XXVII
Provo a guardarmi le mani, ma la visione è offuscata. Asciugo le lacrime che invadono i miei occhi, ma continuano ad uscirne con prepotenza delle nuove.
Alzando la testa chiudo le palpebre ed esprimo il desiderio di tranquillizzarmi, insieme a quello di essere forte.
Non sono mai stata una ragazza coraggiosa e determinata: i miei genitori mi hanno affidata a mia nonna senza interpellarmi e, a causa della loro decisione, ho perso la fiducia negli altri. Ecco perché faccio difficoltà a farmi degli amici. Non credo in nulla, neanche in me stessa, pertanto è difficile che io possa riporre qualche speranza nelle mie capacità.
Adesso però, devo trovare il coraggio che non ho mai avuto, devo trovare la forza che ho sempre desiderato. Devo aiutare Draconem e tutti quelli che la abitano.
Faccio un respiro profondo e mi asciugo gli occhi. Le lacrime hanno finalmente cessato di scendere, così prendo le mie cose ed esco dalla stanza.
Di fronte all'entrata della biblioteca, Ares ha le braccia conserte e mi sta aspettando appoggiato con la schiena al muro del corridoio. Appena mi vede, si stacca dalla parete, assumendo nuovamente la sua posizione autoritaria.
- Andiamo. Adesso vi condurrò all'arena di addestramento. Seguitemi, signorina Leone – ordina percorrendo il corridoio, certo che io obbedisca.
Cammino dietro di lui curiosa di sapere dove mi porterà. Il palazzo del Consiglio è davvero grande, pertanto è facile perdersi al suo interno. Cerco, quindi, di memorizzare la strada che stiamo percorrendo, in vista del fatto che domani dovrò venire da sola in quest'ala dell'edificio; non oso immaginare come la prenderebbe il Custode della Guerra se arrivassi in ritardo a causa del mio scarso orientamento.
Dalla biblioteca abbiamo svoltato a sinistra continuando a percorrere il corridoio, finché non siamo stati obbligati a girare a destra per poi andare nuovamente a sinistra. Siamo giunti davanti ad una porta piuttosto grande, quasi quanto quella principale e a custodirne l'ingresso c'è una guardia.
- Custode Ares, vi libero subito il passaggio - dice l'individuo, avvicinandosi alla serratura incastonata nel legno massiccio e scuro. A differenza di quelle che si trovano al di fuori dell'edificio, questa guardia non ha un'armatura pesante a difenderle il corpo. Non so il motivo di questa scelta, ma è la prima che vedo qui dentro e ho notato subito la differenza di uniforme.
Dalla serratura si propaga una luce viola e l'individuo allontana le mani da essa, lasciando che la porta si apra da sola.
Resto sbalordita; non ho visto alcuna chiave. L'uomo deve aver pronunciato una sorta d'incantesimo, sono sicura che sia stata magia, non c'è altra spiegazione.
- Grazie, Giano. Ti farò segno quando dovremo uscire - dice Ares al guardiano, poi oltrepassa il portone esortandomi a seguirlo.
Varcata la soglia d'ingresso dell'arena di addestramento, uno spiazzale erboso con diverse zone, in cui praticare tanti stili di combattimento differenti, la fa da padrone. Ares mi conduce verso una grande bacheca posta alla nostra destra, dalla quale mi invita a scegliere un'arma. Sorretti da ganci di ferro, spade, lance, archi, frecce, balestre e scudi risultano troppi affinché io possa decidere.
Guardo il custode perplessa.
- Signor Ares, credevo dovessi allenarmi con arco e frecce, non con tutto l'arsenale – affermo impreparata, guardando l'individuo dritto negli occhi.
- Vi sbagliavate, allora. È bene che proviate tutte le armi a vostra disposizione, così, alla fine, saremo in grado di scegliere quella che più vi si addice. Potrebbe essere stato soltanto un caso che vi siate trovata a vostro agio con un'arma a distanza come l'arco. Reputo opportuno che voi lo utilizziate per ultimo, visto che lo conoscete già. Con cosa vi piacerebbe cominciare adesso, invece, signorina Leone?
Guardo attentamente le armi che ho davanti, per poi alzare gli occhi al cielo nel tentativo di deciderne una, così noto l'insolito soffitto della stanza: una cupola trasparente avvolge l'intera arena, lasciando penetrare i raggi solari e mostrando il cielo azzurro e limpido.
