1 - grigio (parte 1)

8 febbraio 2023


È tutto grigio, oggi.

Grigio e noioso e ripetitivo.

Le nuvole, l'asfalto, questo palazzo. Milano.

Non volevo venire a vivere qui, ma la mia media era abbastanza buona, il mio voto di laurea più che decente, e l'opportunità di una magistrale al Politecnico di Milano è troppo buona per buttarla via.

Spero solo che valga tutto questo dannatissimo grigio.

«E la cucina è stata ristrutturata giusto due anni fa» continua a parlare il signor Borelli, mentre ci fa cenno da quella parte.

Mi sento in colpa a camminare con le scarpe sul parquet del corridoio, ma il rumore dei passi di mio padre mi convince a continuare.

Questo appartamento odora di vecchio e di nuovo insieme. Il mobilio potrebbe stare in casa di mia nonna, ma il profumo di pulito è molto più sintetico rispetto a quelli floreali che piacciono tanto alle vecchiette.

Mi viene quasi da pensare che abbiano sparso candeggina su tutto. In particolare sui mobili della cucina, che sono tutti di un bianco lucido.

«Ah, sì, sembra abbastanza moderna, in effetti» commenta Papà.

Io continuo a guardarmi attorno, alla ricerca di qualche difetto, come mi ha consigliato di fare proprio lui.

Provo ad aprire e chiudere il frigorifero, per valutare se l'anta cigola o ha qualche altro problema, e quale sia lo stato dei cibi all'interno. La temperatura segnata è di 5°C. Decente, suppongo.

Controllo i cassetti, gli armadietti. Provo anche ad accendere un fornello.

«Ah, non vi preoccupate, funziona tutto!» ci assicura il padrone di casa.

Cerco mio padre con lo sguardo, e lui annuisce. Possiamo fidarci, secondo lui, a quanto pare.

Dopotutto, considerato il prezzo a cui ce la sta proponendo, non ha molto senso venderla meglio di quello che è. Siamo giusto venuti per controllare che non fosse un posto che sta cadendo a pezzi, ma questo appartamento è il più economico di tutta la zona, forse anche di tutta Milano.

Ci conviene finire questa visita guidata e poi chiedere subito dove dobbiamo firmare.

Il signor Borelli fa un singolo passo lungo il corridoio, e poi si getta sulla prima maniglia alla sua sinistra. Quella che vedrò ora sarà la mia stanza.

Non appena la porta si apre, entra una ventata d'aria, e quasi nello stesso momento un treno sfreccia sulle rotaie. Gli angoli della mia visuale si riempiono di fosfeni verdi e bianchi, forse anche gialli. Oppure quello è il sole riflesso sulla finestra del palazzo di fronte.

Mi copro gli occhi, e poi mi passo una mano sul viso, per allontanare la sensazione sgradevole.

«Oh, dovete scusarmi, non ricordavo di aver lasciato aperto» dice ancora il padrone di casa, ora avvicinandosi alla portafinestra che dà sul balcone. «O forse sarà stata la tua coinquilina, per far cambiare l'aria.»

La mia coinquilina. Anche lui sembra aver già deciso che vivrò qui, d'ora in avanti.

Annuisco, per fargli capire che non è un grande problema.

«Ma lasciate che ne approfitti per mostrarvi le finestre antirumore.» Così dicendo, il signor Borelli chiude la portafinestra, girando poi la maniglia verso il basso. Avvicina l'orecchio al vetro, in un gesto quasi teatrale, per convincerci che i serramenti sono buoni.

E lo sono, in effetti. Il rumore del traffico è di gran lunga attenuato rispetto a prima.

Io e Papà ci scambiamo un altro sguardo soddisfatto.

Valuto lo stato del letto, dell'armadio, del pavimento, delle pareti... e forse l'unico difetto che trovo è una piccola sfrisata sul muro bianco.

«L'ha lasciato l'assassino, questo?» chiedo, indicando il piccolo segno nero. Era da troppo che aspettavo di poter fare una battuta come questa.

Il padrone di casa ridacchia, ma ha un alone di nervosismo attorno. Riesco quasi a sentire il sudore delle sue mani, anche se siamo ad almeno tre passi di distanza. «Ma quale assassino?» cerca di scherzarci su.

Ma io continuo a guardarlo con la faccia più seria che riesco a mantenere.

Lui sospira, e decide di aggiungere qualcosa. «La polizia è stata qui fino a metà gennaio. Poveretta, la tua coinquilina... Ha dovuto studiare per gli esami con tutti quegli agenti in casa, e con quello che era appena successo, poi.» Annuisce, più a se stesso che a noi. «Ma, in ogni caso, hanno accertato che si è trattato di suicidio. Sai, dalla direzione della lama, il fatto delle ferite autoinflitte, e tutto il resto.»

Fa un gesto con le mani, come a sbattere via la polvere da un pensiero vecchio e scomodo. «È triste, sì, ma non c'è niente da fare.»

«Capisco» commento io, pur continuando a guardare quel segno sul muro. Forse lo ha lasciato lei, allora. Da viva.

«Ma sì, Ale, sarà il segno di una scopa che ha picchiato contro il muro» suppone mio padre.

«Eh, non lo so...» riprende il signor Borelli, ora con le mani sui fianchi. «Mi dispiace dirlo, ma la ragazza che abitava qui fino a dicembre scorso non era molto rispettosa, né puliva spesso, a quanto pare. Ho controllato che non ci fosse niente di rotto o danneggiato e ho sostituito tutto quello che non andava, ma per quella tacca sul muro non si può fare molto di più.»

«Sì, sì, non è niente di grave.» Alzo le spalle.

Papà si volta verso di me, forse intuendo che sto per puntare il dito su un qualche altro difetto appena inventato. Il suo sguardo parla più chiaro delle parole che non osa pronunciare. Insomma, la vuoi questa casa o no?

No. In realtà non voglio nessuna casa in questa città del cazzo. Ma questo è senza dubbio l'appartamento che troveremo al prezzo più basso.

Faccio un cenno con la testa, come a dire che va tutto bene, e lascio che il signor Borelli ci mostri questa stanza vuota.

Stranamente, non mi viene da pensare alla ragazza morta qui dentro. Sembra davvero una camera normalissima. Sembra tutto a posto. Sembra tutto normale.

È una casa come un'altra. E poi, chissà in quante case sono morte delle persone, in un modo o nell'altro. Si pulisce, si libera, si fa un funerale, e poi viene a viverci altra gente. È normale che sia così.

Rimango appoggiato all'angolo tra la porta e l'armadio di legno scuro, e osservo mio padre e il signor Borelli parlare delle bollette e delle spese di condominio, del riscaldamento centralizzato, del prezzo del gas...

Non ascolto mezza parola. I prezzi potranno anche salire alle stelle, ma questa stanza varrà sempre meno della metà di tutti gli altri appartamenti che visiteremo, proprio a causa di ciò che è accaduto qui dentro.

Mi limito a osservarli. Mio padre è largo la metà del signor Borelli, ed è di un poco più alto. Avranno all'incirca la stessa età, ma dove il padrone di casa indossa una camicia bianca abbottonata fino al collo e un grande orologio finto, Papà è allo stesso tempo più semplice e più elegante, nel suo completo di jeans, con la giacca a vento sotto braccio e le mani in tasca, mentre annuisce piano a ogni balla che il suo interlocutore spara.

E poi sento il suono di una porta che si apre. E c'è solo un'altra camera, qui. Quella accanto alla mia.

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