32.
Sopra la Manica, Settembre 1940
Con la nuova alba venne una nuova battaglia. Charles e Cameron, insieme ad altri tre avieri agli ordini d'un nuovo sergente di rimpiazzo, stavano sorvolando la scogliera immacolata tra Hastings e Fairlight Cover, in direzione di Dover, attraverso un cielo che prometteva brutte sorprese.
«Ancora nessuno in vista. Il centro comando cosa dice, Vigor Leader?»
«Bersagli multipli in arrivo, teniamoci pronti.»
«Guardate, su Dover è iniziato.»
«Ecco il bersaglio, bimotori, 15.000 piedi. Sono in due.» Charlie fissò il respiratore al casco e strinse le mani intorno alle maniglie circolari della cloche.
«Bene, sezione gialla, attacco frontale. Sezione rossa, con me d'infilata, mirate al motore. Regolate i giroscopi.»
«Ricevuto.»
Le due squadre ruppero la serrata formazione a delta e s'infilarono in mezzo a un banco di nubi sotto di loro. Oltre il nascondiglio, li attendevano due bombardieri Heinkel He 111. Charlie, un tutt'uno con la sua mortale macchina, attraversò la coltre e sbucò di fronte alla cupola vetrata del nemico in testa. Una breve raffica mandò in frantumi la bolla del mitragliere di prua. Dietro di lui, Cameron colpì l'ala.
Il trio sorvolò il nemico e si separò, preparandosi a colpire di nuovo. Alla loro destra la sezione rossa calò sul secondo bombardiere e lo prese in pieno, lungo tutta la fusoliera. Uno dei due motori, colpito, iniziò a perdere benzina e vapore, ma resistette.
«Si sgancia, inseguiamolo» comunicò Vigor Leader mentre il bombardiere perdeva quota e imbardava. Poi il suo abitacolo andò in frantumi ed esplose in una rosa rossa.
Coperta dal sole, una squadriglia di Messerschmitt Bf 109 calò in picchiata sui tre Spitfire e li scompaginò. I due superstiti, in netta inferiorità, furono presi dal panico. Le loro urla assediavano la radio.
«Giallo Uno, andiamo a salvarli» ordinò Charles a Cameron. «Giallo Due, resta sul bombardiere.»
Rosso Uno e Due si separarono, inseguiti ognuno da una coppia di Messerschmitt. Charles entrò sulla scia di Rosso Due, più vicino, e riuscì subito ad abbattere uno dei suoi inseguitori. Il secondo s'avvitò e scartò di lato, sparendo tra le nuvole.
Cameron lo chiamò alla radio: «Giallo Leader, fuori uno.»
«Bene. Rosso Due, torna sul bombardiere.» Charles compì un mezzo giro e puntò verso Cameron, in tempo per vedere Rosso Uno ondeggiare e precipitare, l'abitacolo aprirsi, il pilota lanciato nel vuoto. Mentre spiegava il paracadute, ricomparve il Messerschmitt. Charles provò a intercettarlo, ma fu troppo lento. Il mezzo tedesco sparò e, per assicurarsi d'aver ucciso la sua preda, passò radente al paracadute. La turbolenza della sua scia fece afflosciare il tessuto e lo sfortunato silenziosamente sparì in mare.
Charles rimase a guardare terrorizzato finché non vide il corpo inghiottito dai flutti, e solo allora riprese a sparare. Il Messerschmitt lo superò e volò in aiuto del bombardiere, ignorando sia il suo Spitfire sia quello di Cameron. Era un fulmine, Charles non trovava altro da dire. Ogni loro azione, al confronto, era banale, prevedibile, inutile.
«Guarda le ali, è lui!» urlò Cameron, più in alto. «Prendilo, è l'asso!»
«Gli sono addosso.»
Charlie lo inseguì intorno all'Heinkel in panne sotto il fuoco di Rosso Due. L'equipaggio del bombardiere era intento a lanciarsi dall'aereo ormai perduto.
«Lasciali andare, Rosso Due! Attento in coda!» Charles osservò impotente le rapide stoccate del pilota avversario, terribilmente precise. In pochi secondi il tedesco si liberò del nemico e proseguì verso l'ultimo Heinkel. Sotto il fuoco incrociato dell'asso e del bimotore, anche Giallo Due fu colpito, pur rimanendo in aria.
«Toglietemelo di dosso, mi ritiro» avvisò il pilota in affanno.
Cameron, con ancora un quarto Messerschmitt alle spalle, entrò nella vista dell'asso e lo attirò lontano. Charles, approfittando della distrazione, planò in coda all'Heinkel e mirò al motore. La gondola esplose e le pale piegate iniziarono ad avvilupparsi in un turbine di fuoco, che in poco tempo avvolse tutta la bassa ala. Il bombardiere s'inclinò e, con l'imbarazzante lentezza delle fortezze volanti, si schiantò in mare.
