XIX. LA FESTA
-Ti porto a una festa- disse una notte Joseph. La brezza notturna gli muoveva i capelli. Bello, pensai, incredibilmente bello con quegli occhi in cui si poteva vedere il mare.
-Una festa?- chiesi, sorpresa. Ero in piedi di fronte a lui, il cappuccio sollevato.
-Certo, non dirmi che non sei mai stata a una festa- mi rispose, lo sguardo attento, pieno di promesse.
Arrossii e sperai che il buio della notte lo nascondesse. –Certo che sono già stata a una festa-
Joseph sorrise e i suoi denti brillarono bianchi nel buio. –Non a una come questa-
Sbuffai. –Cos'ha questa di così particolare?-
-Si tratta di una feste delle fate-
Un brivido di eccitazione e di paura mi percorse. Avevo già sentito le domestiche parlare di simili feste. In paese si narrava che le creature del piccolo popolo amassero far festa.
-Non ci sei mai stata, eh?-
-Non credevo neppure che fossero reali- sussurrai. E poi, se c'era una cosa su cui tutti concordavano, era che quelle feste erano pericolose, molto pericolose.
-Lo vedrai- mi prese per mano e il suo tocco caldo in quella serata fredda mi fece tremare –fidati di me- disse piano.
-Va bene- dissi, convinta. Mi fidavo di lui.
-Sì, è un bel posto, non temere-
Con lui non avrei temuto nulla.
Riconobbi con un tuffo al cuore la strada. La verità era che c'era una volta l'anno in cui, in quel piccolo spiazzo, si teneva un incontro tra i due mondi. Io non avevo mai partecipato, ma sapevo che Chris e Kevin c'erano stati. Avevano avuto contatto con loro e un giorno mio fratello mi aveva portato a vedere il punto in cui avvenivano quegli incontri. Cosa esattamente si commerciasse, visto che i due popoli parevano odiarsi tanto, proprio non lo sapevo. Ora posso ben immaginare cosa Chris ci andasse a fare. Mi fermai.
-Tutto bene?- mi chiese Joseph, voltandosi verso di me, il volto preoccupato.
-Qui abitano i Reietti- gemetti piano.
Joseph mi appoggiò teneramente la mano sulla spalla. –Lo so, ma loro amano farsi chiamare fate- fece un passo avanti, poi si accorse che io non mi ero mossa e si girò verso di me. –Non vuoi venire?-
-Io... la mia governante parlava sempre di loro- sussurrai. Ci fu un lunghissimo silenzio, in cui solo le chiome degli alberi cantavano, mosse dal vento.
-Ne parlava male, vero?- chiese Joseph, il viso comprensivo.
Mi strinsi nelle spalle. –Tutti ne parlano male- ammisi.
-Io ti dimostrerò che le voci non sono vere... sono delle brave persone- fece un passo verso di me e mi porse la mano.
-Tu sei uno di loro?- chiesi piano.
-Mia madre la era-
Soppesai quelle parole, sorpresa. Joseph quindi avrebbe dovuto abitare lì, in mezzo a quelle creature che giuravano di non appartenere a questo mondo, che pregavano di poter tornare nel magico regno sottomarino, insieme ai propri simili. Esseri non felici in terra e neppure in mare.
-Dagli una possibilità- disse Joseph –non ne rimarrai delusa, sono brave persone, più di quelle che frequentano casa tua-
Avrei dovuto sentirmi offesa per quelle parole, ma non fu così. Ripensai agli ospiti di mia sorella e agli amici di mio fratello. Forse non aveva torto. Gli sorrisi. –Andiamo-
Lo sguardo di Joseph s'illuminò e compresi solo in quel momento che era certo che non avrei accettato di andare con lui. –Non te ne pentirai-
-Lo so- dichiarai, con il tono sicuro, nonostante il mio cuore battesse forte per l'agitazione.
