Capitolo 2
Emma era totalmente sola in quello strano e terribile posto. Avrebbe voluto chiedere aiuto a qualcuno, ma a chi? Sembrava che non ci fosse nessun essere umano lì dentro, ma solo mostri assetati di sangue. All'improvviso, un gelido vento colse e avvolse la bimba che, per evitare di sentire troppo freddo, si strinse con forza il mantello che indossava; continuò a camminare finché non arrivò in una specie di camera da letto matrimoniale. Era bellissima: c'erano tende rosee alle finestre, un paio di vasi con delle orchidee dentro e il legno del letto era tempestato di gemme. Vicino alla porta vi era un maestoso armadio, con le maniglie di smeraldo. Emma era rimasta incantata dalla bellezza di quella stanza, tanto da non volerne uscire più. Ma come ogni cosa bella, c'era un lato oscuro: quella stanza era sotto l'incantesimo di una strega, che apparve dinanzi alla bambina e, con un gesto della mano, la legò al letto con le coperte.
Strega: Tu devi essere Emma.
Emma: Tu chi sei?!
Strega: Il mio nome non è affar tuo, impiastra. Sappi solo che La Sirena desidera la tua morte.
Emma: La Sirena?
Strega: Non sono tenuta a parlare ancora. Ti consiglio di non uscire da questa stanza... Se tieni alla vita.
La strega se ne andò e chiuse la porta con il pensiero. Emma tentò di divincolarsi, ma le coperte si facevano sempre più strette, in procinto di spezzarle le ossa. Per fortuna aveva con sé il bastoncino appuntito, con cui riuscì a lacerarle e uscì silenziosamente dalla porta. Le prese un colpo quando vide la strega: ella stava osservando con attenzione qualcosa fuori da una finestra e nel frattempo stava affilando un oggetto luccicante. Sembrava fosse un pugnale, quindi Emma decise di non avvicinarsi; imboccò, invece, un altro corridoio che la condusse a un bivio. Non sapeva se andare a destra o a sinistra. Optò per la prima e di colpo il pavimento su cui stava camminando si ruppe e lei precipitò nelle profondità più oscure del luogo dove si trovava. Cadde in quello che sembrava un fiume, uscì dall'acqua e, stremata, andò avanti sperando di trovare un rifugio dove potersi riposare un attimo, per riprendere fiato. Erano successe talmente tante cose che la poverina non avrebbe resistito ancora a lungo, soprattutto perché ricominciò ad avere fame, ma non aveva idea di dove avrebbe potuto trovare del cibo. Davanti a lei c'era un condotto dell'aria, nel quale lei entrò frettolosamente; il passaggio la condusse in una mensa, dove trovò del pane. Fu difficile per lei riuscire a masticarlo, poiché era abbastanza duro, ma riuscì comunque a mangiarlo e si sentì un po' meglio, malgrado la stanchezza. Purtroppo sentiva che la sua fuga da quel posto era appena cominciata, e voleva solo riabbracciare sua madre, ma gli ostacoli che la separavano dal farlo erano molti e difficili da superare. Si sedette a uno dei tavoli e iniziò a crogiolarsi nella sua tristezza. Non sapeva se sarebbe riuscita a farcela, ma pian piano dentro di lei crebbe un'incredibile grinta che la spinse a proseguire. Si alzò e uscì dalla mensa; appena ebbe messo un piede fuori dalla stanza, davanti a lei si parò un ragazzino, più o meno sui dodici anni. Aveva i capelli castani e gli occhi di un leggero violetto. Indossava una felpa verdognola logora e dei jeans strappati. Aveva anche lui dei lividi e anche un paio di piccole ferite sul volto. Questi guardò Emma con aria preoccupata e cominciò a tremare.
Ragazzino: Tu... Tu non vuoi uccidermi, vero?
Emma: Perché dovrei?
Ragazzino: Poco fa ho incontrato una bambina... Sembrava innocente e indifesa, ma poi...
Emma: Poi... Si è trasformata in un mostro?
Ragazzino: Come fai a saperlo?
Emma: Perché l'ho incontrata anche io, purtroppo. Ho avuto molta paura...
Ragazzino: Credo che mi stia ancora inseguendo.
Emma: Come ti chiami?
Ragazzino: Liam. E tu?
Emma: Emma. Io... Oh no!
Liam: Che succede?
Emma: Oh mio Dio, guarda!!
Liam si girò di scatto e in lontananza vide la bambina di cui parlavano, che si trasformò e corse verso di loro. Emma era pronta a ucciderla, ma si accorse di aver perso il bastoncino.
Emma: Accidenti! Ho lasciato il bastoncino puntuto sul tavolo della mensa!
I due scapparono, cercando ovunque con lo sguardo un nascondiglio o un passaggio per riuscire a sfuggire a quell'orrenda creatura. Quest'ultima era molto veloce e stava per raggiungere i due poveri ragazzini, che si sentivano ormai senza speranze di sopravvivere in quel letale e oscuro luogo. Continuarono a correre senza mai fermarsi e la stanchezza cominciò a crescere nei loro corpi.
Liam: Ho bisogno di una pausa.
Emma: Non possiamo fermarci adesso! Quella cosa è ancora dietro di noi!
Corsero fino allo sfinimento e, finalmente, riuscirono a trovare qualcosa per fermare il mostro. Una spada, particolarmente affilata. Emma si occupò di distrarre la creatura, così da permettere a Liam, che brandiva l'arma, di eliminarla. Dalla bocca del muso che si trovava sulla pancia del mostro fuoriuscì un serpente gigantesco, che si avvicinò ai due poverini, pronto a mangiarli.
Emma: No! No! No! Ho paura dei serpenti!
Liam: Io no.
Liam corse verso il rettile e gli tagliò la testa, che crollò al suolo. Intanto, la creatura avanzò, ma Emma fece da bersaglio e cominciò a correre di nuovo. La bimba condusse la nemica in una specie di enorme giardino e Liam si preparò ad attaccare. Emma correva con tutte le sue forze, le quali pian piano la stavano abbandonando, poiché la bambina era davvero provata. Il mostro sputò un'altra ragnatela, che afferrò la bimba per una caviglia.
Mostro: Ci è voluto molto, ma alla fine ti ho presa. Te l'avevo detto.
Liam: Emma, no! Lasciala, maledetta!
Liam, in uno scatto d'ira, si precipitò verso la creatura, tagliò la tela e poi, con decisione, ne recise gli arti. Dopodiché, fece cadere la spada a terra, sconvolto da quello che aveva appena fatto. Aveva ucciso il mostro che fino a poco fa lo terrorizzava; Emma, che per un attimo si sentì protetta da Liam, corse ad abbracciarlo e alcune lacrime bagnarono il suo viso da dolce bambina quale era.
Emma: Grazie...
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