65. Requiescant in pace

Tutto esattamente come nel sogno. Helen aveva raccontato loro tutto la mattina stessa, beccando lui e Jaz, spazzolini in bocca, a pochi passi dalle taniche d'acqua utilizzate come lavandini provvisori. Erano stati entrambi presi sotto braccio senza tanti complimenti e trascinati via dalla fila, nonostante i mugolii silenziati dal dentifricio di Jasper.  

"Helen! Helen cosa stai facendo!" sussurrò arrabbiata Jazlynn, liberandosi dalla morsa sul braccio con un gesto stizzito.  

"Dovete ascoltarmi. Tutti e due. Perché non vorrò ripetere questa storia lunghissima due volte." 

"Che storia?" Chiese l'altra ragazza sempre più sospettosa. 

"Ho fatto un sogno stanotte." 

Il figlio di Ade si liberò la bocca dall'acqua e poi si ripulì con il dorso della mano. "E grazie tante." 

"Non capisci? – rincarò stizzita Helen – Ho fatto un sogno." 

"Eh, sì che ho capito. E grazie tante." 

"Intende che ha fatto un sogno premonitore." Spiegò Jazlynn, tenendo lontano preventivamente Jasper dalla loro interlocutrice. 

"Possiamo avere anche quelli? Non li possono avere solo i figli di Hypnos?" 

"No, possiamo averli tutti. Anche se quello che ho fatto non era proprio un sogno premonitore. Era come se stessi vivendo di nuovo un momento già avvenuto. Stavo nella piana lì davanti e ho visto il fantasma di Iris." 

"Ma Iris non è morta." Fece notare il ragazzo. 

"Più che fantasma sembrava il ricordo di quello che aveva fatto ieri. Era andata sulla piana, si era seduta e poi aveva raggiunto le porte della cittadella. Ma in quel momento mi sono accorta di qualcosa, c'era un altro fantasma sulle mura molto più in alto di noi, più di lato, spostato rispetto alla visuale diretta. Era Nigel. Era come se Ecate mi stesse dando delle indicazioni su cosa fare oggi." 

"E tu credi che sia stata tua madre?" 

"Sì, ne sono sicura. La luna brillava viola in cielo e poi era il bivio di una decisione. Mia madre protegge i bivi." 

"E a cosa ti serviamo noi?" 

"Mi servi tu - disse Helen indicando Jazlynn - per farmi strada nelle prime linee. Se farai quello che hai fatto ieri, allora riusciremo di sicuro ad arrivare fino alle mura. Poi mi servirai tu per sollevarmi con la terra fino ad un altezza decente e prendere Nigel." 

Entrambi i ragazzi avevano un aspetto confuso e di sicuro non convinto.  

"Mi spiace, Helen, ma io non sono più riuscito a sollevare delle pareti di roccia come quelle della caccia alla volpe. E non so cosa ti hanno raccontato, ma non erano così alte. Erano poco meno di tre metri. Qui ne servirebbero almeno quindici." 

"E allora? La guerra è una situazione di stress per eccellenza. Ce la dobbiamo fare, ragazzi. È Nigel!" 

"Sappiamo che si fa per Nigel. - Si affrettò a rispondere di nuovo Jasper, lasciando Jazlynn con la bocca aperta per parlare, - ma nessuno di noi due sa se ce la faremo a fare le cose che chiedi." 

Helen risolse tutto dando a entrambi una pacca sulla spalla. "Ci vediamo in prima linea." 

Il sole del mattino li trovò tutti e tre assieme in seconda linea. Perché la prima era stata dichiarata troppo pericolosa. Jasper vedeva il volto di Jazlynn diventare sempre più pallido mano a mano che il momento dello scontro si avvicinava.  

"Ehy, Jaz - le disse avvicinandosi e stringendo la lancia - se riusciamo a recuperare Nigel poi sarà finita." 

La ragazza però pareva essere di un'opinione diversa. Scosse la testa prima di infilarsi l'elmo, il quale le gettò un'ombra quasi malvagia sul viso. 

"No. Non sarà finita. Io non so se ce la faccio, Jasper. Non lo posso controllare." 

"Nessuno di noi sa farlo." 

"Ma questa è una cosa diversa." 

Io sento delle voci avrebbe voluto dirgli, ma ogni volta che voleva farlo, le voce stesse le suggerivano di non farlo. L'avrebbero creduta pazza, l'avrebbero lasciata più sola di quanto già non fosse e soprattutto avrebbero iniziato ad avere paura di lei. No, meglio nascondere. Meglio arrivare a fine giornata ancora interi. 

"Siete pronti?" 

La voce di Helen li colse preparati. Jasper saggiò la lancia in mano. 

"Per niente." 

"Ottimo. Non potevo chiedere di meglio." 

