XXII. SOLSTIZIO
Quando tornai a casa trovai mia sorella languidamente sdraiata sul mio letto.
-Ehi, cosa ci fai tu qua?- le chiesi, sorpresa.
Beth mi guardò con attenzione. Uno strano sorriso le piegava le labbra carnose. –Volevo vedere la mia ubbidente sorella che infrange le regole- si mise seduta, l'abito bianco frusciò –allora, tutta colpa di questo Joseph, giusto?-
Sbuffai. –Ti odio quando fai così, lo sai?- mi lasciai cadere sul fondo del letto. Ero stanca e le mie labbra sapevano ancora di caramello. Lottai contro la voglia di passarci sopra la lingua. Non era proprio il caso.
-Certo, certo, io però voglio sapere di te e Joseph- disse, lo sguardo attento. Mi stava osservando, stava cercando segni in me di ciò che avrebbe potuto essere successo.
Avvampai. –Non c'è nulla da sapere- mi difesi, ma il tono risultò incrinato e poco credibile.
-Invece sì- insistè lei.
-Beh, tu sei l'ultima che puoi rimproverarmi, ti ho visto con quel ragazzo-
-E che me ne importa?- rispose lei, ridendo. Il viso era l'esempio dell'allegria. Se un pittore avesse voluto dipingere l'allegria, beh, non aveva che da copiarlo.
-Potrei dirlo a nostra madre- le risposi, stringendo i lembi dell'abito. Il cuore mi tuonava nel petto e io ero distratta dal sapore di caramello.
-E io le dirò di Joseph- mi minacciò.
Uno a uno. Restai immobile, senza sapere cosa dire.
-Su, raccontami di lui... in paese tutti sono certi che sia un mostro, un ragazzo solitario, quasi un selvaggio... suo padre perlomeno lo era-
-Cosa sai di suo padre?- indagai.
-Quello che sanno più o meno tutti, che era un tipo poco raccomandabile- mi scrutò con attenzione –non te ne ha mai parlato?- chiese, senza nascondere la sorpresa.
-Lui non parla molto della sua famiglia-
-Ci credo, tutti credono che la madre fosse pazza e che il padre fosse crudele- fece una smorfia –povero giovanotto-
Cercai di comprendere a pieno il significato di quelle parole. Cosa voleva realmente dire Beth?
Le mie fughe non terminarono lì. Suppongo che a quel punto l'argine fosse rotto e nulla al mondo avrebbe potuto dividerci. Una volta Joseph mi condusse al solstizio d'estate. In quell'occasione c'era il mercato e i Reietti potevano mischiarsi con noi. Lo fece solo in seguito alle mie preghiere, perché lui lo trovava poco adatto a una ragazza.
-Ci sono varie ragazze del villaggio- protestai.
-Sì, ma non sono come te- dichiarò.
Aggrottai la fronte. –Perché? Come sono io?-
-Sei diversa- fece un mezzo sorriso, il suo sorriso un po' storto –vieni, andiamo, ma dovrai sempre stare al mio fianco, siamo d'accordo?-
-Certo- risposi, curiosa.
Il villaggio era stato completamente decorato con lunghe alghe. Una grande grotta finta era stata costruita lì vicino. Lo fissai sorpresa. Tutte le persone indossavano delle maschere.
-Benvenuti- ci disse Anne, venendoci incontro. Il suo viso era nascosto da una maschera azzurra a forma di pesce. Ce ne porse due. –Mettetele, su-
Non feci domande e ubbidii. La maschera aderiva completamente al mio viso. Osservai Joseph mettere la sua.
Un ragazzino venne verso di noi. Paul, ricordai il nome con cui mi era stato presentato. Joseph fu rapidissimo, mi avvolse nel suo abbraccio protettivo e mi allontanò da lui.
-Mi dispiace, ma lei è con me-
-Non è giusto!- protestò lui.
-Paul!- lo riprese Anne –Lascia in pace la nostra ospite!-
-Va bene, va bene-
Spruzzi d'acqua uscivano dalle fontane. Alcuni si fecero avanti e si spinsero verso di esse, le mani a coppa per prenderla. Ne bevvero lunghi sorsi.
-Non provare neppure a imitarli- mi sussurrò Joseph, all'orecchio.
-Perché?- chiesi.
-Non è acqua... non solo acqua perlomeno- sospirò –qui le usanze sono dure a morire, per cui hanno messo delle erbe triturate in quell'acqua-
Un brivido gelido mi percorse la schiena. Ricordai le storie sui Reietti, sulle streghe e sui riti che venivano praticati nei boschi.
-Stai qua con me e non succederà nulla- mi rassicurò.
