21.

Berlino, Marzo 1933


«Ora perderai il lavoro, immagino.»

«Non penso, mi sposteranno in un altro ufficio e tutto continuerà come se niente fosse successo.»

Leonhard si grattò la fronte e controllò l'orologio. Erika e Dalila erano in ritardo per la colazione, nonostante avessero mandato loro un taxi per venire fin lì da Rote Insel, dove abitavano.

«Ti vedo preoccupato, Leo.»

«E se fosse successo prima, durante l'orario di lavoro? Dio, non ci voglio pensare, non avrei più saputo cosa fare...»

«Ma non ci sarebbe riuscito, se non fosse stato di sera.» Charlie prese il coltello da burro e iniziò a pungolare il pane. «Inizio ad avere fame.»

Leo scosse la testa e cominciò a leggere il primo giornale. «Guarda, non si parla d'altro. Bel modo di concludere Febbraio.»

«Ma almeno hanno idea di chi sia stato?»

Leo lesse ancora. «Sì, a quanto pare. Hanno già arrestato un comunista.»

«Uno solo?»

«Immagino che arresteranno un bel po' di altra gente entro stasera.»

«Certo che... dar fuoco al parlamento...»

«Penso di aver capito cosa pensi. Tieni le mani giù dal burro.»

«Dico, appunto, possibile che sia opera di uno solo? Brucia un palazzo del genere e nessuno se ne accorge? Che poi, adesso che gli succederà? Lo ammazzeranno?»

«No, qui non si usa più. Eccole, finalmente.»

Charles alzò la testa oltre l'orizzonte gremito di avventori. Sull'ingresso le ragazze svettavano statuarie, i graziosi abiti primaverili nascosti sotto giacche leggere abbottonate fino al collo, e vagavano con lo sguardo tra i tavolini affollati alla ricerca di loro due. Da quando si erano presentate, si rese conto Charles, Erika non aveva mai più indossato quel completo color trifoglio che le invidiava tanto. Un gran peccato non poterglielo chiedere in prestito, non gli sarebbe mai entrato.

«Ci hanno visti» notò Leo. «Forza, fai posto.»

«Buongiorno, ragazzi. Come state?» chiese Erika baciando prima Leonhard e poi Charles sulle guance.

«Un po' scossi, in verità.»

«Già, comprensibile» ammise Dalila passandoli anche lei in rassegna per i saluti. Per un secondo sostò davanti alle labbra di Charles, ma nessuno s'avvicinò all'altro.

«Quindi» disse Leonhard sedendosi, «Buon appetito.»

«Scusami» sussurrò Charles a Dalila servendole un Brezel e del prosciutto.

«Non fa niente» rispose lei, e si lasciò versare del succo di mela.

«Chissà cosa farà Hitler ora» si chiese Erika un po' a tutti e un po' a nessuno.

Charles guardò Leonhard di sottecchi, sperando rispondesse, ma quello sorseggiò il caffè e si rimise a leggere il giornale, senza fiatare.

«Qualcosa che ci tenga tutti al sicuro» rispose allora per lui.

Avrebbe voluto tirargli un calcio negli stinchi in quel momento, gridargli di smetterla di aver paura, ma ebbe solo il coraggio di aggiungere uno: «Spero.»

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