- Se non siete in grado di scegliere lo farò io per voi: comincerete con la spada - comanda Ares, interrompendo il piacere che provo per la visione di una costruzione così caratteristica.
Annuisco.
Ci sono diversi tipi di spade tra le quali optare, così decido di impugnare una di quelle apparentemente più leggere.
- Ottima scelta, signorina Leone, avete preso una daga, una daga celtica per la precisione. Vedete com'è corta? È più simile ad un pugnale, però va bene, avete fatto una scelta in base alla vostra corporatura. Ora vediamo se riuscite ad usarla - mi esorta il Custode voltandosi e dirigendosi verso l'arena.
Mentre mi giro per seguirlo, noto che proprio a lato destro della bacheca, dalla quale ho scelto la spada, ce n'è un'altra ricolma di indumenti in pelle e cuoio.
- Signor Ares... - inizio a chiedere, ma lui mi interrompe leggendomi nel pensiero.
- Quelle sono protezioni, non vi serviranno.
- Come no? - domando reggendo la daga con la mano destra dall'impugnatura e lasciando che il suo peso mi faccia stendere il braccio vicino al fianco.
- Signorina, quelle sono protezioni per chi usa le armi a distanza. Voi adesso dovete eseguire un semplice allenamento con una stupida spada. Se proprio ci tenete, prendete uno scudo, ma non fatemi perdere tempo – spiega infastidito dopo aver girato la testa e fissandomi col suo sguardo truce.
Poiché non provo alcun piacere nel farlo agitare, afferro velocemente lo scudo a me più vicino e torno a seguire il burbero Custode.
Attraversiamo lo spiazzale davanti a noi, diviso in due zone, una piena di bersagli tondi in legno alla nostra destra e l'altra con diversi fantocci in paglia alla mia sinistra. Ci fermiamo raggiunto il fondo dell'arena, dove c'è solamente l'erba a terra. Il mio insegnante sfodera una spada.
Quando l'ha presa? Sono sicura che non l'avesse prima con sé.
Ovviamente mi risponde pur non avendo pronunciato ad alta voce la mia domanda.
- La velocità in un combattimento è la prima cosa, signorina, - dice sorridendo, riferendosi al momento in cui si è appropriato dell'arma e rigirandosi la spada tra le mani - dovete essere coraggiosa e silenziosa quando attaccate il nemico - finisce di parlare e di colpo mi corre incontro annientando i dieci metri che ci separano.
- Vedete, signorina Leone? Avrei potuto uccidervi se avessi voluto – enuncia compiaciuto, guardandomi negli occhi, poi passa la lama della sua spada sulla parte inferiore della mia guancia - ma siete fortunata - avvicina le labbra al mio orecchio sinistro e sussurra - perché io non voglio farlo. Voglio soltanto aiutarvi.
Si stacca da me e torna nuovamente al suo posto, diversi metri più in là.
Mentre lo vedo allontanarsi, il mio cuore è fermo, non batte più e non scorre più sangue nelle mie vene.
Mi ha spaventata a morte.
Che abbia agito così per farmi capire che è tutto vero?
- Forza, signorina, vi insegnerò io come difendervi. Alzate il braccio sinistro e tenete forte lo scudo, fatelo diventare un'estensione del vostro corpo. – mi ordina, ignorando totalmente la mia espressione terrorizzata - Pronta?
Attacca.
Lo scudo, che emette un clangore metallico spaventoso, mi protegge dal fendente, ma la spinta è così forte da farmi cadere all'indietro. Ares ammira le conseguenze della sua azione imprevedibile e troneggia su di me con occhi ricolmi di soddisfazione mista al desiderio di battaglia. Tornato in sé, con un cenno del capo mi ordina di rimettermi in piedi.
Tutto ciò che riesco a pensare è che mi fa male la spalla e che sono già esausta, non voglio beccarmi un'altra placcata. Incrocio i suoi occhi ardenti che aspettano. Raccolgo le mie forze e penso a quando ho dipinto quel maledetto quadro, a quanto impegno ci ho messo e a quello che ho inconsapevolmente scatenato.
Non è il momento di piangersi addosso e di mollare.
Infilzo il terreno con la daga e faccio leva su di essa per alzarmi. Piego leggermente le ginocchia, alzo lo scudo e assumo la posizione di difesa, ricambiando lo sguardo del Custode con tutta la tenacia che posseggo.
