Cap. 11 Un primo tentativo d'approccio

In capo a una settimana, la curiosità che ho sollevato si è spenta. Alle donne non sono piaciuta. Sono stata con tutti composta, ma fredda. Ho mostrato, senza neppure dover fingere, di non desiderare alcuna compagnia; in effetti non è funzionale al mio scopo e, indipendentemente dall'incarico del conte, neppure per me stessa ho interesse a stringere inutili amicizie. Finita la  parte che dovrò recitare la mia vita sarà altrove, spero.

Gli uomini mi osservano di lontano, le poche volte che mi faccio vedere. Mi vesto in modo molto rigoroso, francamente più che casto, ed è circolata la notizia del vitalizio e della mia sfortunata condizione. Sono ben certa che mi hanno messo gli occhi addosso quasi tutti, e che le donne del posto ne siano consapevoli e furiose.

Una vedova con vitalizio sarebbe perfetta per uno sfaccendato che potrebbe farsi mantenere, ma anche per uno sposato che volesse un'amante senza problemi di onore familiare da infrangere, e persino per uno scapolo un po' maturo, economicamente sistemato ma non più troppo in corsa per le donne più giovani, che potrebbe essere accettato facilmente da una graziosa vedova.

Tutti incuriositi, tutti interessati e intrigati, tranne la mia preda; l'unico a non seguirmi con lo sguardo, a non cercar pretesti per incrociare i miei passi, a non aver affari che richiedano l'incrociare al largo della mia porta.

Evidentemente non è così sciocco da vivere sereno, e pur nella normalità di cui veste la sua vita, comunque cerca di stare alla larga da eccessive confidenze.

Fa il maniscalco, passabile fabbro, mi dicono, ancorché così giovane. Certo ancora inesperto, ma il suo predecessore aveva lasciato la bottega all'improvviso, per un triste incidente; e poiché un maniscalco è figura indispensabile in ogni borgo, nella malasorte di perdere il primo era stata una fortuna, per tutti, che si fosse trovato presto quel giovane che cercava lavoro.

E ora, studio pensierosa le sue spalle larghe  mentre sistema il mio castrone che ha perso un ferro

Vediamo... Secondo le informazioni del Conte, saresti nato in una casa nobiliare. Che il figlio di un nobile, sia pur cadetto, abbia imparato a fare il fabbro... è singolare. Comunque, sei niente male. Niente male, davvero, non mi aspettavo un simile aspetto vigoroso; o forse dovrei dire che non ci speravo? Visto che dovrò usare ogni mezzo...

Scuoto la testa. Non è un bene, invece, che il mio obiettivo sia giovane e piacente, la mia parte razionale mi fa presente che non sarai uno a cui manchino ammiratrici e che potrei trovare parecchia concorrenza, anche sleale. Sospiro appena e sciolgo le spalle, risento di una certa tensione.

Come dovrò giocarmela? Gli ordini sono di conquistare la tua confidenza e scoprire quali siano i tuoi piani e i tuoi alleati. Chissà che hai combinato! Un cadetto, nobile rampollo d'una famiglia che, da sempre, è a un passo dai regnanti... devi esserti immischiato in qualche trama politica. C'è  puzza di cadavere, in giro, e secondo me viene proprio da te: non lo sai ma sei un morto che cammina. Se respiri ancora è solo perché si vuol tentare di usarti, tuo malgrado, per arrivare al resto della congiura. Che povero ingenuo sei! Ti sei trasferito qui senza neppure una copertura decente che infatti è saltata alla prima occasione.

Il fabbro si raddrizza accarezzando il fianco del cavallo, e mentre si pulisce le mani in uno straccio, si gira a fissarmi bene in faccia. Non sono certo rari gli occhi chiari, tra la nostra gente, ma nel viso abbronzato i suoi risaltano di un azzurro intenso, inusuale. Ha uno sguardo penetrante e diretto. Ne ho una scossa, perché non sono abituata a occhiate simili. Quelle dei servi sono umili o, se ritengono di poterlo azzardare, languidamente lusinghiere. Quelle dei nobili sono sfacciate e arroganti. I vecchi, mi guardano severi o schifosamente laidi. I giovani, ardenti, spesso morbosi.

Questo qui sembra... divertito. Mi riscuoto furiosa, sono certa di aver colto una nota di ironica e bonaria sicurezza nel suo sorriso.

"È a posto", mi dice. "Non mi capita spesso che sia una giovane donna a occuparsi di un cavallo", commenta poi.

Non è stato facile procurarmi un incontro innocente, ho dovuto trovare un motivo insospettabile. Allora ho lavorato duramente a uno zoccolo per privarlo del ferro. Che abbia potuto capire che non era stato smarrito accidentalmente?  "Non ho un marito che lo faccia al mio posto", replico rigida, sfoderando la freddezza che so usare come una lama.

"Già, mi spiace", dice, e smette di sorridere.

"Davvero? Perché mai?" È tempo di scuoterlo un po', questo bel tomo, che non ha la minima idea di chi ha di fronte. Ti cuocerò a fuoco lento, mio caro, come non hai idea che si possa esser messi sulla graticola.

Il mio sguardo è diretto, la voce la tengo ben ferma. 

"Non c'è alcuno che sia dispiaciuto per me, in questo villaggio. Per gli uomini la mia solitudine è un invito e una sfida, per le donne un motivo d'ansia e d'insofferenza. Loro, se potessero, mi avrebbero già cacciata".

Questa è pura verità, tra l'altro, e bado ad affermarla senza incertezze ma senza amarezza. Faccio attenzione che non colga nessuna emozione, voglio che mi valuti impenetrabile. Nulla stuzzica più la fantasia d'un uomo più di una bella donna irraggiungibile.

Effetti ottenuti? Non particolari, direi. Incurva appena gli angoli della bocca, mentre commenta: "La solitudine è ingrata".

Mi sta studiando, cerca di farlo senza che appaia. Bene. A questo punto posso sorridere sicura, e allungare la mia stoccata.

"Niente affatto. La solitudine è decisamente un sollievo, invece. Gli uomini, in particolare, sopravvalutano molto la piacevolezza della loro compagnia".

Il modo migliore per sembrare sinceri è sempre esserlo, mio caro. Ora che mi rispondi?

L'incurvatura ai lati della sua bocca aumenta.

"Un parere severo! Sembrerebbe che non abbia avuto troppa fortuna, bella signora".

Riprendo le briglie del castrone. "Quanto costa il suo lavoro?", chiedo senza aggiungere altro.

"Nulla, se posso osare di fare un omaggio", risponde. Decisamente, non da maniscalco qual dovrebbe essere.

"Senza offesa, ma preferisco non essere in obbligo, se posso. Il Duca ha dato alla vita di mio marito un valore considerevole, e per la prima volta dispongo liberamente di qualcosa".

Giudico con soddisfazione la mia stessa recitazione: credo d'essere riuscita a tenere una postura, e un atteggiamento, piuttosto rigido, ma con un tocco artistico, appena accennato, di patetico. Commuoverei le pietre.

"Amara considerazione. Una vita dovrebbe essere inestimabile", afferma con tono davvero serio.

Tocca a me, incurvare le labbra.

"Singolare maniscalco ho incontrato quest'oggi!", e metto sull'incudine un compenso che, secondo la mia dama di compagnia, presso cui mi sono informata prima di uscire, è equo.

Vado via soddisfatta, credo d'aver lanciato una discreta esca.

Eppure, la preda si rivela di non così facile aggancio! Passano bei giorni, senza alcun cenno di interesse. Alla fine, devo muovermi di nuovo io. 

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