.
Derek, con addosso già la canotta, ci pensò un attimo. Dovette convincerlo qualcosa di Stiles, non sapeva bene cosa e Derek non ci tenne a farglielo sapere, perché abbandonò i pantaloni che aveva in mano e tornò vicino al letto. Stiles gli fece spazio e ritornarono ad assumere più o meno la stessa posizione.
Solo che ora erano svegli.
Stiles si mosse inarcando la schiena per prendere qualcosa dietro di lui, accanto al letto. Derek si accigliò prima di vedergli tirar fuori dalla valigia un tubetto di dentifricio. "Che cosa fai?" gli chiese. Stiles lo aprì per prenderne un po' e infilarselo in bocca, poi con un dito fece lo stesso offrendoglielo a Derek. Con la bocca impastata, alla reticenza di Derek, gli disse: "Devo baciarti, ma questa volta non voglio privarti dell'anima e temo che il nostro alito di Morte potrebbe seriamente riuscirci." Derek sorrise divertito. Ed era sempre sorprendente ritrovarsi a farlo per una battuta di Stiles. Così cedette, impastandosi a sua volta la bocca di dentifricio. Succhiargli via il dentifricio dal dito, poi, ai loro occhi, sembrò il preludio di una preliminare. E i loro sguardi si incendiarono immediatamente.
Così, con la bocca fresca di mentolo, tornarono sdraiati sul letto e non resistettero ulteriormente. Si baciarono e il Sole fuori dalla finestra, in una pigra giornata invernale, trovò il suo senso in quella mattina.
Si baciarono per gran parte del tempo, avviticchiadosi in quel misero letto singolo, come fossero ostaggi di una barchetta in mezzo all'oceano e non avessero alcuna via di scampo. E i loro corpi ondeggiavano come fossero spinti dalle onde del mare... quello che, nonostante il bel tempo fuori, si agitava sempre più freneticamente spinto da una forza ignota.
Baciare Derek aveva senso come soltanto altre poche cose al mondo agli occhi di Stiles. Gli piaceva premere piano e poi forte le sue labbra contro quelle del lupo e gli piaceva ancor di più la risposta che riceveva quando gliele mordicchiava. Derek mugugnava teneramente, senza suonare minaccioso, e poi gli avviluppava la bocca soltanto per infrangergliela con la lingua e baciarlo come un matto. Gli piacevano i loro sapori mischiati, aromatizzati dal dentifricio, ma che non perdevano comunque di autenticità. La loro. Erano complementari e per questo perfetti. Gli piaceva come la barba di Derek gli pizzicasse il mento e come la percepiva distintamente, riconoscendola come quella di un uomo. Solo questo, lo eccitava da morire.
E poi, inevitabilmente, iniziò a chiedersi cosa piacesse a Derek.
Gli piaceva il suo viso ancora glabro? Gli dava la sensazione di star baciando anche lui un ragazzo o non sortiva lo stesso effetto? Chissà com'era baciare Stiles. Interessante, forse?
Gli piaceva come, prendendo iniziativa, lo spingesse con la nuca sul cuscino e lo baciasse con la stessa avidità di una preda che ha braccato il proprio cacciatore? Perché era così che si sentiva, nonostante il suo corpo da uomo, ormai, fosse almeno apparentemente alla pari con quello di Derek. A forza soprannaturale non c'era storia, ma, dannazione, con la barba o meno, Stiles era un uomo. E a Derek piaceva?
L'ennesimo gemito fu una pallida, ma necessaria, risposta, che alimentò l'insaziabile ego di Stiles. Si ritrovò sdraiato, subito dopo, con Derek sopra di sé; gli concesse un po' di supremazia, mentre stemperava i pensieri dalla propria testa e iniziava piuttosto a impegnarsi a dedicare tutta l'attenzione sul maestoso corpo dell'uomo che lo sovrastava.
Per questo, gli sfilò la canotta che aveva stupidamente e frettolosamente indossato. Quell'iniziativa diede modo a Derek di fare lo stesso col suo pigiama. A petto nudo, entrambi trovarono piacere nell'accostare pelle contro pelle, l'una calda e l'altra leggermente più fredda. Tiepidi, nel loro insieme, anche se l'eccitazione febbrile in circolo ben presto pareggiò i conti, surriscaldandoli. Nonostante ci fossero pochi gradi e il riscaldamento fosse spento, iniziarono a sudare a causa dell'attività fisica, ma nessuno dei due se ne curò o se ne infastidì. Anzi.
Ancora supino sul letto, Stiles diede modo a Derek di dedicarsi al suo addome niveo e costellato qua e là di molteplici nei. Derek trovava divertente leccarglieli tutti, baciarli e a volte anche pizzicarli tra le labbra. Forse gli piacevano?
