II capitolo - Un motivo per danzare

«Mi concede l'onore di danzare con lei il prossimo valzer, contessina von Andrássy?» Il giovane s'inchinò, lievemente, e un sorriso sghembo apparì sulle sue labbra; teneva il braccio sinistro dietro la schiena, mentre la mano destra era poggiata sul gilet bianco. I due erano al centro della sala dal ballo, non c'era nessuno attorno a loro, sembrava fossero spariti tutti, svaniti nell'oblio della loro indifferenza verso il mondo esterno e Katharina ne gioì, senza accorgersi, in realtà, che la famiglia Andrássy e gli Eisner Von Eisenhof, assieme agli altri ospiti, erano poco distanti dai due innamorati. Si erano fatti tutti da parte e li osservavano, con rammarico, alcuni, e con maligna curiosità, altri.

«L'onore è tutto mio, duca Alexander.» Le ginocchia di Katharina si piegarono appena e la sua mano catturò un lembo di stoffa del proprio vestito e lo sollevò, mentre l'altra si posava riguardosa sul palmo proteso di Alexander.

La prima nota di Wein, Weib und Gesang riecheggiò dal grammofono e Katharina si strinse nel vigoroso abbraccio di Alexander e sprofondò nei suoi occhi, nello stesso istante in cui quelli del duca incrociarono il volto sornione di un amico che non doveva esser lì, ma a miglia di distanza. «Scusami, Katharina, ma ho intravisto una vecchia conoscenza. Vado a salutarlo e torno. Aspettami qui», Alexander staccò la mano dalla schiena di Katharina e lasciò scivolare il proprio palmo dal suo, come se si fosse bruciato, e si allontanò, schivando il corpo pietrificato della ragazza.

Katharina rimase al centro della sala, socchiuse le palpebre illudendosi che nessuna delle ragazze presenti la stesse guardando con scherno, ma il ronzio dei loro mortificanti bisbigli le trafisse ugualmente i timpani. Avvertì le gote imporporarsi e il corpo scuotersi, calò il capo e mosse il primo vile passo verso la via della fuga, ma la sua mano fu intrappolata da una stretta gentile e vigorosa. «Posso avere quest'onore?» Maximilian s'inchinò lievemente e, per la seconda volta in pochi minuti, sfiorò le sue dita.

«È un piacere aprire le danze con il festeggiato» Katharina chiosò e le labbra sottili s'incurvarono all'insù, strinse tra le falangi un pezzo di gonna e la sollevò, mentre Maximilian avvicinava i loro corpi e li incastrava tra loro, come i rami di un rovo spinoso.

«Grazie» sussurrò Katharina, avvicinandosi all'orecchio di Maximilian.

«Tornerà... torna sempre... non rammaricartene e non badare ai pettegolezzi. T'invidiano, Katharina; queste ragazze hanno sempre invidiato la grazia delle contessine Andrássy poiché sanno di non poterla eguagliare neppure lontanamente. Il livore per una mancanza, per l'assenza di qualcosa, o qualcuno, può tramutare in feroce odio oppure in un perpetuo struggimento...» Le loro guance si sfioravano a malapena, benché un formicolio insolito punzecchiasse quella di Katharina; Maximilian tenne gli occhi bassi, fissando la spalla della ragazza e parte del pavimento dove i loro piedi si muovevano veloci, affinché non rischiasse di incrociare quelli di qualcun altro presente in sala, «... sta a noi decidere se provocare dolore a chi riteniamo colpevole di tale mancanza oppure lasciarci sopraffare dall'autocommiserazione, facendo del male solo a noi stessi.»

Katharina non capì se Maximilian stesse parlando a lei o se stesse dando fiato ai propri tormentati pensieri. «E tu a quale categoria appartieni, Maximilian?» domandò, benché fosse consapevole che l'uomo nascosto sotto la giacca dell'Imperial Regio Esercito, decorata con numerosi riconoscimenti al valore, era lo stesso innocuo ragazzo che aveva insegnato a lei, a Christina e ad Alexander a cavalcare, a tirare di scherma, ad arrampicarsi sugli alberi e, anche, andare in bicicletta, seppur fosse stato taciuto agli adulti poiché ritenuto da loro troppo pericoloso. Poi, qualcosa era cambiato, Maximilian cresceva sempre più e la differenza d'età appariva come un divario incolmabile agli occhi di Katharina, nonostante Christina e Alexander non avessero notato alcun cambiamento in Maximilian e, più volte, le avevano detto che si sbagliava su di lui.

«A quale categoria credi che io appartenga, Katharina? Semmai provassi dolore per l'assenza di qualcosa, o di qualcuno, come potrei reagire, secondo te? Arrecherei dolore agli altri oppure fustigherei me stesso?» Maximilian domandò e piantò, finalmente, le pupille in quelle della contessina, cercando un appiglio per sperare.

