ottava prova: Prospettiva alternativa
Doveva per forza accelerare con quei pedali se voleva arrivare in tempo.
Giovanni sapeva che ad aspettarlo ci sarebbe stata anche lei quella sera. Finalmente l'avrebbe riavuta tra le braccia.
L'aria che riusciva a fendere con la sua bici da corsa era quella tiepida e dorata del tramonto, che sul lungarno Serristori lo affascinava ogni pomeriggio tra aprile e maggio. Quando a Firenze esplode il verde sulle rive dell'Arno e le giornate cominciano ad allungarsi.
La bici superava le basole della pavimentazione con agilità e la sua impugnatura era salda ad ogni scossone. All'imbocco del bel Ponte alle Grazie, Giovanni rallentò quel che serviva per non cadere e restare in sella nel traffico del venerdì pomeriggio di rientro dal lavoro.
I lampioni a tre zampe posti sulle spallette dell'Arno cominciavano ad accendersi al suo passaggio, specchiandosi nel fiume, mentre il sole calava a poco a poco e la brezza, mischiata alla velocità di pedalata, riusciva a spettinarlo, facendolo sembrare appena sveglio.
Avevano appuntamento alla casa del boia, in via Ghibellina, per un aperitivo veloce all'enoteca Pinchiorri, per poi salire a Fiesole e ammirare la festa delle lucciole. Lei abitava proprio su quella strada, al numero 82, al quarto piano rialzato in un palazzo del centro, ricco di storia e povero di ascensori. Situato a metà tra l'enoteca e il numero 69, in cui era situata proprio la casa del boia. Per i fiorentini è sempre stata un'istituzione e un punto di riferimento.
Giovanni pedalava e ricordava sorridendo la prima volta che l'accompagnò a casa e le raccontò la storia che ammantava quella costruzione. Un edificio molto particolare perché, in tre lati su quattro, è completamente staccato e isolato, quasi "emarginato" da tutti i complessi abitativi della via. Una stranezza tutt'altro che casuale. Era l'abitazione dell'addetto dalla Signoria alle esecuzioni capitali che, per l'appunto, doveva restare isolata da tutte le altre case, ben visibile come monito a tutta la cittadinanza. Pare fosse stata anche una prigione speciale perché la città non aveva un boia "fisso", ma incaricava delle esecuzioni altri condannati a morte, che nei giorni precedenti alla salita sul patibolo, stazionavano in questa dimora.
Lei rimase turbata da questi racconti e gli si strinse addosso per cercare conforto, e quella situazione gli diede la scusa per rubarle il primo bacio. C'erano poche stelle in cielo quella sera ritornando dal cinema e le strade del centro storico erano particolarmente silenziose, si udivano solo i loro passi e qualche risata in lontananza.
Lo ricordava perfettamente, tutto sembrava essere costruito abilmente dalla città stessa, per arrivare a quel momento: dai vicoli alle mura, dalle fontane ai gatti che inseguivano qualcosa, per accompagnarli a quel bacio senza precedenti. Giovanni rideva ancora se pensava a quella sera di un mese prima, perché trovare l'amore sotto la casa del boia, in effetti, fu quasi un controsenso. La solitudine del boia, e della sua casa, era così presente nell'immaginario della cittadinanza da diventare a Firenze un modo di dire comune, e ancora si usava dire "essere solo come un boia"... ma così non fu per lui.
Pedalando con ritmo sostenuto per via Verdi e svoltando a destra in via Ghibellina, sentì il cuore martellare in petto per l'attesa di lei, che sarebbe finita da lì a qualche minuto.
L'avrebbe rivista dopo una settimana in cui si erano solo sentiti al telefono ed erano rimasti lontani fisicamente, per preparare gli esami della sessione straordinaria.
Quella mattina la consegna definitiva delle tavole di Progettazione lo aveva liberato per qualche giorno dal peso della lontananza e dalla mancanza di sonno, prima di buttarsi anima e corpo sui libri di Storia dell'Urbanistica per l'ultima sessione, prima delle agognate vacanze estive.
Anche lei aveva dato il suo esame particolarmente ostico e ora non vedeva l'ora di passare un po' di tempo tra le braccia di quel magnifico ragazzo. Lo attendeva vicino al portone insieme ai loro amici, appoggiata al bugnato del palazzo e vestita con un abitino a fiori che le lasciava scoperte le braccia e le gambe.
La vide in lontananza e la riconobbe tra tutti, i suoi capelli sciolti sulle spalle sembravano danzarle sul corpo al soffio d'aria che le auto smuovevano al loro passaggio. Sentiva i brividi lungo la schiena al solo guardarla e comprese in quell'istante di essersi irrimediabilmente innamorato, profondamente, come mai prima.
Arrivò con uno stridore di freni e un sorriso a tutta bocca, gli occhi incastrati già in quelli di lei, scaraventò la bici al primo paletto e senza curarsene la lasciò cadere su un lato. Alzò una mano per salutare gli amici e con un balzo la prese tra le braccia e la strinse più forte che poteva dandole un bacio da mozzare il respiro.
Il calore della pietra che pian piano veniva rilasciato nella sera, su cui l'aveva trattenuta per la schiena, era riuscito a passare al suo corpo e a confondersi col suo che era un misto di ardore e caldo per la pedalata. Cominciarono i fischi e le battutine per farli staccare e potersi mettere in marcia verso Fiesole in una notte splendida e adatta per ammirare il risveglio delle lucciole.
Si divisero nelle poche auto a disposizione e Giovanni si sistemò davanti, in quella di Andrea, tenendola sulle ginocchia e abbracciandola stretta per sicurezza.
In pochi minuti arrivarono ai giardini dell'Acropoli, sulla sommità del colle da cui si dominava Firenze impregnata dalle luci della sera. Da lì lo sguardo si incastrava perfettamente tra i vari gioielli architettonici illuminati e le anse del fiume tratteggiate dai ponti immobili e dalle arcate di Ponte Vecchio.
Il giardino dell'Acropoli era una un'area verde che si stendeva lungo il pendio digradando verso il cimitero. Con l'inizio della bella stagione e la fine degli esami, Il tappeto d'erba si riempiva di ragazzi che divertendosi, passavano la serata nell'attesa di avvistare la magia delle lucciole a cui era ancora possibile assistere.
Mentre Giovanni la guardava negli occhi, la magia ebbe inizio, e su quel prato punteggiato di luci minuscole si dissero Ti amo per la prima volta.
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