Sembrava gli stesse facendo una minuziosa mappatura. In qualche modo era molto dolce, tutto questo. Stiles ne era deliziato.
Poi qualcosa cambiò. In Derek. Ma Stiles non se ne accorse subito, perciò, quando il lupo gli afferrò entrambi i polsi con una sola mano, serrandoglieli sul cuscino poco sopra la sua testa, la reazione di Stiles fu di pura concitazione. Anche quando Derek scese rapidamente verso la sua regione inguinale, Stiles riusciva soltanto a pensare: oddio, oddio, oddio... sta scendendo, sta accandendo, sta fottutamente accadendo!! Di nuovo.
Perché sì. Era successo già una volta che quella meravigliosa bocca lambisse il membro di Stiles, alla quale erano poi susseguite delle scrupolose e dettagliate descrizioni al telefono... ma la prima volta era avvenuta di sorpresa. Questa seconda volta, invece, si stava realizzando dopo un lunghissimo lasso di tempo a immaginarsi di provare ancora tutte quelle sensazioni. Già solo per questo, nella testa di Stiles stavano scoppiettando i primi fuochi d'artificio.
Ma doveva calmarsi. Doveva, altrimenti quel secondo pompino della sua vita non sarebbe durato quanto avrebbe voluto.
Pensò alle peggiori catastrofi, ma percepire la bocca di Derek sul lembo di pelle a pochi centimetri di distanza dalla... destinazione, lo confondeva e i fuochi d'artificio scoppiavano con ancor più veemenza.
Poi si sentì arpionare da quella bocca fra una coscia e l'inguine e i fuochi cessarono. Derek teneva fermo, come a coprirlo, il suo membro duro con la mano libera, ma non aveva alcuna intenzione di dedicargli attenzione. Non a lui. Non ci sarebbe stata nessuna replica. Non al momento. Stiles alzò il collo per inquadrare la situazione e gli occhi verdi, gogliardici e beffardi di Derek lo trovarono nuovamente impreparato. Si specchiarono l'uno negli occhi dell'altro, scambiandosi mille parole silenti, ma nessuno osò fiatare.
Anche se poi Stiles cercò di divincolarsi dalla presa ferrea sui suoi polsi. "Derek, non osare..." tentò inizialmente, ma alla fine desistette quando ricordò della forza soprannaturale di lui. E a quella ulteriore consapevolezza, Derek diede inizio alla sua meschina intenzione.
Quella che Stiles gli aveva proibito, la sera prima, di compiere sul divano. Lo sentì succhiare con forza quel pezzo di pelle, avidamente, e nonostante il forte disappunto – mentale – Stiles non poté fare a meno di gemere di piacere. Ci fu saliva, lingua e soprattutto labbra. Una forza implacabile che risucchiava la sua pelle candida. In quel punto così delicato e così vicino a ciò che poteva scatenare tutti i suoi fuochi d'artificio mentali. Ma bastò un minuto soltanto per ricevere dalla propria erezione la conferma di quanto quella presa di possesso gli stesse piacendo. E così tornarono anche i fuochi d'artificio.
Derek gli lasciò un evidente ecchimosi violacea in un posto che non avrebbe potuto esporre ad altri occhi umani e Stiles lo trovò compiaciuto. Nonostante avesse goduto come poche altre volte nella vita, gli fece una smorfia e si massaggiò i polsi, finalmente liberi, nonostante non gli facessero veramente male. Ma solo per capriccio.
"Sei contento, ora?" Derek solleticò quel punto a cui aveva dedicato anima e cuore come un artista contemplava una propria opera e guardò poi Stiles, finalmente soddisfatto di aver espresso quella piccola parolina che aveva in mente da ore.
E Stiles si fece guardare, ricolmo improvvisamente di un'emozione nuova.
Ancora una volta quelle tre parole riecheggiarono nella sua mente – quelle che Lydia gli aveva detto e che ora sapeva sarebbero ritornare spesso a fargli visita! – e si sentì felice di risentirle "passione, istinto, imprevedibilità" perché le stava vedendo espresse nelle iridi di Derek.
Anche lui...
Lo baciò, arcuando la schiena quel tanto per raggiungerlo e con slancio invertì le posizioni. Le loro erezioni si scontrarono come due spade pronte a lottare. Peccato che, rigide com'erano, avessero tutt'altro desiderio rispetto a quello di farsi la guerra.
"Lo so che sarà un fallimento, ma mi dà fastidio essere marchiato soltanto perché non posso ricambiare, non posso marchiare te. Quindi, ora, fallirò con orgoglio." spiegò Stiles, baciandogli la mascella e scendendo verso il collo. Derek sogghignò ad occhi chiusi, abbandonandosi a quella voce e a quelle attenzioni, con le braccia dietro la nuca.
