CAPITOLO 4 [parte 2]
Avanzo con piè titubante. Non so cosa aspettarmi, ma ovunque io mi guardi vedo solo lame pronte a saltarmi in gola. Doveva essere una cosa facile. Una missione di quelle toccata e fuga. Invece, sono in un pantano da cui non so come uscire. Forse aveva ragione Mizar: sono in trappola e mi ci sono infilata da sola.
Scuoto il capo. Non importa. Devo solo resistere finché non avrò ciò che voglio. Poi, quel che sarà sarà.
«Ben arrivata.»
Kumaras è sul fondo della stanza. Affonda in un mare di cuscini e guanciali. Così tanti che ho perso il conto prima ancora d'iniziarlo. Devono sembrare comodi. Ho la tentazione di rubarne uno. Tanto, mica se ne accorgerà?
«Mi cercavi?» avanzo, fingendomi sorpresa.
Kumaras mi fa cenno di sedere. «Sì. Mi spiace dover occupare il tuo tempo prezioso, ma ho bisogno di un consiglio.»
Un consiglio? Sono la persona peggiore per questo genere di cose. «Farò del mio meglio per aiutarti.»
«Mi sembra di capire che hai avuto un alterco con mia sorella Nasatya. Ne sono desolato.» Il Mendicante si spinge in avanti con il busto, afferra un grappolo d'uva da un vassoio e ne manda giù tre acini con una boccata sola. «Purtroppo, la mia amata sorellina sta diventando un problema per tutti. Me compreso.»
Sollevo le sopracciglia, ma mi sforzo di esagerare nel mio gesto. «Mi spiace sentirlo.»
«Non devi. La colpa è solo sua.» Kumaras mi porge un grappolo d'uva.
Lo afferro. Stacco un acino e lo mastico. Polpa e chicchi assieme.
«Ti sarai accorta delle condizioni generali in cui versa il Colle. Ebbene, mia sorella è la diretta responsabile della miseria che ci circonda.»
Mi riesce difficile non crederlo. «E immagino sia collegato al tizio che voleva farmi accoppare.»
«Purtroppo.» Kumaras sprofonda all'indietro sui cuscini. Incrocia le mani e vi appoggia il capo. «Dimmi, Mithra: tu sai cos'è la Polvere Lunare?»
«Una droga. Una molto potente, anche.»
Kumaras solleva le sopracciglia. Sono dritte. Gli occhi bene aperti, tesi; la palpebra superiore sollevata e quella inferiore contratta. «Mia sorella ha un giro di spaccio che copre quasi tutti i Colli della capitale. Ha clienti perfino tra i nobili. Benché sia redditizio, lo spaccio della Polvere Lunare è peggio della Maledizione di Tzaarat: provoca forte dipendenza, danneggia chi la utilizza e, a lungo andare, la spegne nel Silenzio totale.»
Ne so qualcosa. Ho avuto un problema simile pure tra i miei uomini e i tentativi di risolverlo hanno dato scarso successo. «Mi sembra di capire che tu non sia d'accordo questo tipo di affari.»
«No. Non lo sono. Perché mi guardi così? Io sono un mercante! Certo, ho tratto profitto dal contrabbando, dalla vendita di schiavi e dalla prostituzione, ma se credi che io desideri vedere la mia gente drogata... Il Colle non sarà perfetto, ma io ho sempre fatto del mio meglio per renderlo un posto migliore. Sicuro. Non permetterò a nessuno di rovinarlo, fosse pure mia sorella.»
«Meglio che abbassi la voce.» Gesticolo, guardandomi intorno. Nasatya potrebbe avere orecchie perfino sui muri.
Kumaras fa un respiro profondo. «Che ascolti pure, non importa. Quello che importa è il motivo per cui ti ho chiamata qui. Voglio che tu difenda quell'uomo... com'è che si chiama?»
«Alcor.»
