CAPITOLO 8 [parte 1]

Alzo le mani.

Serro i denti e sibilo. «Tu!» se ho del veleno in corpo, è tutto lì. Il labbro superiore arricciato più che posso.

Se giro la testa di un millimetro è pure troppo.

Rosanne mi punzecchia a parole, prima. «Vedi di non fare scherzi» con la punta del suo stiletto, poi.

Non mi sfiora, ma è lì. Tra le scapole. A difendermi, una cotta di cuoio troppo sottile per quel genere d'arma.

Curvo le sopracciglia e le aggrotto finché non scavano rughe tra gli occhi. «Che speri di fare?»

Mi muovo.

Nemmeno due passi e Rosanne già mi grida dietro: «Ti ho detto di non muoverti!»

La lama non mi sfiora. È solo un avvertimento. Eppure, sulla schiena, ecco un brivido. Elettricità. Scossa mi guardo intorno. Tutto tranquillo. Di cosa ho avuto paura?

Nasatya è lì, sulla coda dell'occhio, che sorride. Rimarca la smorfia sul volto solo quando è certa che la sto fissando.

Potrei fare uno scatto. Un balzo. Tra la sorpresa e l'improvviso, esserle addosso. Spada alla mano. Un colpo secco e mi rotola la testa sui piedi. Sbatto le palpebre e le mie fantasie si dileguano.

«Cerchi qualcosa?» Mi deride Rosanne.

Si, ora che guardo meglio, cerco e trovo: Meroll sta più avanti e Sebastian è alla sua sinistra. Uomini armati li costringono a protrarsi. Li legano come animali. Con un colpo e li privano dei sensi. E Mizar?

«Dov'è Mizar?» grido. Ho gli occhi gonfi. Vorrei perforare le pareti per sapere dov'è. «Che gli avete fatto?»

«Mithra!» è lui. Non sono mai stata così contenta di sentire la voce di qualcuno, come io ora so che per certo di sentire la sua.

«Mizar!» e, nel mentre, perdo il controllo della mia.

Rossanne mi afferra per gli abiti. Spinge verso di sé. Io tiro avanti. Sferro spallate. Sbuffo.

A Mizar pensano gli scagnozzi di Nasatya. Lo tengono in due. Sull'altare, lo costringono a stendersi in una posizione scomoda. Lame gli punzecchiano la gola e le vesti.

Caccio dai polmoni un no che si perde tra le colonne.

Nasatya mi guarda e sorride di più. «Mi piaci di più quando ti sbatti.»

Rosanne mi coglie di sorpresa. Una spinta feroce e sono a terra. «Se vuoi che Meroll ne esca tutta intera, fai la brava e goditi lo spettacolo!»

Sento le forze venire meno. Mi accascio. Corde si annodano con sgarbo attorno ai miei polsi.

«Quando Kumaras verrà a saperlo...» dico senza molta convinzione.

Nasatya sfodera la spada con un sibilo di metallo che scuote la quiete. Ammantata di sadismo, lo sguardo è puntato su di me. «Puoi star tranquilla, mio fratello se ne farà una ragione molto più facilmente di quel che pensi. O credi che sia la prima volta che vinco io?»

Vincere? Cos'è, un gioco?

«Aspetta!» vorrei urlare, ma la voce che esce non è la mia.

È Mizar. «Ho qualcosa che Kumaras vuole a ogni costo» e tira da una tasca un oggetto. Un monile.

È il simbolo della famiglia reale quello?

Nasatya fissa il gioiello, lo prende e il suo sorriso è ora una smorfia di serietà. «Questa si che è una bella sorpresa» commenta. Afferra Mizar per una spalla e borbotta qualcosa sul fare due chiacchiere. Assieme svaniscono tra le colonne, verso la sagrestia.

Dove vanno? «Se gli succede qualcosa...» ringhio. Non so perché mi importi tanto di lui, ma è così.