Stiles lo guardò per qualche secondo, così possente e spavaldo, e all'idea di marchiarlo si sostituì quella di cancellargli via quell'aria da strafottenza. Quanto avrebbe voluto essere lui l'essere soprannaturale e che l'uomo sotto il suo corpo fosse un fragile essere umano!
Per questo, si incaponì facendosi strada languidamente su quel torace ampio e tonico. Toccò con le mani, massaggiò come se stesse carezzando del marmo e per un briciolo di istante temette per la sua incolumità. Poi si ricordò che, nonostante tutto, quella era solo pelle e che morderla o succhiarla avrebbe avuto un suo frutto, temporaneo e probabilmente istantaneo, ma ci sarebbe stato. Quantomeno, Derek avrebbe provato ciò che sentiva lui ogni volta che esprimeva quel chiaro intento di possesso.
Ogni luogo sembrava perfetto, ma alla fine optò per lo stesso punto in cui Derek aveva mostrato tutto il suo interesse. Lo privò delle mutande che indossava ancora e lo guardò, rendendosi conto di quanto gli piacesse farlo. Derek aveva gli occhi puntati sul suo viso, ma Stiles fece di tutto per ignorarlo. Con due dita carezzò il punto inguinale prescelto, mordendosi il labbro: questo scatenò la reazione del lupo, che mugugnò un versetto che aveva a che fare ben poco con l'arroganza che tingeva i sorrisi di quella mattina. Si ritrovò a pochi centimetri di distanza con la bocca e respirò la pelle umida di Derek. Poi leccò, piano, solleticandolo. Derek non fece una piega, anche se lo sentiva fremere di impazienza. Stiles, d'altro canto, si prese tutto il tempo. Il "dopo" sarebbe durato un secondo, per questo avrebbe fatto sì che il "prima" perdurasse più del lecito. Raccolse nel pugno della sua mano l'erezione di Derek, per trattenerla come aveva fatto l'altro con la sua, e decise soltanto quando le sue labbra toccarono nuovamente il corpo di Derek che a quel marchio avrebbe aggiunto un tocco speciale. Il suo.
Iniziò a lambire un pezzo di pelle placidamente, senza l'irruenza di succhiarlo. L'assaporò come fosse un ghiacciolo e con la mano, del tutto casualmente, iniziò a massaggiare il membro di Derek. Non lo avrebbe appagato, muovendosi sulla lunghezza, avrebbe soltanto palpeggiato, affinché il tutto fosse ancor più insoddisfascente e provocatorio. Poi, stringendo con brama, iniziò a succhiare forte, alternando anche un po' con la lingua. La reazione di Derek fu sorprendente. Le braccia erano tese verso la testata del letto e stringendo i glutei si era leggermente issato per darsi l'illusione che Stiles lo toccassemaggiormente. Stiles chiuse gli occhi e continuò il proprio lavoro, senza sosta e senza pace, sotto il suono fremente dell'uomo che, nonostante la soprannaturalità dei suoi sensi, ora si stava comportando come ogni essere umano travolto dalla sensazione ingorda di non averne abbastanza. Di volere di più.
Quando lo lasciò andare, riaprì gli occhi, curioso come una volpe. Vide la pelle olivastra di Derek leggermente più scura nel punto in cui aveva premuto la bocca. Un pallidissimo livido. Lo toccò per concretizzare che esistesse per davvero, Derek gli accarezzò una guancia, ma Stiles non alzò lo sguardo per accertarsi della reazione di Derek a tutto ciò. La sua attenzione era unicamente per quel mortale marchio. Svanì con la stessa velocità di un'unica nuvola in un cielo celeste d'estate. Solo a quel punto alzò gli occhi su Derek. La sua mano era scivolata sul petto, ma si rialzò velocemente sul suo viso, come a volerlo confortare. Stiles si morse nuovamente il labbro. Non aveva bisogno della sua tenerezza.
"Il tuo fallimento mi è piaciuto." commentò il lupo. "Più di quanto immaginassi." aggiunse. Non lo stava dicendo per dargli soddisfazione. Stiles aveva avuto le prove, che ora erano echi nelle sue orecchie. Però...
"La prossima volta laverò i denti con lo strozzalupo, forse funzionerà." parlottò ad alta voce, non sapendo, in realtà, se e quanto fosse serio. Derek rise in risposta. Lo vide mettersi a sedere e cercare la sua bocca. Stiles si lasciò baciare. E cadde nel tranello, lo realizzò quando si ritrovò di nuovo supino sul letto.
"Ora arriviamo fino in fondo, che dici?" ma come in ogni film quando si tocca il punto dolente, a quella proposta seguì il suonare di un cellulare. Le sopracciglia di Derek si aggrottarono infastidite e Stiles si voltò a guardare dove provenisse il suono. Erano i pantaloni di Derek. Il suo cellulare.
Poteva significare soltanto una cosa: Cora.