Ares sorride e sputa a terra la polvere che gli ha invaso la bocca durante lo scontro di poco fa. I suoi smeraldi ingaggiano la preda e come un ghepardo che scatta a seguito del migliore degli agguati, l'uomo guizza in avanti per sferrare un altro attacco, quello decisivo.
Il fendente arriva con tutta la sua potenza, ma finisce a vuoto perché mi sposto velocemente a destra senza nemmeno capire in quale momento io abbia deciso di agire così. Ho evitato ulteriore dolore alla mia spalla già malridotta.
- Bene, siete pronta per la seconda parte dell'allenamento: brandite la spada con presa decisa e sicura – ordina con la malizia che contraddistingue ogni sua espressione.
- Che vuol dire? - domando, ma non ho tempo di attendere una risposta perché il Custode sferra un colpo in direzione del mio volto. Fortunatamente evito anche questo attacco spostandomi di nuovo.
- Combattete! Difendetevi ed in fine, attaccate! - grida, mentre continua ad agitare violentemente la lama a pochi centimetri dal mio viso.
Improvvisamente realizzo che sto duellando con una persona esperta; tuttavia, riesco a fronteggiarla al di là di ogni mia aspettativa. Sono veloce, decisa e sembra che abbia le ali ai piedi. È come se abbia saputo usare una spada da sempre, come se abbia sempre saputo difendermi e forse attaccare.
So combattere.
Parando ed evitando colpi sia con lo scudo sia con la daga, mi accorgo che ciò che ho scelto per difendermi in realtà intralcia i miei movimenti, così decido di gettare a terra lo scudo pesante, in modo da eseguire un attacco più efficace.
Come se sapessi già come agire, scatto a sinistra mentre Ares tenta di attaccarmi frontalmente e in un attimo la lama della daga si poggia sulle sue costole ansimanti.
Abbiamo entrambi il fiato corto, ma l'adrenalina che invade ogni mio muscolo non mi fa percepire la minima stanchezza.
Scosto la spada dal fianco nemico, lasciando che l'uomo possa riassumere una posizione di difesa.
- Niente male, signorina Leone. Avreste potuto uccidermi, ma non lo avete fatto – sostiene, lasciando cadere la spada a terra per pulirsi le mani sbattendole l'una contro l'altra.
Sorrido meravigliata dei miei riflessi godendomi l'energia che esalta ogni cellula del mio corpo, facendomi sentire più viva che mai.
Ares si avvicina e mi fissa negli occhi in silenzio. I suoi smeraldi stanno scavando nella mia anima e vogliono scoprire qualcosa.
- Le nuove reclute impiegano giorni a capire che non devono restare immobili a parare colpi; a voi è bastato un solo attacco. Come ci siete riuscita?
Resto in silenzio cercando una risposta alla sua domanda, ma non trovo alcuna spiegazione plausibile. Che i miei movimenti siano stati mossi dalla paura?
Forse le mie preghiere bagnate1 sono state ascoltate: il coraggio e la forza che ho sempre voluto mi hanno finalmente invasa.
- Beh, signorina, non so voi, ma io ho bisogno di rifocillarmi – eruppe sorridendo e facendo quasi brillare le pietre preziose che mi fissano.
Effettivamente anch'io ho fame. Il secondo sole è sorto da oltre un'ora, ciò significa che è l'una passata e non tocco cibo da questa mattina.
- Anch'io ho bisogno di mangiare qualcosa - rispondo accomodante.
D'accordo sul da farsi, ci dirigiamo verso la bacheca a riporre le armi precedentemente sottrattevi per poi bussare alla porta. Giano recepisce il segnale e ci lascia uscire in men che non si dica.
- A presto Giano, continueremo l'allenamento in secondo tempo, ora è il momento di prenderci una pausa - dice Ares sorridendo con sincerità alla guardia.
- Meritata, Signor Ares? - chiede l'uomo.
Il Custode mi guarda per alcuni secondi per poi rispondere alla domanda:
- Più di quanto potessi immaginare.
Ci allontaniamo dando le spalle a Giano, per dirigerci alla nostra sinistra e percorrere una parte dell'edificio che non ho mai visto.
- Dove stiamo andando, Signor Ares? - domando curiosa e un po' agitata. L'uomo mi trasmette inquietudine perché ho paura delle sue reazioni burbere ed imprevedibili, nonostante al momento sia inaspettatamente calmo.