Gli altri due ragazzi si guardarono; avevano tutti e tre un aspetto cupo, figli di tre divinità con un lato oscuro. Come gli altri giorni prima di questo il corno suonò, e il loro rispose. Come gli altri giorni le porte della cittadella si aprirono e i soldati ne uscirono. Non uno di meno rispetto al primo giorno, nonostante le stragi continuamente operate da tutti i semidei del campo. Sembravano non finire mai, come se durante la notte venissero sfornati nuovi soldati dalle viscere della terra. Come gli altri giorni si partì all'attacco. La corsa iniziale era la più importante, più terreno veniva guadagnato più vicini sarebbero stati alle mura. Le gambette di Helen non erano lunghe quanto quelle di Jazlynn e la sua tecnica con la spada non era ottima, ma l'aiuto della figlia di Ares si fece immediatamente più necessario del previsto. Averla con loro significava avere un ariete da sfondamento nel gruppo. Fin da quando sfoderò la spada non ci fu modo di fermare la sua avanzata. Fendente dopo fendente. Jasper al suo fianco usava lo scudo per cozzare, parare e spingere via, giocando di piedi e sulla sua altezza abbastanza limitata per schivare quanti più colpi possibili. Lo spettacolo rimaneva comunque di una bellezza affascinante. Helen mulinò la spada e, con un colpo scorretto, tagliò le corregge del pettorale di un soldato, lasciando il fianco completamente scoperto alla punta della lancia di Jasper la quale arrivò in una frazione di secondo a colpire il bersaglio. Il ragazzo mollò la presa sull'arma, si abbassò a evitare un gladio in corsa a mezz'aria per il suo collo. L'arma andò a conficcarsi nel collo dell'altro fantasma colpito dalla lancia. Fu Jazlynn, con una stoccata pulitissima a trapassarlo da parte a parte, estraendo poi la spada senza battere ciglio. La folle corsa verso le mura continuava e ogni corpo che si lasciavano alle spalle era un passo in avanti. Tuttavia sembrava che tutte le forze dell'esercito nemico si stessero concentrando per contrastare la loro avanzata. 


Sentiva la tensione crescere e gonfiargli le vene, ma più teneva i palmi poggiati sul terreno, più sentiva che la terra non lo stava a sentire. Cercava di comunicarle che doveva sollevarsi, chiedeva e implorava che essa si alzasse e portasse Helen dove doveva essere. Dietro di loro Jazlynn continuava a mietere vittime, ma il suo respiro si faceva sempre più corto. E in tutto questo, ad aggiungere confusione alla confusione, le voci continuavano ad urlare qualcosa che non riusciva a capire tanto era il rumore attorno a lui.  

"JASPER! Ti prego!" chiamava Helen disperata. 

"Non ci riesco Helen! Non ci riesco non ce la faccio! Falli stare zitti, ti prego!"  

A singhiozzo il terreno accanto a lui si increspava e si alzava di qualche decina di centimetri, ma niente di considerevole o anche solo utile al completamento della missione.  

Era palese che Jasper non si sentisse abbastanza sotto pressione. Sì, erano in un campo di battaglia con soldati non-morti che tentavano di baionettarli ogni due per tre, ma dopo tre giorni di combattimento anche il semidio più cagasotto ci avrebbe fatto l'abitudine. No, decisamente Jasper non era sotto pressione. Jazlynn lo capì sia dal singhiozzo del terreno, sia dal fatto che continuava a lamentarsi. Certo, Jasper era il re della lamentela, ma se aveva tempo di dar fiato alla bocca aveva anche tempo di concentrarsi su qualcosa che non fosse alzare il terreno. Quindi non era sufficientemente sotto pressione.  

Dentro di sé Jaz rise. La sua coscienza, sprofondata in un baratro oscuro, una specie di fossa onirica da cui, alzando gli occhi, poteva vedere - sì, le vedeva, erano come fantasmi rosso sangue – le voci, rise debolmente e tornò a sdraiarsi laddove era stata fatta cadere. Era bello avere il pilota automatico per un po'. Non sentiva nemmeno la fatica. Era così che si sentivano i pazzi, quando facevano disastri? Si lasciavano guidare dalle loro voci e stavano solo a guardare? A Jazlynn in quel momento non dava particolarmente fastidio: era stanca.  

