XIX

Forestis plana dolcemente in direzione di una piccola isola, bagnata dalle fresche acque di un mare limpido e caratterizzata da alcune zone variopinte alternate a chiazze verdi smeraldo. Avvicinandoci, realizzo che si tratta di graziose casupole in legno dai tetti colorati, costruite dagli abitanti che hanno abbellito i cortili con rigogliose siepi e alberi da frutto.

- Tenetevi, signorina Hope, l'atterraggio sarà un po' più brusco del solito visto che Forestis avrà poco terreno sul quale poggiare le zampe – afferma il Comandante, prendendomi una mano e portandosela alla vita.

Frettolosamente mi stringo all'uomo e osservo la minuscola piazzola nella quale la dragonessa della Terra ha intenzione di arrestare il suo volo; effettivamente la maestosa creatura è solita atterrare sui vasti giardini di un castello o di un palazzo, mentre adesso dovrà fare attenzione a non schiacciare qualche passante o a radere al suolo una o due abitazioni.

Forestis si beffa dei miei pensieri e con stupefacente maestria riesce a scendere tra la gente, la quale ammira con trasporto il rettile alato dalle squame sgargianti.
Un brusio incessante travolge la folla appena creatasi, che accorre un po' preoccupata ad accoglierci, bramosa di attenzioni e rassicurazioni.

- Comandante, Comandante! - grida qualcuno.

- È arrivata la dragonessa della Terra con il suo Guardiano! - afferma qualcun altro sbigottito ed entusiasta allo stesso tempo.

Edgar sembra non curarsi di ciò che ci circonda e smonta dalla sua fedele cavalcatura per poi aiutarmi a fare lo stesso.

- Chi sono tutte queste persone? - chiedo un po' preoccupata alla vista della calca che si sta formando.

- State tranquilla, signorina Hope. Si tratta degli abitanti di Bergetar, una piccola isola di Draconem basata sul commercio – spiega, lasciandomi a terra.

Mi stupisco della sua calma inattaccabile e osservo meglio gli uomini e le donne che si avvicinano a noi; la statura di queste persone non supera il metro e quaranta, tanto che stento a credere che si tratti di adulti.

- Sono così bassi – dico ad Edgar quasi con un filo di voce.

L'uomo sorride prima di rivolgersi a Forestis.

- Vai pure, ti avviserò quando avremo finito qui. Puoi seguirci dall'alto – afferma sereno indicando il primo sole su di noi, mentre osserviamo entrambi la dragonessa annuire e alzarsi in cielo.

- Abitanti di Bergetar e forestieri, commercianti ed acquirenti, uomini, donne e bambini, giovani ed anziani, non sono qui per portarvi notizie; la mia è una visita di piacere per ammirare il vostro stupendo artigianato. Non fate caso a noi e continuate a godervi le bellezze che ha da offrire ogni bottega di questa magnifica isola.

Così detto, Edgar sorride alla popolazione, che esplode in fragorose grida di gioia, esultando e alzando i pugni in aria in segno di approvazione. Lentamente, la folla si disperde e questo ci permette di inoltrarci fra le viuzze della città.

- Come hai detto che si chiama questo posto? - domando, ammirando le finestre colorate che impreziosiscono le facciate delle casupole ad un piano e con il tetto basso.

- Questa è l'isola di Bergetar, signorina Hope. Qui si possono trovare i più graziosi ninnoli che voi abbiate mai visto, ma non solo: alcuni commercianti vendono armi potenti forgiate da artigiani formidabili. Ci sono anche botteghe in cui si possono acquistare abiti eleganti e raffinati, negozi di mobili in puro legno di quercia e persino bancarelle per i gusti culinari più ricercati – spiega con voce calma e calda.

- Perciò, gli abitanti di Draconem vengono a rifornirsi qui per tutto ciò di cui hanno bisogno?

- Anche se gli abitanti di Draconem sono molti, in pochi conoscono questo luogo. – sorride – Fortunatamente, nonostante Bergetar abbia un commercio fiorente ed affermato, non è molto frequentata dagli stranieri e questo permette agli abitanti di vivere tranquilli e senza guerre.

- Che cosa intendi per guerre? - chiedo, mentre mi fermo ad ammirare la merce esposta all'esterno di una bottega che vende bracciali in metallo in cui sono incastonate pietre preziose.

- Draconem non è un mondo privo di violenza e crudeltà – afferma serio.

- Certo, mi hai già spiegato del Nigradraco – dico con sicurezza sfiorando una fredda pietra azzurra venata di bianco sul tavolino davanti a noi.

- Non mi riferisco a quello, signorina Hope.

- Ah no? - chiedo sorpresa lasciando perdere la chincaglieria e fissando Edgar nei suoi occhi ambrati.

L'uomo scuote la testa e mi esorta a continuare la nostra passeggiata fra le vie intricate davanti a noi.

- Dovete sapere, signorina Hope, che prima della comparsa del Nigradraco, il nostro mondo era popolato da forze oscure, come ad esempio i Nequam. Inoltre, i draconiani sono un popolo pacifico, ma anche molto determinato, perciò basta qualche testa calda per entrare subito in conflitto. I conflitti, dapprima semplici baruffe, diventano battaglie ed infine guerre. Il nostro temperamento di antichi combattenti ci porta a non saper distinguere ciò per cui valga davvero la pena lottare e ciò per cui si potrebbe chiudere un occhio – spiega con un sorriso venato di dispiacere.

