40. Incubi premonitori
A Jazlynn non piaceva il clima che si era creato. C'era qualcosa di sbagliato in tutto quello che stava succedendo, e non intendeva solo la presenza di una profezia super criptica e la graduale scomparsa a bolla di sapone di Nuova Roma. C'era qualcosa di sbagliato in quello che accadeva al Campo Mezzosangue.
C'era una strana atmosfera nella mensa a cielo aperto. Tirava un'aria tesa e di attesa. Tutti sembravano trattenere il fiato, pronti a scattare per ogni scricchiolio, ogni cigolio.
Jazlynn sedeva al tavolo dei suoi fratelli e si guardava in giro, cercando di comprendere l'effettiva fonte di quel nervosismo. Ma il fatto era che una fonte non poteva essere individuata da nessuna parte, se non nel sentimento diffuso di una tragedia in arrivo. Perché era così che la ragazza si sentiva: camminava sul ciglio di un dramma. Con un brivido, rigirando nel piatto un tozzo di pane nero non finito, pensò ai protagonisti delle tragedie greche in cui si era imbattuta durante le lezioni di lingua con la signorina Peak. Era questo quello che gli eroi provavano nel prologo? Una paura immotivata? Il senso di un imminente disastro? Jazlynn dalle tragedie aveva imparato che con il Destino non si poteva ragionare. E se nemmeno grandi uomini e celebri donne erano riusciti a vincerlo, come potevano pensare di farlo un paio di manciate di semidei minorenni? Non avevano nemmeno l'età per bere, figurarsi per combattere contro il Fato.
C'era una profezia su di loro, questo ormai era certo. Una spada di Damocle appesa all'ultimo filo di un'infida ragnatela. La sua presenza era innegabile. Quello su cui ancora potevano ragionare era: cadrà o meno?
Ma Jazlynn non lo sapeva. Forse non voleva nemmeno trovare una risposta. Era davvero così importante? In realtà lei era abituata a vivere con una spada sulla testa. Non era di certo la prima. Anzi, quella di Jazlynn non era nemmeno appesa: era già piantata tra le sue trecce bicolori e ogni giorno, ogni settimana, ogni vacanza trascorsa a casa, affondava un po' di più, cercando di passare attraverso il suo cervello, la sua colonna vertebrale, fino a sfiorarle e trafiggerle il cuore.
Era una spada che aveva sembianze umane e portava il suo stesso cognome.
"Jaz?"
Jazlynn fu distolta dai suoi soliti pensieri cupi dalla voce di sua sorella Courtney, la ragazza più grossa della casa di Ares. Si voltò a guardarla ruotando il viso appoggiato nel palmo della mano.
"Sì?"
Courtney sembrava a disagio. Si torturava le dita a salsicciotto e occhieggiava nervosa.
"Sono tutti silenziosi."
Era terribilmente vero. Anche i tavoli più affollati come quello di Ermes in quel momento osservavano un silenzio quasi religioso. Sandra, che solitamente animava intense conversazioni con i suoi fratelli, giocherellava con la propria forchetta. Il suo fedelissimo Mark fissava in silenzio il proprio piatto.
Lo stesso faceva la gran parte dei figli di Atena e di Apollo. La prole di Afrodite manifestava più nervosismo degli altri tavoli: da lì provenivano continui tintinnii e sussurri.
"Lo so, Courtney."
"Perché?"
Jaz osservò la sua buona sorella. Allungò una mano verso di lei, strinse la sua.
"Stiamo aspettando."
"Ma aspettando cosa? Callan e Marissa sono tornati con una profezia."
"Sì, ma non sappiamo da che parte prenderla."
"Quindi è come non sapere niente?"
"Peggio. Hai qualcosa che non puoi usare."
Courtney si avvicinò a Jaz sulla panca e la ragazza si ritrovò ad abbracciarla senza pensarci più di tanto. Ma non disse nulla per consolarla. Non sapeva come farlo. Qualsiasi cosa sarebbe stata una menzogna.
"Un attimo di attenzione, per favore!"
Buona parte dei silenti ospiti della mensa trasalì quando la signorina Cadmy, comparsa in quel momento all'ingresso, alzò improvvisamente la sua voce tonante. Tutti si voltarono a guardarla.