«Sì, lui. Mia sorella mia ha detto che questo Alcor è cugino del Principe ereditario e che Sua Altezza pare tenere molto a lui, no? Ebbene, io credo che la chiave per ottenere ciò che vuoi passi proprio da questo Alcor. Devi assicurarti che sopravviva.» Kumaras si sporge in avanti e si avvicina a me abbastanza da bisbigliare. «E se ti capitasse di infilarle la lama in gola, non te ne farei una colpa» e sorride.
Inizio a capire cosa intendesse Sebastian e, anche se non mi piace nemmeno un po', concordo che è meglio assecondare Kumaras. Annuisco. «Farò il possibile, ma questo è l'ultimo favore che vi faccio.»
«Ti assicuro che, dopo questo, avrai ciò per cui hai fatto tanta strada. Parola di Mendicante.»
Sì, lo spero. «Devo dedurre che non avrò alcun supporto da parte tua o dei tuoi uomini.»
«Temo di no, a parte Sebastian. Ma penso tu ormai sappia già che lui lavora per me, no?»
«Sì, ne sono al corrente.» Mi alzo adagio. Ora che ci penso, ho capito il perché a Sebastian sia stato chiesto di darmi degli ordini fasulli: se lo scopo di Kumaras è difendere Mizar, è chiaro che doveva evitare che facessi alcunché. Eppure, perché sento questo fastidio prudermi dentro? «Ci terremo in contatto tramite lui, dunque. Ti saluto.»
«Buona fortuna» ripete il Mendicante, facendo eco ai miei passi.
Senza voltarmi, lo lascio ai suoi cuscini.
Una volta all'esterno, il volto familiare di Meroll mi accoglie. Non ci penso su due volte e mi lancio verso di lei, ma quando sono sul punto di abbracciarla mi fermo. Devo smetterla. Io non sono una bambina e lei non è la mia vera...
Mi blocco. Che persona orribile che sono.
«Com'è andato il colloquio?» mi chiede Rosanne, facendo capolino dalle spalle della Sorella.
«Bene» replico in fretta per lavare via quell'orrida sensazione che mi stringe in gola. «A quanto pare, abbiamo una nuova missione.»
«Un'altra?» lamenta Claudiette dal fondo. Come compatirla!
«Temo di sì. Ci è stato chiesto di proteggere quel tale, Mizar. A quanto pare, ci siamo immischiate in una brutta diatriba familiare.»
«A tal proposito» interviene Meroll. «Nasatya ha chiesto di nuovo di te. Vuole che tu la raggiunga appena possibile.»
Di nuovo? E che vuole ora? «Se proprio devo.»
«Temo tu non abbia molta voce in capitolo. Meglio non farla attendere.»
«No, meglio che mi affretti.» A questo però Sebastian non mi ha preparata. Cosa mi aspetta?
Mi sento una barca dispersa in mare e in balia della tempesta. Meroll e le Sorelle mi accompagnano verso quella che sembra la stanza privata di Nasatya. Sull'uscio si fermano: la Mendicante ha chiesto di vedermi senza accompagnatrici. Tiro dentro quanta più aria posso ed entro.
L'interno della stanza è pervaso da un profumo intenso. Un letto matrimoniale con lenzuola cremisi è circondato da un baldacchino impreziosito da tendaggi di seta.
La Mendicante è in fondo, vicino la toeletta. Indossa solo una vestaglia lunga e diafana. Posso vederle l'intimo. Scuro come la Grande Orchestra del Cosmo.
Non so che fare. Resto imbambolata sull'uscio.
«Com'è andato l'incontro con mio fratello?» mi chiede, con voce frivola.
Lei sa. Ma fino a che punto? «Kumaras desiderava mettermi al corrente di alcune cose riguardo la mia richiesta.»
«Fammi indovinare: ti ha chiesto un altro favore, vero?» replica la Mendicante senza voltarsi. Scoglie la lunga treccia rossa e inizia a pettinarla con calma.
Cosa sta succedendo? «Più o meno, sì.»
Nasatya si volta. Ora che la giubba di pelle non le copre il petto, noto che ha un seno modesto. È più femminile di quanto io lo sarò mai. «Vediamo. Scommetto che ti ha chiesto di proteggere Alcor e, nel caso, di togliermi di mezzo. Ah, vedo dalla tua espressione che ho indovinato.»