«Nonostante questa divisa e tutte quelle medaglie, sono certa che non faresti mai del male a nessuno. Credo, piuttosto, che tu preferiresti punirti con la solitudine» Katharina soffiò, senza mai smettere di annegare nelle limpide pozze del vecchio amico, «Sai, mia madre diceva sempre che la più grande punizione per un essere umano è la solitudine; aver qualcuno con cui sopportare il peso del dolore, o anche di una gioia, è l'essenza della natura di tutti gli uomini e privarcene volontariamente è un abominevole crimine. Diceva, anche, che dentro ognuno di noi c'è l'anima di qualcun altro, la stessa persona che possiede la nostra. Finché nei nostri corpi c'è fiato, passiamo l'esistenza a ricercare l'anima che ci appartiene, e i più fortunati ci riescono.»

«Quelli che non la trovano, invece? Quelli, che fine faranno?» Maximilian spezzò l'incanto dei loro occhi intrecciati e volse lo sguardo verso gli invitati, scoprendo che molti di loro continuavano a fissarli, mentre non v'era traccia di Alexander e dell'uomo con cui si era appartato.

«Restano soli, anime imprigionate in corpi estranei e destinate ad avvertire un'imperitura mancanza...»

«Tua madre aveva un animo romantico, e tragico» Maximilian scherzò, bonariamente; aveva avvertito il tremore che scuoteva il corpo della vecchia amica e intuì a cosa fosse dovuto: il ricordo dell'adorata madre.

Katharina strinse forte le labbra e represse a stento la fragorosa risata che minacciava di spumeggiarle sulla bocca. Infine, la reminiscenza, da nostalgica, metamorfosò in soave. «Mi manca... tanto, ogni giorno sempre più. Ci provo, sai, a essere come lei, ma è così difficile eguagliare la sua magnificenza» affermò e spille lacrimali trafissero le pupille, mentre un manto scuro calava su quelle di Maximilian, oscurandone la limpidezza, e lei lo notò. «Mi dispiace, sono una stupida. Non dovevo parlare di mia madre, non con te, ma mi è sembrato così naturale, come se il tempo si fosse fermato.» La ritrosia di Katharina sfumò tra le ultime note del valzer che li aveva uniti nuovamente dopo molto tempo; il grammofono si zittì, ma Maximilian e Katharina continuarono a volteggiare. «Non c'è giustificazione per la mia indelicatezza, fuorché la gioia di avere la tua attenzione. Mi mancavi...»

Il brusio che si levò nella sala da ballo, e che proveniva da bocche curiose e maligne, s'insinuò tra i pensieri di Maximilian, li frammentò rendendoli pulviscolo di un'aspettativa che lui non voleva fomentare. «La musica è cessata» sentenziò, seppur non riuscisse a staccarsi dalla donna. Una connessione, fatta di ricordi e bordata d'illusione, teneva le mani del duca laddove erano state per tutta la durata del valzer: strette al corpo di Katharina.

«Se la memoria non m'inganna, un'altra sonata inizierà a breve.» Katharina non si allontanò, incatenata a un desiderio che mai le era appartenuto, o che mai aveva capito: continuare a parlare con Maximilian. Nuove note si librarono nell'aria e fendettero il chiacchiericcio molesto delle giovani comari.

«Avevi ragione, è cambiata la musica...»

«Ma non sono mutati i ballerini,» Katharina asserì, «a meno che tu non voglia invitare qualche altra ospite.»

«Non era affatto nelle mie intenzioni danzare stasera, ma vederti al centro della sala, accorata ed esposta al giudizio vacuo di chi non ti conosce, mi ha fatto venire voglia di tirare il collo a tutte queste oche starnazzanti.»

«Conosco i motivi che ti hanno spinto a invitarmi a ballare,» Katharina accennò un sorriso e staccò, per la prima volta da quando avevano iniziato a danzare, gli occhi dal viso di Maximilian per guardare gli invitati che non smettevano di osservarli, «ma non sei stato di aiuto, anzi.»

La ragazza vide Maximilian accigliarsi e, cercando di non ridere, si spiegò: «Sto ballando il valzer con l'uomo più ambito di tutto l'Impero Austro-Ungarico, ormai l'odio che queste ragazze provano per me è inestricabile, nessuno potrà sradicarlo dai loro cuori.»

«Katharina, ti svelo un segreto: non l'hanno un cuore.» Una risata, genuina, scoppiò sulle loro labbra e il divertimento esplose finanche nei loro occhi.

Poi, Maximilian s'incupì, di colpo e senza alcun apparente motivo. «Prima che ci separino,» le pupille del duca vagavano dal viso etereo di Katharina a quello contrito del fratello che aveva intravisto mentre rientrava in sala, «volevo dirti che puoi parlarmi di tua madre ogni volta che vorrai. Posso comprendere appieno il tuo dolore. Un maledetto anno è trascorso dalla tragedia, eppure sento ancora il soffio delle loro anime; sono qui con me ed io non voglio che vadano via.»