Scarlett era in piedi, ben dritta. Sembrava più alta del solito, come se un filo invisibile dal cielo legato ad un capello la stirasse. Lanciò un'occhiata a tutti presenti, poi continuò: "Sto cercando Nigel. Nigel Bluebell. Qualcuno lo ha visto?"
Silenzio. Nessuno rispose. Scarlett si agitò sul posto e ripeté, con tono più alto e più acuto: "È molto importante. PER FAVORE. NIGEL BLUEBELL. QUALCUNO SA DOVE SI TROVA? È sparito questa mattina dalla Casa Grande. QUALCUNO LO HA VISTO?"
La sua voce si spezzò sull'ultima domanda e i capelli sulla nuca di Jazlynn si rizzarono per un improvviso brivido freddo. Nel modo di comportarsi dell'insegnante serpeggiava un'agitazione strana e infausta, che immediatamente contagiò con un fremito unitario tutto l'uditorio. Il silenzio si permeò di paura e tensione e occhiate cominciarono ad essere lanciate tra fratelli e tavolate. Era sparito uno di loro. Poteva essere un fatto collegato alla profezia? All'arrivo dei romani?
Ma nessuno poteva aiutare Scarlett, poiché nessuno aveva visto Nigel. O meglio: l'avevano intravisto, ma non guardato con attenzione. Perché era questo che succedeva sempre con lui: era talmente fastidioso che, come succede con tutte le cose fastidiose, prima o poi ci si fa l'abitudine e si iniziano a tollerare senza badarci poi tanto. Il problema era che Nigel era una persona, non una cosa. E all'improvviso tutti coloro che si trovavano vicino alla Casa Grande quella mattina - ma anche tutti quelli che erano altrove o ben lontani - provarono uno strano e spontaneo rimorso nei suoi confronti. Un senso di colpa basato sulla sconcertante verità di aver osato dar per scontata la presenza e la salute di un loro conoscente.
"Nessuno? Proprio NESSUNO?"
Questa volta Scarlett non tentò di nascondere la disperazione e lo sgomento. Probabilmente aveva già cercato ovunque in compagnia di Sue e del proprio portentoso olfatto da canide, ma di Nigel non aveva scorto nemmeno l'ombra. Per questo si rivolgeva direttamente ai suoi ragazzi.
Jazlynn pensò che la situazione non avrebbe potuto peggiorare. L'inazione carica di previsioni oltremodo negative faceva impazzire la sua essenza di figlia di Ares. Inconsciamente avrebbe preferito un attacco, uno scontro, perfino una guerra... piuttosto che quella situazione. Piuttosto che ritrovarsi con una forbice che lentamente recideva ogni suo nervo in un lungo stillicidio di secondi.
Guardò la signorina Cadmy e non ebbe dubbi che anche lei si sentisse così.
"Fermi tutti!"
Ci fu un soprassalto generale. La voce assonnata di una ragazza giunse prima della sua proprietaria, Alexys, che marciò con passo cadenzato, affiancata da due suoi fratelli, oltre le colonne della mensa. Non reggeva la sua solita caraffa di caffè nerissimo camuffato da leggera tisana. Questo non implica che I suoi due accompagnatori ne portassero una ciascuno. Tutti capirono che entrambe erano per Alexys, chissà quanta caffeina doveva avere in corpo per riuscire ad essersi svegliata due volte in due giorni, addirittura camminando fuori dalla sua cabina.
"Io so dov'è Nigel." sentenziò dopo aver raggiunto il focolare dei sacrifici.
"L'hai visto? Dove?" chiese immediatamente miss Peak alzandosi dal suo posto a tavola per andare incontro ad Alexys, la quale però scosse la testa.
"Non l'ho visto. L'ho sognato."
I sogni dei figli di Hypnos non erano sogni qualunque. Erano sogni potenti in grado di entrare nella mente delle altre persone e di vedere dove essere fossero. Tuttavia questo non era il caso. Era accaduto qualcosa di ben più complesso che richiese tutta la concentrazione della capocasa. Le fu necessario un sorso di caffè parecchio lungo e una manciata di secondi prima di riuscire a riordinare le idee correttamente.
