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L'uomo mi ha accennato di draghi che abitano il suo mondo, di magia che ne regola l'equilibrio e di sigilli protettivi, ma di spade che tagliano l'aria non ne sapevo nulla, finché non l'ho visto con i miei occhi.
Rimango sbigottita qualche metro distante da Edgar, che ha creato un'apertura con il fendente della sua spada e adesso mi sta esortando ad avvicinarmi a lui e a questa sorta di ferita nel nulla. Con cautela lo raggiungo e immergo lo sguardo nelle viscere dello squarcio: infinite varietà di blu, bianco e verde s'intrecciano fra loro e tutto ciò che si può ammirare non ha limiti, non esistono contorni, non ci sono né cielo né terra, non ci sono né destra né sinistra, né inizio né fine.
Ammaliata e catturata da così tanta superbia di magia, infilo una mano nel vuoto colorato per vedere se i miei occhi sono sinceri o se si tratta di un sogno. Le mie dita restano in un'altra dimensione ed è tutto vero, perché quando mi sporgo con la testa per vedere se dall'altra parte esce qualcosa, mi rendo conto che nel mio mondo non c'è altro dopo il mio polso.
Guardo Edgar e lui mi osserva, restando in attesa di un'eventuale domanda o di una qualunque reazione, sa che tutto questo potrebbe sconvolgermi, così aspetta, ma non dico nulla e continuo a tentare invano di afferrare qualcosa nello squarcio. Mentre acciuffo l'aria colorata come farebbe una bambina, l'uomo si porta il pollice e l'indice alle labbra: fischia. Il suono è sottile, leggero e quasi melodioso tanto da accarezzare le mie orecchie.
- Guardate - mi esorta, facendomi cenno con la testa in direzione del luogo in cui si trova la mia mano.
Nella distorsione spaziale, non so in che altro modo definire la fenditura nell'aria, la densità dei colori inizia ad aumentare e improvvisamente appare la testa gigantesca di un animale: la conformazione del muso è di un rettile e i colori sgargianti che lo caratterizzano sono sfumature di verde con qualche riflesso bianco e blu.
Spaventata dall'ignoto essere che mi si palesa davanti, ritraggo istintivamente la mano, ma l'uomo mi blocca il polso con delicatezza e decisione allo stesso tempo.
- È un drago, signorina Hope - dice, poi conclude con tenerezza - il mio.
La voce di Edgar risuona nella mia testa, mentre guardo esterrefatta ciò che ho davanti e tento di capire da dove provenga una creatura così stupefacente e leggendaria.
- Non abbiate paura, non è qui per farvi del male - mi tranquillizza il comandante e poggia la sua mano sulla mia, avvicinandola in direzione del suo fedele compagno. Non ho paura, il mio istinto ripone fiducia in lui, ma sfido chiunque a sfiorare le fauci fameliche di un drago. Lascio che Edgar guidi la mia mano, stupita del fatto che l'animale maestoso non indietreggi, ma esplori con calma le mie dita sudate per l'agitazione: i suoi occhi cerulei mi scrutano e un vento fresco e leggero mi investe.
Le scaglie fredde e coriacee della sua armatura risultano possenti e indistruttibili a contatto con la mia pelle morbida e indifesa; la sua magnificenza si mostra davanti a me, un essere insignificante al cospetto di una creatura tanto imponente.
- Signorina Hope, Forestis vi accompagnerà a Draconem – dice l'uomo, interrompendo i miei pensieri colmi di emozione per ciò che sto vivendo.
- Forestis? È così che si chiama?
- Sì. Solo un drago può attraversare lo spazio tra il mio e il vostro mondo, ma può portare con sé soltanto una persona per volta all'interno del passaggio temporale. Andrete voi per prima e quando sarete arrivata a Draconem, Forestis tornerà indietro, in breve saremo da voi.
- Ci vorrà parecchio? E se cadessi? - chiedo intimorita.
- Non cadrete, il viaggio non sarà poi così lungo: una mezz'ora scarsa e sarete dall'altra parte. Mi raccomando però, nel momento in cui Forestis vi lascerà a Draconem, cercate un rifugio il più vicino possibile al luogo di arrivo e non muovetevi da lì per nessun motivo. Avete capito?
I suoi occhi dorati mi fissano in attesa che io gli risponda e così faccio:
- Certo, ti aspetterò ben nascosta, ci tengo alla mia vita.
- Molto bene, allora siete pronte per partire.
Senza che mi dia il tempo di proferire parola, Edgar mi prende per i fianchi aiutandomi a montare su Forestis e una volta che le sono in groppa, le dice:
- Amica mia, portala in salvo nella nostra terra e torna più velocemente che puoi, io sarò qui ad attenderti.
Le accarezza la testa e Forestis parte come se lo avesse capito.
Il drago si inoltra veloce come una scheggia e taglia l'aria variopinta in cui siamo immerse. Indecisa, mi volto per guardare Edgar e perdo l'equilibrio a causa dello zaino pesante che ho sulle spalle, nel quale ho riposto le mie cose. Con mossa sicura, il rettile mi impedisce di precipitare nel nulla e finisce con il rimproverarmi ruggendo:
- Non voltatevi o rischierete di cadere.
- Tu parli? - le chiedo spaventata osservandola mentre le faccio questa domanda sciocca.
