63.

Berlino, Aprile 1945


La prima cosa che ricordava del suo risveglio era la voce del Führer alla radio, e la sua condanna dei militari che avevano tentato di rovesciare il regime e prendere Berlino. Eppure Agathe non s'era illusa in quei mesi, e ricordava quegli anonimi sconosciuti come santi, il cui unico fine era salvare la Germania. Il loro fallimento aveva solo sciolto qualsiasi residua illusione e aveva schiantato su tutti la cruda realtà: che finché l'uomo a capo della macchina era in vita, ognuno di loro era condannato. Ogni suo respiro portava i nemici da Est un passo più vicini e una qualsiasi resa agli Alleati sempre più lontana. Tutti temevano il nemico da Oriente, tutti sapevano quanto la Germania era stata crudele nei suoi confronti, quanto grande era stato l'odio che aveva instillato nei suoi figli, e sapevano che si sarebbe vendicato restituendo ogni sofferenza. Ma cosa restava ormai da fare, dopo che la tana s'era mostrata tanto inespugnabile?

Agathe ormai s'era arresa, e passava le giornate a prendersi cura dei feriti che negli ultimi due mesi avevano iniziato ad affollare le ali dell'albergo, ridotto a uno sporco ospedale in cui transitavano i soldati e gli sfollati prima di raggiungere la tomba.

«Quanto manca alla fine?» si chiedeva guardando il soffitto quando chiudeva gli occhi e non appena li riapriva. «Quanto ancora?»

Ognuno si augurava che venissero da Ovest, oppure da Sud, ma per favore, Dio, non da Est, non da lì. Sarebbe stato un massacro. La loro libertà avrebbe giustificato tutto quel sangue? Agathe non sapeva, e forse era meglio non sapere.

***

Ogni giorno ascoltavano le ultime notizie: fin dove s'era spinto il nemico, fin dove ancora s'avvinghiavano le loro resistenze. Un giorno era Varsavia, poi Posen e l'Oder. ebbero un breve Marzo di tregua, poi cadde Königsberg e iniziarono i bombardamenti sulla capitale, e l'albergo si riempì di ancor più feriti. Una settimana dopo la caduta della Prussia orientale, superarono l'Oder e ormai nell'albergo si camminava nel sangue.

Agathe ogni giorno bendava e tamponava ogni ferita e finiva poi abbandonata sulla prima sedia che non fosse occupata da un moribondo, ogni giorno più spesso, ogni giorno più a lungo.

«Vai a casa» le consigliò il signor Louis. «Qui ormai non c'è più nulla da fare, ed è impossibile che ora vengano a cercare proprio te. Vai a casa, sarai più al sicuro.»

Agathe trovò per un attimo nuovo vigore e provò a confortarlo. «Signore, finché potrò lenire le sofferenze di qualcuno... finché avrò qualcosa da proteggere avrò da fare. Non si preoccupi per me, lei vada da sua moglie.»

«Fai come me, fai come gli altri, non restare qui. La tempesta arriverà tra un paio di giorni al massimo, e questa piazza sarà il suo centro.»

Agathe scosse il capo e il signor Louis se ne andò sconfortato.

Quella sera Hugo e altri uomini portarono alcune casse nel palazzo. Sulle loro braccia svettavano le aquile della Volkssturm, la milizia dei disperati.

«Cosa volete fare?» chiese Agathe a Hugo.

Lui la guardò, la mascella serrata. «Preparati, è domani.»

Agathe si mise in piedi e gli toccò il braccio monco. «Sì» sussurrò con un filo di voce, «Sarò pronta.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top