CAPITOLO 4 [parte 1]

Ho la gola in fiamme. Non credo di aver mai parlato così tanto, né così a lungo. Eccetto la mia voce, c'è un silenzio che mi fischia nelle orecchie. No, ora che ci penso, il fischio c'è sempre stato. Solo che, di tanto in tanto, si fa insopportabile.

Il mio sguardo incrocia quello di Nasatya per un breve attimo. Ha le sopracciglia incurvate e rialzate. La pelle stirata, con lievi rughe orizzontali sulla fronte. Il resto del viso è una maschera inespressiva.

«Sono rimasta sorpresa quanto lo siete voi adesso» ribadisco. A quanto pare, Nasatya mi aveva appioppato delle spie, a cominciare da Sebastian. Hanno visto il Principe uscire, ma non Mizar fare altrettanto. Che sia ancora nello zaranetto? «A quanto pare, il Principe Sheikh era ammantato di un Miracolo protettivo.»

Nasatya spalanca gli occhi. La sclerotica al di sopra dell'iride è di un bianco con venature rosee. «Un Miracolo che protegge pure dai Figli di Tzaarat, eh?»

Annuisco. Non ho idea di cosa dirle. So che il clero può, per intercessione del Dio Sole, attingere alla benevolenza della luce e operarla per molteplici fini. Ma, fatta eccezione per il Rito del Riposo, non se ne conosco molti. La sola idea che il clero possa proteggersi dalle malattie, mentre il popolo ne è affetto, mi fa ribollire il sangue nelle vene.

«Non ci hai ancora spiegato di cosa discutevano» ribatte la Mendicante.

No. Non l'ho fatto. «A quanto pare, il Principe nutre per suo cugino un affetto che pensavo impossibile per un animale come lui.» Una risata scoppia tra gli sgherri della Ashvin, ma la femmina è invece fredda come un marmo. Tossisco, come se avessi fatto una brutta figura. «Da quanto ho capito, questo tizio è nel Colle del Mendicante contro il volere del padre. Il Principe non ha fatto altro che ribadire lo stesso concetto: trovare una cura per il cugino e portarlo via.»

A dirla tutta, non so cosa se ne farà Nasatya di queste informazioni. E se proprio devo, nemmeno capisco cosa abbia fatto di così brutto Mizar per meritare d'essere accoppato. Più ci rimugino e meno mi piacciono questi Principi Mendicanti. Sono quel genere di persona che, in altre occasioni, non avrei problemi a calpestare. Sono davvero così disperata?

Nasatya si tuffa all'indietro e affonda sullo schienale della sedia. Accavalla le gambe. Le sopracciglia rilassate sopra gli occhi socchiusi. «Questo è interessate. Immagino spieghi perché lo si vede raramente in giro o che si sappia poco e nulla sul suo conto. Ma, a parte questo, non credo di aver afferrato il suo nome.»

Sussulto. Glielo dico? «Alcor» affondo le dita nella stoffa dei calzoni.

«Un nome nordico. Singolare.»

«Già, lo penso anche io.»

La Mendicante sfodera un pugnale e lo solleva ad altezza dello sguardo. Lo rigira tra le dita. «Dovrò fare delle ricerche su questo Alcor. Facile che non sia il suo vero nome.»

Dannazione! «Cosa te lo fa pensare?» Devo averlo solo pensato, perché Nasatya non si degna nemmeno di guardarmi.

«Come dice il detto...» la Mendicate ammira la lama per un istante, poi la scaglia senza preavviso.

Il pugnale non mi sfiora nemmeno, ma mi passa abbastanza vicino che il sibilo che produce mi rimbomba in testa. Ovunque vada a conficcarsi, alla fine del suo volo, sono grata che non sia la mia faccia.

«Se Mehend non va dal Dio Sole, allora è tempo che il Dio Sole vada da Mehend» conclude, alzandosi con un sorriso sulle labbra. Un sorriso che non mi piace affatto.

Ho le ossa che tremano in barba a un brivido. «Che intenzioni hai?» le chiedo.

Nasatya replica senza voltarsi. «Che domande, è giunta ora di togliercelo di torno.»

«Ma cosa ha fatto di così grave?» Ma che m'importa?

Ma la Mendicante non mi risponde. Lei e gli sgherri al suo seguito sono fuori dalla stanza prima che io possa anche solo battere un ciglio.

Passi alle mie spalle. Mi volto adagio. Non ho nemmeno bisogno di riconoscere del tutto il volto di Sebastian che sono già in piedi. Con uno scatto mi piego in avanti con un pugno dritto verso il muso.

Il viscido lo scansa senza particolare difficoltà. «Vacci piano, potresti accarezzare qualcuno!»

Ogni parola che dice mi fa venire voglia di sventrarlo. «Infame che non sei altro!» Provo a estrarre la spada, ma il bastardo mi è addosso.

Fa forza con la sua mano contro la mia. «Questo succede quando si ha la testa tra le nuvole.»

Mi agito. «Taci!»

Il viscido fa un balzo indietro. Ha le braccia sollevate. «Devi capire che io eseguo solo gli ordini. Nient'altro!»

Sono a un passo dallo staccargli la testa dal collo. «Ah sì? E quale era il tuo ordine, farmi inimicare Nasatya?»

