51.

Berlino, Aprile 1944


I bombardamenti si fecero via via meno frequenti ed estesi col finire dell'inverno, e terminarono l'ultimo giorno di Marzo. Berlino non era stata l'unica città colpita, ma la sua devastazione aveva segnato più di ogni altra cosa le coscienze di tutti: aveva instillato in loro il terrore di non essere invulnerabili. Eppure si tenne duro e si andò avanti.

Agathe lavorava ancora all'ufficio postale, anche se aveva cambiato mansioni: ora smistava la posta tutto il giorno e consegnava qualche pacco più piccolo ora a un ufficio ora all'altro, di tanto in tanto, e un gentile ed esperto caposezione stava provando a insegnarle come dattilografare, con risultati neanche poi così tremendi. Data la mancanza di personale, Schulz – così si chiamava l'uomo – le aveva garantito una promozione, se si fosse dimostrata capace entro la fine del mese. Lei si ripromise così di non deluderlo, e non solo perché le faceva gola l'aumento di stipendio, ma anche perché così avrebbe potuto scrivere qualche lettera anonima che superasse i controlli e diffondesse il suo verbo.

Sentiva che il giorno era vicino, e sperava che per allora la popolazione berlinese sarebbe stata pronta. Ogni progresso che faceva le riportava un po' di luce in corpo.

«C'è sempre un faro» ripeteva tra sé e sé quando gli agenti di polizia venivano a indagare negli uffici, inizialmente per verificare l'integrità dell'edificio, poi per controllare se ci fossero tra i lavoratori tendenze sovversive. Per sua fortuna non sembravano nutrire nessun sospetto verso di lei.

Alla fine del mese ottenne la sua promozione, con i calorosi complimenti di Schulz, che la fece trasferire nella sua sezione di trasmissione. L'uomo, ora suo diretto superiore, si offrì addirittura di accompagnarla a casa quel giorno.

«Sei davvero una donna speciale» le disse mentre raggiungevano il vialetto davanti all'ingresso. «Anzi, una donna meravigliosa.»

Agathe arrossì per i complimenti e sciorinò qualche saluto e una buonanotte. Chiudendosi la porta alle spalle, per una volta, non tirò un sospiro di sollievo, non ne sentiva il bisogno: la fatica di quella giornata le era stata lieve, e si sentiva tranquilla, e andò a letto stringendo il cuscino di Albert come avrebbe voluto stringere il suo petto.

La mattina seguente si svegliò rigenerata, fresca, fiduciosa. Prima di andare a lavoro, ricordando i complimenti e le attenzioni di Schulz, decise di indossare la fede nuziale.

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