«Charles, una mano!» lo richiamò Giallo Uno.
«Arrivo, Cam, resisti.»
Allontanati i bombardieri abbattuti, il trio davanti a Charlie s'abbassò sull'acqua. Li seguì e strinse la cloche. Per un attimo ripensò alla sera prima, e il pollice sul pulsante nero delle mitragliatrici esitò.
«Charlie!»
Charlie tornò sulla Manica, tornò al Bf 109 davanti a sé. Si allineò e premette quel pulsante. Il Messerschmitt cadde, ne mancavano tre.
«Ci sono, Cam, vira a destra!»
«Ce l'ho addosso!»
«Vira!»
Cameron virò a sinistra. E fu colpito.
«Cam!»
Il suo Spitfire ondeggiò un poco e perse quota, ma riuscì ad ammarare. Charlie pregò che si fosse salvato, ma non lo poteva sapere. Ora rimanevano solo loro due, il baronetto del Kent e il suo duellista, l'asso dalle ali dipinte. Il tedesco si girò, gli venne incontro e lo colpì, sforacchiandogli la carlinga.
Charles si maledisse: era stato davvero un idiota, e la sua idiozia era costata troppe vite. Virò e s'avvitò su di sé, mentre l'avversario s'impennava per guadagnare quota; lo seguì, ma era troppo lento e prossimo allo stallo, rallentato nelle acrobazie dagli acciacchi del motore.
Il nemico si lanciò in picchiata e gli venne di nuovo incontro, stagliandosi in controluce per accecarlo. Entrambi spararono. Charlie lo prese all'ala; il tedesco lo colpì al vetro. Sentì il proiettile passargli affianco con un fischio leggero: era vivo per miracolo.
L'avversario si sganciò e fece rotta verso il mare aperto, abbassandosi di quota. Charles lo seguì, mantenendo la velocità costante.
Finalmente le vide, mai così distinte e vicine: su entrambe le ali scure del mezzo nemico campeggiavano due sciabole incrociate, di quelle ricurve – da cavalleggero – coperte da un garofano rosso.
Quelle spade gli si piantarono nel petto e gli fecero riaffiorare i ricordi. Non riusciva a credere a se stesso. Si staccò il respiratore e si portò avanti, pareggiando il nemico, e lentamente, sincronizzando la cloche con il respiro, si abbassò. I due aerei ora volavano uno di fianco all'altro, a non più di tremila piedi dal mare immobile e a meno di cento iarde tra loro di distanza; Charles piegò un poco e si avvicinò ancora. Il tedesco procedeva dritto, impassibile. Il cuore di Charlie invece faceva i giri del motore. L'adrenalina provata durante la battaglia non era nulla in confronto a ciò che gli bombardava il cervello in quel momento. Nessuna esperienza poteva rivalere con l'estatico terrore che gli bloccava le mani sulla cloche, forse solo... quel giorno nell'albergo, quando gli si chiese di passeggiare sotto ai tigli.
Charlie alzò gli occhialoni sul casco, piegò esitante la testa e guardò nell'abitacolo del Messerschmitt. Il tedesco gli scrutava nell'animo, il volto coperto dal respiratore.
«Ti prego, spogliati...» sussurrò Charlie in tedesco.
Il prussiano frenò, portandosi bruscamente in coda.
Charles chiuse gli occhi e accettò il suo destino. Tutto sommato, era sereno. Aspettò che scoccasse l'attimo e pensò a Leo, all'ultima volta che avevano fatto l'amore.
Il suo attimo non arrivò.
Charles aprì gli occhi, scosso dal ringhiare del mezzo tedesco, e vide l'avversario superarlo e farsi piccolo sulle coste francesi, prima di iniziare a rollare. Vide l'aereo rovesciarsi e trattenne il respiro mentre l'abitacolo volava via e il pilota si lasciava cadere nel vuoto, evitando per un soffio l'ala ormai spezzata. Riprese fiato solo quando il paracadute s'aprì e lentamente sparì in mezzo alla vegetazione.
Per un attimo pensò d'averci visto giusto. Sì, non poteva che essere lui. Non lo sfiorò nemmeno lontanamente l'idea che i cannoni nemici potessero essere semplicemente inceppati, o che avesse finito i nastri delle munizioni. Ormai era rapito dal suo sogno, e così non s'accorse della spia del radiatore e del carburante ormai assente. Scuotendosi dal torpore, Charlie riprese il controllo dell'aereo alla deriva e planò dolcemente in mare.
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