-Vieni- mi prese per mano. Lasciai che mi conducesse con sé, che mi condusse lungo il sentiero alberato. Era certamente un luogo fatato. Le foglie ricadevano su chi passava. E poi finalmente comparve il villaggio dei Reietti. Restai a bocca aperta. Non mi ero mai immaginata un luogo simile. Le casette erano piccole e molto belle, ricoperte di coralli e di conchiglie, proprio come casa mia. Lanterne bianche erano appese sui rami degli alberi. Per terra erano stati creati dei sentieri ricoperti di sassolini. Ero sorpresa. Ricordava il mondo sottomarino, quello che sognavo.
La prima cosa che ci raggiunse fu la musica. Una melodia struggente che faceva venire voglia di piangere.
-Una ballata- mormorò Joseph, la mano sempre stretta intorno alla mia.
-Non capisco le parole- ammisi, saltando la radice di un albero, che sporgeva dal terreno.
-Racconta la storia di Lord Randal, avvelenato dalla donna che amava... questa è la versione originale, in lingua antica-
-Sì, ricordo qualcosa... la ballata che racconta di come Lord Randal andò nel bosco, incontrò l'amata e questa lo avvelenò- era una di quelle ballate che mio fratello cantava durante le feste, quando aveva bevuto un bicchiere di troppo.
-Questa è la trama superficiale-
-Qual è il significato autentico?- chiesi, curiosa.
-Lord Randal si reca in un bosco fatato, per questo viene punito- mi spiegò, fermandosi. La musica stava diventando più forte. Eravamo vicini alla festa. –La sua è una punizione-
-Crudele-
-Il popolo fatato è crudele- sostenne, severo.
Sentii delle risate portate dal vento che profumava di promesse.
-Non dire mai il tuo vero nome- mi raccomandò, il tono improvvisamente serio –qualsiasi cosa ti offrano non mangiare nulla, non accettare regali, non insultarli-
Mi sforzai di sorridere. –Mi spaventi con tutte queste raccomandazioni-
-Meglio essere spaventati che fare sciocchezze... ora andiamo- mi trascinò con sé.
Lo seguii, il cuore in gola.
Quando spuntammo fuori dagli alberi mi si presentò davanti una scena che mi lasciò letteralmente a bocca aperta. Alla soffusa luce delle lanterne, appese ai rami degli alberi, potei vedere ballare uomini e donne dai visi coperti. Intorno a loro c'erano cerchi di pietre. Individuai, appoggiato a un albero, un ragazzo con un'arpa in mano. Era lui che stava suonando la ballata.
-Ti piace?- mi chiese Joseph, premendo le labbra contro il mio orecchio.
-Diciamo che non mi aspettavo che ci fossero feste simili su quest'isola- sussurrai, una strana euforia che mi faceva vibrare. Era come essere entrati in un altro mondo, un regno nuovo, dal sapore antico. Un regno che profumava di mare e di proibito.
-Ora lo sai-
-Già... vuoi ballare?- gli chiesi, voltandomi verso di lui.
Joseph mi fissò un attimo. I suoi occhi color mare brillarono. Mi resi improvvisamente conto di quanto fossero belli, profondi, capaci di farti rabbrividire. Non avevo mai visto occhi capaci di trasmettere tante sensazioni. Deglutii, sperando che tutto ciò che stavo pensando non mi si leggesse in viso.
-Va bene- disse Joseph –balliamo- mi tirò in mezzo agli altri ballerini.
Lo seguii, il passo leggermente insicuro. Forse non avrei dovuto chiedergli di ballare. Mi sentivo in imbarazzo. Io non ero una ballerina, era Beth quella brava. Tutti i miei dubbi svanirono non appena mi trovai tra le braccia di Joseph. Lui mi strinse a sé con dolcezza, un braccio intorno alla vita. Mi lasciai guidare, senza pensare ad altro.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Come vi sembra questo primo incontro con i Reietti?
A presto
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