79. Il sangue traditore

Del senno di poi sono piene le fosse. Ce lo ripetiamo da generazione a generazione senza poter però mai capire fino in fondo come sia possibile ricadere negli stessi errori ancora e ancora e ancora. Tuttavia, cosa avrebbero potuto fare i semidei di diverso per impedire alla situazione di precipitare così improvvisamente? Assolutamente nulla così come il destino aveva previsto. Il sole era tramontato. Il sole era sorto di nuovo e il silenzio assordante non era cambiato. Solo alcuni semidei aveva fatto qualcosa come sdraiarsi durante la notte o scambiare delle parole asciutte, sia per la mancanza di contenuto che per l'arsura che regnava sovrana nelle fauci di tutti. I feriti erano gli unici che erano rimasti in sè abbastanza a lungo da rendersi conto dell'accaduto, ma, da feriti quali erano, non avevano potuto intervenire. E anche se avessero potuto cosa avrebbero fatto? Niente.

È questo era quello che succedeva. Niente.

Jasper aveva sempre avuto dentro di sè quella vocina sibilante che l'aveva guidato prima alla morte di Scarlett e ora al destino ineluttabile di tutti loro. Lui l'aveva detto e loro non lo avevano ascoltato, avevano sputato sulle sua parole dicendogli di stare calmo, dicendogli di essere fiero della sua missione, che avrebbero salvato il loro amico. Ed ora dove erano tutte le belle parole? Dove era la sicurezza di riuscire a spuntarla in qualche modo? Niente. Non avrebbe dovuto dire loro niente. Lo avevano trattato come se ciò che sentiva fosse un mero riflesso del suo carattere pessimista, poco eroico. Lui l'aveva detto: non era fatto per fare l'eroe e non era fatto per stare con loro. Sarebbero morti tutti se fosse andata loro di fortuna. L'unico aspetto positivo era che così avrebbe visto suo padre per la prima volta, giusto un poco prima di essere spedito con un calcio nel sedere verso i campi di asfodeli. Non avrebbero mai dovuto venire a salvare Nigel. Non avrebbero mai dovuto spostarsi dal campo. E non avrebbero mai dovuto sottovalutare le sue parole come i deliri di un bambino spaventato.

L'aura di rancore di Jasper Smith era quasi visibile attorno a lui, forse a causa della sua posizione in un angolo buio, o forse a causa della completa solitudine che lo circondava. Il colore pallido della sua pelle spiccava come un tratto di sbianchetto su una pagina sporca. Lo sguardo torvo fissava incessantemente un punto fisso e invisibile davanti a lui. Se fosse stato qualcuno di diverso da Fabrice, probabilmente lo avrebbe cacciato via il più maleducatamente possibile. Ma, per la sfortuna di tutti era proprio Fabrice.

"Vattene via da solo prima che lo faccia io, per favore." Disse monotono non appena fu a portata di voce.

Brice era l'unico che si trovasse in piedi, per tutta New Troy. Era anche l'unico il cui sguardo non si era spento: al contrario. Aveva le guance arrossate per chissà quale motivo e gli occhi lucidi, come di febbre. Si avvicinò ancora di più a Jasper, con un movimento che gli ricordò immediatamente una fastidiosissima mosca. Anche quello che gli uscì di bocca fu detestabile tanto quanto un ronzio.

"Devo parlarti. È urgente." Mormorò semplicemente, fissandolo con quei suoi due occhi grigi, piantati come chiodi in faccia a Jas.

"E di cosa? Di dove collocheremo i tumuli?"

Come tutta risposta, Brice si chinò verso di lui e lo afferrò per un braccio, tirandolo con entrambe le mani, data la poca forza riposta in quei suoi stecchini. "Dai, alzati. Non ho molto tempo. Te lo devo dire prima che ci riduciamo a statue di polvere. Sarà una cosa figa e inaspettata, ci puoi scommettere."

Jasper sospirò e si lasciò sollevare. Non aveva voglia di parlare con nessuno, e nessuno comprendeva anche Fabrice. Tuttavia era l'unico sveglio che lui sapesse. Anche Sue era immobile a fissare il vuoto, un'immagine semitrasparente come fosse un'ologramma. Come fosse più di là che di qua.