"Dopo la riunione di ieri sono andata alla mia cabina e mi sono messa a dormire sperando di riuscire ad avere dal mio divino genitore un indizio su cosa stesse succedendo. Poi però mentre stavo dormendo ho visto Nigel che correva in su un prato e ho pensato che dovevo essere davvero stanchissima per sognare Bluebell che fa jogging in prato. Questo prima che mi accorgessi che non era un prato, era una collina verde proprio come la nostra davanti al campo." Molte persone presenti trattennero il fiato, prime fra tutti i membri della casa di Atena, nella cui mente i ragionamenti procedevano ben più velocemente rispetto agli altri.
"Mi è parso molto strano allora mi sono concentrata di più e ho visto Nigel che se ne andava dal campo e veniva caricato su un treno da delle persone. Il treno poi correva su una ferrovia lunghissima e non capivo dove andasse."
"Stai dicendo che Nigel potrebbe essersi allontanato volontariamente?"
"Non si tratta di allontanamento volontario, miss Peak – interruppe Mark, che sui crimini la sapeva purtroppo lunga – questo è sequestro di persona."
"Sì e no, Mark. Nigel stava fuggendo dal campo da solo, è stato solo in un secondo momento che l'hanno catturato."
"Dobbiamo andare a trovare quei maledetti mostri!" rispose ruggendo Jack Utoma, battendo un pungo sul tavolo talmente forte da far saltare tutto il bacon su di esso presente come redivivo.
"Non so se erano davvero mostri." rispose asciutta Alexys.
"Li hai visti in faccia? Potresti cercare di capire dove lo stavano portando?" chiese di nuovo Sue.
"Sa benissimo come funziona, signorina Peak. Non è una cosa così semplice da controllare."
"Lo capisco. Grazie Alexys, sei stata di grande aiuto."
"Di grande aiuto?! Non sappiamo dove lo stanno portando! E poi perchè fuggire dal campo? Nessuno gli dava mai fastidio!" si alzò una voce.
"Forse vorresti dire che nessuno gli parlava." ribattè arrabbiatissimo un membro della casa di Iride. "Forse se ne è andato per la vostra indifferenza!"
"O forse per quella dei suoi stessi fratelli."
In zero punto due secondi scoppiò il finimondo: tutti i ragazzi alzarono la voce contemporaneamente, chi invocando la calma, chi più intento ad accusarsi l'un l'altro.
"SILENZIO! PER L'AMOR DEL CIELO SILENZIO!" Scoppiò inaspettatamente Alexys urlando e spaventando i suoi due paggi del caffè. Fortunatamente la sua esplosione attirò l'attenzione di tutti. "Dobbiamo andarcelo a riprendere!"
Nel silenzio che seguì questa affermazione Tomika, una dei romani giunti al campo, si alzò. "E Campo Giove? Lo lascerete scomparire?!" La sua voce era incredula e con un occhio più attento si sarebbe potuto notare che le sue mani tremavano. Miss Peak intervenne per bloccare un secondo cataclisma. "Voglio tutti i capi cabina in riunione tra quindici minuti. Abbiamo molte questioni da risolvere ma non dobbiamo farci prendere dal panico."
Subito tutti i ragazzi si alzarono lasciando a metà la loro colazione, gli stomaci turati dall'angoscia e dallo stupore. Nessuno sapeva precisamente dove andare, molti semplicemente andarono a praticare distrattamente qualche attività sportiva, per distogliere i pensieri. Fuori dalla cabina di Efesto si potevano vedere manciate di ragazzi intenti a stringere bulloni o avvitare e svitare cose senza un preciso scopo. In mezzo a tutto questo fermento una figura era rimasta seduta in disparte come pietrificata. Questa figura era Helen Bucket, gli occhi vacui e la schiena incurvata come chi sa di averla combinata troppo grossa questa volta.
Salve a tutti! Come state piccoli AKEI? Seconda Iliade torna anche questa settimana per lasciarvi col fiato sospeso! Speriamo il capitolo sia stato di vostro gradimento!
A settimana prossima!
Lice & Catz
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