90. Amati come figli
Il cielo non era ancora notturno e il colore passava a un intenso giallo arancione mano a mano che l'occhio si avvicinava all'orizzonte. Lo spettacolo era regno degno di particolare nota grazie alle nuvole che, stirate orizzontalmente, si tingevano di rosa in basso e di grigio incerto verso la sommità della volta celeste. Si prospettava una sera d'estate di tutto rispetto. Le scale erano illuminate da varie torce e bracieri, ma il grosso del lavoro era fatto dalla luce morente del sole e dalla luna che stava iniziando a fare il suo dovere in cielo. Le fiamme e gli astri creavano un riflesso innaturale sui volti del ragazzi che salivano i gradini verso l'olimpo, affiancati da bianche costruzioni in marmo: li faceva sembrare fatti di bronzo, di rame e d'argento per poi sparire, una volta che camminavano all'ombra di una casa o di una colonna. Sue guidava il gruppo, ancora indossando la sua tenuta da Cheer Leader e il cipiglio minaccioso che esprimeva tutta la gioia che aveva in corpo nel tornare a casa sua. Nessuna, per la precisione. Il suo seguito era decisamente più mal assortito, meno energico e più piccolo, abbastanza da scomparire in confronto alla grandiosità delle statue poste sulle colonne che comparivano ogni tanto tra un edificio e l'altro. L'architetto doveva proprio aver fatto un buon lavoro, non c'era da stupirsi fosse stato un semidio ad occuparsi di tutto.
La lenta processione fu accompagnata dal calare regolare del sole e dal continuo incremento della luce dei bracieri. Mano a mano che si avvicinavano alla cima, con le ginocchia in fiamme e il fiato corto, anche i più atletici, aumentavano anche le figure che si potevano intravedere dietro le finestre aperte di quelle che ormai avevano tutti capito essere case, o per le vie parallele. Visi giovani, vecchi, femminili e maschili. Alcuni sorridenti, altri meno amichevoli ma tutti, nessuno esclusi, con una luce indecifrabile dentro, che traspirava dal loro stesso essere.
Gabriel non aveva mai visto una divinità, a parte Sue. Ora capiva il sentimento di piccolezza ancora di più. Il potere di Sue, o di Terpsychore se si voleva usare il suo nome, era un energia dolce, e perdonando la ridondanza, un'energia energica e brillante. Per nulla simile a quella che percepiva provenire dalle porte mastodontiche che si aprivano sempre più chiare e sempre più vicine alla fine della scalinata. Doveva essere la sala del concilio degli dei, non poteva essere altro. Chi altro avrebbe avuto bisogno di portoni alti dieci o dodici metri per entrare, se non degli individui immortali creati dall'unione di Terra e Cielo all'inizio dei tempi? Pura logica.
Se le porte erano sembrate grandi, la sala mise a dura prova i loro stessi occhi. I troni erano giganti occupati da persone giganti, tuttavia non era esattamente quello che si aspettavano. Non c'erano armature a coprire le loro membra fuori misura, ma vestiti. Nessuno si sarebbe immaginato Poseidone in camicia da pescatore o Dioniso con una giacchetta di velluto decorato. Così come nessuno di loro si sarebbe immaginato Zeus così burbero e soprattutto con un completo gessato così costoso addosso.
"Terpsychore. Grazie di aver risposto alla chiamata." Tuonò il padre degli dei alzandosi dal trono per accoglierli con un gesto delle mani.
"Ti attendevamo" disse invece una persona biondissima e con un paio di occhiali da sole usciti direttamente da una pubblicit della Rayban degli anni '90. Indossava una giacchetta di pelle con delle fiammate rosse sulle braccia e dei jeans a sigaretta gialli. Non ci si poteva sbagliare.
"Lo so, Apollo. Se no non mi avresti chiamata." Rispose Sue superandolo senza preoccuparsi di rispondere alla sua muta richiesta di abbraccio.
"Si chiama friendzone" sussurrò Jasper passandogli accanto per poi proseguire verso il centro della stanza assieme a tutti i suoi compagni.
"Vi diamo il benvenuto sul Monte Olimpo" annunciò quella che doveva essere Era posando una mano sulla spalla del marito e sorridendo arcaica a tutti i suoi piccoli ospiti. "Ci dispiace non avervi dato il tempo di rilassarvi al vostro... Campo. Ma abbiamo questioni di maggiore urgenza da trattare..."
"Cut the crap si dice adesso. Penso che ai nostri tempi si dicesse taglia corto. – la interruppe Sue incrociando le braccia – madre."