Non ho più idea del guaio in cui mi sono cacciata. «Sì» la voce esce ormai da sola. Mentire, ormai, ha poco senso.
«Ah, caro Kumaras. Così prevedibile.» Nasatya si alza. La luce delle candele che illumina il profilo del suo corpo sotto la vestaglia. Passo dopo passo mi è vicina. «Noi siamo simili, Mithra.» Solleva le dita e mi afferra il mento. Se la sua intenzione è baciarmi, le bastano pochi centimetri per riuscirci. «Siamo donne e, come tali, siamo sempre da meno. Non importa cosa facciamo. Mai abbastanza, specialmente per gli uomini. Sono sicura che ti abbia detto di me le cose peggiori: che io sto rovinando il suo borgo, che io ho portato la miseria, la malattia e via dicendo. Lo sai qual è il problema di Kumaras? Il suo problema è che non concepisce una donna al potere. Dovevi vedere quando nostro padre annunciò di voler dividere gli affari con entrambi. Era livido di rabbia! Non mi ha parlato per una Danza Solare intera.»
E a me? «A questo punto, devo dedurre che desideri avermi dalla tua parte.»
Nasatya mi cinge in un abbraccio.
Non so che fare. Che sta succedendo? Mi trasformo in un blocco di marmo. Vorrei muovermi. Urlare. Dov'è Meroll? Perché non è ancora entrata di forza nella stanza? Aiutami.
Provo a scuotermi, ma il corpo non mi risponde.
«Sei un po' tesa» commenta la Mendicante. La sua mano scivola dal viso fino al seno. Non trova che una pettorina di cuoio e delle fasciature strette. Allora scende più in basso, fa il giro dei fianchi e finisce sul mio culo. Lo palpeggia.
Faccio un balzo come mai ne ho fatti in vita mia. Mi scuoto e sono all'indietro. Ho la mano sull'elsa. «Non farlo mai più» ringhio.
Nasatya scoppia in una risata leggera. «Troppo tesa, cara mia. Dovresti lasciarti andare.»
Non capisco. Ho la testa che mi gira. Questa è la stessa persona con cui ho avuto a che fare poco prima? Perché, ora, mi tratta così?
Faccio un passo indietro. «Sono stufa dei vostri giochetti: voglio sapere cosa sta succedendo. Adesso!»
«Non c'è bisogno di arrabbiarsi tanto.» La Mendicante fa spallucce. Adagio si avvicina al letto. Vi si siede. «Ho saputo dal nostro amico Sebastian quel che è successo. Ti porgo le mie scuse: se avessi saputo ch'eri vittima di un raggiro da parte di Kumaras, ti avrei accolta meglio.»
A questo punto, preferisco sia andata così. «Te lo avevo detto» sbotto.
«Sì, è vero.» Nasatya afferra la ciocca cremisi e inizia a intrecciarla. «Capirai che non potevo fidarmi senza prove, no? Inoltre, ero già arrabbiata di mio. Vorrei ricominciare da capo la nostra alleanza. Sarò franca, Mithra: tu mi piaci. Ti voglio tra le mie fila.»
«E scommetto pure nel tuo letto» e questa da dove mi è uscita?
«Non nego che non mi dispiacerebbe.»
«Peggio per te: io non sono di quella parrocchia.» Basta. Ne ho davvero le scatole piene! Mi giro e faccio per andarmene.
«Voglio che tu rifletta bene su che parte stare, Mithra. Perché, vada come vada, solo uno tra me e mio fratello ne uscirà da questa faida. E io spero che tu vorrai salire sul carro della vittoria assieme a me.»
Esco senza risponderle. Sono fuori dalla sua stanza come una tempesta.
Non degno le mie Sorelle nemmeno di uno sguardo. A passo svelto mi dirigo verso le mie stanze. Vorrei correre, però non posso. Se lo faccio, le altre si accorgeranno che qualcosa non va. Però sto attenta: se cammino troppo veloce, potrei insospettirle. Finché non sono nella stanza e ho chiuso la porta, devo muovermi come un blocco di gesso.
