XIV

Edgar mi ha imposto di essere cauta e silenziosa mentre avanzo insieme a lui in questa foresta impenetrabile, ma non ha voluto spiegarmi il perché, nonostante io abbia preteso di saperlo e sia stata insistente. Al mio occhio inesperto, sembra che non stiamo seguendo un sentiero in particolare, ma restiamo comunque vicini alla sponda del fiume, il quale continua a scorrere alla nostra destra. Il sottobosco è caratterizzato da un'erba verdissima, tipica delle stagioni più calde, e dai versi stupefacenti emessi in lontananza dagli abitanti di questa immensa pineta: uccellini, grilli e piccoli rapaci diurni. L'insieme di questi suoni, unito a quello dello scrosciare dell'acqua fra le pietre del fiume, assomiglia alle note di una musica piacevole ed unica.

- Signorina Hope, venite qui presto, ma non fate rumore – sussurra il Comandante, facendomi segno con la mano di raggiungerlo per cancellare i due o tre metri che ci separano.

È da almeno un quarto d'ora che parliamo sottovoce, tanto che sembra di essere tra gli scaffali di una biblioteca invece che fra gli arbusti di un bosco; chissà da cosa dobbiamo nasconderci per non poter nemmeno parlare normalmente.

Gli do ascolto e mi dirigo verso di lui con calma, nonostante la curiosità che ho nel cuore mi urli di fare più in fretta.

- Che cosa... - inizio a chiedere, ma Edgar mi preme delicatamente una mano sulla bocca prima che possa proferire un'altra parola, mentre con l'altra mi benda gli occhi, poi mi spinge ad inginocchiarmi insieme a lui dietro un grande tronco spezzato che c'è per terra e che riesco ad intravedere con fatica fra le sue dita.

- Signorina Hope, non parlate, non gridate: non fate nulla.

Annuisco. L'uomo dal mantello nero mi scopre le labbra, facendo sì che l'aria torni libera ad irrorarmi i polmoni, poi lascia scivolare anche la mano che mi ha coperto la visuale per qualche istante.

- Guardate!

Apro gli occhi sbattendo frequentemente le palpebre finché non mi riabituo alla luce e cerco davanti a me l'oggetto indicatomi dal Comandante.

Con mio indescrivibile stupore, si palesa davanti al mio sguardo un incantevole e maestoso drago dalle scaglie azzurre, il quale osserva a sua volta un uovo roccioso ricoperto di crepe e investito da movimenti sussultori: si sta schiudendo. Ammiro con immenso trasporto ciò che accade a qualche metro da me, al di là dei cespugli e del tronco dietro il quale ci siamo rifugiati: la dragonessa è immersa in una radura nel bosco ed annusa con premura il guscio calcareo in cui è rinchiusa la sua prole, pronta ad accogliere il piccolo drago che sta per venire al mondo.

Con un ultimo sforzo, la creatura indifesa esce dall'uovo in silenzio, ma non appena percepisce l'odore della madre, le si fionda sul muso iniziando ad emettere versi acuti e gutturali.

- Vedete, signorina Hope, il piccolo sta cercando sua madre: la sua unica certezza di sopravvivenza - mi spiega Edgar sottovoce.

Mi volto ad osservarlo e nel suo sguardo intravedo un filo di tristezza che si fa strada tra l'immenso piacere della scoperta. È felice di vedere una nuova vita fare capolino nel mondo, ma allo stesso tempo c'è qualcosa che lo turba.

Che cosa sarà?

Questa volta credo sia meglio non chiedere e aspettare ancora un po' di tempo prima di asfissiarlo con tutte le domande che mi passano per la testa.

Alquanto insicura nei miei movimenti, poggio la mia mano sulla sua, la quale mi sta cingendo delicatamente la vita.

- È incredibile, non avrei mai pensato di poter assistere ad uno spettacolo del genere. Ti ringrazio davvero per questo tuo gesto.

Edgar sorride leggermente facendomi provare una stupenda sensazione che mi riempie il cuore di gioia: sono sorpresa che sia riuscita ad allontanare i possibili pensieri negativi che gli hanno affollato la mente.

- Mi dispiace, signorina Hope, ma è giunto il momento di ritirarsi. Tra poco sorgerà l'ultimo sole ed è necessario tornare al mio castello prima che faccia buio. Non abbiamo tempo da perdere – sussurra e si allontana, trascinandomi con sé per una mano.

Lontani dalla radura e fuori dal bosco, il Comandante si porta le dita alla bocca: fischia.

Forestis arriva maestosa nel giro di pochi secondi, atterra sprigionando una poderosa folata di vento ed è già pronta ad alzarsi nuovamente in volo. Rivolgo un ultimo sguardo in direzione della famiglia di draghi che ho visto poco fa, prima di montare insieme ad Edgar sulla sua fedele compagna.

- Edgar, dove dormirò questa notte?

- Il mio castello ha infinite stanze, signorina Hope. Sentitevi libera di scegliere quella che più vi aggrada al nostro arrivo.

