91. Io ti benedico
Se lo aspettava esattamente da lui: Jasper, l'attacca brighe, il piantagrane. Quale idea migliore se non mettere in dubbio l'operato della dea della saggezza in persona?
"Ah, eccolo qui." Rispose la dea, con tono sarcastico e sprezzante, fissando i suoi occhi color piombo sulla magra e pallida creaturina scostata dal resto dei semidei. "Il nostro vero eroe."
"Immagino dovrei ringraziarti per questo." rispose il ragazzo incrociando le braccia.
"Dovresti ringraziarmi per averti lasciato in vita dopo quello che hai fatto." Fu la risposta, data con calma impeccabile.
"Dopo quello che mi hai fatto fare, intendevi dire. Spero. Perché l'ultima volta che ho controllato eri la dea della saggezza."
Atena parve ignorare la provocazione insita nella frase di Jasper e si rivolse agli altri giovani semidei, guardandoli fredda e impassibile.
"Avete reso onore al dio che con un trucchetto vi ha permesso di fondere la mia effige più sacra, ma non ho ancora udito ringraziamenti per la dea che ha dovuto mettere al mondo il sacrilego che vi ha permesso di essere qui, oggi."
I semidei prima tacquero poi, tutti assieme, iniziarono a produrre un brusio sempre più forte e sempre più indignato. Fu necessario l'intervento di Poseidone per richiedere il silenzio.
"Che significa?" Domandò inaspettatamente Marissa, squadrando la dea con una strana espressione rigida in viso. Atena non la degnò di uno sguardo e ribatté: "I miei figli non sono mai incidenti. Non vengono al mondo per errore o leggerezza del loro divino genitore."
Tutti, chi più chi meno, si sentirono tirati in causa da quella frase così aspra, ma Atena continuò: "Un figlio sacrilego doveva essere generato, questo voleva la profezia a cui anche noi divinità siamo vincolate. E sia. L'ho fatto, anche se..."
"Beh, non l'ha fatto molto bene." Commentò ancora Marissa, scatenando l'orrore sul viso dei suoi pacifici fratelli. "Non si è impegnata più di tanto. Fabrice era malato."
"Era il minimo che si meritava per quello che in futuro avrebbe fatto. Quello, così come la mancanza di una famiglia, gli avrebbero ricordato e fatto capire che non era un dono, ma un dovere."
"Non capisco - sussurrò Jasper - era destino che io uccidessi Fabrice, era destino che distruggessimo il Palladio e Troia. Era destino che tutto questo succedesse ma intendete incolparci comunque per qualcosa che avete fatto succedere anche voi, voi tutti?"
"La speranza è sempre l'ultima a morire." Sorrise fredda Atena. "La profezia non parlava della vostra liberazione."
"In pratica" tagliò corto Artemide, lanciando uno sguardo incomprensibile all'unica delle sue Cacciatrici lì presente, "voi avreste dovuto essere l'ultimo grande sacrificio a Nuova Troia."
"Ma così non è stato." Concluse la dea della saggezza, senza nascondere il disprezzo nei confronti di Efesto.
"Beh, mi spiace, non siamo tutti figli tuoi, non siamo stati tutti creati per un sacrificio."
"Se tu fossi stato mio figlio, credimi, ora non saresti qui. L'unica cosa che ti è concessa è ringraziare di essere vivo, irrispettoso, piccolo semidio."
L'ombra che era calata sul viso di Atena non lasciava presagire nulla di buono. Forse Jasper stava esagerando – per molto meno parecchia gente era stata tacciata di ybris, no? - ma non riusciva a stare zitto. Troppa la rabbia, troppa la frustrazione di notare che neanche la madre naturale piangeva il suo migliore amico.
"Se c'è qualcuno in questa sala a cui devo il mio rispetto e la mia fedeltà è lui - rispose prontamente Jasper indicando suo padre - tu per me non sei letteralmente nessuno. E ora fulminami pure, tanto non puoi morire. Le mie parole te le ricorderai comunque per sempre."