Ma, appena sono sola, mi fiondo verso il letto. Non mi spoglio nemmeno che già affondo sul materasso. Mi rannicchio. Ho la testa che mi scoppia. Troppi pensieri. Così tante cose successe. E poi Nasatya... Come ha osato toccarmi a quel modo, e poi... Una donna che fa certe cose a un'altra donna? Che sporcizia. Che schifo. Mi sento macchiata. Vorrei piangere. Stringo ancora di più le mie membra in loro stesse. Affondo le unghie nella pelle delle braccia. Spingo e tiro via. La pelle graffiata brucia come fuoco.
Un lieve bussare mi sorprende. «Mithra, tutto bene? Posso entrare.»
Oh, Meroll! Se solo tu sapessi. «Entra pure» le rispondo con un singhiozzo.
Affondo la testa tra le mie braccia.
Meroll si avvicina con falcate delicate. Si siede senza far rumore. Sento il suo respiro. Mi accarezza i capelli con dolcezza. Mi manca mia madre, quando mi spazzolava e mi raccontava di quando conobbe mio padre.
Mi manca mio padre.
«Su, su. Vedrai che passerà.»
Oh Meroll, come vorrei crederci davvero. «Non so che fare. Mi sento male: voglio andare via da questa città.» Mi alzo di scatto. So di avere le lacrime agli occhi. Chi se ne frega! Meroll è l'unica che ha diritto a vedermi così. Le afferro le spalle. «Andiamo via. Non m'importa più...»
La Sorella mi stringe a sé. Accarezza i miei capelli con più energia. «Hai dimenticato perché siamo qui?»
«No, ma inizio a pensare che forse non ne vale la pena.»
Meroll mi allontana da sé e mi guarda negli occhi. «Hai rischiato molto e messo in gioco tanto. Sei davvero sicura di voler mollare proprio ora?»
Non lo so. «Mi sembra di trovarmi in una palude e non sapere come muovermi. Che devo fare?»
Meroll mi avvicina e mi bacia la fronte. «Per ora, ti direi di riposarci sopra. Qualsiasi cosa gli Ashvin ti abbiano detto, è chiaro che ti ha scossa nel profondo.»
Adagio mi spinge in basso. La mano sullo sterno che mi impone con dolcezza di coricarmi. Mi lascio andare. Ho gli occhi già socchiusi.
Meroll mi aiuta a svestirmi. Mi sfilza adagio la corazza, gli stivali, la cintola con la spada ancora infoderata. Mi lascia solo con la mia vestaglia, prima di rimboccarmi le coperte. Con le mani di un santo mi dondola e con la voce di un usignolo canta sussurrante:
«In principio era la Voce
e la Voce era presso Dio
la Voce che è Dio
nella Grande Orchestra del Cosmo cantò.
E Lei così venne ad essere
per mezzo del divino Sole
e senza di Lei
il Canto non è parte di noi
come di tutto ciò che esiste.
Lei è Musica
e la Musica è il raggio splendente di Dio.
Questa sua luce ci fa cantare
e il freddo Silenzio non l'ha vinta.»
Cullata scivolo poco alla volta in un languido sognare.
*
Post Scriptum:
Nella prima versione gli Ashvin non esistevano, ma esistevano da subito i Principi Mendicanti.
Per chi ha giocato The Wither 3 saprà esattamente da chi o cosa ho preso questa idea. Il concetto che qualcuno regolasse la vita dei bassifondi, come anche la criminità, e controlli parte della città nascota nelle ombre, non mi è mai stato estraneo: vivo in un lugo dove la camorra, anche se non attivamente in altre parti della campania, è viva e si aggira ovunque.
Ho inserito gli Ashvin in un secondo momento, quando ho maturato l'idea di creare qualcuno a cui Sebastian (prima) e Mithra (poi) dovevano necessariamente rivolgersi.
Ho preso il nome dagli Aśvins o Ashwini Kumaras, due divinità gemelle del Rigveda, figli di Saranya, la dea della nubi, e moglie di Surya, la principale divinità solare. Nei Veda, talvolta, essi sono chiamati anche Nasatya.
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