- Ah. Anche tu dormirai nel castello?

Non ho mai dormito nella casa di un uomo, né tanto meno in un castello: sono imbarazzata ed emozionata allo stesso tempo.

- Signorina Hope, ricordate le parole di Alvise? Ho il compito di istruirvi, di insegnarvi a cacciare e di prendermi cura di voi. Come potrei proteggervi se foste lontana da me? Non abbiate timore, sarete al sicuro con me e Forestis. Giuro solennemente che non vi sfiorerò nemmeno con un dito.

Si volta a fissarmi, ma il suo sguardo è incerto. Le sue parole mi rassicurano perché penso immediatamente che di questo luogo conosco davvero poco e non so con quali esseri immondi potrei avere a che fare. Accetto la sua deduzione logica, ma continuo a sentirmi così in soggezione, che scenderei volentieri dalla nostra cavalcatura se non fossimo a centinaia di metri da terra.

Decisa a non lasciarmi sopraffare da inutili paranoie, ipotizzo sia meglio cambiare discorso.

- Quando arriviamo?

Che domanda stupida. L'imbarazzo mi fa sembrare proprio una sciocca.

- Dobbiamo pazientare ancora un po', signorina Hope. Forestis è veloce, ma abbiamo camminato nella direzione opposta a quella della mia dimora per vedere la nascita di quel drago – risponde con tranquillità.

Forse non si è accorto che stavo sviando dal discorso di poco fa e così continuo imperterrita nella mia missione di depistaggio:

- A proposito... il drago azzurro di prima appartiene ad una specie in particolare o è un esemplare qualunque?

- Quelli che abbiamo visto nella foresta, signorina Hope, sono Draghi di Ghiaccio. Come vi ho accennato stamattina, ci sono diverse classi in cui sono suddivisi i draghi. Oltre alla classe degli Elementi, rappresentata da Forestis, Teti e Tifeo, ne esistono altre: quella di primo livello, quella di secondo e via dicendo. I Draghi di Ghiaccio appartengono alla prima classe sottoposta ai draghi Elementali, quella di primo livello.

Mentre il Comandante soddisfa la mia sete di conoscenza, inizia a piovere forte, ma da lontano riusciamo comunque a scorgere l'isola galleggiante dalla quale si staglia imponente il castello di Edgar. Il terzo sole si è alzato in cielo da poco e da quello che ho appreso oggi, sarà lì soltanto per mezz'ora fiancheggiando gli altri due, sorti ore prima di lui, dopodiché tutti lasceranno spazio al primo sole notturno, una sorta di Luna terrestre.

- Ci siamo quasi. Presto Forestis, più veloce, più veloce!

Il Guardiano della Terra sprona la sua fedele compagna a giungere alla fortezza prima che cali la notte. Il rettile alato recepisce il comando e dopo aver aumentato l'andatura, atterra lesto nel grande giardino davanti all'entrata del castello. Edgar smonta velocemente e mi afferra per i fianchi permettendomi di scendere con una sicurezza e destrezza impressionanti.

Facendo cenno a Forestis di andare al proprio rifugio, l'uomo mi afferra la mano e si dirige verso il portone principale della sua dimora, il quale non è grande tanto quanto quello che ho visto questa mattina al palazzo del Consiglio, ma è comunque alto sui tre metri.

Spinge con forza una delle due maestose ante di legno e mi esorta a varcare la soglia insieme a lui.

- Guarda, ci siamo inzuppati tutti. Uff, odio la pioggia - brontolo strizzandomi i capelli.

- Aspettate qui, signorina Hope, sarò di ritorno in men che non si dica – esordisce e si toglie gli stivali impregnati di acqua mista a terra, poi corre via come una furia.

Nel frattempo, approfitto della mia momentanea solitudine per guardarmi intorno ed ammirare il grande numero di quadri che possiede Edgar. Quelli appesi alle pareti a me vicine raffigurano animali che non conosco, mentre non riesco a vedere bene gli altri che si affacciano lungo l'ampio corridoio.

- Signorina Hope, sto arrivando – dice a gran voce, da lontano, e lo vedo sbucare da una porta poco distante.

Corre a piedi nudi nella mia direzione portando con sé un grande asciugamano rosso; si è disfatto dell'uniforme fradicia e indossa una camicia ed un pantalone, entrambi scuri.

- Edgar, domani avrai la febbre se non metti qualcosa ai piedi. Sei impazz... - non finisco la frase che mi avvolge l'asciugamano intorno e mi solleva da terra, liberandomi dalle scarpe e dai calzini ormai intrisi d'acqua, per poi tornare da dove è venuto.

- Il mio mondo è più feroce del vostro, signorina Hope, sono abituato a certe inezie, ma voi no. Il mio compito è quello di proteggervi e non ho intenzione di farvi ammalare.

Abbozza un sorriso per un istante, poi torna fiero ed io mi stringo al suo petto come la prima volta che mi ha portata in braccio, assaporando il suo profumo, lo stesso della prima notte in cui ci siamo conosciuti.

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