Fabrice sembrava non avere tempo. Chissà perché lui era tanto agitato, quando anche gente intelligente e sveglissima come Iris aveva già evidentemente gettato la spugna. Forse erano le medicine che impedivano al leggero figlio di Atena di fermarsi a considerare che era inutile sprecare le ultime energie. Tanto valeva spenderle in pensieri rivolti alle persone amate, no? Era questo che la maggior parte degli altri semidei stava facendo. Pensava a chi avevano dovuto abbandonare e a chi non avrebbero rivisto.

Invece Brice trascinò letteralmente Jasper verso la sala dietro le cui belle porte si celava il motivo per cui non potevano uscire. Spalancò il battente con un piede, prese lo slancio e spinse dentro il ragazzino, con poca grazia e molta forza.

"Bene. Ci siamo." Disse, con uno strano tono di voce, particolarmente alto. Le sue parole rimbombarono per tutto il salone, come se avesse lasciato cadere qualcosa di molto pesante sul pavimento. "Penso sia ora di iniziare."

I due si trovarono faccia a faccia, con la sola differenza che Brice sapeva cosa stava facendo, mentre Jasper non ne aveva la più pallida idea. La statua guardava tutti dall'alto incutendo un timore che era molto diverso rispetto alla sensazione di protezione che evocava l'Atena Parthenos. Questa era la stessa dea ma lo sguardo non faceva che emanare una opprimente aria di morta imminente, dolore e sacrificio.

"Iniziare cosa?"

Brice prese un ampio fiato, tanto che il suo petto si gonfiò come se qualcuno ci avesse insufflato dell'elio. Poi fece un sorriso bieco a Jasper, un sorriso che non aveva nulla del Fabrice White il Genio che era stato suo migliore amico. Quel Fabrice aveva una strana vena di malevolenza e a Jas non piacque nemmeno un po'.

"Voglio dirti la verità, dal momento che moriremo. Non vorrei mai che tu morissi pensando che tutto questo non sia semplicemente causa tua."

Il figlio di Ade sfoderò un ghigno che forse era degno di quello che si trovava di fronte, tuttavia dentro di sé qualcosa aveva iniziato a tremare come di freddo. "Tutto questo semplicemente non è causa mia."

"E invece lo è. Mi dispiace aver atteso tanto tempo per dirti quello che penso davvero di te. Ma in fondo non è tutta colpa mia: anche tu sei un idiota ad aver pensato che davvero qualcuno volesse divenire amico di un figlio del dio dei morti. Per un po' è stato divertente illuderti, anche se ovviamente non pensavo che per causa tua saremmo finiti così. A un passo dalla morte, proprio sul ciglio del burrone. Chissà com'è contento paparino, eh, Jas?"

La domanda uscì così carica di disprezzo dalle labbra di Brice che una persona diversa da Jasper si sarebbe probabilmente ritrovata in lacrime senza volerlo. Il figlio di Atena mosse un cauto passo all'indietro, sul primo scalino che conduceva al Palladio. Ma Jasper non era quella persona che sarebbe scoppiata a piangere. Non era ignoto a nessuno che la rabbia fosse qualcosa che il ragazzo aveva imparato ad amministrare molto di recente, così di recente che non era ancora in grado di farlo perfettamente. Come quella mattina di mesi prima quando aveva picchiato Gabriel a scuola, sentì i sentimenti montare tutti assieme dentro di lui. In fretta mosse un passo e mise entrambe le mani sulla maglietta di Fabrice, strattonandolo verso di sé. "Ripetilo." La mascella contratta fece assomigliare le parole più ad un ringhio che ad un linguaggio umano. "Ripetilo e forse ne possiamo parlare."

Brice si scrollò di dosso l'ex amico, arretrando di altri passi decisi. Scese tutti gli scalini, ritrovandosi nella piazzetta sottostante, sempre con quel sorrisetto stampigliato in faccia. Jas avrebbe voluto cancellarglielo.

"Ripetere cosa? Che è colpa tua o che ho mentito?" Chiese mellifluo, stringendosi nelle spalle e allargando le braccia, come a celebrarsi. "Non sono sempre stato un mago delle illusioni? È quello che faccio con tutti, è quello che ho fatto con te. Sai, la prima volta che ti ho visto, ho pensato subito che nessuno ti avrebbe voluto. Solo quegli scemi dei figli di Ares avrebbero potuto avvicinarti, in fondo non sei tanto diverso da loro. Assetato di morte. È questo che tutti pensano di te e che anche io ho sempre pensato. Eri talmente disperato che non ti sei fatto domande sul perché una persona come me cercasse la compagnia di uno come te. Non avevi nulla che valesse la pena di cercare o che già non avessi. Sei uno stupido, Jasper."

