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Questa mattina non ho sentito la sveglia.

Conoscendo la mia pigrizia, l'ho posizionata sul grande comò ai piedi del letto. Questo è un ottimo spunto per alzarsi: o vado a farla tacere o resto ad ascoltare che suoni all'infinito spaccandomi i timpani e impedendomi di dormire.

Avrei dovuto essere in piedi alle otto, poiché volevo andare in centro a comprare dei colori nuovi per i miei dipinti, ma ormai sono le undici e non mi conviene uscire.

Giacché ho perso la mattinata, abbandono svogliatamente le mie lenzuola calde e mi dirigo in cucina per cercare qualcosa da mettere sotto i denti.

Nel frigo è rimasta una scatoletta di tonno già aperta, un po' di formaggio spalmabile e da qualche parte dovrebbe esserci del pane.

No.

Mi sono sbagliata, è finito anche quello.

Mia cara Hope, devi uscire per forza.

Mi sporgo leggermente dalla finestra posta di fianco al frigorifero e osservo il cielo.

Piove.

Odio la pioggia.

L'aria sa di asfalto. Mi sembra di respirare benzina, gas, e tutte le schifezze della strada alzate dall'acqua, la quale sbatte violentemente a terra e unisce tutte quelle porcherie in corpose pozzanghere nere.

Coraggio.

Mi preparo velocemente per uscire e in pochi minuti sono pronta ad abbandonare con riluttanza la mia calda dimora.

Prendo l'ombrello, corro giù per le scale e mentre esco dal portone, schiaccio il bottoncino così da farlo scattare per aprire la tela sulla mia testa. Apro il cancello e lo chiudo dietro di me, mi guardo intorno e attraverso la strada.

Nonostante sia maggio e siano le undici e mezzo, non c'è nessuno in giro. Probabilmente si sono tutti ricordati di fare la spesa e staranno già cucinando per il pranzo, visto che è domenica.

Mi immergo in una breve passeggiata che ha ben poco di primaverile e, dopo dieci minuti, raggiungo il supermercato. Decido di prendere le cose essenziali, ma poi cammino tra gli scaffali del reparto bellezza e come sempre, mi metto a fantasticare davanti ai prodotti per capelli.

Mi immagino con un colore diverso dal mio: un nero corvino, o un biondo acceso.

Che orrore.

Il biondo non mi piace e ho la pelle troppo chiara per il nero; forse il mio castano può andare bene ancora per un po', in fondo ci convivo da ventitré anni. Non ho mai avuto il coraggio di cambiare tinta, nonostante quel difetto.

Coraggio.

Mi incammino verso la cassa e l'attesa è quasi nulla, visto il supermercato deserto. Esco dal negozio, e noto con sollievo che ha smesso di piovere.

L'ho già detto che odio la pioggia?

Torno a casa e durante il tragitto penso che per una settimana dovrei cavarmela con quello che ho acquistato, nonostante non abbia speso un granché per rifornire la dispensa.

Giunta davanti al cancello di casa, entro frettolosamente nel giardino, pregustando il pranzo che sto per assaporare, ma resto sorpresa davanti all'entrata.

Che cos'è?

Mi avvicino per guardare meglio.

Una macchia di un blu deciso colora parte del mio portone in frassino.

Chi l'ha lasciata?

Nota autrice: Se la storia vi appassiona e ritenete che sia meritevole di essere letta, vi chiedo gentilmente di lasciarmi le stelline affinché venga proposta agli utenti di wattpad. Se volete lasciarmi dei commenti, pareri, critiche e tutto ciò che vi passa per la testa ( inerente alla storia) vi prego di farlo, non posso che esserne felice. Grazie per aver cominciato a leggere questa storia Fantastica.

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