E deve essere davvero evidente, perché Rosanne mi guarda e dice: «Non farti illusioni, il tuo amico è spacciato comunque.»

Le scaglio un'occhiata in cagnesco. Ora lo leggo, nitido, il suo disprezzo è palese. Ma da dove viene? Perché è la prima volta che me ne accorgo. Questa non è la Rosanne che conosco.

Sento parlottare nella stanza adiacente, ma non colgo cosa si stanno dicendo. «Quanto?»

Dentro le mie viscere, dove il fegato si contorce, sboccia una tenue speranza che ci sia pur un modo per convincerla che non ne vale la pena. Non sono mai stata brava con le parole, ma se c'è anche solo mezza goccia di sangue di mio padre nelle mie vene, mi ci appello con tutta me stessa. La diplomazia era il suo pane. Lui, da questo garbuglio, ne sarebbe uscito prim'ancora di finirci.

«Quanto ti pagano per la mia testa?» ribatto, incalzandola nel suo silenzio.

Rosanne fa alcuni passi alle spalle della colonna. Da una stretta ulteriore alle corde. «Niente» replica.

Bugiarda. «Non si tradisce il codice delle Sorelle di Spada per niente.» La cerco con gli occhi, ma il movimento del mio collo è limitato. La sua ombra striscia lenta sulla penombra della mia visuale. E anche se non la colgo del tutto, vedo i suoi occhi accendersi nel buio.

«Ho solo colto l'occasione e gli Ashvin si sono dimostrati piuttosto comprensivi al riguardo» commenta a denti stretti. Sento il suo fiato sul collo.

Ma solo quando è davanti a me, fatto il giro della colonna, trovo la rabbia per ribattere: «Colto l'occasione, eh? Lo dici come se pianificassi questo momento da sempre!»

La osservo incrociare le braccia sul petto. La smorfia che fa è una conferma eloquente. «Tu non hai idea» espira, tutto in una volta.

Conosco quegli occhi. Sono come i miei: è lo sguardo di qualcuno che ha deciso. Vuole sangue. E quel sangue, purtroppo, è il mio. Mi scuoto. Le funi si stringono sulla carne. La graffiano e la strappano. Levo un gemito, ma non mollo. Ogni sbuffo do una spallata, una spinta, muovo il culo, sbatto le gambe: qualsiasi cosa pur di liberarmi. Ma mai, nemmeno per un attimo, le levo lo sguardo di dosso.

«Per essere una che non ha mai mosso un dito in battaglia, ti agiti anche troppo.» Mi gira intorno. Stringe la mano destra sull'altro polso. Carezza gli incavi dove il balestrino è nascosto. Semmai uscirò da questa situazione, dovrò ringraziare Mizar per il suo aiuto.

«Tu, invece, parli anche troppo. Ti preferivo quando fingevi di essere introversa e te ne stavi zitta.» Piego la schiena più che posso, ma né le corde e né la colonna accennano ad arrendersi.

«Sei sempre spavalda con la pelle degli altri, eh?» Rosanne si abbassa di colpo e sfila la mia arma dal fodero. «La cara dolce Mithra, che quando gli altri combattono o sta dietro a Meroll o è chiusa nella sua tenda! Stavolta, invece, è Mizar che ti para il culo.»

«Non ti azzardare a nominarlo!»

«Altrimenti? Organizzi una squadra per tagliarmi la testa?»

Il sangue mi si gela. «Tu lo sapevi?» Inarco le sopracciglia finché non si appropriano della fronte.

Rosanne allarga le braccia e scrolla le spalle. «Vigliacca quanto stupida. Certo, certo che lo sapevo. Lo sanno anche le pietre lo sanno!» Rotea la mia spada tra le dita. Poi la lancia via. «Lo sapevamo tutti. Perché credi che mi sia offerta di contattare gli Ashvin per te? È da quando hai proposto quest'idea del cazzo che è nato tutto.»

