IV. IL VILLAGGIO

C'era un'occasione nella quale scendevamo sempre al villaggio. La domenica mattina, per partecipare alla messa. Dovevamo sembrare un piccolo corteo agli occhi degli estranei. Per prima mia madre, al braccio di mio padre, se non era in viaggio. Seguiva mio fratello Chris e infine arrivavamo io e Beth, sotto lo sguardo attento della governante.

La chiesa si trovava nella grande piazza del villaggio. Era un edificio bianco con un alto campanile e vetrate che rappresentavano delle scene prese dalla Bibbia. Ci mettevamo circa una mezz'ora ad arrivarci ed eravamo seguiti dagli sguardi indiscreti degli abitanti. Al centro della piazza c'era una grande statua che mi ha sempre affascinata. Raffigurava una bellissima ragazza con un abito vaporoso e un velo che le copriva il viso. Un giorno finalmente ebbi il coraggio di chiedere a mia madre chi fosse.

-La prima Sposa- mi sussurrò all'orecchio.

Era quindi lei la mia famosa antenata? La fissai, dicendomi che l'avevo immaginata molto diversa. In fondo è sempre così, ci s'immagina sempre le cose diverse da come sono in realtà. I casi della vita.

Ricordo una mattina in particolare in cui vidi una signora anziana che portava per mano un bambino poco più grande di me, con gli occhi azzurri come il mare. La cosa che attirò subito la mia attenzione fu che tutti i presenti si fermarono e si misero a guardarlo, parlottando tra di loro. Il bambino procedeva sprezzante, lo sguardo puntato di fronte a sé.

-Chi è?- chiesi a Chris, che si era frapposto tra di noi.

-Nessuno che ti debba interessare- rispose mio fratello, brusco, sorprendendomi.

Il bambino si voltò verso di noi, come se avesse sentito che stavamo parlando di lui. Arrossii sotto i suoi occhi gelidi. Per un attimo, un attimo soltanto, i nostri sguardi si agganciarono e le nostre anime si sfiorarono. Lui comprese già allora il sentimento che ci avrebbe uniti in seguito? Credo di sì, perché le sue labbra si piegarono in un sorriso. Il fatto è che quello sguardo fu l'inizio di una tempesta che anni dopo avrebbe distrutto la mia famiglia e parte dell'isola, perché certi rapporti nascono già marchiati a fuoco. 

-Un mostro- bofonchiò la nostra governante, facendosi il segno della croce.

-Ma è solo un bambino- protestai.

-Zitta, Pania- intervenne mia madre, poi si voltò verso Sarah –non è il caso di spaventare le bambine con delle sciocche superstizioni-

-Io non sono più una bambina!- esclamò Beth.

-Silenzio- disse mio fratello, che, quando non c'era mio padre, si comportava come l'uomo di casa.

Fu solo quella sera che convinsi Chris a dirmi chi fosse il bambino che avevamo visto.

-Un Reietto- fu la sua risposta. Eravamo seduti per terra, sul grande tappeto del salone. Era il nostro rifugio, il luogo dove io e lui potevamo scambiarci confidenze.

-Non dovrebbe essere relegato nel suo villaggio?- chiesi, terrorizzata al pensiero di un Reietto che andava in giro per l'isola senza controllo.

-Nessuno lo può provare... ma non temere, ti proteggerò io-

-Me lo prometti?- chiesi, il cuore in gola.

-Certo che te lo prometto-

Non sapevo ancora che molti anni dopo Chris avrebbe mantenuto quella sciocca promessa perfino quando sarebbe stato solo deleterio per me.

Una figura che attraversò tutta la mia infanzia, incarnando le mie più terribile paure, fu mia zia Vittoria, la sorella minore di mia madre. Era stata chiamata proprio come la regina, un omaggio che lei non apprezzò mai, visto che non aveva mai provato simpatia per quella sovrana. Passava la sua vita chiusa in una stanza, con una sola, piccola fessura, attraverso la quale le domestiche le passavano il cibo. Sulla sua vita, beh, nessuno parlava. La zia Vittoria era un fantasma senza esserlo per davvero. Il suo nome azzittiva me e mia sorella. La sua voce, che a volte risuonava nella notte come una cantilena, non ci faceva dormire. Era una sorta di spauracchio. Sarah ci minacciava di mandarci da lei se non ci fossimo comportate bene.

-Mi fa paura- ammise un giorno Beth –quella donna... in lei c'è qualcosa di molto strano-

Era pazza, così dicevano. All'epoca la pensavo come gli altri. Credevo che qualcosa l'avesse fatta diventare folle. Ora non la penso più così. Probabilmente Vittoria aveva deciso d'isolarsi proprio per non diventare pazza.

Mi sono chiesta spesso se lei non fosse una delle spose del mare, fuggita, con quella finta follia, a un orrendo destino. Oggi ne sono certa. Preferì vivere reclusa, piuttosto che affrontare l'ignoto. Fu in quel momento che mi resi conto di una cosa, studiando l'albero genealogico di famiglia. Solo le primogenite femmine avevano un destino normale, le altre impazzivano, scomparivano nel nulla o cose simili. Quella scoperta mi sconvolse. Che destino sarebbe stato il mio? Cercavo di non pensarci, tremante di paura.

Durante la mia infanzia, e poi la mia giovinezza, fui tormentata dagli incubi. Orrendi incubi in cui vedevo palazzi sottomarini, altissime onde, navi trascinate dal mare. Spesso inoltre violente febbri mi colpivano all'improvviso, senza un motivo apparente. Strane figure si muovevano nella mia stanza, tutte composte d'acqua. Mi fissavano, mi chiamavano, cercavano di toccarmi. Io rimanevo immobile, nel letto, timorosa. Non sapevo cos'erano, ma mi terrorizzavano. Neppure i medici che i miei genitori convocarono riuscirono a fare una diagnosi. Per loro ero un mistero. Mia madre era spaventata da quelle mie crisi, mi stava accanto cercando di consolarmi e accarezzandomi i capelli. Una volta la sentii parlare con mio padre.

-Diventerà come Vittoria-

-Non ci pensare- le rispose mio padre.

Il pensiero mi rese quasi folle.  L'unico che si mostrava tranquillo era mio fratello.

-Passerà- mi rassicurava, nascondendo la preoccupazione dietro il suo sorriso spavaldo.

-Ho paura- gli confidai.

-Non devi averne, ti proteggerò io- mi rassicurò.

-Non puoi proteggermi da questo- mi lamentai.

-Certo che posso- mi confortò lui.

Le febbri diminuirono negli anni seguenti, senza mai abbandonarmi del tutto. Lo stesso non avrei potuto dire degli incubi, che non mi avrebbero mai lasciata, ma sarebbero diventati dei miei compagni di vita.

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate di questo capitolo?

A presto!

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