- Chiamatemi Ares, Signorina Leone. Non sono poi così vecchio, ho trentatré anni, non cinquanta come Edgar – sostiene, sbottando in una risata chiassosa.
Mi infastidisce che sminuisca sempre Edgar, ma questa volta non dirò nulla e sorvolerò sulla questione.
- La chiamo Signore, perché lei fa lo stesso con me chiamandomi Signorina Leone. Ad ogni modo, va bene, Ares. Dove stiamo andando? A mangiare?
- Voi siete una donna e qualcuno di molto importante. Sarebbe scortese non comportarsi da gentiluomo nei vostri confronti. Per quanto riguarda la vostra domanda, sì, vi sto conducendo alla mensa. Che cosa preferireste assaporare una volta a tavola? Dovrete decidere anche in base al fatto che poi continuerete ad allenarvi. Finiremo poco prima che sorga l'ultimo sole, altrimenti rischierete di tornare al castello di notte. È inammissibile.
- Non saprei. – faccio una pausa per decidere, poi improvviso – Pasta? Carne? Dipende da quello che c'è a disposizione.
Ares sorride e dopo aver girato a sinistra, scosta una lunga tenda blu: ecco la mensa. Al centro della stanza ci sono una decina di grandi tavoli con altrettante sedie per ognuno; ai lati invece, un buffet ricolmo di pietanze attira la mia attenzione.
- Deduco che chi cucina in questo posto si dia un bel da fare. Finora ho contato tre Custodi, tre Guardiani e due guardie, otto persone in tutto. Possibile che sia necessario tutto questo cibo? - dico rivolgendomi ad Ares.
- Signorina Leone, non siamo soltanto in otto. Nel consiglio ci sono le reclute dell'esercito, ragazzi che imparano a combattere e a praticare la magia già a dieci anni. Il palazzo è grande ed è difficile incontrarsi qui dentro. Ad ogni modo, prendete pure ciò che preferite - dice indicandomi i tavoli imbanditi.
Mi dirigo verso il buffet e dopo qualche secondo di esitazione, prendo un piatto e comincio a riempirlo: scelgo un po' di carne, una sorta d'insalata, delle strane patate viola ed infine afferro una mela piccola ma all'apparenza succosa. Mi volto e aspetto che il Custode si sieda così da prendere posto vicino a lui. Scegliamo uno dei tanti tavoli e quando cominciamo a mangiare, la tenda si apre lasciando entrare una trentina di ragazzini seguiti da altrettanti più grandi. Dopo alcuni minuti, giungono nella mensa anche gli altri Custodi e i Guardiani.
Adrian e Nina ci salutano immediatamente e vengono a sedersi al nostro tavolo, insieme ad Alvise e ad una persona che non conosco. La donna in questione, non l'ho mai vista; ciò che mi cattura di lei sono i suoi occhi terribilmente azzurri. Alta sul metro e settantacinque, indossa un incantevole vestito di seta bianca, senza maniche e molto attillato, eccezione fatta per la gonna, che scende morbida fino ai piedi e con uno spacco vertiginoso dalla coscia alla caviglia. La schiena è completamente scoperta fino al bacino, mentre la parte anteriore del vestito ha una scollatura a V che arriva fino all'ombelico. Sul lembo di stoffa che abbraccia il seno sinistro, spicca altezzoso un drago rosso stilizzato, lo stesso che è tatuato, più grande, al centro della sua schiena. La seta accentua le forme della donna e il bianco del vestito mette in risalto i suoi capelli lunghi e neri. Ad ogni suo passo, la pelle liscia e rosea s'illumina, grazie alle fiaccole appese alle pareti della mensa, mentre le gambe lunghe spostano con sicurezza la stoffa che prova a nascondere dei sandaletti alla schiava neri con i laccetti di pelle.
- Madre, siediti qui, vicino a me - dice Adrian scostando la sedia in legno e rivolgendosi alla donna.
Notando una somiglianza incredibile nello sguardo dei due individui, deduco che la sconosciuta sia Draconia, la madre di Adrian. Mentre l'intero consiglio prende posto, aspetto trepidante l'arrivo dell'unico Guardiano di cui mi interessi davvero. Guardando la soglia della mensa, il cuore comincia a battermi forte in petto, ma Adrian annienta le mie speranze:
- Non verrà, signorina Hope, la settimana è appena cominciata.
Edgar non c'è.
preghiere bagnate1: riferito ai desideri che Hope ha espresso mentre piangeva, in cui chiedeva forza e coraggio.
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