31.

Berlino, Settembre 1940


Quel giorno Agathe non andò a lavoro, bensì uscì la mattina presto per una ricerca disperata. Per sua fortuna trovò un piccolo studio poco fuori Wedding, disposto a stampare in poche ore per una piccola fortuna, e lei accettò l'attesa.

Non appena ebbe fatto si rimise sulla via di casa, non prima d'essere passata a comprare una decina di cartoline e altro materiale per scrivere lettere. Davanti al portone del palazzo incappò nella signora Hampel, che rincasava anche lei in tutta fretta.

«Elise» la salutò.

Per una volta, con sua grande gioia, la donna non scappò. «Agathe, buongiorno» le rispose titubante attraversando l'ingresso.

«Io... ho parlato con suo marito, mi ha detto ciò che fate.»

Elise gonfiò il petto e si nascose dietro il suo sguardo truce. «E quindi?» le chiese con asprezza.

«Spero d'esservi d'aiuto, d'ora in avanti, con tutto il cuore. Guardi, ho già provveduto a comprare qualcosa per dare una mano...»

Elise, vedendo penne e cartoline, si distese. «La ringrazio, Agathe. Mi fa piacere che appoggia la nostra causa» concluse, e si voltò incerta verso la porta di casa.

«Elise?»

«Sì, Agathe?»

«Non ho ancora avuto modo di farle le mie condoglianze. Mi dispiace veramente per suo fratello.»

Elise scosse la testa ed entrò in casa. «Preghi di non perdere anche lei il suo uomo» ribatté, e si chiuse la porta alle spalle.

Agathe non diede peso al brusco saluto e tornò a sua volta in casa. L'ingresso era occupato da una spessa valigia di cuoio e qualche altro pacchetto, che scavalcò senza indugio.

Albert l'attendeva in cucina, seduto al tavolo, una mano a coprire il viso.

«Albert, tesoro» lo chiamò.

«Agathe... non sei andata a lavoro?»

«No, dovevo fare qualcosa per te.»

«Ma tu sei pazza, perderai il posto.»

«Non importa. Oggi potrebbe essere l'ultima volta che ti vedo, non potevo andarmene mentre ancora dormivi.»

«Ma tu...»

«Potrei non parlarti più, poi.» E la cosa la terrorizzava.

«Cos'hai lì?»

Agathe tirò fuori una busta per lettere e la porse al marito. «Aprila, su.»

«Agathe... oh, buon Dio, ti sarà costata una fortuna! Quanto... amore, non mi sembra proprio il caso di spendere soldi così, ora che...»

Agathe fece il giro del tavolo e si pigiò contro il petto di Albert, prendendogli le mani e chiudendole su quel prezioso tesoro.

«Non importa, me la caverò. Ma avevo bisogno di lasciarti qualcosa, per ricordarti di me.»

«Amore mio, c'erano soluzioni più economiche d'una foto.»

«Non importa, ho detto.»

Albert le baciò la chioma color del miele. «Va bene» le disse. «È bellissima. Ora, mangiamo qualcosa? Poi dovrò andare.»

«Certamente.»

Ma nessuno dei due aveva fame, se non di carezze e sguardi. Dopo poco, Albert si alzò, strinse ancora a sé Agathe e prese la valigia e tutto il resto. Agathe lo accompagnò fino all'ultima porta, in silenzio, col cuore che aumentava le palpitazioni.

«Promettimi che tornerai, che rimarrai in vita per me. E quando non saprai come fare guarda la foto e pensami.»

Lo abbracciò e nascose le lacrime, lo baciò un'ultima volta.

Albert tentò un sorriso. «Certamente, e tu promettimi che non ti caccerai nei guai, piccola mia.»

Agathe aveva un terremoto nel petto e nella testa, e sul momento non le venne in mente di far altro che mentire – giusto una piccola bugia, per farlo stare tranquillo. Non poteva fare male, no?

«Certo, amore mio.»

«Giuralo.»

«Lo giuro.»

Albert fece un passo indietro, e per un attimo vacillò.

Qualcuno, oltre il portone, cominciò a bussare veemente.

«Io...» balbettò Weinrich, ma le parole gli morirono sul nascere.

Girò la maniglia e uscì, scortato ai fianchi da due cupi sergenti.

Quasi lo trascinavano, mentre incespicava sul viale.

Agathe rimase ancora lì, sulla soglia, a vederlo salire sull'autocarro e sparire rumorosamente lungo la strada. Finalmente sola, si lasciò andare al pianto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top