33.
Minsk, Giugno 1944
Weinrich guardò l'alba, e con la prima luce arrivarono anche i rumori ovattati e confusi della battaglia. Non aveva chiuso occhio tutta la notte, in preda agli attacchi di panico e all'ansia. Krämer, accucciato accanto a lui, non se la passava tanto meglio. Ogni tanto lo guardava con quei suoi grandi occhi ottusi e chiedeva le sue pillole, con sempre più insistenza.
Presto s'iniziò a preparare la colazione, e il sergente arrivò a distribuire la manna tra gli altri fedeli.
«Per favore...» gli chiese Weinrich, ma il superiore lo guardò torvo. A pranzo chiese di nuovo, stavolta a un sottufficiale più giovane e morbido, ed ebbe più fortuna.
«Va bene, ma voglio le tue sigarette e la tua cioccolata» gli rispose quello.
Weinrich non ebbe modo di opporsi. Per evitare i pugni di Krämer, avrebbe rinunciato a ben più delle razioni di una settimana.
La sera arrivò insieme alle divisioni corazzate in ritirata, decimate e demoralizzate. Weinrich sentì alcuni soldati di vedetta borbottare: «Siamo in una sacca, è finita.»
«Quanti giorni abbiamo?»
«Non lo so. Pochi.»
«Cosa faremo?»
«Non chiederlo a me, non sono il generale.»
Affranto, Weinrich s'addormentò sperando che non fossero di nuovo lasciati a morire.
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