65.

Berlino, Aprile 1945


«Arrivano, state saldi!» urlò un sottufficiale delle SS, alternando gli ordini a sonore bestemmie in qualche lingua scandinava.

Adolf Schulz guardò il ponte di Moltke, dietro il Ministero dell'interno, e si schiacciò contro i sacchi di sabbia.

I cannoni oltre il fossato pieno d'acqua che attraversava la piazza iniziarono a tuonare, e il ponte sparì in una nube. Da essa giunsero urla raccapriccianti, e Adolf Schulz pensò molto francamente di scappare.

***

«Hugo, sono qui?»

«Sì, sono qui.»

«Hugo, devo chiederti un favore.»

«Dimmi, Agathe.»

«Passami il fucile.»

***

Boleslaw Jarusleski vide il T-34 sul ponte di Moltke sparire in una nube di polvere e fiamme, e si maledisse di non essere riuscito a prendere la torre dello zoo, ancora sotto assedio ma libera di far fuoco fin lì. Però ora aveva un'opportunità da sfruttare.

Si lanciò in avanti coi suoi e caricò la guarnigione dall'altra parte del ponte. Volarono le granate e i razzi e la nube s'infittì. Accecato dalla polvere avanzò ancora di qualche passo, le orecchie otturate dal bombardamento. Il freddo d'una baionetta gli sfiorò il fianco. Qualcuno urlò, lui scivolò sul sangue.

Quando la nube si disperse, poco prima che una nuova salva spazzasse il fiume, Boleslaw poté vedere oltre i palazzi fortificati e le trincee la sagoma contorta e sfigurata del Reichstag.

Nel labirinto della torre contraerea si respirava a fatica. Rudolf Hofmann, schiacciato dalla massa di civili inermi, aveva una terribile sete e nessuno ad ascoltarlo.

«Vi prego, datemi da bere o fatemi uscire, vi prego, qui si soffoca. Ormai siamo circondati, non c'è più nulla da fare. Vi prego...»

Nel labirinto sotto lo zoo di Berlino, Rudolf Hofmann aveva una terribile sete e una fottuta paura.

***

«Forza, siamo quasi arrivati. Vedo il Reichstag.»

«Albert, rallenta, non sento più le gambe e dobbiamo trovare un modo per attraversare lo Spree.»

«Un ultimo sforzo, Leonhard, ti prego, ancora uno sforzo.»

***

Schulz tossì e sputò sangue. Un soldato gli mollò un calcio in faccia e lo fece rotolare giù dalla scalinata del parlamento, rompendogli le dita e spaccandogli il naso.

Circondato dal dolore, Adolf sollevò per l'ultima volta la testa e guardò il cielo del mattino. Accecato dal sole, vide il tetto del Reichstag, che ancora dopo tutti quegli anni portava i segni delle fiamme che avevano cambiato la Germania. Su di esso garriva la bandiera rossa con la falce e il martello.

Chiuse gli occhi, accecato dal sole, e gorgogliò la sua ultima agonia.

Era Maggio ormai.

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