- Sì, tutti i draghi che popolano il mio mondo sono in grado di comprendere e parlare la vostra lingua. Non dovete essere in pensiero; tornerò a prendere Edgar subito dopo che vi avrò messa al sicuro.
La creatura, sulla quale cavalco incredibilmente le sfumature del cielo, è gentile e parla pacata: questo mi tranquillizza nonostante la sua enorme mole e il suo aspetto poco rassicurante.
Forestis ha il corpo lungo e sottile come quello di un serpente, ma decisamente più grande di quest'ultimo e non ha le ali. A essere sinceri, ne ha un abbozzo in prossimità dei suoi piccoli arti superiori, mentre due corna bianche le dividono la testa dal collo.
Immerse nel viaggio per Draconem, ammiro i colori davanti a noi: sembra quasi di poter afferrare tutte le sfumature che ci circondano, ma in realtà non c'è nulla di concreto. Ciò che invece posso toccare e sentire distintamente sono le scaglie che proteggono la pelle della mia scomoda cavalcatura: sono dure, spesse e ruvide.
Il viaggio continua in silenzio mentre cerco di resistere al fastidio che sto provando per essere seduta su una specie di roccia appuntita in movimento e, all'improvviso, scorgo una zona luminosissima farsi sempre più grande: l'uscita.
Forestis rallenta l'andatura ed esce allo scoperto, ciò che mi si pone davanti è un ambiente freddo e notturno. La vallata è illuminata da due grandi lune lucenti e tutto intorno a me si intravede una vegetazione spoglia e triste.
- Presto, riparatevi dietro quelle rocce e attendete il mio ritorno. Non c'è tempo per le spiegazioni, raggiungerò Edgar e volerò più veloce di quanto io non abbia mai fatto per essere di nuovo qui con voi – ruggisce, mentre i suoi occhi azzurri si rispecchiano nei miei, e sparisce nello squarcio da cui siamo appena venute, il quale si richiude al suo passaggio.
Ormai sola, faccio quanto mi ha suggerito la dragonessa e aspetto.
Sono inquieta.
Ho freddo.
Mi siedo a terra e mi raggomitolo su me stessa per scaldarmi, ma non perdo tempo e approfitto per osservare al meglio il paesaggio: ci sono molti alberi spogli, la terra è secca ed arida mentre le rocce sono nere e alquanto ruvide. Sembra quasi che la vita abbia abbandonato questo luogo ormai da tempo, così inizio a pensare che non sia stata una buona idea quella di fidarmi di Edgar, forse sarei stata più al sicuro se me ne fossi rimasta a casa.
Il tempo passa lentamente e i rumori notturni mi angosciano ingigantendo le mie paure dettate dalla solitudine in un luogo a me sconosciuto: sono priva di protezione e di qualunque arma per difendermi.
Un piccolo suono mi sorprende alle spalle e mi fa sussultare: sono tornati. Sono salva.
Edgar smonta dal drago e il suo sguardo mi cerca preoccupato: mi ha vista. Viene verso di me e s'inginocchia per starmi vicino poi fa un cenno a Forestis che vola via velocissima.
- State bene, signorina Hope? - mi chiede.
- Sì, anche se l'attesa è sembrata interminabile. Sono felice che siate tornati – rispondo sospirando dal sollievo.
- Va bene, adesso dobbiamo aspettare l'alba, non ci è concesso proseguire di notte: potrebbe esserci il Nigradraco in giro, ricordate? Mancano ancora un paio d'ore prima che il primo sole sorga, aspetteremo qui fra queste rocce - dice e si sfila il mantello per poi porgermelo.
- Riposate pure, resterò io a controllare che nessuno ci attacchi – dice fiero e sicuro di sé.
Non controbatto e prendo il suo soffice mantello, lo stendo per terra e mi ci avvolgo dentro. Lo guardo un'ultima volta prima di cadere tra le braccia di Morfeo: il suo profilo imponente, anche stando in ginocchio, mi fa sentire protetta e non faccio fatica a prendere sonno.
- Signorina Hope, svegliatevi. Signorina, signorina dobbiamo andare!
Qualcuno mi sta chiamando, ma voglio continuare a dormire, sono troppo stanca.
- Hope! - grida più forte.
Apro gli occhi frastornata e la prima cosa che vedo sono due giganteschi zaffiri luminosi che mi fissano.
- Aaaah! - grido colta alla sprovvista - Forestis, mi hai fatta spaventare, senti il mio cuore! – continuo indicandomi il centro del petto.
Edgar ride di gusto ed è bello vederlo divertirsi per una volta, tanto che, passato lo spavento, rimango a guardarlo.
Attento com'è se ne accorge e, mentre finisce di ridere, mi ordina indicando la vallata:
- Signorina, guardate altrove, non sono io la cosa più interessante da ammirare, dovete credermi.
Un fuoco divampa dentro di me e sento le guance bollenti, così distolgo lo sguardo da lui volgendolo al paesaggio.
L'uomo ha ragione: la natura di Draconem è totalmente cambiata durante il mio sonno.
Nota autrice: Se la storia vi appassiona e ritenete che sia meritevole di essere letta, vi chiedo gentilmente di lasciarmi le stelline affinché venga proposta agli utenti di wattpad. Se volete lasciarmi dei commenti, pareri, critiche e tutto ciò che vi passa per la testa ( inerente alla storia) vi prego di farlo, non posso che esserne felice. Grazie per aver cominciato a leggere questa storia Fantastica.
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