"Fortuna solamente adottiva Terpsychore. Non avrei accettato questo comportamento dai miei veri figli."
"Non è colpa mia se papà ha fatto fuori la mia vera mamma, Era. Ero serissima, però. Taglia corto. I miei ragazzi sono stanchi morti e disidratati. Hanno bisogno di riposare, non di assistere ad un concilio divino."
"Siamo molto dispiaciuti – interruppe a sua volta Zeus – ma la distruzione definitiva di Troia non è un argomento che può attendere."
"Ha atteso svariate centinaia di anni, non vedo come mai non possa farlo adesso."
Il padre degli dei cominciava a sembrare seccato dall'arroganza di quella sua figlia. Minore, per giunta.
"Per il semplice motivo che questa volta Nuova Troia non avrà un seguito."
"Niente sequel." Commentò Apollo con il suo solito savoir-faire. "Peccato. Mi piaceva, quel postaccio. Avevo aiutato nella costruzione delle sue mura."
"Abbiamo spezzato la maledizione, cosa c'è che non va in questo?"
"Proprio il fatto stesso che l'abbiate fatto. Niente più morte e rinascita. Avete chiuso una fetta di storia."
"Saremmo morti se non l'avessimo fatto."
"No, cara - continuò Apollo - tu non puoi morire. Loro sarebbero morti come tutti gli altri Tu, invece, saresti tornata a lavorare in quell'asilo per semidei che gestisci a New York. Oppure qui. A partecipare a un nuovo video pop per me."
"Preferirei l'Averno. Grazie."
"Mi offendi, Terpsychore."
La voce proveniva da un uomo molto alto e vestito tutto in nero, con una massa di capelli corvini laccati all'indietro. Cravatta nera. Camicia nera. Pantaloni neri. Guanti neri e redingote nera. Jasper sentì i brividi freddi a guardarlo e in particolare a incrociare il suo sguardo. Il re dei morti pareva aver riconosciuto la sua progenie.
"È bello vederti, Jasper." aggiunse con un sorriso tirato alquanto inquietante. Gelido. Non amichevole, 100% certificato.
"La profezia ci ha imposto di rompere il ciclo. Sapete bene quanto possiamo noi tutti qui presenti contro il volere del fato."
"Del fato." Ridacchiò vezzosa Afrodite. In lei ognuno dei ragazzini maschi presenti in sala rivedeva la sua donna ideale. Sicuramente la madre non sarebbe stata felice di sapere il numero imbarazzante di brufoli che William, icore del suo icore, le vedeva spuntare in viso, pensando a Sandra. "Diciamo così. Un fato zoppo."
Non era difficile capire che quella era una frecciatina. Una frecciatina rivolta al suo marito storpio, seduto sul trono a fianco del suo. Vestito con un grembiule di cuoio sopra una maglietta che probabilmente un giorno era stata grigia, Efesto parve digrignare un poco i denti. La gamba deforme era coperta da un pantalone marrone all'apparenza molto resistente ma la cosa che più catturava l'occhio era il viso, per metà coperto da una folta barba arancio e rossa, occhi penetranti e scuri, corti capelli infuocati. Robert era esattamente il ritratto di suo padre. Staccandosi dal gruppo il ragazzo andò ad inginocchiarsi di fronte al suo genitore divino, abbassando il capo. Era felice, come raramente prima d'ora, di vederlo. E anche il dio parve compiaciuto degli onori resi dalla sua progenie, dato che sghignazzò tra sé e sé per poi guardare la famosamente infedele moglie. "Un fato molto paterno."
"Ti somiglia." Aggiunse lei, senza celare il profondo disgusto in quelle due semplici parole. Scoccò un'altrettanto orripilata occhiata agli altri figliastri, che imitarono l'esempio di Rob e si inginocchiarono davanti all'unico divino genitore che si era preoccupato per loro. "Tutti ti somigliano."
"E a dire che dal fango dovrebbero nascere fiori." Commentò divertito Apollo. "Qualcosa deve essere andato storto."
"Non abbiamo bisogno di essere belli. Ci basta essere amati come figli." risposte Rob senza distogliere lo sguardo da Efesto stesso che sorrideva alla vista dei suoi figli seduti ai piedi del suo trono, come un gruppo di bambini attorno alla sedia a dondolo del vecchio nonno.
"Tutti noi amiamo i nostri figli, ragazzo." disse Apollo in sua personale difesa.
"Ho i miei serissimi dubbi." disse una voce dal gruppo dei semidei ancora in piedi al centro della sala. La voce di Jasper. "Qualcuno di voi ne ha esplicitamente sacrificato uno. Sarebbe inutile fare dei nomi."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top