nona prova: Celestiale

Gli occhi chiusi tenuti stretti fino a farli lacrimare, con la paura di aprirli, a contrasto con la decisione di essere lì, adesso, in quel preciso momento.

Le mani bianche serrate al corrimano, con le braccia dietro la schiena a sorreggere ancora per un po' il suo corpo che dondola dalla balaustra.

C'è vento a quella altezza e i capelli le finiscono sempre davanti al viso, frustandola ad ogni folata. Indossa i soliti jeans con quella maglia sformata che la copre un po' di più, quella rossa che a lei piace tanto.

In tasca le parole di suo padre, le ultime, quelle che quando era bambina aveva letto e imparato a memoria credendo così di farlo tornare.

Le Vans scolorite e consumate la tengono a stento su quella trave, che è stata lasciata incautamente incustodita alla chiusura del cantiere di quel nuovo palazzo.

Da lì in alto la città ha un altro aspetto, un altro odore e altri colori.

Con un respiro più profondo cerca di star ferma e prova a godersi le immagini di quel giorno di sole che potrebbe, inverosimilmente, essere l'ultimo. L'arancione e il rosa si mescolano perfettamente con l'azzurro del cielo di aprile che sfuma nel bianco della nuvolaglia e che, come in una tavolozza, tinge lo specchio del lago che vede in lontananza.

Avrebbe dovuto essere a scuola in questo momento, terza ora, italiano con la Molteni.

<<Quella stronza non si sarà accorta neanche se sono in classe... come tutti in fondo. Forse solo Bianca lo avrà notato, la ragazza nuova, lei mi sorride sempre e prova a parlarmi, ma tanto lo so che è perché le faccio pena. Non piaccio a nessuno io.>>

Sbircia ancora il suo lago come a cercare un segno, per convincersi che quella è la soluzione più logica, la più semplice e, forse, la più ovvia.

Le ciglia a inzupparsi dei colori del cielo, i capelli a danzare con quel vento di primavera e le lacrime a segnare una riga bianca sul trucco delle guance.

<<Sono sempre da sola, qualunque cosa faccia, qualunque occasione ricordi. Per gli altri sono quella strana, quella da deridere ed evitare. È sempre così... nessuno riesce ad amarmi.>>

"Ci hai pensato bene?"

Si volta di scatto a sinistra e quasi perde la presa della balaustra a cui è ancora aggrappata, ma ciò che vede è un'immagine confusa dalla sua chioma smossa dall'aria.

È un uomo, crede, o forse un ragazzo, che è seduto a cavalcioni della stessa trave e la sta guardando sereno in attesa di una qualche risposta.

"Mi hai sentito vero? Ci hai pensato bene?"

"Chi sei? Che vuoi da me? Levati di torno."

Il ragazzo carino sorride, comincia a rullare una sigaretta con tutta la tranquillità di questo mondo e intanto alza lo sguardo sul panorama, come se da lì fosse per lui una vista usuale.

Lei stacca una mano velocemente per mettere dietro un orecchio una ciocca ribelle, lo guarda incredula e riprende a tenersi stretta.

"Si può sapere che ci fai tu qui?"

"Quello che ci fai tu! Sono qui per te."

È sbalordita, come cavolo fa lui a sapere cosa deve fare lei lassù. Forse lo immagina, magari l'ha vista a scuola, l'ha seguita e l'ha vista salire... forse ha intuito qualcosa.

"Vieni alla Giulio Cesare anche tu? Mi hai seguito per prendermi in giro?"

"Perché pensi che io ti voglia prendere in giro? Se altri lo fanno è perché tu gli permetti di farlo, dovresti farti sentire. Io non vengo nella tua scuola... o meglio non da studente. E sì, ti seguo sempre in realtà."

A questo punto lei spera di aver capito male e comincia a spaventarsi.

<<Magari è uno stalker, o un pazzo... sicuro non ci sta con la testa.>> Pensa, mentre lo scruta attenta con la coda dell'occhio.

"No, non sono uno stalker e nemmeno un pazzo" le sorride dolcissimo e prova a tranquillizzarla, finendo di rullare la sigaretta e posando il tabacco all'interno della giacca di pelle.

"Come fai a sapere..."

"...cosa stai pensando?" la anticipa completando la sua frase "Lo so perché io sono quello in cui tu non credi e che pensi di non avere, ma in realtà ci sono e, di solito, faccio una fatica pazzesca per provare a fartelo capire."

Così dicendo si alza con agilità sulla trave da ponte, stretta e consumata, e si sfila il giubbotto di pelle posandolo di lato.

"A mali estremi..."

Con la sigaretta tra le labbra, sbottona lentamente la sua camicia guardandola negli occhi, sorridendole calmo. Lei arrossisce guardando quello spogliarello improvvisato e cerca di distogliere lo sguardo, che però è come calamitato da quella figura.

La camicia bianca finisce nel vento...

Gli occhi le si spalancano di stupore e la bocca si apre di incredulità nel vedere due magnifiche ali spiegarsi maestose alle spalle del ragazzo.

"Non aver paura... Solo così potevo convincerti. Le ho provate tutte sai? Ti ho fatto ritrovare quella lettera di tuo padre che non rileggevi da anni, ho fatto in modo che tu avessi una nuova compagna di banco che volesse un'amica come te, ma tu sei un osso duro eh?"

"Sei tu?" chiede lenta, intuendo finalmente chi ha di fronte.

Il ragazzo alato sorride senza pronunciare alcuna parola, ma le tende una mano che lei afferra, lasciando l'appiglio alle sue spalle. La abbraccia teneramente e, accostando il volto al suo, le posa un bacio tenero sulle labbra.

"Hai me, da sempre. Io c'ero ogni volta, non mi sono mai allontanato. Credi davvero che avrei potuto lasciarti da sola? Non sono proprio uno di quelli classici e ortodossi, con le ali e la tunica bianca ma ho sempre desiderato rivelarmi a te. Aspettavo solo l'occasione giusta. L'amore, a volte, assume le forme più strane anche per uno come me."

Il vento ora soffia più lentamente, e i suoi occhi hanno smesso di lacrimare. Lo guarda da vicino e si sente protetta, in pace.

Ha scordato ciò che voleva fare lassù e magicamente è pronta a vivere la sua vita con una nuova passione.

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