Tuttavia sentiva come un pungolo, come se la sua tana si fosse riempita all'improvviso di piccoli e aguzzi peletti fastidiosi, che tentavano di costringerla ad alzarsi. Perché? Ovviamente perché quel giorno nel massacro non era coinvolta solo lei. Helen aveva elaborato un piano, le aveva dato un compito. Jazlynn avrebbe voluto che lei l'ascoltasse prima di decidere, ma con Helen non si poteva fare altrimenti che tacere e ubbidire. Così si era ritrovata sprofondata nel buio, con il pilota automatico innestato. Solo che ora avrebbe dovuto riprendere il controllo, perché l'unico modo per svegliare Jasper dal suo momento-lagna sarebbe stato farlo spaventare con un'orda di soldati spuntati improvvisamente alle sue spalle. Ma come fare? Come smettere di ucciderli? Jazlynn tentò di contattare le voci che fino al giorno prima le si erano rivolte direttamente, ma questa volta esse la ignorarono, continuando a farneticare tra loro. Parlavano in greco antico e anche in un'altra lingua, più antica, più oscura.  

"Hey!" Urlò la coscienza, battendo contro le pareti del suo pozzo. "Hey! Dobbiamo fermarci! Per favore!" 

Ma nessuno l'ascoltò. Avevano finalmente preso possesso del suo corpo, a che serviva ascoltare ancora quel briciolo di umanità inutile rimasto in lei? 

Nigel aveva visto tutto. Certo, anche questa volta. Sarebbe un po' difficile non notare ogni cosa, dall'alto delle mura di New Troy. Però questa volta il ragazzo era rimasto vigile e aveva evitato di impazzire. Si era reso conto che per la prima volta un manipolo di semidei sembrava avere un piano per raggiungere i bastioni e non gli era stato difficile individuare in quel trio Helen.  

Helen. La dannatissima Helen. Il pensiero di lei a capo di un gruppo di soccorso l'aveva prima fatto ridere e poi mettere sul chi-va-là, ma successivamente una genuina preoccupazione si era insinuata dentro di lui. Nigel sapeva perché era lì. Sapeva anche cosa sarebbe successo, prima o poi. Come pensava Helen di attaccare le mura e venire, probabilmente, a salvarlo? Forse era più probabile che volesse il bottino in oro che la città doveva per forza contenere, essendo incluso nello starter kit Città-Ricchissime-E-Dove-Trovarle versione Antica Grecia e Dardanelli. Ma la questione rimaneva sempre la stessa: davvero quei tre pensavano di poter assaltare le mura?  

Nigel ne aveva dubitato fino a quando non aveva notato Jasper tentare di sollevare il terreno. Voleva creare una scala di pietra? Voleva sollevare Helen come Elsa in Let it go? Beh, l'idea ora non gli sembrava poi così malaccio.  

Poi però un rampino era volato a cinque centimetri dal suo naso, per poi piantarsi nella feritoia di fianco a lui, subito seguiti da altri cinque o sei. Nigel aveva capito subito che la trappola si sarebbe ritorta contro Helen, così si era sporto, aveva aperto la bocca per urlare di stare attenti, ma... come al solito, qualcuno aveva interrotto i suoi tentativi. Non ebbe bisogno di voltarsi per guardare gli occhi iridescenti di suo fratello: ormai lo riconosceva.  

"Devi stare zitto." Gli disse con il suo solito modo addolorato. "Non hai scelta."  

Helen realizzò abbastanza in fretta che un plotone di armati stava calando dalle mura con delle funi. Sembrava che fossero i merli stessi a rigurgitarli, grigi e tutti uguali, come un fiume in piena. Subito urlò ai suoi due compagni di mettersi al riparo, ma realizzò anche che la loro via di fuga era chiusa e che Jasper stava per essere raggiunto da uno dei primi guerrieri che avevano sorpassato la difesa della figlia di Ares.  

"Jasper! NO, è una trappola!" 

A questo suono entrambe le teste dei suoi alleati si girarono e videro l'attacco che stava per arrivare anche dall'altro lato. Videro anche che non c'era modo di mettersi al riparo, tranne uno che forse però vide solo Jasper.  

"Vieni qui, Helen! Jazlynn! MUOVITI!" la ragazza corse nella loro direzione tenendo alta la guardia fino a che Jasper non la prese per la vita e la fece cadere vicino a sé. Helen si raggiunse in un secondo e gettò un ultimo sguardo dietro di sé ma al posto di vedere gli occhi di Nigel vide un paio di occhi violacei piantati sul loro gruppo, gli occhi di un fratello che non era dalla loro parte. Jasper sentì che il livello giusto di tensione era salito, si sentiva come una pentola che ha finalmente raggiunto la temperatura di ebollizione. Sentendo improvvisamente di nuovo la sensazione di pericolo che aveva percepito il giorno della caccia alla volpe, urlando per lo sforzo, ordinò, non chiese, alla terra di alzarsi di deformarsi e di chiudersi come una scatola attorno a loro. Prima che una delle due ragazze riuscisse a ribellarsi, le lastre di pietra si saldarono e loro, sdraiati per terra, si trovarono a fissare solamente il buio. 

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