15.
Berlino, Settembre 1932
Il pomeriggio seguente, rientrando dall'ennesima caricatura d'un impiego, Charles trovò un biglietto nella sua suite, fatto scivolare sotto la porta. Era di Leo, lo attendeva dall'altra parte del muro; l'uscio è già aperto, basta spingere.
Bussò comunque, per correttezza.
«Mi cercavi?»
Leo era seduto allo scrittoio, la sedia rivolta verso l'ingresso, il braccio poggiato sul tavolino a nascondere qualcosa.
«Per te» gli disse, e lanciò verso di lui una lattina.
Charlie la prese al volo, cercò di interpretare l'etichetta rossa.
«Pfirsiconché? Cosa sono? Aspetta, pesche? Davvero?»
«Sciroppate, ti dovrai accontentare.»
«Mi vanno benissimo. Ma ti saranno costate una fortuna!»
«Quisquilie.»
Gli si avvicinò, si chinò su di lui e lo baciò. «Non dovevi, davvero. Finirai per viziarmi.»
Leo spostò di poco il braccio a coprire alcuni fogli e prese in mano una matita.
«Senti, come ti trovi nel nuovo ufficio?»
«Oh, mi si spezzeranno giusto le dita a dattilografare ancora un foglio. Perché me lo chiedi?»
La matita iniziò a volteggiare tra le dita di Leo, alla stessa maniera di come faceva con le sigarette.
«Ecco, ho un amico a cui servirebbe una mano, pensavo ti potesse interessare.»
Charlie s'appoggiò allo scrittoio e si passò la lattina da una mano all'altra. «Dove sarebbe?»
«Al Reichstag.»
«Al Reichstag? Sei serio?»
«Sì, sezione archivi.»
La lattina volò ancora.
«Aspetta, chi sta facendo un favore a chi?»
Leo inspirò e fermò le dita.
Charles fissò di nuovo l'etichetta rossa. «Qual è la carota sul bastone, questa o il lavoro che mi offri?»
«Cosa intendi?»
«Lascia perdere, è roba inglese.»
«Hai bisogno di tempo per pensare?»
«Giusto un minuto.»
«Considera: ci sarà poco da parlare, e le promozioni sono assicurate. Non il lavoro più divertente del mondo, ma sicuramente ti darà di che vivere.»
«In questo hotel? No, immagino che dovrò ancora contare su Hougcross per pagarmi le spese... perché devi farmi pensare a casa?»
Leo alzò le mani e fece spallucce, guardò i fogli e si mise a tamburellare con la matita su di essi.
«Va bene» gli disse infine Charles, «Accetto.»
«Magnifico. Mi devi un favore.»
Charlie agitò ancora la latta di pesche. «Due, in realtà. Ora... hai un apriscatole?»
Leo aggrottò le sopracciglia, interdetto.
Charlie rise di gusto, e si chinò ancora a baciargli la fronte.
***
Quella sera, nel buio silenzio delle lenzuola, non si trattenne più. «Come ti sei procurato quelle cicatrici?»
Leo bofonchiò un «Charlie, sto dormendo» e nascose la faccia nel cuscino, le scapole appena stagliate tra la coperta e i raggi di luna.
«Leo, ti prego...» gli accarezzò un fianco, cercò il suo ventre. «Voglio sapere ogni cosa di te.»
Leo sollevò la testa di poco e la luna si riflesse nei suoi occhi chiari.
«Hai detto che è stato tuo padre, no? È per questo che non sei rimasto a Stettino.»
Leo sospirò e insinuò un braccio tra il materasso e la schiena, ad abbracciarlo e portarlo a sé.
«Ovviamente.»
«Eri piccolo?»
«Non troppo, ma la cosa si è protratta per nove anni.»
Charlie si strinse tra il braccio e il petto del compagno, accennò una carezza sui lombi e gli baciò il petto.
«E com'è finita?»
«Ha iniziato a parlare di matrimonio, l'ho colpito in faccia e ho preso il primo treno per Berlino, tutto qui.»
«E quindi eccoti qui all'Adlon, preciso e diretto.»
«No, prima ho davvero dato fuoco a un appartamento.»
«Scherzi.»
«Credi quello che vuoi.»
Gli baciò ancora il petto, e per un po' sentì solo il suo lento respiro e il profumo di peccio. Avrebbe voluto raccontargli della meraviglia che aveva provato a Londra, del doloroso viaggio in mare e di quando con sollievo aveva messo piede ad Amburgo, anche se con l'incertezza di non avere dove andare. Avrebbe voluto confessargli che si sentiva un cretino, a credere che un'infanzia peggiore della sua non si potesse avere, che soffriva per lui ora, come se quelle cicatrici fossero le sue. Ma non trovava la forza, inebriato dal sonno e stordito dalla sua sicurezza, non riusciva a far altro che stargli accanto e respirare l'odor di peccio.
«Leo, temi mai... temi mai che ti facciano ancora del male?» gli chiese infine.
«Mhm?»
«Hai mai paura...?»
«Qui a Berlino? No.» Leo si mosse e lo strinse ancora. «Non me ne faranno più. E nemmeno a te, finché ci sarò io, se è ciò che temi. Te lo prometto.»
Charlie sentì il cuore di Leo rallentare, il petto sollevarsi e affondare come un mare in tempesta. Ma la pioggia, in quel momento, era altrove, lontano dalla sua coscienza.
E ai raggi di luna, tutto tacque.
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