«Sì. Più o meno.»

Gli sono addosso. Sferro un rovescio, ma colpisco soltanto una sedia. «Smettila di saltellare e fatti colpire!»

Sebastian si piega e ride. «Fossi scemo.»

Stacco la spada con forza dal legno rotto. Vedo Meroll entrare con la coda dell'occhio. La seguono Claudiette e Rosanne. Siamo in quattro contro uno. Hai finito di saltellare, coniglio.

«Se sei venuto per prendermi in giro, hai sbagliato momento» bercio.

Sebastian scuote il capo. «In realtà no, sono qui per metterti in guardia.»

«E tu questo lo chiami mettermi in guardia?!» Sono certa di stare urlando. Quanto meno, ho il sangue che pompa di rosso fino negli occhi.

Sebastian afferra un fazzoletto bianco e lo sventola. «Lo so che abbiamo iniziato col piede sbagliato, ma non posso scoprirmi troppo. Inoltre, non tradirei mai le Bande Nere.» Solleva la manica fin sopra il polso.

Non ci credo. «Chiunque può mettersi un tessuto nero attorno al polso e fingersi parte del mio esercito.» D'altronde, non ricordi di averlo mai visto... No. No io lo conosco. «Tu sei quel ragazzo, vero? Quello che mio padre accettò di arruolare nell'armata, dopo aver vinto il tuo in una giostra e averlo ferito gravemente!»

Devo aver detto qualcosa di spiacevole, perché Sebastian ha le sopracciglia corrugate e la bocca distesa in una smorfia. «Non lo ha vinto: mio padre si è lasciato vincere» si affretta a replicare.

«Io lo ricordo diversamente. In ogni caso, credevo avessi disertato.»

«No. Vostro padre aveva bisogno di qualcuno che tenesse sotto controllo gli Ashvin. Non si è mai fidato di loro e, considerando il poi, aveva perfettamente ragione.»

Avanzo. Ogni passo è pesante da scuotere la stanza. «Se eri al servizio di mio padre, com'è che non hai impedito la sua cattura?»

«Non ho potuto fare niente». Sebastian abbassa lo sguardo. Le labbra curvate all'ingiù.

Perché dovrei dubitare di quell'espressione? D'altronde, nemmeno io ho potuto fare niente. «Se ti aspetti che io ti perdoni per il tiro mancino che mi hai tirato prima...»

«Era inevitabile» si affretta a ribattere. «Sto facendo il triplo gioco e ogni passo falso potrebbe essere per me fatale. In questo momento, Kumaras è convinto che io ti stia rivelando delle informazioni fasulle. Non ha nessuna intenzione di aiutarti: vuole solo togliere di mezzo sua sorella e prendersi il potere. A breve, ti raggiungerà per proporti un affare. Capirai cosa intendo quando lo farà. Tu accetta. Quando sarà il momento, io ti fornirò tutti i dettagli per uscire incolume dalle loro macchinazioni. Fino ad allora, fai attenzione.»

Lo seguo mentre si allontana e anche mentre si chiude la porta alle spalle. Devo credergli? Non so. Forse aspetterò di sentire cosa Kumaras ha da propormi. Giudicherò poi il da farsi.

«Lo conoscevi sul serio?» mi domanda Rosanne.

Annuisco senza convinzione. «Non molto, in realtà. Ricordo solo che mio padre affrontò il suo in una giostra e vinse. Il padre di Sebastian, però, rimase gravemente ferito e si spense di lì a poco. Mio padre fece solenne giuramento di portarlo con sé, ma non è durato molto sotto la sua ferrea disciplina.»

Non so come mi sia tornato a mente: lo ricordo vagamente nell'armata. C'è stato per quanto, dieci Danze Solari? Era già andato via, fuggito chissà dove, quando mio padre volle fare di me una Sorella di Spada. Sospiro. Un po' mi rasserena sapere che ho qualcuno che mi spalleggia.

«A me non piace per niente» replica Claudiette. «Ha un po' la puzza sotto il naso.»

«Aveva un'aria familiare» aggiunge Meroll. «Certo che è cambiato molto. Vero?»

Sì. Sembra quasi un'altra persona. «Ad ogni modo, scopriremo se ci è davvero amico o no. Per ora, quel che ci interessa è che il piano prosegua senza intoppi.»

«Hai intenzione d'incontrare Kumaras?» mi chiede Rosanne.

«Devo. A quanto pare, non ho scelta.» E la cosa non mi piace nemmeno un po'.

*

Post Scriptum:

Sebastian doveva essere in origine una specie di sicario invischiato in un brutto affare.

Doveva incontrare un mercante di schiavi e una serie di ceffi a cui doveva dei soldi e, in cambio di informazioni per un bottino di materioscura, cavarsi dagli impicci con un ultimo lavoro.

In un primo momento, Sebastian doveva essere una vecchia fiamma di Mithra ed essere stato allontanato dopo aver causato la morte di un loro amico in comune. La storia di Sebastian adotatto dal padre di Mithra esiste fin dalla prima stesura ed è rimasta, ma non i motivi per cui Sebastian è andato via.

Anche un altra cosa di Sebastian è rimasta, ma in questa storia non ho ancora potuto inserirla e spero di poterlo fare in futuro.


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