Gli altri dei guardarono il bel viso della loro collega, probabilmente temendo che trasformasse all'istante quel maleducato in una qualcosa piena di zampe – non sarebbe di certo stata la prima volta – ma Atena stupì tutti mantenendo una calma eterea, spaventosa quanto una costa serena subito dopo un maremoto. Fissò i suoi occhi grigi in quelli di ossidiana di Jasper e poi, parlando molto lentamente e con tono inaspettatamente allegro, disse: "Fulminarti? Cosicché tuo padre possa godere quanto prima della tua compagnia? No, Jasper Smith. Io ti benedico."
Si alzò lentamente in piedi, ergendosi in tutta la sua altezza, facendo indietreggiare involontariamente i piccoli semidei che provarono all'istante la viscerale paura del topolino di fronte a un grande stivale.
"Io ti benedico. Ti benedico con una vita lunga, anzi: la più lunga." La dea sorrise e la crudeltà delle sue parole straripò come inchiostro da quel sorriso. "Più lunga di tutte le persone che ami e amerai."
Il silenzio seguì le parole della dea, così tremende che nemmeno Jasper osò ribattere. La risposta gli morì in gola e la sua mascella si contrasse in un tentativo di mostrare comunque coraggio di fronte all'idea di un futuro maledetto.
"Tutto qui il tuo coraggio?" Lo schernì Atena, tornando seduta, soddisfatta di aver rimesso al suo posto quel piccolo ingrato. "Non mi si dica che non sono magnanima: dopotutto sei l'assassino di mio figlio."
"BASTA!" urlò Zeus interrompendo il diverbio, ma ormai il peggio era successo. Sue si allungò verso Jasper e lo riportò in mezzo al gruppo dove fu subito attorniato dai suoi compagni con fare protettivo. "Abbiamo già perso abbastanza tempo, Atena. Non è per punire e recriminare che vi abbiamo chiamati. Non solo, per lo meno."
"Cos'altro c'è da dire, padre?" chiese spazientita Sue quasi urlando. "Sono stanchi. Lasciateci andare."
"Non prima che tutta la verità sia stata detta e ognuno renda conto sia dei proprio crimini che dei propri meriti." Gli occhi del padre degli dei si fissarono su sua figlia minore, Artemide bambina che stava attorniata dalla sua muta di cani divini, assisa sul trono accanto al fratello gemello (intento a rimirarsi con la frontal cam del suo smartphone divino).
La piccola dea sospirò, chiuse gli occhi per un lungo istante e poi mormorò con la sua voce soave: "Daphne, non ti ho tributato i giusti onori per il lavoro portato a termine in modo così... egregio."
La cacciatrice non sembrava affatto contenta di dover fare questo discorso alla peggiore del suo seguito, ma per amor della verità continuò, anche se titubando: "La profezia si è compiuta grazie a te."
Tutti gli occhi dei semidei si posarono sul viso di Daphne, che sembrava stupita quanto se non più di loro. Si guardò attorno sconcertata e poi fissò gli occhi lunari della sua signora. Provando l'impellente bisogno di attaccarsi alla fiaschetta, balbettò: "Io... non... non capisco..."
"Fabrice." Chiarì semplicemente Artemide. "Se tu non l'avessi portato al Campo Mezzosangue, tutto ciò non sarebbe accaduto."
Il peso di quella frase cadde addosso alla povera Cacciatrice come se Artemide avesse appena deciso di tirarle un calcio nello stomaco. Daphne impallidì e parve sul punto di svenire, ma fu opportunamente sostenuta da Winton e sua sorella Abigail.
Jasper si girò di scatto verso di lei, furente. "Tu sapevi."
Daphne voltò il viso verso di lui, ma prima che potesse rispondere, Era prese la parola.
