49.
Berlino, Gennaio 1919
La rivolta s'era avviata una domenica mattina, con la folla che invadeva le strade della città e urlando si prendeva Unter den Linden. Ancora lo ricordava, anche se faceva di tutto per dimenticare. Ricordava che nel pomeriggio, coi più che erano armati, gli operai avevano occupato i giornali ostili ed eliminato la polizia, ricordava alla sera il ritrovarsi sulle barricate, a inneggiare per una donna. Come si chiamava? Sì, Luxemburg; il nome le sfuggiva. Quanto era durato, tre giorni? Che incubo che era stato.
Che incubo che era.
Ricordava anche le finestre sprangate di quell'oscuro scantinato che chiamavano casa, da cui assistere in prima fila alla tragedia in atto: gli spartachisti che ammassavano armi e munizioni per l'orchestra nelle strade, i colpi di mortaio che sventravano le barricate di carta tipografica e pile di giornali... i Corpi Franchi, che irrompendo in scena assediavano gli assedianti, in una lotta di poveri contro poveri.
Non poteva essere la realtà, anche se così vivida, anche se così reale: ricordava perfettamente il sottoscala sotto cui s'era addormentata, non era lì, non era più quella bambina di cinque anni che non capiva nulla del caos intorno che sfuggiva al suo controllo e torceva e pizzicava i palazzi, non era reale... eppure come allora si ritrovava a osservare dallo spioncino improvvisato e piangere e singhiozzare.
Agathe piangeva per la madre, che la fabbrica aveva divorato e rigurgitato in strada come uno schiavo rotto e affamato, e per il padre, sparito insieme alla sua vecchia uniforme da veterano. Piangeva perché non sapeva pregare, piangeva al buio e osservava, nonostante la madre le avesse detto di non tenersi vicina alla finestra, e le aveva promesso che sarebbe tornata, ma solo dopo aver ritrovato il padre. Agathe non li aveva più rivisti, nessuno dei due.
Anche quella volta pianse fino a crollare addormentata, cullata dai suoi stessi singhiozzi, mentre gli ulani calavano tirando il sipario.
Poi era venuto l'orfanotrofio, quella squallida infanzia, la povertà e infine un lavoro, e Albert, incontrato per caso su un marciapiede bagnato. Ma tra quell'amore scoccato su una pozzanghera e l'incubo della rivolta di Berlino... era il vuoto. Era il suo unico incubo, che tornava sovente a tormentarla la notte.
E allora doveva farsi forza, dire alla sua mente di svegliarsi, ricacciarlo là da dove era venuto, il trauma.
Apri gli occhi, Agathe, forza.
Ecco, sopra la tua testa, il sottoscala di ieri sera.
Hai ancora un tetto sopra la testa, per fortuna.
Per fortuna?
Sì, per fortuna.
Anche per questa notte sei salva.
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