Deglutisco. «Di quel branco di schifosi non mi meraviglio, ma da te non me lo aspettavo! Come hai potuto vendere non una ma ben tre tue Sorelle?»

Rosanne fa un giro largo e mi da' di spalle. «L'unica Sorella di cui mi sia mai importato qualcosa è da lunghe Danze Solari con Nostro Signore.» Solleva il polso e controlla che il balestrino sia carico. Può scoccare in ogni momento. «Non è certo colpa mia se Meroll e Claudiette hanno scelto di accompagnarti.»

Stronza infame. «Il Codice, maledizione. Lo sai cosa dice il Codice!»

Rosanne solleva un sopracciglio. «Il Codice?» Si avvicina con uno scatto. Ha i mei capelli tra le sue mani in un baleno, ma non stringe forte. Anzi, le sue dita scendono lungo le mie gote e infine sul mento. «Il Codice, già. Non come quello che tu hai infranto, vero? O forse sì. Sì. Vediamo. Proprio quel Codice, che la Madre Superiora ha preteso che tu osservassi. Già, chissà com'è che funziona: tu silenzi una delle tue Sorelle, lo infrangi per scappare via, ma ti è tutto perdonato! Tanto tu sei Mithra, quella che non fa un cazzo ma a cui tutto è permesso!»

«Io non ho silenziato nessuna Sorella» rigurgito con un brivido la mia risposta. Sì, è vero: ho infranto il Codice e ho distrutto la Congrega delle Sorelle. Ma nessuna si è fatta male. Lo so per certo! «Qualsiasi cosa sia successa, c'è un equivoco!»

«Un equivoco?» Rosanne lascia andare i capelli e sbotta in una risata sguaiata. Le sopracciglia corrugate. Lacrime agli occhi. «Nessun errore. Io ti ho vista. Io c'ero, l'hai bruciata come un tocco di legno.»

Spingo in avanti con colpi secchi. Grugnisco. Ogni movimento infinitesimale della colonna mi fa sperare che stia cedendo, ma non si muove mai abbastanza da sembrare che stia accadendo.

«Ti sbagli!» grido, gli occhi stretti in uno spasmo.

Rosanne interrompe la risata. Torna in piedi. Ferma e dritta.

«Immagina che questo posto sia in fiamme!» Poi, di colpo, allarga le braccia. «Immagina che stia crollando tutto. Che tu stia correndo tra le fiamme e che tu la veda, nel bel mezzo, che grida. Una sagoma nera nel fuoco!»

Sgrano gli occhi. «Di chi stai parlando?»

Rosanne si morde un labbro. «La Madre Superiora. Ti era di ostacolo, vero? Lei e quel suo stupido Codice. Ma tu no, tu volevi correre da papino e tirarlo via dal patibolo. Così, hai dato fuoco a tutto. Hai dato fuoco a lei per prima.»

Scuoto il capo. Non ho idea di cosa stia dicendo. «Ti sbagli. Io non ho provocato le fiamme. Non ho idea di come sia successo...»

«Bugiarda!» Il suo sputo mi arriva dritto sul viso. «Eri con lei quando è successo. Vi ho sentito urlare, ma dalle fiamme solo tu sei uscita illesa!»

«Rosanne ascolta. Ti posso spiegare!» annaspo.

Il suo tono di voce si alza ancora. «Sta zitta!» Gli occhi rossi e corrosi dalle venature. «Come hai potuto? Lei, che ci ha cresciute, ci ha dato riparo, cibo e vestiti. Era severa, ma ci amava. Come figlie! E forse, con me, anche di più... Tu me l'hai portata via!»

La guardo a lungo. Stringo le sopracciglia e sollevo le palpebre. «Eravamo bambine, Rosanne! Bambine! E lei ci faceva cose orribili.»

«Non è vero!» Si gira. Si dimena. Batte i piedi a terra. «Lei ci amava. Lei mi amava. Nel mio letto e nel suo, noi...»