«Grazie...» Katharina sussurrò, affrancata, mentre avvertiva le note della ballata affievolire e fondersi con i passi affrettati di chi lei non aveva visto sopraggiungere, e non aveva cercato.

«Conosci i motivi che mi hanno spinto a invitarti a ballare, ma non conosci quelli che m'inducono a non farlo quasi mai» Maximilian sibilò, un istante prima che l'ombra di Alexander s'infilasse tra i loro corpi.

«Due valzer con la stessa accompagnatrice, non credete sia il caso di concedere l'onore anche a qualche altra fortunata, duca?» La voce calda di Christina arrivò alle orecchie dei ballerini e zittì le accuse che Alexander, irritato di per sé, stava per pronunciare; lei lo aveva visto mentre entrava, stizzito, in sala e si guardava in giro, cercando un appiglio per sfogare la propria frustrazione. Aveva notato lo stupore trapassare la sua carne e indurire il suo volto appena gli occhi si erano posati sui corpi intrecciati, e combacianti, di Maximilian e Katharina al centro della stanza e, infine, l'aveva osservato avanzare verso loro.

Non ti darò questa soddisfazione, idiota.

Era arrivata al cospetto dei due ballerini insieme ad Alexander, ma aveva parlato prima di lui. Era stata lei ad allontanare Maximilian con la scusa di voler danzare con lui e non Alexander a soffiargli via, come sempre, Katharina. Christina si domandò da dove arrivasse quel livore nei riguardi di Alexander, era suo amico d'infanzia e gli voleva bene, ma, ultimamente, s'infastidiva ogni qualvolta Katharina lo nominava e non sapeva se fosse dovuto alle scoperte fatte su di lui o alla predisposizione, innata, di preferirgli Maximilian.

«Christina!» Katharina trafisse i timpani della sorella, ammonendola per l'ardita richiesta di voler ballare con Maximilian.

Doveva attendere, come da etichetta, che fosse lui a invitarla; invece, la giovane contessina aveva osato, avvertendo anche l'elettrizzante brivido della sfida puntellare la sua pelle. Christina gongolò nell'attirare le occhiate di disappunto degli altri invitati, mentre il duca Maximilian scuoteva appena il capo, divertito. «Era questa la mia intenzione, appena la musica sarebbe cessata, sarei venuto da te e ti avrei invitato. Lungi da me perdermi l'occasione di danzare con la più bella e irriverente ospite della mia festa.» Il duca lasciò andare la mano di Katharina, sfiorandole il palmo con lentezza e delicatezza. Le dita di Maximilian scivolarono via, piano, e un fremito scosse la pelle della contessina, mentre un gelo insolito intorpidiva le sue falangi.

«Almeno, finalmente, potrai ballare con me, Katharina!» Alexander precisò, la voce roca tradì il fastidio di non aver trovato la giovane ad attenderlo, magari in qualche angolo solitario.

«Sei stato tu ad andar via! E tuo fratello è stato così gentile da invitarmi affinché non facessi la figura della stupida quando mi hai lasciato sola al centro della sala.»

«Stiamo dando spettacolo, più dell'irriverente richiesta di Christina» Maximilian intervenne, risoluto, acquietando l'animo infervorato del fratello. «Contessina Christina, mi concede l'onore di questo ballo?» Era un gioco antico, il loro; si rivolgevano l'uno all'altro utilizzando il titolo nobiliare come scherno dell'etichetta, ma si chiamavano per nome nella complicità della loro amicizia. E Maximilian lo seppe, mentre s'inchinava per invitarla, che Christina era intervenuta per evitargli un altro smacco dal fratello, e ne fu grato.

Si allontanarono, a passo di valzer, e il duca non si voltò per guardare cosa stessero facendo Katharina e Alexander.

«Scusa se mi sono allontanato,» Alexander ghermì la mano di Katharina e la portò alla bocca, «e perdona anche l'insolenza di prima. Non volevo accusarti di nulla, ma la lontananza da te, durante tutti questi anni, è diventata insostenibile al punto da non tollerare la tua assenza per un solo attimo. Potrai perdonare la mia insolenza? E mi concedi il privilegio di essere il fortunato accompagnatore del prossimo valzer?» Alexander si prostrò al cospetto dell'accondiscendente contessina Katharina che si strinse al giovane e iniziò a volteggiare insieme a lui, seppur non si muovesse al ritmo delle note romantiche ma seguendo una melodia cadenzata che le picchiettava contro le tempie. Erano le parole che aveva ascoltato poco prima e che le rimbombavano nella mente.

Conosci i motivi che mi hanno spinto a invitarti a ballare, ma non conosci quelli che m'inducono a non farlo quasi mai.

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