XVI

Edgar giace a terra e si preme un fianco dell'addome mentre il suo petto si alza e si abbassa freneticamente.

L'arpia è svanita nel nulla. Dopo che la mia freccia l'ha colpita dritta al cuore, il suo corpo si è diviso in tanti piccoli frammenti, i quali si sono dissolti in un paio di secondi.

Non pensavo che il mio colpo sarebbe andato a segno.

- Edgar! Edgar! - grido lasciando cadere arco e frecce, per poi correre subito da lui per alzargli la testa, allentandogli il fiocco del mantello; l'arpia lo aveva trascinato da quest'ultimo e adesso il mio protettore rischia di soffocare. Il respiro del Comandante ritrova piano piano il ritmo originale, ma la sua mano sinistra resta sull'addome.

- Fammi vedere, non ti farò niente, non toccherò. Te lo prometto.

Scosto la sua mano con la mia. La camicia nera è intrisa di sangue e anche le dita con cui ha premuto la ferita sono scarlatte.

- Il veleno, signorina, chiamate Fo... - e mentre pronuncia queste poche parole, sviene.

E adesso che faccio? Sono un disastro in queste cose.

Lo trascino in modo da metterlo seduto a terra con la schiena poggiata al muro:

- Arrivo. Resisti - dico con un filo di voce.

In preda al panico, inizio a correre verso l'uscita senza preoccuparmi se ci siano nemici o meno, non mi importa, Edgar è gravemente ferito e questo è davvero un problema. Il Guardiano è l'unico di cui possa davvero fidarmi qui, l'unico che conosco da più di ventiquattr'ore e l'unico che possa riportarmi a casa.

Devo salvarlo.

Mentre mi dirigo verso il grande portone principale, vedo una sagoma venirmi incontro. È una donna.

Un'altra arpia.

- Ehi! Dov'è Edgar? - grida la voce appartenente a quell'ombra.

Decido di non darle peso e accelero la mia andatura cercando di scansarmi all'ultimo. Man mano che l'essere ignoto si avvicina mi accorgo che quella che ho davanti è una semplice ragazzina dai lunghi capelli neri raccolti in due alte code di cavallo, una a destra e una a sinistra. La giovane indossa un vestito rosso come i suoi occhi ardenti e con una mano stringe una frusta da cui zampilla lava e fuoriescono lingue di fuoco. Dietro di lei, al di là del portone, ci sono due sagome più grandi, ma restano sullo sfondo, sono troppo grosse perché entrino nel castello.

- Chi sei? - domando spaventata e disarmata.

- Sono Nina, Guardiana del Fuoco e Comandante della seconda armata di Draconem. Tu devi essere Hope. Edgar? Dov'è il mio amato Edgar?

A queste parole resto immobile e a bocca aperta come un'idiota.

- Dov'è? - chiede guardando nella direzione da cui sono venuta, poi si rivolge nuovamente a me.

- Stai male? Che cos'hai? - mi domanda mentre si avvicina e mi scuote per le spalle.

Torno al presente e si mostra davanti ai miei occhi la figura vivida di un uomo steso su un pavimento insanguinato.

- Aiutami – sussurro e invito la giovane a seguirmi.

Correndo come se avessimo alle calcagna il peggiore degli assassini, arriviamo alla fine del lunghissimo corridoio, proprio dove ho lasciato Edgar, accasciato fra la porta dell'armeria e quella del salone col camino.

- Edgar! Ma cosa diamine è successo? Chi è stato? Bisogna intervenire – dice sgomenta la ragazza dai capelli corvini mentre si china a controllare l'uomo.

- Un'arpia! Credo lo abbia ferito con i suoi artigli, cosa possiamo fare? Ti prego aiutalo se puoi – imploro piagnucolando.

- Maledizione! Dobbiamo purificargli il sangue, ci serve la linfa di Forestis; solo allora potremmo chiudere la ferita. Corri fuori e fatti dare la linfa dalla dragonessa della Terra. Fa presto! - ordina Nina, mentre mi tocca la spalla per farmi tornare con i piedi per terra e cerca di tamponare la fuoriuscita del sangue dall'addome di Edgar.

Come un automa mi alzo di scatto e comincio a correre veloce; credo di non aver mai percorso tutti questi metri in così poco tempo.

Giunta all'esterno del castello riconosco una delle due sagome che ho notato prima: Forestis è in compagnia di un drago rosso e imponente tanto quanto il primo, deduco si tratti del drago di Fuoco di Nina.

- Forestis, Edgar è in pericolo, mi serve la tua linfa per curarlo!