Il cuore mi batteva forte. Mi appoggiai contro di lui e lasciai che mi avvolgesse un braccio intorno alle spalle. Notai che diverse coppie si scambiavano delle effusioni. Le fissai sorpresa. Non ero abituata a cose simili. Era strano. Ricordai i libri che leggevo con Beth, quelli in cui vedevo uomini e donne unirsi su pagine intrinse d'inchiostro. Mentre ero persa nelle mie riflessioni due personaggi mi saltarono all'occhio.
Una ragazza vestita di bianco e un giovanotto con la maschera da leone. Erano in mezzo all'erba, stretti l'uno all'altra.
-Chi sono quelli?- chiesi in un soffio.
-I protagonisti della serata- dichiarò Joseph, con un sospiro.
-Protagonisti?-
-Vedrai- mormorò, con uno strano tono, che non seppi decifrare.
Notai che l'attenzione di tutti era su quella strana coppia, che pareva brillare come se fosse stata fatta d'oro. I due entrarono nella grotta improvvisata, mano nella mano.
-Cosa fanno?- chiesi piano.
Joseph sorrise, un sorriso da combinaguai. –Nulla di cui si possa parlare con una ragazza-
-Oh!- esclamai, comprendendo –Ma lo fanno là dentro?-
Joseph rise della mia ingenuità, una risata squillante. -Si può fare ovunque-
Avvampai, le guance che mi bruciavano.
-Ora capisci perché non ti volevo portare?-
-Ehm, sì- ammisi -ma perché lo fanno... sono confusa- sussurrai.
-È una specie di rito della fertilità-
-E come vengono scelti i protagonisti?-
-Sono sorteggiati-
Cercai di dare un senso a quelle parole che mi sembravano strane e assurde. Come ci si poteva unire così? Senza sentimenti, senza nulla che li legasse a parte un sorteggio.
-Su, andiamo- e mi condusse via dolcemente, stringendo la mia mano nella sua.
Camminammo tra le coppie che si tenevano per mano e che amoreggiavano, incuranti di tutto tranne che di loro. Provai una fitta d'invidia per quella leggerezza che parevano provare. Erano gioiosi, sciolti, frivoli. Perché io non ero così?
-Non invidiarli-
Le parole, lapidarie, mi gelarono. Alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi azzurri. Avevo davvero scritto in faccia ciò che pensavo? O lui comprendeva tutto?
-Non sono felici, Pania, non davvero-
-Però lo sembrano- dichiarai, fermandomi, lo sguardo incatenato su quella brillante felicità.
-L'apparenza ha lo scopo d'ingannare-
Soppesai quelle parole. Erano vere oppure avevano il semplice scopo di consolarmi? Non lo sapevo.
-Vieni- disse Joseph, quindi approfittò del mio indugio per condurmi fino a un tronco caduto, dove sedemmo tanto vicini da poter sentire il calore del suo corpo. Qualcosa comparve dal nulla, tra gli alberi.
Una figura dal portamento elegante. La gola mi si strinse in una morsa. Io sapevo chi era. Deglutii, aggrappandomi istintivamente a Joseph. Era Chris. Non doveva vedermi. -Devo nascondermi- mormorai.
-Dietro il tronco- mi ordinò Joseph e io ubbidii, il cuore in gola, le ginocchia che tremavano. Strisciai sul tronco e mi lasciai scivolare dietro di esso. Appena in tempo. Mi raggomitolai nel preciso istante in cui la voce di Chris riempiva il silenzio della notte, furiosa e graffiante.
-Tu!-
-Ci conosciamo?- il tono di Joseph aveva assunto una sfumatura canzonatoria che non conoscevo. Voleva colpire, fare a pezzi, aggredire.
-Sì, Reietto!- e imprecò. Un brivido gelido mi percorse la schiena. Non lo avevo mai sentito così.
Joseph rise. -Nervoso, no?-
-Lascia stare mia sorella- il tono era tagliente come una lama.
Deglutii. Dovevo mantenere la calma, nonostante mi sembrasse che il cuore stesse per esplodermi nel petto.
-Sei qui per questo?- lo provocò Joseph.
-Stai attento- replicò mio fratello -lontano dalla mia famiglia... altrimenti te ne pentirai- e sentii il fruscio del suo mantello mentre si allontanava. Una sensazione di terrore mi strinse la gola. Sapevo che Chris avrebbe rispettato quella promessa. Lui odiava Joseph. Quello che non sapevo era che a volte le promesse diventano lame a doppio taglio, che affondano nella carne e fanno sanguinare.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate di questo capitolo?
A presto
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