"Temo che la nostra adorata figlia abbia ragione, marito caro." Disse dolce, lanciando un'occhiata che contrastava notevolmente con il tono di voce a Sue. "Penso sia ora di congedare questi giovani eroi."
"In fondo non è successo nulla di che." Esclamò Apollo, smettendola di giocare col cellulare e guardando Daphne, come se non avesse affatto udito le parole della Madre degli dei. "Non sei di certo l'unica a essere stata manipolata."
Con un ampio gesto indicò tutti gli altri semidei presenti e poi, ridacchiando, puntò l'indice su Jasper e Gabriel, poco distanti tra loro.
"Guardali! Generati con il solo intento di essere utili a questa guerra. Non trovi che sia anche peggio di quello che è accaduto a te? Almeno tu non sei nata solo per ammazzare uno o tenere a bada l'altro, non trovi?"
Sue non aveva intenzione di stare a guardare questo scempio. A grandi passi, dopo aver lasciato Jasper sotto controllo di Jazlynn, bruciò la distanza tra lei e il dio del sole, acquisendo altezza pari alle altre divinità mano a mano che si allontanava dai suoi ragazzi. Arrivata di fronte al trono di Apollo era ormai diventata un cheerleader di sei metri molto, molto arrabbiata.
"Terpsychore...cos-" ma fu interrotto da un sonoro schiaffone che lo raggiunse a metà della sua frase. Il viso di Apollo era sconvolto mentre quello della sua ex era la maschera del disgusto.
"Sei sempre stato un pessimo genitore. Chiedi scusa."
Apollo, talmente stupito dalla faccenda, rimase inebetito a osservare la Musa, rendendosi conto di quanto fosse ancora bella, nonostante i molti anni passati. Ma nel resto della sala si scatenò il putiferio.
Ares, che fino a quel momento era rimasto zitto, annoiato com'era da tutto quell'inutile chiacchiericcio e troppo impegnato a pulirsi le unghie con un coltellino da caccia, scoppiò a ridere, seguito subito da Efesto e, inaspettatamente, anche da Ade. Demetra lanciò uno sguardo ammonitore a Zeus così come fecero tutte le altre dee, ma fu Dioniso a parlare per tutti con la sua voce più flautata.
"Sapete, ce ne frega poco delle vostre dispute da camera da letto."
"Non ti ci mettere anche tu, Dioniso." ringhiò la musa " Potrei avere da ridire anche su di te."
"Ora basta." Tagliò corto Poseidone, che iniziava a non essere più divertito da quel piccolo circo degli orrori. Tra tutti quei bambini non ce n'era nemmeno uno dei suoi, ma i loro occhi spaventati e le magliette sdrucite avevano riportato a galla alcuni ricordi importanti. "Finiamola qui. Hanno fatto quello che dovevano fare, è ora che tornino a casa."
"Esatto. Abbiamo fatto a meno della maggior parte di voi per tutta la guerra. Direi che possiamo fare a meno della maggior parte di voi anche adesso."
"Non esagerare, Sue. Sai bene che questi ragazzi hanno bisogno degli dei."
"Hanno me. Per adesso basto."
Girò le spalle al concilio e piano piano tornò piccola proprio come i suoi ragazzi. "Forza, torniamo a casa."
Gli dei non parvero aver nulla in contrario con la loro uscita di scena, ma proprio quando Sue, tornata della giusta misura, fece per imboccare l'uscita dal grande e superbo edificio, una piccola manina, paffuta e di uno strano colore vinaccia si alzò e attirò l'attenzione di tutti, divinità e semidei.
"Vorrei fare una richiesta." Disse Shoshanah, facendo un passo avanti.
Fu suo padre a interessarsi subito alla strana pretesa e domandò: "Che tipo di richiesta?"
Shoshanah lo guardò dritto negli occhi, occhi che avevano lo stesso colore dei suoi. La gente presente si rese conto di quanto simili sembrassero, genitore e figlia, solo quando lei si parò davanti al suo trono.
"Riavere Scarlett."
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