«Era un amore malato» le parole mi graffiano la gola. Gli occhi, inumiditi. «Lei era malata, Rosanne. Ma ti giuro su tutto ciò che ho di più caro che io non le ho fatto male. Non so di cosa stai parlando. Ti prego, mi devi credere!»

Adagio, lei si gira. Torna dritta. Inspira a fondo. «Che ne sai tu di amore, eh? Che ne sai? Tu, che hai sempre avuto Meroll a leccarti il culo. A cantarti la buonanotte. Per Iddio, a momenti ha fatto lei l'addestramento per te!» Sistema i capelli con un gesto preciso della mano. «Tu una madre ce l'hai. Perché hai dovuto prenderti pure le mia?»

Non riesco ad affrontarla. Sconfitta, la guardo sottecchi.

«Ti giuro che non è stata colpa mia.»

«Non voglio sentire le tue scuse. Voglio vederti in una fossa.»

Dondolo con il capo. Le lacrime grattano sul bordo degli occhi ma non escono. «Allora sai come mi sento io. Sai che si prova a desiderare ardentemente la vendetta. Ma guarda dove mi ha portata. Dove ci ha portate. Non ne vale la pena. Rosanne.»

Lei storce le labbra. «Vendetta? Io non voglio vendetta. Io voglio giustizia. E, quando Nasatya metterà piede fuori da quella porta, l'avrò!»

«Hai tutti i motivi per avercela con me, ma ti chiedo solo un ultimo favore. Lascia che io mi vendichi. Dopo, potrai fare di me quel che vorrai. Promesso.»

Rosanne sussulta. «È così che pensi di cavartela?»

Libero un sospiro. «Io non voglio cavarmela. Lo capisci? Voglio quello che vuoi tu e tutte due possiamo ottenerlo. Non ti chiedo più di aiutarmi. Lascia solo che io ci provi.»

«Non me ne frega niente di quel pezzo di merda di tuo padre e né di te. Se non ti ho ficcato un dardo in fronte perché me lo hanno chiesto gli Ashvin, perciò sta zitta.»

«Se avete finito di bisticciare, vorrei chiudere la faccenda in fretta.» La voce di Nasatya sorprende entrambe dal fondo della chiesa.

Rosanne accenna un sorriso. «Finalmente, ero stanca di aspettare.» Solleva il polso dove tiene nascosta l'arma. Le basta un movimento per far scattare il dardo. Uno solo, come per Claudiette. Povera Claudiette. Mi spiace aver dubitato di te.

«Abbassa quell'arma.» Nasatya avanza a capo di un gruppetto di quattro uomini. «E togliti di mezzo: il tuo lavoro è finito.»

Rosanne la fissa senza capire. «Non erano questi i patti! Lei è mia!»

Dal buio di una colonna un uomo di Nasatya emerge spada alla mano. Un fendente è sufficiente.

Il braccio di Rosanne si spezza come fosse un ramoscello.

Nasatya socchiude le palpebre e inarca le sopracciglia. «Odio quando non mi ascoltano. Ho detto che ti avrei aiutata a toglierla di mezzo, non che le avresti dato tu il corpo di grazia.»

Rosanne lancia un grido e si fionda contro di lei, ma è intercettata prima di far alcunché. Uno sgherro le sferra un pugno e un altro l'afferra per trascinarla via.

Quindi, con aria trionfante, Nasatya torna su di me. «E dire che il tuo fidanzatino si era è dato tanto da fare per salvarti. Gli si spezzerà il cuore quando lo verrà a sapere. Oh, beh, a dire il vero, non è che a lui andrà meglio!»

Poi, la spada alzata.

«Non farlo!» urlo e chiudo gli occhi. Giro il volto. Non può finire così!

Il fendente della lama taglia l'aria. Un crepitio elettrico mi percuote.

Poi, un'esplosione.

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