"Puoi lasciarlo suonare..." provò Stiles, incapace di far finire quella bella situazione che si era creata. Aveva aspettato così tanto che non poteva capacitarsi dell'idea, che dopo tanti orgasmi telefonici, non riuscisse a ottenerne uno reale. Ma era colpa sua, d'altronde, sprecare del tempo per un succhiotto sulla pelle di un licantropo.
Derek si alzò, invece, e Stiles fissò le sue natiche sode muoversi nella sua stanza. La sofferenza strideva in ogni cellula del suo corpo. Lo vide prendere il telefono e, dopo un sospiro, rispondere.
"Hey- sono... Sì, scusami. Sì. Mi dispiace. Sto arrivando." Fine della chiamata. Lo stomaco di Stiles precipitò nell'abisso dell'insoddisfazione.
"Devo andare." disse Derek.
Stiles ebbe un'idea. "Devi fare una doccia, avrai il mio odore addosso, altrimenti..." e Stiles stava già pensando a come sbirciarlo provocandosi del piacere da solo – come ai bei vecchi tempi.
Derek sembrò pensarci nuovamente, come poco prima, e Stiles credette di avere una possibilità ma, alla fine, lo vide negare. "Ho un altro modo per camuffarlo." bofonchiò, iniziandosi a rivestirsi. Nasconderlo, non cancellarlo. Stiles avrebbe potuto crogiolarsi in quella consapevolezza, ma era troppo distratto dal capriccio di non volerlo lasciare andare via dalla sua stanza.
Stiles crollò nel letto, chiaramente indispettito. Non si mosse, come fosse improvvisamente una statua. Quando Derek comparve davanti al suo viso, vestito e chinato su di lui sorreggendosi sul materasso con un solo braccio, Stiles lo ammirò come se fosse l'ultima volta che avrebbe potuto vederlo. Che drama queen.
"Concludiamo stasera." sentenziò. Un qualcosa di estraneo sfarfallò nello stomaco di Stiles. Abbozzò un pallido sorriso. Si fece baciare, ad occhi chiusi. Derek insistette qualche secondo in più sulla bocca di Stiles e quest'ultimo ebbe il tempo di carezzargli la guancia con una mano.
"Stiles, hai capito?"
"Non sono mica stupido." rispose, aprendo nuovamente gli occhi. Poi, si rese conto che lo era per davvero, stupido. Gli bastò guardare l'espressione di Derek per capire che cosa intendesse con il verbo "concludere": ora arriviamo fino in fondo, che dici?
Derek era serio, deciso, ufficialmente chiaro.
Ma certo, la notte precedente Stiles aveva ufficializzato. E alle orecchie di un lupo, questo doveva significare qualcosa di importante.
Ecco perché Derek si era comportato insolitamente, insistendo su cosa fosse ai suoi occhi, come non era solito fare in nessun'altra circostanza.
Perché voleva concludere. Bramava farlo.
"Oh..." esclamò. Derek abbozzò un ghigno. Gli rubò un bacio e si defilò fuori dalla porta della stanza. La casa era vuota e non aveva senso uscire dal luogo in cui quella stessa notte era entrato – cioè dalla finestra.
Stiles rimase disteso sul letto. Quell'essere estraneo nello stomaco doveva essersi spostato sopra al cuore, svolazzava fastidioso fra i polmoni. Faticava a respirare normalmente e si sentiva il cuore pulsare in maniera anomala.
Questo soltanto perché era ormai consapevole che presto avrebbe fatto l'amore con Derek Hale.

Bentornato alla gaieggiante Beacon Hills, Stiles, avremo presto del fottuto sesso gay! – gli annunciò chissà quale diavolo nel cervello, con la stessa foga di un cronista alla radio.
Si schiaffeggiò il viso, dandosi dell'idiota per i suoi stessi pensieri. Poi, durante il corso della giornata, ovviamente, entrò nel panico.




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Scusarmi ormai non ha più senso, soprattutto perché dubito che ci siate ancora a leggere questa storia. Quando scelsi il titolo non immaginavo fosse una condizione che questa storia avrebbe avuto nel tempo: infinita. Però, insomma, sono tenace e io voglio assolutamente portarla al termine! Questo capitolo doveva essere molto diverso ma dopo un anno di "pausa" è venuto fuori così e non me ne lamento. Spero nemmeno voi.
Derek vuole arrivare fino in fondo. E io direi di aprire le scommesse e fare un sondaggio: ci arriveranno fino in fondo prima che Stiles scopra la vera identità di LonelyReader o dopo? E sarà Derek a confessare oppure Stiles lo scoprirà da solo?
Non prometto nulla perché porta sfortuna a quanto pare, ma voglio concludere questa storia quindi a risentirci a presto col prossimo capitolo! :)
Un abbraccio,
VenerediRimmel

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