Colgo immediatamente la sua espressione quasi di rammarico ed inizio a domandarmi quali siano le motivazioni per le quali il Comandante debba provare un sentimento del genere, quando ad un tratto mi giunge all'orecchio una dolce melodia lontana.

Edgar osserva il mio viso e cerca di scrutare con i suoi occhi cosa mi stia passando per la testa, poi decide di farsi avanti.

- Venite – ordina e dopo avermi raggiunta mi sorpassa prendendomi per mano, non lasciandomi il tempo di pensare.

I suoi passi sono decisi, ma pazienti, sa perfettamente dove dirigersi: all'origine dell'insieme di note che ho percepito poco fa. La melodiosa sinfonia si fa sempre più distinta e man mano più dolce.

- Ci siamo quasi, signorina Hope.

Il Comandante percorre gli ultimi metri senza mai voltarsi a guardarmi, ma stringe con presa sicura la mia mano affinché io non possa perdermi nell'intricato percorso impresso a fuoco nella sua mente, il quale si mostra ai miei occhi come un labirinto di strade ricolme di gente.

Improvvisamente Edgar si ferma e questo fa sì che io colpisca con la fronte la sua schiena muscolosa resa soffice dal suo iconico mantello. Questo non sembra distogliere la sua attenzione, piuttosto si volta a prendermi entrambe le mani per spingermi davanti a lui cosicché io possa ammirare ciò che lui stesso sta osservando.

Davanti al mio sguardo sbigottito, si palesa una scena onirica.

Un omino canuto, ricurvo e dalla pelle olivastra è seduto a terra e suona uno strano flauto nodoso aggrovigliato su sé stesso, mentre davanti a lui un serpentello baffuto e con delle lunghe corna fluttua in aria attorno ad un paio di piccole spade bianche, anch'esse a mezzo metro da terra.

- Edgar, ma come fa quel serpente a volare? E quelle spade, come riescono a stare in aria?

- Signorina Hope, osservate meglio. Non si tratta né di un serpente, né di due spade – risponde il Guardiano esortandomi con una mano ad aguzzare la vista.

Più che sicura di ciò che si è palesato davanti ai miei occhi, assecondo il Comandante soltanto per educazione, ma questo fa sì che io mi ricreda: ha ragione.

- Ma quello è un drago! - esclamo sorpresa, avendo notato le zampe dell'animale e un piccolo abbozzo di ali, poi cerco di capire che tipo di armi siano quelle attorno al quale volteggia il rettile.

- Signorina Hope, quello è un drago, esatto. Sapete cosa sta facendo? Forgia assieme al suo incantatore un paio di pugnali da battaglia – sostiene Edgar, aiutandomi a capire la situazione e risolvendo il quesito su quelle che a me sembravano spade.

- Incantatore? Cosa significa che il drago sta forgiando con l'incantatore quei pugnali? Intendi dire che quel vecchietto è un fabbro e allo stesso tempo un mago?

- Per l'esattezza, si tratta di un Pemikat e di un Nagasihir.

Mi giro ad osservare Edgar totalmente disorientata e così, per mia fortuna, decide di fornirmi qualche dettaglio in più.

- Un Pemikat è colui che rinuncia ai beni materiali ed agli affetti per dedicare completamente la sua vita alla creazione di oggetti magici, unici e rari; un Pemikat non può prendere moglie, non può avere prole e non può possedere nulla, ma può usufruire di ciò che gli dona la natura, senza esercitarne alcun diritto di custodia permanente.

- Cosa vuol dire? - chiedo frastornata.

- Un Pemikat vive quasi da eremita, non può amare nessuno se non la sua arte e non può costruire un rifugio che sia sempre suo, non può possedere oggetti in eterno e deve lasciarli sempre ai più bisognosi. Vedete, signorina Hope, quel flauto? É in legno ed è stato offerto al Pemikat dalla natura di Draconem; un giorno, quando il Pemikat arriverà alla fine dei suoi giorni, quello strumento si ricongiungerà con la terra e sarà nuova fonte per qualcos'altro di straordinario.

- Che storia affascinante, non mi aspettavo un qualcosa di così profondo. Quindi quando parli di Pemikat ti riferisci al vecchietto, mentre il Nagasihir è il nome del flauto? - chiedo, dopo aver compreso ciò che Edgar mi ha spiegato con una naturalezza davvero invidiabile.

- No, signorina Hope – risponde, ma quando è ormai pronto ad espormi la seconda parte del racconto, l'anziano omino di cui abbiamo parlato finora finisce di suonare e si dirige verso di noi sorridendo.

-Ah, Comandante Wahren, sono immensamente onorato e felice di rivedervi dopo tutti questi anni – enuncia l'anziano con voce roca e gracchiante.

Edgar osserva sospetto l'interlocutore e una smorfia di scetticismo gli dipinge il volto.

Chi è quest'uomo?

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