"Se sei uno stronzo, allora sei proprio tutto tua madre - rispose accennando alla figura mastodontica che li sovrastava - solamente lei avrebbe potuto avere un figlio così."

Il sorriso di Brice prese una piega malata mentre si piegava in avanti, posando le mani sulle gambe, guardando Jasper, ancora sul primo scalino, come un bambino piccolo.

"Vogliamo parlare di tua madre? Quella che si è fatta mettere incinta dal dio della putrefazione e dei cimiteri?"

In risposta poté notare le gote di Jasper prendere di colpo colore e i pugni stringersi. L'avrebbe colpito, ma dopo un secondo di pausa si ritrasse.

"Senti, non ho idea di che schifo ti sia preso. Ma sappi che sei un pezzo di stronzo e che l'unica cosa che mi sta rendendo tollerabile questo momento è la certezza che se creperemo qui, tu creperai con me. E sarà divertente vederti negli asfodeli, spedito dritto dritto dal dio della putrefazione e dei cimiteri. Mi hai capito?" Sussurrava per evitare che la voce gli tremasse, e soprattutto sussurrava per evitare di saltargli addosso e mettergli le mani al collo.

Non si era reso conto che il loro spettacolino, soprattutto a causa della voce alta di Fabrice, aveva iniziato a divenire di dominio pubblico. Una piccola folla si stava infoltendo dietro lo spiraglio delle porte della sala, troppo apatica per fermare i due litiganti, ma ancora sufficiente umana per curiosare. Brice li aveva notati e questo non fece altro che accrescere l'orgoglio per ciò che stava facendo.

"Sei un codardo, Jasper." Disse con tono tranquillo, come se stesse chiacchierando della propria giornata. "Non c'è niente di peggio di un traditore codardo. E tu lo sei, al cento per cento. Hai dimostrato milioni di volte di essere un cacasotto e anche ora lo stai facendo, ti stai tirando indietro, facendo minacce a vuoto, sicuro che andranno in porto solo perché papà gestisce l'Oltretomba. Hai sempre lavorato per lui. Traditore codardo." Sputò, guardandolo malevolo.

Gli sguardi e i sussurri esplosero: le accuse di Fabrice non erano leggere. Se davvero Jasper li aveva portati lì volontariamente per servire sua padre, allora aveva fatto qualcosa di ben più grave di un semplice tradimento. Aveva condannato tutti a morte certa.

"TE L'HO GIA' DETTO CHE NON SONO UN TRADITORE!" rispose, urlando e tornando a voltarsi verso di lui. Andarsene era sembrata una soluzione ragionevole, prima di quell'accusa.

Fabrice mosse un nuovo passo indietro, alzando le mani come a difendersi, con il suo sogghigno ben visibile ma il tono di voce di chi si stupisce della reazione innescata. "Perché ti scaldi tanto? Hai la coda di paglia, Jas? Eh? Ti sta andando a fuoco? Anzi! Anzi... ora che ci penso... chi ci assicura che tu morirai con noi?"

In meno di dieci secondi il suo interlocutore bruciò i metri che li dividevano, e, una volta raggiuntolo, fece una cosa che non faceva da molto tempo. Tuttavia, non si era ancora dimenticato come si tirasse un pugno.

Ma Brice sembrava aver previsto la mossa, non era campione di Mythomagic per nulla. Arretrò ancora, un altro passo verso la statua, ormai a meno di due metri di distanza. Si mise a ridere, indicando Jasper, ansante, e disse: "Ottima difesa! Proprio come si difendono in tribunale! Ti dà proprio fastidio questo discorso, eh? Forse perché traditore lo sei davvero. Lo stai dimostrando. Non solo sei traditore e codardo, ma sei anche eccezionalmente stupido."

"STAI ZITTO! Tu non hai idea di cosa abbia significato per me essere niente di meno che il figlio del dio dei morti. Una realizzazione! Ero qualcuno! Qualcosa che forse avevo sempre saputo di essere!"

Brice lo guardò come si guarda un povero scemo e con voce soave mormorò: "Grazie per la tua confessione."

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