39.

Berlino, Giugno 1941


Agathe perse il lavoro qualche giorno dopo la partenza di Albert, ma col procedere dei mesi sempre più uomini erano chiamati a servire e sempre più donne affollavano le fabbriche, così non le fu difficile trovare lavoro come addetta alle pulizie in un piccolo ufficio postale nel quartiere di Kreuzberg, non lontano da Skalitzer Straße. Ora che era sola, con i quartieri popolari via via più deserti e le notti sempre più buie, uscire di casa l'agitava. Solo in Mitte, tolti i militari agli angoli della strada e le bandiere naziste alle finestre di ogni palazzo ministeriale, la città mostrava un briciolo di vita in più, e tuttavia rallentava il passo a malapena per le vie di Wedding. Nel tempo che ritagliava per sé scriveva cartoline insieme a Otto ed Elise, e si organizzava con loro per distribuirle in gran segreto tra Wedding e Mitte, proprio nella fossa del demone che volevano combattere. Ogni tanto, di sera, ascoltavano insieme la radio, per sapere come procedeva la guerra e con essa il regime.

Così seppero che il 21 di quel mese era iniziata la crociata agli Untermeschen dell'Est, e che l'ultima fase di conquista del Lebensraum, che il Führer aveva così arditamente profetizzato, stava avvenendo.

Non appena sentì la notizia, la mente di Agathe volò ad Albert: chissà dov'era, tra quelle divisioni, chissà se stava bene, si chiedeva mentre Otto spegneva la radio.

Elise le accarezzò un braccio. «Albert ti ha scritto? Come sta?»

«Oh, l'ultima lettera è di un mese fa. È stato in Jugoslavia, ma se l'è cavata bene, l'hanno fatto tiratore e gli hanno anche dato una medaglia. Da allora non ho saputo più nulla.»

Elise sorrise e le strofinò una spalla. «Preparo una tisana, ti va?»

«Volentieri.»

L'infuso bollente li stuzzicò con l'odore di biancospino, mentre seduti là nella vuota cucina scrivevano i loro fogli di protesta. Otto ed Elise lavoravano alacremente, il capo chino su francobolli e cartoline, le mani protette da guanti bianchi. Agathe, invece, esitava.

«Va tutto bene?» le chiese Otto. «Se non te la senti oggi, non ti preoccupare, vai a casa a riposarti.»

«Non lo so. Ogni tanto mi chiedo se servirà davvero, tutto questo... Se vale il rischio, ecco, e mi ripeto che stiamo facendo la cosa giusta ma... a volte non...»

Elise, accanto a lei, le prese una mano. «Fatti coraggio. Penso che tutto questo un giorno finirà, deve finire. Chi è al potere con la violenza si condanna da solo a cadere.»

«Sì, ti credo... ma quando e come finirà? Io non spero in altro, ma ho paura di cosa verrà dopo.»

«Lo supereremo» le rispose la donna.

«Aiutandoci l'uno l'altro» concluse il marito, alzandosi e togliendosi un guanto per carezzare la moglie. «Dobbiamo vivere di speranza, perché per ora non abbiamo altro dalla nostra parte.»

Agathe annuì e poco a poco riprese a scrivere e incollare francobolli, mettendosi lentamente in pari coi due compagni. Quando ebbero finito, un paio d'ore dopo, Elise la accompagnò oltre la porta e fino in casa.

«Elise, io...» le sussurrò Agathe prima di accommiatarsi, «...vorrei farti un regalo, per ringraziarti dell'aiuto che tu e Otto mi date senza pretendere nulla.»

«Ma tu fai molto per noi, cara.»

Agathe le sorrise stancamente - avrebbe voluto stringerle le mani - e le chiese di attendere qualche secondo in più, il tempo di andare in camera e prendere quel semplice dono dal comodino. Il libro color borgogna attendeva là, consumato dalle continue letture e riletture che gli aveva dedicato nel corso di quegli otto anni. Sul dorso rigido si leggeva il titolo "Notte e Giorno" in caratteri dorati lievemente consumati dal tempo.

Lo prese e lo portò dalla complice e - pensava di poterlo dire - amica. «Spero ti piacerà. È di Virginia Woolf.»

«Agathe! Ma dove l'hai trovato?»

«L'ho rubato quando ci furono i roghi, dalla libreria del signor Shöttel, prima che chiudesse. Mi ha fatto ragionare su certe cose, idee che anche tu approverai.»

«Lo apprezzo tantissimo, grazie davvero, lo leggerò già domani. Ora devo andare. Buonanotte, Agathe.»

«Elise?»

«Dimmi.»

«Grazie, per tutto quanto.»

La donna inclinò il capo e le sorrise. «Aiutare il prossimo è umano, è chiudersi in sé che reputo una bestialità.»

«Buonanotte, Elise.»

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