La dragonessa, a tale richiesta, comprende subito la gravità della situazione, così avvicina il muso alla mia mano, lasciandomi nel palmo una sostanza verde, fredda e brillante. L'essenza è impalpabile: non è liquida, ma nemmeno solida; sembrerebbe di natura aeriforme, ma non si disperde nell'ambiente come farebbe un gas. Non so spiegare bene di che cosa si tratti.

- Correte, Hope, non c'è un minuto da perdere – asserisce Forestis, incitandomi a tornare indietro.
Annuisco con determinazione lasciando a più tardi le investigazioni sulla linfa che ho tra le dita, mi volto e in un lampo sono di nuovo al cospetto di Edgar e al fianco di Nina. La ragazza prende la mia mano per poi avvicinarla alla ferita del Comandante trafitto; il suo sangue comincia a fuoriuscire molto più lentamente. La Guardiana del Fuoco ispeziona accuratamente l'addome di Edgar, scosta la mia mano per avvicinare le sue, che si uniscono in un lampo più luminoso del sole e così rapido da apparire quasi invisibile.

Il Comandante si sveglia urlando per il dolore, ma perde nuovamente i sensi.

- Che cos'è successo? È apposto adesso? Dimmi, Nina, è salvo? - domando agitata e visibilmente preoccupata.

- Sì. Abbiamo fatto appena in tempo, il veleno è stato neutralizzato dalla linfa di Forestis e sono riuscita a cauterizzargli la ferita prima che morisse dissanguato. Aiutami, Hope, portiamolo sul divano in salotto.

- Sì certo, prendilo dai piedi, io lo isserò da sotto le braccia – rispondo.

Trasportiamo con fatica Edgar fino alla sala principale del castello e lo adagiamo sul divano davanti al camino, lo stesso su cui eravamo sdraiati prima del massacro. La ragazzina accarezza premurosa la fronte del Guardiano e questo mi infastidisce un po', anche se non dovrei dare troppo peso alle attenzioni di un'adolescente nei confronti di un uomo adulto.

- Come mai sei qui? Come hai fatto a sapere che eravamo in pericolo? - domando sospettosa e curiosa allo stesso tempo.

- Tifeo, il mio drago, mi ha svegliata di soprassalto. Forestis l'ha chiamato quando ha sentito che Edgar è stato ferito. Siamo partiti all'istante e abbiamo sconfitto le altre quattro arpie che si trovavano fuori – afferma sedendosi sulla porzione libera di divano.

- Tu sei ferita? Stai bene? - chiede, fissandomi con i suoi grandi occhi vermigli.

Distolgo lo sguardo da quello della giovane per evitare di svelare la mia gelosia nei suoi confronti e rifletto su ciò che ha detto: Forestis ha sentito la ferita di Edgar, che cosa vuol dire?

- Sto bene, ma che significa che il drago di Edgar ha sentito che l'arpia l'ha ferito? Non capisco – farfuglio rivolgendomi a Nina.

- Siamo collegati, Hope. Ogni Guardiano è un tutt'uno con il suo Drago. Adrian, Edgar ed io siamo i primi ed unici guardiani su Draconem, quindi non so spiegarti come funzioni questa sorta di magia, ma posso assicurarti che se Tifeo venisse attaccato e ferito, sentirei io stessa il suo dolore; stessa cosa se la situazione si invertisse e fossi io quella in difficoltà, lui se ne accorgerebbe all'istante.

Ascolto la giovane con attenzione, ma non riesco a guardarla perché i miei occhi sono fissi su Edgar, pronti a catturare anche la minima variazione della sua espressione; sono preoccupata come non lo sono mai stata prima per qualcuno.

- Vado ad avvisare Tifeo e Forestis che è tutto apposto. Tu resta qui – mi dice Nina guardandomi con dolcezza e lasciandomi un po' di tempo sola con il Comandante.

Vedendo la giovane allontanarsi, noto che intorno al centro della stanza in cui mi trovo ci sono ancora i cadaveri dei basilischi, mentre a qualche metro più in là del divano sul quale riposa Edgar, si percepisce distintamente la pozza di sangue su cui era inginocchiato il Guardiano prima che fosse preso dal mantello e trascinato in armeria da quell'orrenda arpia. A terra c'è l'intero percorso disegnato col sangue dell'uomo.

I miei pensieri si interrompono nel momento esatto in cui un rantolo pronuncia il mio nome:

- Hope... state bene...

È la voce di Edgar.

Distolgo immediatamente lo sguardo dal macabro dipinto sul pavimento e lo rivolgo in direzione del Comandante: i suoi occhi sono affaticati.

Mi avvicino per tenergli la mano e rassicurarlo, ma il suo fisico è troppo provato per ciò che gli è successo, così non faccio in tempo a dirgli che andrà tutto bene, che cade nuovamente tra le braccia di Morfeo.

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